Somnia - Sorrisi di Pietra (2014)

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"Somnia - Artefici di Sogni" è una serie di fumetti creata da Federica di Meo e Liza E. Anzen. All'epoca, ne andavo matto, tanto da scrivere ben cinque racconti fan fiction ambientati nel loro universo. Me ne ero quasi dimenticato, ma sono riuscito a trovarli in mezzo ai miei polverosi archivi digitali. Questo racconto è incentrato sulla figura della Bocca, uno dei miei antagonisti preferiti della prima serie, andato incontro ad un tragico destino dopo essersi redento - tutto per colpa della sua sete di conoscenza. La storia si svolge alcuni mesi o anni dopo la "morte" della Bocca e ha come protagnoista una bambina curiosa...


Jill! Torna indietro! È pericoloso!”

Una linguaccia ad occhi chiusi, pernacchie gratuite.

Non ti sento, Kein! Non ti sento!”

Scema! Scendi subito da lì!”

Due bimbe in strada, giocano a rincorrersi. Kein ha i capelli biondi, lunghi, gli occhi di un colore azzurro intenso. Si è trasferita da poco, con tutta la famiglia. Ha un fratello gemello, Klein – nome simile, mentalità opposta – ma ora è dagli zii. Jill è la vicina di casa, i suoi genitori non sono ricchi, non hanno il conto in banca dei coniugi Licht. Però vogliono bene alla loro piccola, le dedicano tempo e passione. Kein è un po' invidiosa di Jill, invidiosa del suo modo di fare, della sua spontaneità. Ed è per questo che la frequenta, per ricevere di riflesso ciò che non ha. Jill ridacchia sotto i boccoli castani, li arriccia mentre è seduta sul muro della villa. Secoli prima, lì viveva una famiglia borghese nota nel circondario per l'attività imprenditoriale e l'abilità nel commercio – famigerata perché si diceva che in realtà i suoi membri praticassero il ladrocinio. Un giorno, improvvisamente, erano scomparsi, lasciando il vuoto al loro posto.

Gli abitanti del quartiere se ne tenevano alla larga, specie da quando alcuni movimenti erano stati scorti al suo interno: luci accese durante la notte, rumori di porte sbattute e via dicendo.

Jill! Se entri là dentro e ti fai male, nessuno verrà a prenderti! Vieni da me, forza!”

Jill sgambetta un po' sul limitare del muro, lasciando cadere le sue scarpe sgualcite. Osserva divertita i capricci di Kein, la sua aria inquisitiva. Hanno dodici anni in due e l'ingenuità di chi non ha ancora conosciuto il mondo.

Kein, aspettami lì! Giuro che tra dieci minuti sono qui di nuovo, okay? Ieri ho visto una cosa dalla finestra e voglio essere sicura che sia quello che penso!”

Che cosa hai visto? Dai, dimmelo! Sono curiosa!”

Una statua, Ke! Una bella statua levigata!”

Jill solleva la mano, punta la finestra della villa diroccata.

Era lassù, guardava fuori, verso di me!”

E vuoi andare a vedere se c'è davvero?!”

Un cenno d'assenso del capo, un solo cenno prima di gettarsi dall'altro lato della recinzione.

Jill!”

Ma Jill non ascolta. È già nel giardino della villa.


**


Ogni passo, uno scricchiolio. Il legno dei pavimenti cigola, si lamenta, urla il proprio dolore. Mura decrepite, quadri scoloriti, arazzi strappati. Dell'antica magnificenza, solo un vago riflesso. Ma non è importante, per Jill.

La stanza dev'essere questa.”

Parla ad alta voce, Jill, per darsi forza, coraggio. Ha paura dei fantasmi, ne ha il terrore, ma la statua...

Scuote il capo, tenta di allontanare il pensiero.

Ieri sera ho visto male di sicuro. Le statue non...”

Si interrompe, non continua. È in un età in cui è difficile capire cosa è sensato e cosa no. Un adulto avrebbe liquidato il tutto come una stupida allucinazione. Ma lei non è ancora cresciuta, può ancora sentire ciò a cui gli adulti sono completamente sordi.

Un sussulto, un salto. Un grido.

Jill urla, urla dopo aver girato l'angolo.

Poi, il silenzio, il broncio, lo sbuffo, il volto scarlatto. Si vergogna, Jill, si vergogna di essersi fatta spaventare da una statua.

Già, la statua...

E... eccola qui! Allora c'era davvero!”

Un uomo seduto su un forziere, la mano protesa in avanti, lo sguardo intenso di chi sta per dire qualcosa di importante, cesellato nella pietra da mani indubbiamente esperte del mestiere. Un ultimo gesto caritatevole, immortalato per sempre nel marmo biancastro. Un rapido sguardo al resto della stanza. Qualche specchio, un paio di mobili ricoperti da pesanti teli sudici, ragnatele, sporcizia in ogni angolo.

Ma lei è linda, pulita.

Nuova?

Jill si avvicina con timore, passo dopo passo, centimetro dopo centimetro.

La statua c'è, visto? Ora puoi tornare indietro!

Le parole di Kein risuonano nella mente, ma ormai è lì, la curiosità è troppo forte. Un passo. Un altro passo. La manina di Jill sfiora le dita scolpite, le confronta con le sue, accarezza il dorso, il palmo, il polso. Fissa gli occhi spenti, occhi velati dalla tristezza, consci del proprio inesorabile destino. Jill solleva la mano, la agita in segno di saluto, come di fronte ad un amico di vecchia data.

Ciao, Statua! Io sono Jill! Molto piacere di conoscerti!”

Nessuna risposta.

Un sospiro di sollievo.

È solo pietra morta.

Ma qualcosa non quadra, no. E Jill non riesce a fermarsi.

Ti ho visto da casa mia, qualche mattina fa. Sei bella, sai? Volevo venire a vederti di persona, ma se lo dicevo alla mamma non me lo faceva fare. Sono qui di nascosto!”

Jill apre il suo cuore di bimba, lascia che entri in comunione con la pietra, abbraccia il corpo immobile, con la sua t-shirt sporca e i pantaloni strappati, a piedi nudi sul legno scheggiato.

Che strano... sei tiepida. Emani calore!”

Le dita di Jill sfiorano il cuore di roccia, il tessuto ricamato da un abile artigiano, lì dove dovrebbe essere il centro pulsante della vita.

Sei perfettamente liscia! Non sembri nemmeno opera di uno scalpellino!”

Non lo sono, infatti.”

Gli occhi spalancati, il respiro mozzato. Jill arretra, ruzzola, rotola. Si rialza, ricade, si accovaccia, in ginocchio. Sistema i capelli, li arriccia, una, due, tre volte. Le iridi verdi a fissare la pietra, la pietra immobile e inerme, scuote il capo con aria di sufficienza.

Calmati, Jill. È tutto uno scherzo della tua testa, eh?”

Un passo dopo l'altro, in avanti, di nuovo.

... o forse... o forse no?”

Una voce serena, pacata, pervade l'atmosfera polverosa. La voce di chi in vita ha visto tutto e ha superato l'orrore della morte.

Dubitare è il primo passo verso la conoscenza, piccola amica mia.”

Un grumo di saliva ingoiato, il battito a mille, l'eccitazione sale.

Allora... allora parli sul serio?”

Sì, Jill.”

Senza indugi, la bimba raggiunse la statua.

E la prese per mano.



**


Dato un sogno infranto, esso non potrà mai essere sostituito.

Il dolore che ne consegue rende impossibile al proprio animo accettare un nuovo scopo,

lasciandolo precipitare nel vuoto assoluto.

Un sentimento nichilista – lo riconosco – ma la tesi è stata

sufficientemente comprovata.

Dopo estenuanti ricerche, posso concludere che l'enunciato va modificato in senso

meno restrittivo.

Dato un sogno infranto, esso non potrà mai essere sostituito dall'esterno.

E questa tesi non può essere verificata con i dati attuali.

Posso solamente crederci, con tutto me stesso.

O con quello che ne rimane.


**


Come mai parli, signora Statua?”

Le labbra immobili, i muscoli fissati nel tempo. La mente è attiva, ancora un poco. Un barlume di coscienza, un luccichio che solo l'anima innocente di un bambino poteva accogliere e riflettere.

Perché non ero una statua, prima. Ora lo sono.”

E come mai lo sei?”

Perché ho sbagliato.”

E come fai ad emettere suoni senza muovere la bocca?”

Il mio corpo è bloccato, la mia anima frammentata. Ma la mia essenza è ancora aggrappata a questo simulacro, il mio intelletto troppo vasto per essere immobilizzato dalla pietra. Ciò che resta di me è rimasto assopito a lungo, in attesa di incontrare una mente sufficientemente aperta da riceverne il messaggio.”

Jill seduta accanto al simulacro, sgambetta contenta, incapace di provare paura. Perché la Statua parla – è vero – ma la voce è umana, tranquilla. No, Jill non riesce ad averne timore, proprio per niente.

È un po' troppo difficile per me! Ti ha punito il nostro Dio?”

No. Io sono il solo responsabile della mia condizione.”

Jill gioca con i suoi capelli, li arrotola, li rilascia. Vorrebbe cambiare argomento, ma non sa cosa dire. Pensa, pensa un po'.

Ad un tratto, la luce.

Ti piacciono i fiori?”

Tutto è cominciato per colpa di un fiore.”

La bimba in religioso silenzio, attende, attende senza proferire parola.

Stavo per far sbocciare un fiore estinto da secoli. Ma la serra bruciò. E il fiore non sbocciò mai. Era il mio sogno.”

Jill trattiene il respiro, raccoglie i pensieri.

È per questo che sei di pietra? Perché il fiore non è sbocciato?”

Sì, temo di sì.”

Un sorriso a trentadue denti.

Posso farlo sbocciare io per te!”

Non credo sia possibile. Era unico.”

Ah. Peccato...”

Tu hai un sogno, Jill?”

Un cenno di assenso.

Da grande, voglio far fiorire tutta la città. Voglio che i colori si spargano dappertutto, che la strada diventi un unico, enorme fiume di corolle!”

Effimero. Banale, sotto un certo punto di vista.”

Un sospiro grave.

Ma è il mio sogno... e questo per me è abbastanza. Non è che se tu hai perso il tuo, allora quelli degli altri non hanno più senso!”

Nessuna risposta, solo un sibilo, il rumore di un cuore in frantumi. Jill si tappa la bocca, per frenare le parole. Troppo tardi, il danno è fatto. Socchiude le palpebre, accarezza la pietra liscia. Vuole farsi perdonare, forse, non intendeva offenderlo.

La mano fruga nella tasca sdrucita, cerca qualcosa.

E il sorriso si apre di nuovo sul suo volto.

Ascolta. Io e mamma coltiviamo tanti fiori, di tutti i tipi. Questi semi sono il mio regalo di compleanno! Sono di una qualità di rosa nera che qui è quasi impossibile da trovare! Vedi?”

Un minuscolo chicco tra le dita, grande come una capocchia di spillo.

Visto che tu non hai più il tuo, ti regalo il mio regalo! Ecco, te lo lascio qui, tra le dita! Magari, quando ti risveglierai, potrai far germogliare questo seme! Lo so, non è il tuo, ma puoi far finta che lo sia!”

Io...”

E se non hai più un sogno... posso donarti il mio! Dai, promettimelo! Quando tornerai una persona, riempiremo assieme questo mondo di fiori! Okay?”

Una lacrima luminosa, una scia di luce da entrambi gli occhi inanimati, lungo la guancia, giù fino al mento. Jill ammutolisce, cerca un fazzoletto, per detergere quel viso immobile.

Non farlo.”

Una scintilla lungo tutto il corpo di pietra, il tempo di tornare per un attimo padrone del proprio corpo.

Per tutto questo tempo, ho voluto dimostrare una tesi, per giustificare la disperazione in cui ero sprofondato. Ma ero in errore, adesso ne ho la prova. È sufficiente un caso contrario per invalidare un'affermazione ritenuta vera. Condividendo con me il tuo sogno... tu hai... hai riempito il mio vuoto.”

Una tenero buffetto sulla guancia, prima che le dita siano nuovamente preda dell'incantesimo, le labbra spalancate in uno sforzo titanico.

Aprendomi il tuo cuore, mi hai permesso di parlarti. Aprendomi la tua mente, mi hai permesso ti tornare me stesso – anche se solo per pochi minuti. Ora, apri la tua anima...”

Un bagliore improvviso, le mura cadenti illuminate a giorno.

... accogli in te l'ultimo barlume della mia conoscenza. Non posso accettare il tuo dono senza darti nulla in cambio... e questo è tutto ciò che ho. Spero che il mio sapere possa prima o poi esserti d'aiuto...”

La vita lascia lentamente spazio alla materia inanimata, la coscienza si spegne, la luce fievole, sempre più fievole.

... così come la tua innocenza è stata di aiu... to... a...”

E la statua ritorna un ammasso di pietra inanimato.


**


Jill si stiracchiò. Era rimasta coricata per qualche minuto davanti alla statua, dopo che aveva smesso di parlare. Aveva avuto sonno, all'improvviso, tanto sonno e si era addormentata. La voce ora era muta, la pietra inanimata. In cuor suo, Jill sapeva che non sarebbe mai più tornata com'era prima.

Ora devo andare, signora Statua. Grazie del bel pomeriggio e di avermi tenuto compagnia! Se Kein non mi vede arrivare, chiama la polizia, quindi è meglio se mi sbrigo!”

Un ultima carezza sulla mano di pietra.

Prima o poi tornerò, lo prometto!”

Rapidi saltelli, fino alla finestra. Un cenno della mano, Kein sbraita dalla strada – ma almeno l'ha vista, non correrà a gridare aiuto. Jill percorre nuovamente i corridoi decadenti, corre incontro al Sole, inconsapevole di aver ricevuto un dono inestimabile.

Inconsapevole di aver donato speranza ad un anima perduta.


**

Parbleu! Che... che cos'è questa roba?!”

Cos'hai da sbraitare, Vergil?”

Vergil ritrae l'indice, punto sul vivo. Una goccia di sangue imbratta il guanto, si riversa lungo il tessuto candido.

Hai decorato tu il pezzo forte della mia collezione?”

Decorato?”

Stamattina, questo fiore non c'era. Ne sono sicuro.”

Taide fa capolino dall'altro lato della stanza, raggiunge Vergil sbuffando poco convinta.

Io sono nata per rubare, non per donare. Non sono stata io.”

Taide scuote il capo, punta i piedi sulla soglia della camera buia.

Pensi che sia entrato qualcuno?”

Vergil non risponde, ammira il fiore delicato, il groviglio di spine cresciute attorno alla mano immobile, la corolla nera dischiuse in un etereo ventaglio.

Una rosa nera, eh? Chissà come è arrivata qui...”

Una pacca sulla zazzera marmorea, un risolino divertito.

Sembra che tu abbia degli ammiratori, capellone! Non sei conten...”

Gli occhi sgranati, spalancati per un istante. Passi affrettati verso l'uscita, verso Taide che lo sta aspettando.

Cosa c'è, Vergil? Tutto a posto?”

S... sì, sì. È solo che per un attimo...”

Un ultima occhiata affrettata, inquieta, prima di lasciare la stanza.

... mi è sembrato che la bocca avesse... un'espressione diversa.”

La porta chiusa di scatto, la finestra serrata.

E lì, dove un velo di tristezza appannava lo sguardo severo, un sorriso di pietra a capeggiare sul viso. Un sorriso eterno.

Fine