Somnia - Una Piccola Luce nelle Tenebre (2014)

"Somnia - Artefici di Sogni" è una serie di fumetti creata da Federica di Meo e Liza E. Anzen. All'epoca, ne andavo matto, tanto da scrivere ben cinque racconti fan fiction ambientati nel loro universo. Me ne ero quasi dimenticato, ma sono riuscito a trovarli in mezzo ai miei polverosi archivi digitali. Questi risalgono al 2014, poco dopo (o poco prima) di essermi trasferito in Germania. Scrivere mi ha aiutato a sopravvivere al senso di vuoto generato dal cambiare vita di colpo. Questo racconto specifico ha un che di autobiografico: Durante i miei primi giorni a Heidelberg, usavo portarmi dietro una piccola lampada a manovella - la mia piccola luce nel buio, sempre con me, nella tasca della mia giacca. Il protagonista, Lyon Vida (o Leon Vida) è il mio alter ego letterario, nelle poche volte che compare. Un riflesso dei miei desideri e delle mie paure più nascoste.
La neve d'inizio inverno, migliaia di fiocchi leggeri danzanti nell'aria pervasa dal profumo di dolci e cioccolata calda. Decine, centinaia di passanti lungo la strada lastricata, antichi palazzi a svettare da secoli sulla via principale. Madri con bambini in cerca di giochi per il Natale, le fioche luci dei lampioni a rischiarare la sera, il cielo già cupo delle cinque. Un ragazzo intabarrato in un pesante cappotto, le mani inguantate, la sciarpa avvolta attorno al viso, occhi di ghiaccio, circospetti. Osserva la strada, lo sguardo basso, perso nei suoi pensieri, nelle sue preoccupazioni forse. Cammina lento, un passo alla volta, senza far caso agli altri esseri umani, come se il resto del mondo non esistesse. O non avesse senso.
Un tenue luccichio sotto la sciarpa, un bagliore improvviso nella notte in divenire.
Un sorriso dal nulla, ad irrorare il suo viso.
“Certo che fa freddo, non trovi?”
Una voce pungente, acuta.
Una voce non nota.
Gli occhi lasciano la strada, si sollevano in un attimo, individuano l'estraneo. Parole di cortesia per evitare il contatto, sillabe biascicate nel candido gelo.
“Scusi?”
Un sospiro trattenuto a stento, il figuro prende parola.
“Ho solo espresso una mia constatazione e ho chiesto un commento, tutto qui.”
Le iridi azzurre scrutano il suo volto, il volto di un giovane dai capelli blu elettrico e gli occhi di fuoco. Un sottile corno d'avorio sul lato destro della fronte, alcuni tatuaggi a completare la composizione.
Un guizzo di incertezza nello sguardo del ragazzo, un sussulto repentino.
“Non credo di averla mai incontrata prima.”
“No, infatti.”
Il ragazzo scuote il capo, allunga il passo. Perché perdere tempo con certa gente?
“Arrivederci, allora.”
“E perché mai? Ci siamo conosciuti or ora! Ti costa tanto dedicarmi un po' della tua attenzione?”
La mano tesa in segno di amicizia, vampe perenni attraverso le pupille scure.
“Io mi chiamo Izmael, piacere.”
Il guanto scivola fuori dalla tasca, stringe riluttante il palmo dello sconosciuto.
“Lyon.”
Un singhiozzo, un colpo di tosse imbarazzato, l'estremo tentativo di liberarsi della seccatura.
“Ora devo andare, mi dispiace.”
“Dove vai, di bello?”
“Lontano da qui.”
“Oh, che piacevole coincidenza...”
Izmael sorride, un ventaglio di denti candidi esposto con noncuranza.
“... anch'io.”
Lyon rotea gli occhi, solleva la sciarpa. Sa di aver perso, in cuor suo. E si rassegna a sopportare il ciarliero inopportuno, conscio di non avere alternativa.
**
“... e così, sei qui per studiare.”
“Sì. È la terza volta che lo ripeti.”
“Mi piace essere sicuro di aver imparato bene.”
Lyon accelera il passo. Di sicuro, Izmael non potrà seguirlo fino a casa. Si fermerà prima, certo. A nessun individuo sano di mente passerebbe mai in testa di imbucarsi nell'abitazione di un tizio incontrato per strada. Già, nessun individuo sano di mente.
Ma questo qui è sano di mente?
La voce di Izmael perfora l'aria come una lancia affilata, si fa strada tra i vapori di condensa.
“Hai un sogno, Lyon?”
“Chi non ne ha?”
Una risatina trattenuta, le fiamme della passione ad infervorare l'animo e il cuore. Un soffio di vento, mulinelli di foglie accartocciate, gli ultimi residui di un autunno durato troppo a lungo.
“Più persone di quante tu creda. Ne ho conosciute parecchie, sai? Uomini e donne convinti di avere un desiderio...”
La mano di Izmael fende l'aria, afferra un frammento di vita, lo stringe nel palmo.
“... per poi scoprire di essere vuoti. Completamente vuoti. Come questa foglia, hai presente? Un pallido spettro di ciò che è stata, un tenue fantasma privo di essenza. Molti non lo accettano e ricorrono ad ogni mezzo per soddisfare ciò che pensano essere il loro bisogno più intimo e segreto. E quando si rendono conto di aver sprecato le proprie energie rincorrendo una chimera...”
Le dita serrate di scatto, un rumore secco, uno scoppio silenzioso.
“... cadono nel baratro...”
Frammenti giallastri rilasciati, una polvere morta priva di coesione.
“... e si perdono nel buio.”
Un cenno sconsolato del capo, un singhiozzo frustrato.
“Uh, uh.”
“Uh, uh? Tutto qui? Sei un tipo di poche parole, eh?”
“Solo con chi non mi va a genio.”
La gente intenta ad acquistare regali, persone di ogni età ed estrazione sociale, uno spaccato della società immerso nell'arteria principale del borgo. Nessuno fa caso allo studente o al suo interlocutore, solo i bambini, curiosi, ingenui. Ammirano il corno di Izmael, vorrebbero averlo anche loro.
“Senti un po', Lyon... hai mai pensato di farti costruire un Somnia?”
Il passo bloccato, il respiro mozzo. Gli occhi sgranati per un secondo, uno solo. Il ritorno alla consueta calma.
“Sì. Ci ho pensato.”
“Oh, bene. E sei andato alla Corporazione?”
“...”
Una pacca amichevole sulla spalla, una spintarella sul giaccone pesante.
“Ehi, Lyon! Un po' di vita! Non sono mica un esarca della Chiesa! Sono solo un ex-giocoliere di strada che ha fatto fortuna, tutto qui. Con me puoi aprirti liberamente...”
Una sottile variazione di colore, le pupille scintillano per un secondo.
“... perché tu hai bisogno di parlare, non è così?”
Un lungo respiro, per prendere coraggio, riversare il proprio malessere sullo sconosciuto conosciuto da poco.
“Sì. Sono andato alla Corporazione...”
Una pausa, una breve pausa per rimboccare la sciarpa, per rimettere ordine nei pensieri.
“... ma non sono entrato. Sono rimasto fuori dalla porta, per quaranta minuti. Ho atteso inutilmente di avere la giusta risoluzione per varcare la soglia...”
Il capo scrollato, i corti capelli castani oscillano nell'aria gelida.
“Invano.”
“Meglio così.”
“Uh?”
“Vedi... i Somnia creano solo problemi. Alterano il destino delle persone, anche di chi non è direttamente collegato a chi ne possiede uno. Sarebbe meglio se la gente imparasse a soddisfare i propri desideri senza ricorrere alla magia.”
Il dubbio nello sguardo di Lyon, un guizzo di curiosità, i piedi puntati. Impossibile proseguire, impossibile senza prima sapere.
“Che problemi può dare un Somnia?”
“Difficile da spiegare. Tenterò con una specie di racconto, okay?”
Izmael serra le palpebre, raccoglie le idee, le riapre, all'improvviso.
“Immagina questa situazione: due uomini hanno in animo – da quando sono bambini – di costruire un castello di fiaba su una certa collina. La stessa collina.”
Una risatina sprezzante.
“Che desiderio stupido!”
“Lieto che tu sia di questo avviso. Posso proseguire?”
“Certo.”
Il dito picchietta sulla tempia, accarezza il corno d'avorio.
“Chiamiamo i due uomini Alexis e Burmas – dare un nome è importante. Ciò che è privo di nome, è privo d'essenza. Comunque sia, Alexis va dalla Corporazione e si fa costruire un Somnia per riuscire nell'impresa, non essendo a conoscenza del sogno di Burmas. Ora, la storia si biforca.”
L'indice puntato al cielo.
“Nella prima versione, Burmas arriva alla collina e – trovandola occupata dal castello di Alexis – crolla in lacrime, in ginocchio. Perché il suo sogno è spezzato, finito. E lui non potrà mai più costruire un castello sulla sua amata collina. Fine.”
Il medio raggiunge l'indice, un due esibito con spavalderia.
“La seconda versione è più interessante. Ignaro del sogno di Alexis, Burmas va anch'egli a farsi costruire un Somnia per il medesimo scopo. Dunque, i Somnia iniziano il proprio bravo mestiere, si ostacolano a vicenda, per permettere al proprio cliente di portare a termine per primo l'opera – perché la collaborazione non fa parte del desiderio di alcuno dei due uomini. E avviene lo scontro, la lotta fra le essenze, da cui solo chi avrà più energia da donare al proprio fine ne uscirà vittorioso. E uno dei due Somnia, quello dello sconfitto, dovrà modificare l'essenza del suo portatore per donargli un nuovo obiettivo, qualcosa che rimpiazzi la perdita.”
Un movimento repentino del braccio, un'elegante riverenza.
“In breve, un Somnia realizzerà il desiderio, l'altro cambierà il desiderio.”
Un pizzico di malizia negli occhi vermigli.
“Les jeux sont faits, Lyon. Cosa ne pensi?”
“Che sicuramente alla Corporazione non saranno mai così stupidi da costruire due Somnia per lo stesso scopo!”
“No, certo che no! Ne costruirebbero uno solo...”
Gli occhi ridotti a fessure, le palpebre a marcarle come sottili linee di separazione.
“... ma per chi? Per Alexis o per Burmas?”
“Per il primo che arriva?”
“Oh, bella! E perché mai? Solo perché Alexis ha deciso per primo di tagliare per la scorciatoia, ha più diritto di Burmas – che invece lotta con le sue sole forze – di vedere il suo sogno realizzato? No, credo di no. Ma – in fondo – sono solo opinioni personali di un giocoliere.”
“Un giocoliere strano, un po' troppo informato su dettagli che non dovrebbero competergli.”
L'indice della mano destra tasta l'avorio, le pupille perse nel cielo ricamato da fragili fiocchi di neve.
“Girovagando per il mondo si imparano un mucchio di cose.”
Un luccichio sotto la sciarpa, Lyon stringe la mano attorno ad un minuscolo oggetto di metallo. Il ciondolo fuoriesce dal tessuto, due anelli intrecciati.
“E quello cos'è?”
Lyon accarezza il freddo metallo, il tessuto del guanto sfrega sull'oro bianco.
“Il motivo per cui non mi sono fatto costruire un Somnia.”
**
Son solo.
Lo so.
Lo sento.
Ma non posso
non credo
non voglio
restarlo
più a lungo.
Lontano da tutti
lontano dal mondo
che mi ha generato
nutrito, curato.
Il mio vero sogno
cercare la strada
il percorso
la via da seguire
Un Somnia volevo
lo desideravo
trovare la luce,
la piccola luce,
nel buio di pece
Poi, all'improvviso,
mi son reso conto
che avevo
già
tutto
**
“Sai, Izmael? Sono andato alla Corporazione perché volevo un Somnia che mi guidasse. Un faro, hai presente? Una specie di cometa guida, di bagliore scintillante nel cielo. Poi, questo ciondolo, questo regalo di una persona cara, brillando dei riflessi dei lampioni in una gelida notte d'autunno, mi ha reso consapevole... che non ne avevo bisogno.”
Un respiro condensato nell'aria fredda, tra le luminarie del Natale ormai prossimo.
“In questo istante, tutto intorno a me è avvolto da un fitto mantello d'ombra. Vedo solo la notte, nessun raggio di Sole. Mi sento perso, è vero, ma non sono solo. Qui dentro, proprio qui, in mezzo al torace, ho una piccola luce che scintilla nelle tenebre, una luce flebile, che mi riscalda, mi dona energia positiva... e mi permette di andare avanti. È questa luce, questo fragile briciolo di speranza che modifica la realtà attorno a me, che mi rende possibile proseguire lungo la mia strada.”
Un sorriso abbozzato, quasi forzato, ma reale e sincero.
“Ho capito che costruire il mio destino con l'aiuto di un Somnia... non sarebbe stato giusto. Sarebbe stato come evitare di mettermi alla prova, cercare il successo sicuro senza nemmeno tentare di cavarmela con le mie forze. Che gusto c'è a vincere la maratona gareggiando in moto? L'importante non è solo il risultato: è la strada che percorri per conseguirlo!”
Le iridi glaciali sciolte, la vita ritorna a fluirvi.
“Non sei d'accordo, I...”
Passanti. Solo passanti. Madri con bambini, uomini e donne al lavoro, mentre altre persone addobbano la città in festa. Ma di Izmael nessuna traccia.
Nemmeno un'ombra.
Lyon lo cerca con lo sguardo, ovunque, dappertutto.
Invano.
Un sospiro sconsolato, la mano a stringere forte il ciondolo.
Poi via, di nuovo verso casa.
**
Dall'alto del tetto, Lyon è solo un puntino per strada. Un puntino celato tra mille altri pari, una goccia nella fiumara di gente gioiosa. Un puntino luminoso, una lanterna cinese nel manto notturno. Izmael accarezza il suo corno, seduto su tegole cupe.
Un mugugno assorto, riflessioni tumultuose, ricordi brucianti.
“Una piccola luce nelle tenebre, eh?”
Lo sguardo al cielo stellato, ai festoni luccicanti, ai corvi in volo.
“Peccato che la mia si sia spenta così presto... ”
Gli occhi chiusi, una lacrima nera a solcare la guancia.
E la forza di proseguire, ancora una volta.