Mother Earth (2012, incompleto)

Mother Earth era nato da una semplice idea di fantascienza classica - coloni spaziali che riscoprono la Terra dopo millenni. Il twist (se così possiamo chiamarlo) è che in Mother Earth non solo la Terra è stata abbandonata dalla razza umana, ma è stata resa attivamente ostile all'uomo per mezzo di parassiti chiamati OWP (non ricordo neppure cosa significhi l'acronimo, forse qualcosa del tipo "organic weaponised parasite"). La maggior parte del racconto avrebbe dovuto svolgersi sulla Terra, dopo che gli OWPs avessero sterminato l'equipaggio della nave, lasciando solamente il protagonista Krishian e l'androide Shellbe in vita. Shellbe (un gioco di parole "she'll be") sarebbe lentamente diventata umana grazie all'infezione di un OWP e sarebbe stata la chiave per ricolonizzare il pianeta (riconosciuta come umana e non-umana allo stesso tempo). Non ricordo esattamente che finale avrei voluto dare a questo racconto. Purtroppo, il flusso creativo si è interrotto troppo presto.
>Report 00
Datalog 0415.
Luogo: Starship Gaia.
Posizione: quadrante Sirio - 156-28-741
Altitudine: 30 Km dal suolo.
Data: 09-11-72 AMC
Ora: 12:00:00
>Androide k-16. Rapporto giornaliero #3
L'astronave denominata Gaia è in vista dell'obiettivo. L'atterraggio sul pianeta S-366c è previsto per domani a mezzogiorno. Mi è stato permesso di osservarlo dalle vetrate della nave. Pianeta di classe C, medie dimensioni. Struttura rocciosa. Atmosfera composta principalmente da azoto. I suoi parametri sono in corrispondenza al 90% con quelli del pianeta Madre. S-366c è l'unico corpo celeste che sembra presentare attinenze così simili a Madre. Il dottor Vault mi ha spiegato che questa è l'unica ragione per cui la Gaia è stata inviata qui. Il dottore ha riso, subito dopo.
>Apertura file: conversazione 2-4-71
“Questa volta ce la facciamo, k-16. Questa volta ci siamo.”
“Siamo dove, dottore?”
“È un modo di dire, non sei programmato per capirli.”
“È mio compito raccogliere informazioni, dottore.”
“Lo so, lo so... ti ho costruito per questo, no? Continua a registrare e vedi di guadagnarti l'olio lubrificante anche per oggi.”
>Chiusura file: conversazione 2-4-71
Il pianeta presenta un colore di fondo azzurro, come Madre. Esistono, tuttavia alcune irregolarità che non ne rendono la superficie uniforme. Il comandante Haven è stato molto preciso a riguardo: ha detto che atterreremo su una di esse. Lo scopo della missione è un'informazione alla quale non ho accesso, al momento. Non potrò quindi registrare alcun dato a questo proposito nel mio rapporto quotidiano. L'unico dato in mio possesso è l'assegnazione della qui presente unità al reparto di sbarco. Sarò utilizzato come sensore semovente. Saranno inviate ventotto persone: due ufficiali, dieci responsabili scientifici, sedici soldati. La mia programmazione mi impedisce di pormi alcune domande riguardo a S-366c. Il software di limitazione è piuttosto severo. Le connessioni neurali che elaborano dubbi non attinenti al mio incarico attuale vengono sospese a tempo indeterminato, lasciando il controllo ai neurosimulatori in linea con il protocollo. Sono stato messo a conoscenza del fatto per evitare che io spenga involontariamente tutte le mie connessioni. Non sarebbe successo ugualmente, con una probabilità del 97.5%. Quando una connessione viene esclusa, ricevo una scarica elettrica di avvertimento e un messaggio di allarme che confonde i miei sensori per 2.24 più o meno 0.02 secondi, equivalenti a 1.792 * 1016 cicli di elaborazione. Un tempo morto che non mi permette di assolvere il mio compito e lascia le mie connessioni nel caos totale. Il mio elaboratore centrale riceve sequenze casuali di zero e di uno che mandano completamente in tilt il sistema. Potrei assimilare questo processo a ciò che il dottore chiama “dolore”.
>Veridicità accertata dell'affermazione precedente: 4.32%.
Non ho esperienza del concetto di dolore. Ho raccolto diversi dati a proposito, ma non dispongo di argomenti oggettivi su cui basare le mie affermazioni. Da ciò che ho potuto appurare, sembra che sia un avvertimento che il sistema nervoso periferico invia al sistema nervoso centrale per segnalare la presenza di un guasto. Il sistema risponde quindi adottando contromisure per terminare la sorgente del guasto o ridurne l'entità. Se questa definizione è corretta, si può effettivamente assimilare la corrente di dati casuali che fluisce nella mia entità centrale al “dolore”. Questa affermazione necessita comunque di una mole di dati superiore di almeno il 72% rispetto alla quantità posseduta.
Ritorno alla sequenza principale ed escludo la subroutine autoanalisi. È necessario riportare nel datalog una conversazione avvenuta tra il dottor Vault e il comandante Seif Haven.
>Apertura file: conversazione 3-8-22
“Ma è proprio sicuro di non voler atterrare su S-366c?”
“Lei poserebbe di sua spontanea volontà un piede su un campo minato?”
“Non riesco a capire cosa c'entri...”
“Non si preoccupi. Non deve preoccuparsi. Proprio per niente. Sono solo le divagazioni di un vecchio pazzo.”
>Chiusura file: conversazione 3-8-22
La conversazione ha portato il grado di nervosismo del dottor Vault da 3 a 5 su un massimo di 10, scala Cooper per il riconoscimento delle reazioni umane. Il suo tono di voce ha subito una variazione di frequenza dell'ordine dei 100 Hz. Le sopracciglia hanno eseguito movimenti rapidi a scatto. La comparazione S-366c con un campo minato sembra essere l'elemento scatenante della modulazione.
>Apertura file: encyclopedia
campo minato: (nome + adj) distesa di esplosivi azionabili a distanza o tramite sollecitazione meccanica da parte di uno o più corpi estranei. In generale, si utilizza per difendere zone militari.
>Chiusura file: encyclopedia
Dalla conversazione, risulta evidente che il dottor Vault considera S-366c un luogo pericoloso, secondo la definizione standard di pericolo: qualcosa o qualcuno in grado di mettere a repentaglio l'integrità di una o più unità. Se il dottor Vault ha ragione, esiste il concreto rischio di danni strutturali alla qui presente unità k-16. La subroutine di autoconservazione mi imporrà di impostare i sensori su massima allerta e dedicare ai processi di analisi la massima priorità.
Il dottor Vault non è l'unico membro dell'equipaggio ad esprimere un alto livello di nervosismo. Il picco massimo è stato raggiunto dal luogotenente Krishian Haven, attualmente agli arresti per comportamento non consono al suo grado. L'analisi delle sue reazioni ha dato come esito un livello 9 su un massimo di 10, scala Cooper per il riconoscimento delle reazioni umane. Ho raccolto alcuni commenti sul luogotenente Haven. Il 71.96 % dei membri dell'equipaggio lo considera un individuo egoista, privo di qualunque qualità. Il 21.50 % lo definisce come uno “stupido raccomandato”. Il restante 6.54% lo considera una risorsa umana apprezzabile. Devo ancora registrare le motivazioni del suo arresto. Non ho raccolto abbastanza dati per poter trarre conclusioni logiche.
>Termine registrazione.
>Prossimo aggiornamento: ore 18:00:00
1. Gaia
I motori muggirono in modo assurdo, rombando e gemendo disperati. Un'apocalittica sinfonia di ottoni unita allo stridore del gesso sulla lavagna. Le vetrate iniziarono a tintinnare, stimolate dalla vibrazione, rendendo il ponte di comando un inferno. Un tripudio di luci rosso fuoco permeò l'atmosfera artificiale, accompagnato da una spettrale sirena di allarme. Lo scafo prese a vibrare a sua volta, seguendo i vetri e amplificandone l'effetto, generando un contrappunto lento e grave al rapido movimento dei pannelli trasparenti. I motori lanciarono un ultimo, disperato grido. Un urlo ancestrale di dolore e terrore, un lamento senza tempo, insopportabile, allucinante.
Poi il silenzio.
E il buio.
Tutto spento.
Tutto.
Il timido starter di un neon iniziò lentamente a mostrare segni di vita. Un breve flash di luce biancastra nel buio del vuoto cosmico. Luce nelle tenebre del ponte di comando. Bagliore di speranza e di vita. Al ritorno dalla morte. I suoi fratelli lo seguirono a breve, rischiarando l'atmosfera densa e tesa, alleggerendone il peso. Una dopo l'altra, le lampade assolsero al loro compito, riportando visibilità e tranquillità nel nero terrore. Il comandante Seif Haven aprì gli occhi.
Siamo fermi. Cercò di muovere il braccio destro, esibendosi in movimenti goffi e impacciati. Tutto il mondo stava ruotando attorno a lui. Osservò incuriosito il moto circolare dei sedili che vedeva davanti a sé. Non ricordava che Gaia avesse un modulo rotazionale per la gravità artificiale. Infatti non ce l'ha, idiota! È la tua testa a girare, non la nave! Una sensazione sgradevole lo colse all'improvviso. Sapeva cosa aspettarsi, era già successo troppe volte. Troppe. E sempre troppo velocemente. Lanciò il braccio sinistro alla ricerca di qualcosa nel vano posteriore del sedile di fronte a lui. La mano mancò il bersaglio per tre volte, prima di ancorarsi saldamente alla tasca. Una volta raggiunta, articolò le dita in modo da afferrare il piccolo sacchetto ripiegato con cura al suo interno. Gli ci vollero sei tentativi. Lo aprì, con l'ausilio dell'altra mano e lo portò alla bocca, come ogni volta. E come ogni volta, vomitò l'anima, a più riprese. Accanto ai suoi piedi si aprì una piccola feritoia circolare. L'uomo richiuse il sacchetto con finta calma e malcelato schifo, poi lo gettò all'interno del condotto. L'apertura si richiuse un attimo dopo, nascondendo alla vista il suo compagno di troppi viaggi. Ormai era diventato un movimento meccanico. Apri gli occhi, prendi il sacchetto, riempilo e buttalo via. Una tecnica collaudata. Se solo potessi prendere quelle diavolo di pastiglie contro la nausea... Scosse la testa. Era allergico ad uno dei principi attivi. Non poteva minimamente pensare di assumerne una. L'unica possibilità era il buon vecchio sacchetto. Slacciò la cintura di sicurezza con noncuranza. Era tornato padrone di se stesso e dei suoi movimenti. Certo, lo stato semiconfusionale sarebbe durato ancora un paio d'ore, ma si poteva tranquillamente dire che il peggio era passato. Spostò la gamba destra e la stese. Fece la stessa cosa con la sinistra. Le piegò. Le stese nuovamente. Poggiò le mani sul sedile. Fece forza sulle braccia. Si alzò, barcollante. Molti membri dell'equipaggio lo imitarono. Lentamente, la Gaia ritornò dall'inferno al paradiso. I piloti osservavano divertiti la scena. A differenza degli altri, loro sembravano non essersi scomposti.
Naturale. Li scelgono apposta. Non puoi fare il pilota se soffri di mal di spazio. Uno dei due si espresse in un risolino denigratorio.
“Bella manovra. Non lo pensa anche lei?”
“Tu e le tue cazzo di frenate brusche, Junker!”
Junker sollevò la visiera. Nei suoi occhi si leggeva la bonarietà della presa in giro. Seif Haven era stimato e rispettato da tutti. Un uomo integro, privo di punti deboli. Non un eroe, per carità, non aveva ancora compiuto alcun gesto che potesse attribuirgli quel titolo. Ciononostante, il suo nome era noto da un capo all'altro di Madre. L'unico momento in cui mostrava segni di cedimento era dopo un viaggio iperspaziale. Lasciarsi scappare quell'occasione sarebbe stato uno spreco.
“Non era brusca, comandante. È lei che ha lo stomaco debole.”
Haven rispose con un grugnito poco convinto. Ogni frenata superiore a mezzo g era brusca, secondo il suo metro di valutazione. I piloti avevano arrestato la corsa della Gaia in centoquindici chilometri, portandola da una velocità stimata di tre chilometri al secondo allo stato di quiete. Una decelerazione netta di 4 g. Un po' troppo per il suo delicato apparato digerente. Haven decise di non cedere alle provocazioni. Si diresse a fatica verso il microfono per le comunicazioni generali e sollevò il trasmettitore. Premette qualche pulsante colorato sul cruscotto di plastica nera, poi regolò l'intensità del segnale tramite il touchpad di controllo. Una campanella risuonò all'interno della Gaia. Era un suono insistente, a tratti fastidioso, ma necessario. Dopo sei squilli, sarebbe stato matematicamente impossibile trovare un membro dell'equipaggio ancora addormentato. Il comandante si schiarì la voce, avvicinando l'apparecchio alla bocca.
“Qui è il comandante Seif Haven. Siamo arrivati. Potete uscire dai vostri alloggi.”
Attese un secondo.
“O meglio... Dovete uscire dai vostri alloggi. C'è bisogno di tutto l'aiuto possibile adesso. Dobbiamo organizzare il lavoro, le squadre, i turni... cose di questo genere. Vi aspetto tra venti minuti sul ponte di comando. I disertori saranno puniti in modo esemplare.”
La campanella squillò nuovamente, annunciando la fine del messaggio. Haven era soddisfatto. Nonostante il rintronamento, era riuscito ad articolare un paio di frasi strutturate e coerenti. Si allontanò dall'apparato, trascinando le sue gambe in direzione del sedile che lo aveva ospitato fino a poco tempo prima. Si accasciò sulla pelle sintetica nera, sprofondando nella sua dubbia comodità. Un nuovo conato di vomito lo assalì all'improvviso. Haven dilatò gli occhi e contrasse gli addominali. Con grande forza di volontà riuscì a resistere. Non sarebbe stato l'ultimo attacco di nausea, ne era certo.
“Problemi di stomaco, comandante?”
Si voltò verso la voce, una voce nota. Un vecchio gobbo che si reggeva su un bastone antidiluviano lo salutò educatamente. Portava un paio di occhiali rotondi, molto piccoli, che coprivano due occhi verdi rapidi e decisi, sempre in movimento. Una lunga barba grigiastra con venature nere decorava il suo mento. Il ritratto era completato da un vistoso paio di orecchie a sventola coronate da una folta capigliatura dello stesso colore della barba. Haven lo fissò incuriosito. Isaiah Vault era una di quelle persone che ti si stampano nella memoria e non ne escono più. Molti pensavano che Vault accentuasse apposta le proprie caratteristiche fisiche per essere notato anche in mezzo ad una folla numerosa. In effetti, era difficile che passasse inosservato.
“I soliti.”
“Capisco. Non può assumere pastiglie, non è così?”
“Deve proprio ricordarmelo anche lei?”
Il vecchio rise sotto la barba. I suoi occhi vivaci squadrarono il suo interlocutore dalla testa ai piedi. Seif Haven era un uomo robusto, ben piantato. Capelli biondi, abbastanza corti. Occhi scuri, profondi e immobili. Esprimevano determinazione e sicurezza. Certo, le sue condizioni attuali non erano così buone. Quello che aveva davanti sembrava il fratello stupido di Seif Haven. Il suo volto era scavato e segnato da profonde occhiaie, gli occhi lucidi e arrossati. Il viaggio iperspaziale lo aveva evidentemente provato più di quanto lui fosse disposto ad ammettere. Il personale non espressamente necessario alla navigazione aveva dei comodi alloggi a disposizione durante il viaggio. Gli addetti ai sistemi di controllo e i piloti erano tenuti a rimanere sul ponte di comando, seduti ai propri posti, pronti ad intervenire in caso di bisogno. Ogni volta, il solito inferno. Ma Seif Haven era il comandante. Non poteva permettersi di mostrarsi debole. Doveva mantenere la sua autorità anche con 42 e mezzo di febbre. Non doveva mostrare alcun segno di cedimento. Tutto l'equipaggio contava su di lui. Era il pilastro della Gaia.
Vederlo in quelle condizioni era uno spettacolo allo stesso tempo grottesco e ridicolo.
“Le passerà. Questo non il suo primo viaggio interstellare, no?”
Il comandante annuì debolmente. Vault aveva dormito come un ghiro fino a quindici minuti prima, nella sua suite perfettamente attrezzata per ridurre al minimo la percezione delle diverse sollecitazioni a cui era sottoposto lo scafo. Era in ottime condizioni, a differenza di lui.
“È venuto qui solamente per appurare il mio stato di salute o c'è dell'altro, dottore?”
“In effetti... dovevo parlarle, comandante. Se preferisce, possiamo rimandare la conversazione ad un momento successivo.”
“Non sarà necessario.” Almeno così non penserò al mio stomaco per un po'.
Haven fece segno a Junker e al copilota di lasciare il ponte di comando per un paio di minuti. I due annuirono e si diressero verso i corridoi interni. Il vecchio lo apostrofò prima che potesse voltarsi.
“Dunque... lei è perfettamente cosciente del motivo per cui sono qui, non è così?”
“Mi è stato accennato.”
No, non era vero. Haven non ne aveva la minima idea. La presenza di Vault gli era stata notificata solo due giorni prima della partenza, senza uno straccio spiegazione. In teoria, la lista dei membri dell'equipaggio era fissata una settimana prima della partenza. Eventuali modifiche potevano essere apportate solamente per motivi gravi. Quale fosse la motivazione nel caso del dottore... bé, doveva ancora capirlo. Haven era comunque il comandante in capo della nave. Non poteva mostrare il fianco scoperto al nemico. Doveva fingere di essere a conoscenza di fatti dei quali era totalmente all'oscuro.
“Bene, allora non mi dilungherò in spiegazioni lunghe e noiose, buone solo per noi accademici. Se lei sa già tutto, non avrà nulla in contrario all'inserimento di Shellbe nella squadra di sbarco.”
“Shellbe?!”
Haven portò gli occhi al cielo, cercando di ricordare i nominativi che componevano l'equipaggio. La Gaia era alla sua ventiduesima missione. Ormai conosceva di persona praticamente chiunque su quella nave. Avrebbe giurato di non aver mai sentito nominare questo Shellbe.
“La vedo un po' confuso, comandante.”
“Chi diavolo è Shellbe?”
Il volto del dottore si deformò in una smorfia di disapprovazione.
“Il motivo per cui sono qui. Devo dedurre che lei è all'oscuro di tutto?”
“A questi punti gradirei qualche precisazione.”
Vault annuì, poi fece un cenno con la mano in direzione del corridoio. Un sottile ronzio raggiunse i padiglioni auricolari di Haven. Si voltò di scatto verso la fonte di quel rumore. Una figura pressoché umana si stava avvicinando lentamente. Due braccia, due gambe, una testa. Ora capisco. Le braccia di Shellbe si muovevano ritmicamente con la precisione di un metronomo. Le gambe erano in controtendenza: quando il braccio destro era proteso in avanti, la gamba destra fungeva da solido appoggio per mantenere la posizione eretta. I movimenti erano piuttosto rigidi, ma denotavano una certa grazia. Il volto era inespressivo, un semplice schermo riflettente su cui di tanto in tanto comparivano lettere e numeri. Haven non aveva mai sentito il suo nome, ma era logico. Shellbe non era un membro ordinario dell'equipaggio. Era un robot. Una macchina. Non era fatta di carne ed ossa, ma di plastica, ceramica e metallo.
“Comandante... sono lieto di presentarle Shellbe. Può anche chiamarlo k-16.”
“Molto lieto.”
Vault si voltò in direzione della creatura.
“Puoi fermarti, ora.”
Il manichino eseguì l'ordine immediatamente, fermandosi di scatto. Haven lo squadrò con sospetto.
“Che tipo di intelligenza artificiale vi ha montato sopra?”
“L'ho scritta da zero. Non ha senso descrivergliela. Dovrei entrare in dettagli di informatica pura, un ambito di cui mi pare di capire che lei sia piuttosto digiuno.”
Haven sospirò. Non era il caso di discutere di aspetti così tecnici con un uomo della statura culturale di Isaiah Vault.
“Cosa ne dice se ne parliamo con calma davanti al resto della squadra di sbarco? In fondo, se ho capito bene, il problema riguarda anche loro.”
“Certo. Perché no? Io non scenderò su S-366c, dopotutto.”
Haven strabuzzò gli occhi.
“Come, scusi? Ero convinto che...”
“Rimarrò qui sulla Gaia. È la mia ultima parola.”
“Ma è proprio sicuro di non voler atterrare su S-366c?”
“Lei poserebbe di sua spontanea volontà un piede su un campo minato?”
“Non riesco a capire cosa c'entri...”
“Non si preoccupi. Non deve preoccuparsi. Proprio per niente. Sono solo le divagazioni di un vecchio pazzo.”
Vault si diresse verso il pannello di controllo del trasmettitore.
“Tra quanto è l'appuntamento con il resto dell'equipaggio?”
“Quindici minuti.”
“Bene. Torneremo in tempo.”
Il vecchio fece un cenno con la mano.
“Vieni con me, Shellbe. Devo darti alcune indicazioni.”
Il droide annuì e seguì il suo costruttore con il suo tipico passo cadenzato. Haven osservò la strana coppia con occhio benevolo. Un metronomo ambulante e un vecchio ricurvo. Sembra un duetto comico. Rise. Ma solo per un attimo. Gli addominali si contrassero nuovamente, costringendolo a cercare appoggio sul sedile di fronte. Stavolta non sarebbe riuscito a trattenersi. In assenza di testimoni sarebbe risultato tutto più semplice. Prese un sacchetto vuoto, lo portò alla bocca e si lasciò andare, al riparo da sguardi indiscreti.
>Registrazione vocale: diario di Krishian Haven
09-11-72 AMC
Mi sono svegliato sul pavimento della mia cabina, all'improvviso. Devo essere caduto dal letto durante la decelerazione... certo che i piloti sono proprio dei cani, maledizione! Non sono neanche in grado di frenare con dolcezza, porca puttana! Se fossi mio fratello, li avrei già mandati a spasso da parecchio tempo, ma lui niente, dice che si trova bene con questo equipaggio, che li conosce tutti, che tutti si vogliono bene e sono amici... tutte stronzate. Un buon capitano dovrebbe fregarsene dei sentimenti e delle relazioni interpersonali. Uno lo tieni se è bravo a fare quello per cui lo hai assunto, non perché è simpatico. È come se tenessimo un'esperta di comunicazioni solo perché ha un bel culo. Oddio, non sarebbe poi così male come idea. La tenente Leana Sieh ha solo diciotto anni ma un fisico da urlo. È colpa mia se non ho saputo resistere alla sua tacita offerta? Ci siamo appartati solo una volta, per neanche mezz'ora. E questo è bastato per farmi mettere agli arresti. Per la cronaca, hanno messo agli arresti anche lei. Così mi sono rovinato l'immagine, al primo viaggio con la Gaia. Ora tutti pensano che io sia solo un cretino raccomandato che ha ottenuto questo posto solo grazie al fratello. Ma per piacere! Io con mio fratello non ci parlo da anni. Sono finito sulla Gaia per puro caso. Era una buona opportunità, di soldi me ne avrebbero dati parecchi. Ho scoperto solo dopo che era la nave comandata da Seif Haven. Che rogna. A saperlo prima, non avrei nemmeno fatto richiesta. Lui si è convinto che la mia decisione fosse in qualche modo legata all'amore fraterno che ci lega. Tutte stronzate. Sono qui solo per soldi. Devo pagare le ultime rate di... no, ora non ho voglia di parlarne. Ehi, ma quest'affare sta registrando? Maledizione! Deve essersi acceso durante la caduta! Se cadesse nelle mani di mio fratello... no, devo trovare il modo di cancellarne la memoria... no, pazienza, ci penserò dopo. Tanto la mia posizione non può peggiorare. Dunque, cosa stavo dicendo? Ah, sì. Io non so quale sia la missione di questa stupida nave. Basta che mi paghino. E in contanti. E che magari mi facciano uscire da qui, sono due settimane che sono chiuso nel mio alloggio, come se fossi un reietto. Ma cazzo, non avrò anch'io il sacrosanto diritto di farmi una tipa? Forse non era né il luogo, né il momento adatto, ma provate voi a resistere di fronte ad un tale ben di Dio!
Forse è meglio cambiare argomento. Ho saputo da Leana che è stato imbarcato un ospite inatteso, il dottor Isaiah Vault. Il nome l'ho già sentito da qualche parte, anche se al momento non ricordo dove. Pare che sia già stato su S-366c, però se devo dire la verità, la cosa mi puzza un po'. Non ricordo di aver mai sentito parlare di altre spedizioni verso quel pianeta. Non che io sia la persona più informata di Madre, intendiamoci...
Vault ha portato con sé un androide, da quanto ho capito. Non lo ha detto al caro fratellino, era un'informazione riservata agli addetti al trasporto bagagli e agli esperti di comunicazione. Leana lo sapeva e me lo ha detto prima di baciarmi e di... no, i dettagli non li voglio raccontare. Mi invidiereste troppo. Lasciamo perdere un attimo, okay? Sta di fatto che, per la prima volta nella storia dell'esplorazione spaziale, un androide farà parte dell'equipaggio operativo di una nave. Forte, no? Gli hanno pure dato un nome, Shellbe. Shellbe... che nome del cavolo. Anch'io potevo inventarmi qualcosa di meglio e non sono certo la persona più fantasiosa di questo universo. Un'occasione del genere forse meritava un nome più altisonante. Non è andata così: questo robot passerà alla storia come Shellbe. Che sfiga, ragazzi!
Comunque, ora siamo arrivati. La mia detenzione dovrebbe essere terminata, se tutto va bene. Dovranno assegnarmi ad un reparto ora. La scelta non è molto ampia. O rimango su Gaia o scendo su S-366c. Io preferirei la prima. La mia esperta di comunicazioni preferita rimarrà qua su. Perché non posso rimanere con lei? Magari stavolta riusciamo a non farci scoprire... no, no tutte stronzate.
Chi voglio prendere in giro? Seif mi vorrà giù su S-366c con lui, per avermi al suo fianco. Non vorrà che io lo deluda, mi pregherà di fare del mio meglio, sarò costretto a sorbirmi un pippone assurdo sulla fratellanza e i legami di sangue.
Signore, so che non sono stato molto buono ultimamente, ma almeno evitami questa disgrazia! Non ce ne ho veramente voglia! Tutto ma non que... ehi! Cosa diavolo è questo suono? Sembra una campanella, ma è fastidiosissimo! Porca di quella... è il trasmettitore generale! Stanno per inviare un messaggio?!
“Qui è il comandante Seif Haven. Siamo arrivati. Potete uscire dai vostri alloggi.”
Alleluia! Finalmente potrò abbandonare questa stanzetta del cazzo!
“O meglio... Dovete uscire dai vostri alloggi. C'è bisogno di tutto l'aiuto possibile adesso. Dobbiamo organizzare il lavoro, le squadre, i turni... cose di questo genere. Vi aspetto tra venti minuti sul ponte di comando. I disertori saranno puniti in modo esemplare.”
Eh, no, Seif! Questo non me lo dovevi fare! Almeno un'ora di libertà potevi lasciarmela! E che cavolo! Certo signor comandante, sarò lì signor comandante, viaggiato bene signor comandante o ha vomitato come quando era un bambino e soffriva di mal d'auto?
Quanti sacchetti ha riempito, signor comandante? Due, tre? Quanto mi dispiace, signor comandante!
Alla fine di questa missione, voglio essere pagato. E pagato bene. Perché avere il proprio fratello come comandante è la cosa più seccante del mondo. Dovranno aumentarmi il salario. Magari potrebbero darmi un piccolo extra. Ad esempio, il tenente Leana Sieh...
2. Luce
Il ponte di comando della Gaia era quasi completamente al buio. I neon sul soffitto erano spenti, così come le luci laterali. Solo le lampade di emergenza sembravano funzionare a dovere. Le paratie di sicurezza ricoprivano completamente le vetrate della nave, impedendo alla luce della stella centrale del sistema di raggiungere i suoi occupanti. Una figura imponente si stagliava al centro della sala, nella penombra che rendeva difficile distinguere qualunque oggetto o persona.
“Noto con piacere che nessuno ha deciso di darsi alla macchia.”
Seif Haven si era completamente ristabilito. Gli ci era voluta meno di un'ora per ritornare in piena attività. Osservava i suoi compagni di viaggio da una posizione leggermente sopraelevata, illuminato dai bagliori corruschi e soffusi delle lampade intermittenti. Era giusto per creare un po' di atmosfera, tutto qui. Lo spettacolo che si accingeva a mostrare avrebbe ripagato la curiosità e le aspettative di ogni membro dell'equipaggio.
“Siamo finalmente giunti in prossimità di S-366c. Domani a mezzogiorno invieremo una squadra di sbarco e inizieremo ufficialmente le attività di ricerca.”
Silenzio. Un silenzio studiato, lungo giusto un paio di secondi. Non di più. Non di meno.
Nessuno replicò o ebbe il coraggio di chiedere informazioni.
“Avverto sgomento nei vostri sguardi. Prima di fare domande...”
Si voltò verso la paratia alle sue spalle, fissando lo schermo nero che impediva alla radiazione luminosa di raggiungere gli occupanti dell'astronave.
“... che ne dite di dare un'occhiata al pianeta, in tutta la sua magnificenza?”
Premette un pulsante azzurro lucente sul cruscotto. Era l'unico dettaglio ben visibile nel buio totale del ponte di comando. Un ronzio insistente permeò l'atmosfera. Troppo leggero per risultare fastidioso, troppo intenso per essere ignorato. Quasi contemporaneamente, le paratie di protezione incominciarono a muoversi.
E luce fu.
S-366c si mostrò in tutto il suo splendore. Una sfera quasi perfetta, leggermente schiacciata ai poli, di un colore azzurro vivo. La linea di demarcazione tra l'emisfero illuminato e il lato oscuro del pianeta tagliava era nitida e ben riconoscibile. Conformazioni nuvolose e macchie irregolari sembravano aggiungere tocchi di originalità ad un ritratto già di per sé affascinante.
Seif Haven sorrise. Era felice come un bambino. Non aveva visto altro che foto di S-366c, fino a quel momento. Nessuna immagine avrebbe potuto sostituire lo spettacolo che gli si parava davanti. Nessuna.
La vista del corpo celeste causò un'ondata di stupore e ammirazione in tutti i membri dell'equipaggio. Tutti eccetto tre. Il dottor Vault era voltato in direzione opposta e non sembrava minimamente interessato allo spettacolino offerto dalla natura. C'era da aspettarselo, in fondo lui quel globo lo aveva già visto dieci anni prima. Era già stato fortunato a tornare indietro, perché sfidare la sorte di nuovo? Per amor della scienza? O forse per ostinazione personale? La seconda opzione era la più accreditata. Isaiah Vault era un uomo molto orgoglioso. Forse troppo. Il suo ego smisurato gli aveva provocato una sospensione di due anni dal circolo accademico per averne insultato apertamente il presidente, definendo le sue ricerche “roba che anche il mio criceto poteva scrivere”. Anche Shellbe era rimasto impassibile. Non era il caso di stupirsi, dato che in fondo era solo un robot. Intelligente, attento, ma pur sempre un robot. Un robot capace di eseguire conti complicatissimi alla trentaseiesima cifra decimale ma, allo stesso tempo, incapace di provare emozioni. Krishian Haven era semplicemente concentrato sulle forme del tenente Sieh, ora che la luce gli permetteva di metterla a fuoco nella massa indistinta di persone che si accalcavano sul ponte principale. Del pianeta gli importava poco o niente. Seif Haven fu particolarmente amareggiato dal suo comportamento. Scrollò le spalle. Da suo fratello, probabilmente, non si sarebbe potuto aspettare altro.
“Domande?”
Le prime timide voci iniziarono ad emergere dal brusio indistinto.
“Qual è il raggio stimato del pianeta?”
“Circa seimila chilometri, più o meno come Madre.”
“Presenta terre emerse?”
“Tre continenti.”
“Il suo periodo di rotazione è noto?”
“Non con precisione. Dobbiamo svolgere qualche ricerca a proposito.”
“Ha dei satelliti?”
“Due, di cui almeno uno di dimensioni notevoli.”
Le voci iniziarono a spegnersi, poco per volta. La curiosità stava rapidamente scemando per far spazio alla rigidità con la quale ognuno dei presenti era stato educato. Un silenzio quasi religioso calò sulla sala gremita.
“C'è vita su S-366c?”
Un lampo a ciel sereno. Il comandante Haven si voltò di scatto.
Krishian stava rosicchiando una mela con poca convinzione. Aprì gli occhi ed incrociò lo sguardo del fratello.
“Come hai detto, scusa?”
Staccò un altro pezzo del frutto con un morso deciso.
“Ho solo chiesto se c'è vita. Insomma, batteri o roba simile. Oppure vita intelligente. Insomma, c'è qualche fottuta specie biologica su questo pianeta?”
Haven lo squadrò con severità.
“Ti sembra che possa essersi sviluppata vita intelligente al di fuori di Madre?”
“S-366c sembra il clone bello di Madre. Perché non potremmo trovare esseri viventi? Anche importati, dico. Magari da spedizioni precedenti.”
“Esistono alberi, se ti può interessare. Piante. Di diversi tipi, anche. Ma non è testimoniata l'esistenza di vita animale sul pianeta. Forse potremo trovare qualche roditore, qualche insetto. Nulla di più.”
Krishian osservò il torsolo denudato della polpa, poi lo gettò in uno dei bidoni a scomparsa.
“Mi permetta una seconda domanda comandante. È esistita una qualche civiltà su S-366c?”
Seif Haven abbassò lo sguardo verso il terreno.
“Questo vale come un sì, vero?”
“Abbiamo degli indizi. Non so se ci sia mai stata una civiltà intelligente su S-366c, ma posso tranquillamente affermare che sul pianeta sono state combattute molte guerre. Dalle nostre informazioni, risulta che il suolo è coperto da rottami di aeromobili, armi, missili a lunga gittata, resti di basi militari e di roccaforti. Qualcuno ipotizza che S-366c sia stato il teatro di qualche battaglia di poco successiva alla creazione dell'iperguida, magari tra le diverse fazioni politiche di Madre.”
“E... perché non sarebbe stato reso noto?”
“Per non creare dubbi sulle origini pacifiche della nostra gloriosa civiltà.”
Isaiah Vault si era intromesso nel discorso con la sua voce graffiante e affilata. Si sistemò gli occhiali, poi continuò.
“Sapete, è bello poter credere ad una favola come quella della fondazione della Grande Nazione su Madre, ma quando si diventa adulti, certi miti sarebbe il caso di dimenticarli. C'è qualcuno tra voi che crede veramente che, tanto tempo fa, i diversi popoli di Madre abbiano deciso di cooperare per il bene comune, dimenticando i conflitti e gli attriti, fondando un unico, grande stato mondiale? E che in questo clima di pace eterna sia stata sviluppata l'iperguida, permettendoci di colonizzare lo spazio? Ma per piacere! La nostra civiltà è nata dalla guerra, capite? Dalla guerra! Chi non voleva il governo mondiale è stato spazzato via. Tutto qui. Ma la storia la scrivono i vincitori, non so se mi capite. Perché non porre all'origine di tutto una bella favoletta in cui tutti si amano e si vogliono bene? In questo modo, nessuno in futuro si sentirà colpevole per gli errori del passato!”
Centinaia di occhi lo fissarono, visibilmente confusi.
“Ah, mi raccomando...per chi ancora non lo sapesse, Babbo Natale non esiste, okay?”
Calò un silenzio imbarazzato. Sembrava che nessuno fosse in grado di rispondere. In fondo, era noto che in realtà la Grande Nazione era nata dalle ceneri del più devastante conflitto che avesse mai sconvolto Madre... così come era noto che l'iperguida era stata sviluppata e resa possibile molto prima dell'unificazione totale dei governi umani. Tuttavia, la maggior parte delle persone preferiva credere nella cosiddetta versione ufficiale. Era una sorta di autodifesa psicologica. Pur conoscendo la storia reale, gli abitanti di Madre cercavano di convincersi della veridicità del mito delle origini, in modo da non avere rimorsi per quanto accaduto nel passato e potersi vantare con gli abitanti delle colonie periferiche di vivere su un pianeta che non ha mai conosciuto una guerra dai suoi albori.
Krishian si limitò a sorridere, come se non fosse accaduto niente.
“Mi ha veramente sconvolto, dottor Vault. E io che pensavo che il buon omone rossovestito e le sue simpatiche renne volanti esistessero davvero...”
Il vecchio gli lanciò un'occhiataccia. Il comandante emise un profondo sospiro.
“Posso continuare? Dunque, stavo rispondendo alla vostra domanda, se non ricordo male.”
Krishian gli rivolse uno sguardo di sfida.
“Precisamente.”
“La risposta potrà non piacerle, Haven. Checché ne dica certa gente – scienziati o cialtroni che siano – non esistono documenti riguardo ai conflitti combattuti su S-366c. Comunque, la precedente spedizione ha appurato che ce ne sono stati parecchi e in almeno uno di essi sono state utilizzate armi atomiche. In alcune zone del pianeta si possono ancora misurare picchi anomali di radioattività. Crediamo che S-366c sia stato abbandonato circa tremila anni fa. La datazione è molto imprecisa, ma per ora non siamo riusciti a fare di meglio. Lo scopo della nostra missione è raccogliere nuovi dati, riuscire a ridurre l'incertezza sulla datazione e, se sarà possibile, fondare una colonia autosufficiente sulla superficie.
“No, si sbaglia. La sua risposta mi è piaciuta molto. Semplice, diretta, senza troppi fronzoli. Nessuna parola o frase inutile, nessun riferimento fuori luogo. Una sintesi perfetta. Mi chiedevo solamente chi sbarcherà sul pianeta.”
Seif Haven strinse gli occhi e nascose a fatica un sorrisino inquietante. “Questa era la domanda che volevo sentirmi porre.”
Si diresse al centro della sala, in mezzo alla folla di persone che costituiva l'equipaggio.
“Vi comunico che ho già deciso la composizione delle squadre. I tre mesi di convivenza forzata all'interno di questa astronave mi hanno permesso di analizzare i vostri comportamenti e le vostre reazioni a diversi stimoli. Ora posso dirvelo: nei vostri alloggi erano presenti sei telecamere disposte in modo da coprire l'intera area calpestabile della cabina. Prima che qualcuno possa chiedermelo, sì, anche nei bagni. Lo so, è stata una mossa fortemente scorretta, ma mettetevi nei miei panni. A me solo spetta la responsabilità di decidere chi rimarrà su e chi andrà giù, per cui...”
Krishian strinse il pugno con tutta la forza dei suoi muscoli. Brutto stronzo! È così che hai avuto le prove della mia scappatella?! Ma vai all'Inferno, tu e i tuoi cazzo di metodi! Due settimane chiuso in cabina per colpa di una telecamera nascosta... Seif notò il malcelato nervosismo del fratello.
“Se se lo sta chiedendo, sì, abbiamo registrato la sua performance con la tenente Sieh, Haven. Dovrebbe essere contento, è uno dei video che ha fatto più velocemente il giro della nave. Io personalmente non l'ho guardato, ma mi sono stati raccontati alcuni dettagli... dicono che sia meglio di un film erotico.”
Leana Sieh arrossì improvvisamente sotto gli sguardi acidi o divertiti delle sue compagne di viaggio. Un coro di risate fece eco alle parole del comandante.
“... comunque, non è certo sulla base della sua particolare prestazione che rivedrò le mie decisioni.”
Premette un pulsante sul touchpad di controllo. Quasi istantaneamente, uno schermo luminoso fece la sua comparsa a metà della sala. Sul display proiettato era ben visibile un lungo elenco di nomi.
“Dunque... sulla colonna di destra, l'equipaggio di sbarco, o gruppo A. Su quella di sinistra, l'equipaggio di manutenzione e controllo che rimarrà sulla nave, altrimenti detto gruppo B. Il gruppo A sarà composto da ventotto persone: due ufficiali, dieci responsabili scientifici e sedici soldati. Per la cronaca, io sarò uno dei due ufficiali.” Un brusio accorato riempì la sala. Molti dei presenti si stavano accalcando davanti alla lavagna luminosa per capire a quale compito erano stati assegnati. Diversi furono i gemiti di disapprovazione e le urla di gioia. Krishian Haven si avvicinò malinconicamente al display, cercando il suo nome. Si fece strada tra i suoi compagni di viaggio sgomitando e sbracciandosi, senza mai chiedere scusa o permesso. Una volta di fronte alla lunga lista, iniziò a scorrerla con l'indice della mano destra, infagottata in un pesante guanto nero. Notò come il suo nome fosse tra i primi, nella squadra di sbarco. Non si era sbagliato, dopotutto. Seif lo voleva con sé sul pianeta. Per puro amore fraterno o semplicemente per controllarlo più da vicino? La seconda era più probabile. Continuò a scorrere la lista, nella segreta speranza che anche Leana fosse stata assegnata al gruppo A. Magari si sarebbe potuto appartare con lei nella boscaglia, o spiarla durante la doccia. Perché no? In fondo, cosa c'era di male nel fantasticare? Terminò di controllare i nomi ed emise un sospiro sconsolato. Come era prevedibile, lei sarebbe rimasta a bordo di Gaia. Pazienza, ce ne sarebbero state altre, di ragazze. Alcuni studi sulla stabilità psicologica di un insediamento umano avevano evidenziato come la disparità tra i membri dei due sessi poteva provocare conflitti interni difficilmente risolubili, per cui avrebbe potuto stringere amicizia – o qualcosa di più – con almeno quattordici rappresentanti del sesso debole. Sollevato, si allontanò dallo schermo, noncurante dei commenti dei presenti. Volente o nolente, sarebbe sbarcato su S-366c. Assieme a Seif, purtroppo. Scrollò le spalle. Non era il caso di preoccuparsi. Non così tanto, perlomeno.
In fondo, sarebbe stata solo una situazione temporanea. Sì, certo. Temporanea. Non sarebbe durata a lungo. Un paio di mesi al massimo.
Un tempo ragionevole che non giustificava il suo attuale livello di stress.
In fondo, dopo quello che gli era successo quattro anni prima, qualunque seccatura del genere non poteva che finire in secondo piano.
>Report 01
Datalog 0416.
Luogo: Starship Gaia.
Posizione: quadrante Sirio - 156-28-741
Altitudine: 30 Km dal suolo.
Data: 09-11-72 AMC
Ora: 18:00:00
>Androide k-16. Rapporto giornaliero #4
Il comandante Haven ha suddiviso l'equipaggio in due gruppi, come prestabilito. Le sue decisioni hanno portato un aumento del nervosismo quadratico medio di un punto, scala di Cooper. Il 42.99% dell'equipaggio non è d'accordo con il proprio profilo psicologico elaborato dal comandante. Il 12.61% dell'equipaggio pensa che le scelte del comandante siano completamente sbagliate. Non ho un'opinione personale a proposito, non sono in grado di giudicare. L'autorità è stata riposta dal consiglio direttivo nelle mani del comandante Seif Haven. Chiunque è libero di esprimere un parere contrario, ma il comandante non ha nessun obbligo di tenerne conto. Il dottor Vault si dice soddisfatto della situazione.
>Apertura file: conversazione 4-12-194
“Lo avevo giudicato male, quel Seif Haven. La composizione delle squadre è perfettamente in linea con la più logica delle scelte. Finalmente un comandante con un minimo di sale in zucca!”
“I miei file su Haven sono incompleti. Non ho registrato nessun interesse verso la cucina.”
“Quante volte devo ripetertelo? È un modo di dire. Avere sale in zucca significa essere una persona di buon senso.”
>Chiusura file: conversazione 4-12-194
Devo aggiornare il mio database interno alla sezione modi di dire. Il dottor Vault ne usa statisticamente uno ogni 9.74 frasi. Sono costruzioni di interpretazione dubbia, in quanto il loro significato non è direttamente collegato al significante ma presenta un'interpretazione figurata. Il mio livello di comprensione a questo proposito è particolarmente limitato. Raccoglierò ulteriori dati nei prossimi giorni.
Il dottore mi ha comunicato che il mio compito durante la missione sarà quello di analizzare la composizione chimica del terriccio e della fauna locale, se presente, al fine di costituire una raccolta di dati facilmente consultabile in caso di necessità. La priorità è analizzare almeno un OWP.
>Apertura file: encyclopedia
OWP: Error – page not found
>Chiusura file: encyclopedia
La mia memoria non ospita informazioni alla voce OWP.
>Probabilità di un errore di pronuncia: 1.47%
È improbabile che il dottor Vault abbia storpiato il termine. Ha scandito le lettere una ad una, il suo tono di voce non ha subito modulazioni. Il mio sistema non conosce il significato del termine. Necessario un aggiornamento.
Il rapporto dei sensori indica alcune possibili avarie all'arto superiore destro. I microcontrollori locali inviano segnali confusi, lunghe sequenze binarie senza un preciso significato. Dovrò lanciare una scansione approfondita per isolare la natura del problema. Una disfunzione motoria potrebbe compromettere lo svolgimento della missione. Il comportamento dei sensori situati a livello della spalla e del gomito è assimilabile ad un “dolore”, così come definito nel rapporto precedente, file 0415. I motori hanno difficoltà a muovere l'intero apparato destro. Potrebbe trattarsi di un guasto dei rilevatori o degli organi di trasmissione. Una prima stima del danno permette di prevederne una semplice riparazione da parte di un qualunque tecnico di classe C. Il monitoraggio dell'area interessata sarà effettuato a frequenza doppia. Alcuni sensori periferici mobili saranno deviati verso l'arto interessato.
>Probabilità di una risoluzione rapida del problema: 92.98%
Il dottor Vault è sembrato particolarmente colpito dal guasto. Il suo tono di voce ha subito una modulazione improvvisa, portandolo da un grado 6 ad un grado 8.7 su 10, scala di Cooper per la valutazione delle reazioni umane. Il dottore non si è dimostrato disponibile a riparare di persona l'arto danneggiato.
>Apertura file: conversazione 12-09-722
“Non è il caso di preoccuparsene troppo, Shellbe. È roba da poco, vedrai che entro un paio di giorni le tue unità di autoriparazione ti riporteranno in piena efficienza.”
>Chiusura file: conversazione 12-09-722
Le unità di autoriparazione locali sono state attivate ma non sembrano reagire ai comandi. Il segnale di risposta che ricevo è negativo. I loro schemi non riconoscono il malfunzionamento. Per utilizzare un termine umano, è strano.
>Apertura file: encyclopedia
strano: (adj) proprio di qualsiasi cosa che non può essere spiegata in modo razionale o si allontana dai canoni previsti.
>Chiusura file: encyclopedia
In quest'accezione, il termine descrive perfettamente la mia situazione. Il mio corpo non ha mai subito danni, prima d'ora. La reazione dei sistemi di diagnostica e risoluzione di problemi non può essere prevista in base ad interventi precedenti. Continuerò a monitorare la situazione. Dedicherò il 10.97% della memoria di ricezione alla sola analisi della zona in oggetto. L'unità centrale sarà invece orientata alla raccolta dati ambiente esterno, come richiesto dal dottor Vault. I rapporti delle unità di diagnostica saranno registrati in memoria, in modo da costituire un precedente di rapida consultazione per trattare guasti simili.
La missione di sbarco partirà domani mattina alle 4.00. La manovra di atterraggio necessita di un'ora di tempo.
Il rapporto 0418 sarà il primo da S-366c. Dai dati in mio possesso, l'ora dell'inizio delle operazioni è stata suggerita dal dottor Vault in modo da permettermi di effettuare più report possibili dalla superficie del pianeta. Questa interpretazione è poco razionale. Non era necessario partire prima, sarebbe bastato chiedermi di raddoppiare la frequenza dei rapporti giornalieri o modificare gli orari degli stessi.
Il comportamento del dottor Vault sembra esulare dagli schemi che egli stesso mi ha caricato in memoria.
>Termine registrazione.
>Prossimo aggiornamento: ore 00:00:00
>Registrazione vocale: diario di Krishian Haven
09-11-72 AMC
Non pensavo che avrei avuto il tempo di registrare qualcos'altro prima di atterrare su S-366c e invece... eccomi qui, di nuovo davanti ad uno stupido microfono. Cosa dire? I preparativi fervono. Il caro fratellino sta organizzando la discesa. Tra meno di due ore potrò respirare in un atmosfera naturale senza l'ausilio di caschi, tute spaziali o altri aggeggi simili. O meglio, diciamo che lo spero. In generale, quelli del reparto rilevamenti ambientali ci azzeccano, ma più di una volta hanno fatto casino. Non vorrei finire i miei giorni in terra straniera senza una ragione soddisfacente per lasciarci la pelle. Immagino già i notiziari. Eroici esploratori morti per calcoli errati oppure Atmosfera letale... c'è di che sbizzarrirsi. Il secondo titolo farebbe un figurone e distrarrebbe per un po' l'opinione pubblica dai problemi che affliggono Madre. Ci sarebbero speciali olovisivi, approfondimenti, forse anche documentari e sceneggiati. Forse trasmetterebbero anche questa registrazione, chi può saperlo? Mi viene da ridere se penso che fra un po' d'anni questa serie di parole a caso sarà considerata un documento storico di inestimabile valore, testimonianza dei viaggi nello spazio e delle fatiche degli astronauti. No, sarebbe veramente il massimo! Temo però che diverrò famoso tra i nostri discendenti per un altro genere di registrazione. Non ho avuto ancora occasione di darci un'occhiata, ma quel filmino di cui parlava mio fratello rischia di essere la mia rovina. Non penso che lo renderà pubblico, sarebbe una bastardata bella e buona... però costituisce un'arma di ricatto molto potente. Dovrò stare attento. Ma parliamo d'altro, i miei problemi personali non sono esattamente il massimo di cui discutere. Vediamo... potrei parlare un po' di S-366c. In fondo, è la nostra meta. Diciamo la verità, non me ne è mai fregato niente finora... ma se devo essere sincero fino in fondo, ora sono un po' agitato, specie dopo averne parlato con il dottor Vault. Non si sa chi o cosa abbia combattuto sulla superficie del pianeta, ma una cosa è certa: è pieno di detriti. Carcasse di satelliti artificiali, missili inesplosi, lamiere di metallo corrose dal tempo, resti di aeromobili e mezzi corazzati terrestri. Ah, quasi dimenticavo! Ci sono città. Migliaia di città! Tutte distrutte! Strano, vero? S-366c è stato abbandonato in fretta e furia. Oppure non è rimasto nessuno in grado di ripulirlo. Forse la seconda è più probabile. È stato Vault a raccontarmi tutto questo. Lui afferma di esserci già stato. Mi sembra strano e continuerà a sembrarmi strano, però la sua versione regge. Il governo di Madre tende a nascondere i fallimenti e le guerre. Ufficialmente, non vi è mai stato un singolo conflitto sul suo suolo. In pratica, sappiamo benissimo come fino a circa tre secoli fa i nostri predecessori abbiano messo a ferro e fuoco ogni singolo continente, in una spaventosa lotta per il potere. Tutto rimosso con un soffio. La storia non è necessaria per andare avanti, no? In fondo è roba vecchia. No, sto dicendo stronzate. Questo è il modo in cui ragionano quegli idioti dei miei coetanei. La storia è utile, ha un suo senso. Ci permette di evitare gli errori del passato. Ora ditemi, visto che il nostro “passato” è ufficialmente vuoto, cosa ci impedirà di entrare in guerra gli uni contro gli altri? In fondo, il pianeta non ha mai visto una guerra. Vault la pensa come me. Mi fa piacere sapere che esiste qualche altro essere intelligente nella galassia. Troppi ancora credono al mito della Grande Nazione. Magari il vecchio Isaiah scardinerà ancora un po' di certezze, chi lo sa? Quel che è certo è che il suo androide, Shellbe o come diavolo si chiama, è strano. Non è la prima volta che ne vedo uno, intendiamoci, su Madre ogni famiglia ha il suo androide, ammesso che non sia una famiglia povera, ma su Madre non esistono le famiglie povere. Se ce ne sono, le fanno sparire. Sempre la solita solfa, dopotutto. Ah, già, Shellbe. Cos'ha che non va? Non lo so dire con certezza. È inquietante, questo sì. Quella sua voce atona e priva di genere – non ho ancora capito che cavolo di sintetizzatore vocale gli hanno montato sopra – fa veramente rabbrividire. Non ha cavi in vista, come le altre macchine. Il suo corpo è quasi completamente celato da placche nero o bianche lucenti. Ho notato che ha qualche problema al braccio destro. L'armatura di protezione trema ogni volta che si muove, come se fosse in procinto di staccarsi. Ora l'ho fatta un po' più grossa di quanto sia in realtà. Diciamo che si muove un po', tutto qui. Un paio di viti saldate male, direi. Nulla che non si possa riparare, ma a quanto pare, nessuno ha ancora mosso un dito. Lo stesso caro vecchio dottore non ci ha messo mano. Potrei farlo io, per un piccolo contributo economico. Nessuno ha la mano ferma come la mia, quando si tratta di riparare dispositivi elettronici. Anzi, si può dire che nessuno ha una mano come la mia... o le mie, posso parlare anche al plurale. Anche Seif ha dovuto ammettere suo malgrado che sono un elemento insostituibile per le operazioni di manutenzione. È stato divertente osservarlo mentre preparava i sacchetti per il vomito. Ne usa almeno uno per ogni viaggio spaziale. Povero comandante, quanto mi dispiace!
Ora basta con le parole, ho la gola secca. Prima di scendere, voglio salutare Leana. Entrerò senza bussare, così magari la troverò intenta a svestirsi o a cambiarsi. Un bello spettacolo, credetemi. Vale la pena di essere stato punito con una reclusione così lunga. Se poteste vederla, sareste d'accordo con me.
Che peccato che questa sia solo una registrazione vocale, eh?
3. Atterraggio
I booster della Turing si accesero durante la fase di discesa, a circa sei chilometri dal suolo, rallentandone in modo notevole la caduta. L'oggetto affusolato e luccicante si esibì in una sequenza di eleganti manovre di avvicinamento, ognuna più rapida di quella precedente. Philip C. Kubrick sapeva maneggiare le navi di quella classe come nessun altro. E nessun altro avrebbe potuto prenderne il posto. Non vi era un'unica persona all'interno della Gaia a possedere un curriculum minimamente paragonabile al suo. Pilota esperto, più di cento viaggi stellari verso le colonie, specializzato in manovre evasive. Una specializzazione inutile, a detta della maggior parte dei suoi compagni di corso. A cosa servono le manovre evasive se non esistono guerre?
Era stato deriso a lungo per quella sua scelta, così ottusa e superata. Risate di scherno, prese in giro, sorrisi malevoli. Poi era scoppiato il conflitto su Madre-2. E i suoi compagni di corso smisero di sghignazzare. I morti non possono ridere. Kubrick fu l'unico a decollare incolume dalla superficie della colonia, l'unico della sua squadra a tornare su Madre. Grazie a lui, la rivolta fu sedata prima del previsto. Se non fosse riuscito ad evitare i missili a ricerca, il Governo non avrebbe avuto le informazioni necessarie per agire. L'episodio fu bollato come un caso isolato, la bravata di una decina di individui capeggiata da qualche testa calda. La rivolta di un intero mondo fu dimenticata e soppressa nel sangue. Solo gli addetti ai lavori conoscevano i dettagli dell'operazione. A cosa servono le manovre evasive se non esistono guerre? Le guerre esistono. Siete voi che siete ciechi. Non gli avrebbero più potuto rispondere. Pazienza. Il passato è passato. Si dimentica. Non era assolutamente vero, ma gli faceva comodo crederlo. Non avrebbe mai dimenticato le immagini di quelle esplosioni. Le navicelle, appena decollate, esplose come giganteschi fuochi d'artificio. Uno spettacolo macabro e allucinante allo stesso tempo. Non ho tempo per i ricordi. Kubrick utilizzò il touch screen di controllo per direzionare i getti di plasma incandescente verso il terreno e permettere il più comodo e tranquillo degli atterraggi. Aveva scommesso cinquecento dollari che sarebbe riuscito a non far vomitare il comandante durante la discesa. Cinquecento dollari. Una cifra folle per una scommessa così stupida. Seif Haven soffriva qualunque mezzo. Era praticamente impossibile terminare un viaggio senza che riempisse il pratico sacchetto di carta riciclabile grigia nascosto nei pressi del sedile. Nessun pilota ci era mai riuscito, fino a quel momento. Ma nessuno era come lui, in fondo. Programmò lo spegnimento progressivo dei razzi principali, permettendo al veicolo di planare dolcemente verso il suolo.
“Allacciatevi le cinture. Ci siamo.”
La navetta si allineò, portandosi in verticale rispetto al terreno. I booster si spensero lentamente, permettendole di avvicinarsi a velocità estremamente ridotta. Un leggero scossone annunciò l'apertura dei palloni protettivi sullo scafo e il loro successivo impatto con la superficie del pianeta. Kubrick si tolse le cuffie isolanti e si voltò verso il resto dell'equipaggio.
“Benvenuti su S-366c. La temperatura esterna è di venticinque gradi e mezzo, umidità al trentacinque percento, pressione milledodici bar. C'è un leggero vento da sudovest, poca roba comunque. Non sarà di impiccio. Il terreno è solido, non siamo atterrati su un banco di sabbie mobili o qualcosa del genere. Potete slacciarvi le cinture di sicurezza, ora. Potete anche vomitare, se ne avete bisogno. Spero che il viaggio sia stato di vostro gradimento.”
Seif Haven non se lo fece ripetere due volte. Estrasse il suo fedele compagno di mille viaggi dal sedile di fronte a lui e lo adibì al solito uso. Kubrick lo osservò rammaricato. Aveva appena perso cinquecento dollari. Un quarto del suo stipendio mensile.
“Mi dispiace, comandante. Ho fatto del mio meglio.”
“Non è colpa sua, sergente. È il mio stomaco a non essere d'accordo.”
Lentamente, il resto dei presenti si animò. Krishian Haven fu uno dei primi ad alzarsi.
“Ha bisogno di un altro sacchetto, comandante?”
Seif era pallido in volto. Quel volo era stato una sofferenza dall'inizio alla fine.
“Non direi, tenente. Lei, piuttosto... è sicuro di non aver bisogno di un preservativo?”
La maggior parte del personale ridacchiò alle spalle di Krishian, diventato completamente paonazzo. Se l'era cercata e aveva perso. Le occhiatine maliziose dei suoi compagni di viaggio erano più che meritate. Cercò di nascondere il proprio disagio, fingendo sicurezza.
“Non trasgredirò il regolamento una seconda volta.”
“Perché no, tenente? Due mesi di viaggio sono lunghi da trascorrere... e un filmino come il precedente potrebbe migliorare l'umore dell'equipaggio, no?”
Un coro di risa lo circondò da ogni lato. Krishian decise saggiamente di rimanere in silenzio. Ogni sua altra parola avrebbe solo peggiorato la situazione. Isaiah Vault si alzò lentamente dal suo posto a sedere. Sembrava provato dal viaggio in navetta, ovviamente non come il comandante Haven. Sarebbe stato impossibile insidiare il suo primato. Shellbe si avvicinò al suo creatore e lo aiutò a sorreggersi in piedi. Krishian osservò la scena con attenzione. Il rivestimento del braccio destro dell'androide vibrava vistosamente. Non era stato ancora riparato. Vault si aggrappò all'avambraccio di Shellbe, trascinandolo quasi a terra. Il robot mantenne l'equilibrio per un soffio.
“Ha bisogno di una mano, dottor Vault?”
“Suona molto come una domanda retorica. Comunque sì, non mi dispiacerebbe godere del suo supporto.”
Krishian lo raggiunse e gli permise di assumere una posizione eretta sufficientemente stabile da permetterne la deambulazione.
“Sembra che lei abbia particolarmente gradito il viaggio, dottore.”
“Sembra che il suo senso dell'umorismo non sia venuto meno con l'atterraggio, tenente.”
Vault estrasse un cilindro di metallo dalla tasca sinistra e lo toccò su un estremo. L'oggetto lucente si espanse fino ad assumere le dimensioni di un bastone da passeggio. Il vecchio si avvicinò lentamente all'uscita, seguito a ruota dal suo robot. Krishian tornò al suo posto ed estrasse lo zaino tattico dal vano a scomparsa del sedile. Se lo mise in spalla e si diresse verso la zona di sbarco. In dieci minuti tutto l'equipaggio si era radunato di fronte ad un portellone bianco lucente. Seif Haven passò in rivista i suoi uomini. I nervi di molti di loro sembravano sul punto di cedere, ma era naturale. Il primo impatto con un pianeta alieno era sempre scioccante. Le reazioni erano molto diverse. Alcuni rimanevano semplicemente a bocca aperta, altri crollavano in ginocchio piangendo, altri ancora erano colpiti da crisi d'ansia. Sospirò. Ne aveva viste di tutti i colori negli ultimi anni. In fondo, lui poteva ritenersi fortunato se il suo unico problema era una “leggera” nausea. I suoi occhi si portarono su Krishian. Era curioso di vedere come si sarebbe comportato. Era la sua prima missione lontano da Madre. Come avrebbe reagito il suo sistema nervoso? Le scommesse erano aperte. No. Scosse la testa. Non era né il luogo, né il momento adatto per pensarci. Si portò al centro della stanza, fermandosi davanti al portello. Lo sfiorò con la mano, esaminandone le irregolarità celate da quell'aspetto liscio e perfetto, almeno in apparenza. Trovò molte rientranze e piccole cavità sparse su tutta la superficie, difficili da vedere ma semplici da percepire. Il tatto superava ampiamente la vista quando si aveva a che fare con materiali come quelli.
“Non so sinceramente cosa dire, signori. Dovrei inventarmi una bella frase, forse. Sapete, questo è uno dei momenti che dovrebbe entrare nella storia. Stiamo per sbarcare su S-366c. Questo portellone è l'unica cosa che ci divide dal suo ambiente, dalla sua atmosfera, dalla sua vita e dalla sua morte.”
Un brusio preoccupato si fece largo tra la folla, facendosi sempre più forte col passare del tempo. Il comandante sorrise.
“Non dovete essere preoccupati. Non troppo, perlomeno. Gli ultimi rilevamenti confermano le informazioni in nostro possesso. L'atmosfera è respirabile ed è più pulita di quella di Madre. C'è una certa quantità di carbonio fossile che non siamo ancora riusciti a spiegare, tuttavia non è così rilevante da causare danni all'apparato respiratorio. Non abbiamo trovato tracce apprezzabili di monossido di carbonio o altre sostanze nocive. Il suolo è solido, non rischierete di affondare o morire soffocati dalla sabbia. La gravità è pressappoco quella di Madre, così come la pressione e la temperatura. Se non fosse impossibile, direi che abbiamo sbagliato rotta e siamo tornati indietro. In ogni caso, scenderò io per primo. Se mi accascerò a terra o vi farò cenno di ripartire, non aspettatemi e accendete i motori. Questo è tutto. Ora allontanatevi.”
I membri dell'equipaggio non se lo fecero dire due volte e misero alcuni metri di distanza tra loro e il comandante. Seif Haven premette un pulsante. Una barriera trasparente divise la stanza in due sezioni separate. Era una paratia stagna. Solo lui sarebbe entrato in contatto con l'atmosfera di S-366c. Inspirò profondamente. Era il momento della verità.
Un cigolio metallico preannunciò l'apertura del cancello d'uscita. Chiuse gli occhi. Il suo cuore incominciò a battere all'impazzata. Se i tecnici si fossero sbagliati, non avrebbe più avuto opportunità di farlo. Il portellone si sollevò di alcuni centimetri, permettendo ad un timido raggio di luce di fare la sua comparsa. L'aria incominciò a fluire all'interno del compartimento, raggiungendo le narici del comandante. Respirò a pieni polmoni, prima con un po' di sospetto, poi con sempre maggior confidenza. Aprì gli occhi. Era vivo e vegeto, nel pieno delle sue forze. L'aria era buona, non trasportava particelle odorose di carbone o petrolio. Pulita e fresca. Tutto il contrario di quella di Madre.
In effetti, quello era uno dei motivi per cui avevano affrontato un viaggio così lungo. Trovare un pianeta vergine da colonizzare e creare una nuova Madre, lontana dall'originale. Una Madre capace di accogliere almeno tre miliardi di persone, non una stazione artificiale come M-II ed M-III. Erano quelle le colonie su cui tempo prima si erano verificati alcuni tumulti. I loro abitanti volevano più libertà e meno restrizioni. La diplomazia era fallita miseramente e si era passati alle armi. Ma Madre non ha mai conosciuto una guerra. Non sul suo suolo, perlomeno.
Un'immagine vivida si impresse sulla retina del comandante. Mano a mano che la serranda di sicurezza si alzava, S-366c offriva scorci della sua bellezza. Un fastidioso clangore salutò la completa apertura del portellone e la comparsa della luce. La stella centrale del sistema irradiava in tutto il suo splendore, un puntino luminoso nel cielo azzurro. Piante, alberi verdi e rigogliosi tutto attorno alla nave. Detriti metallici e pezzi di lamiera sul terreno, in quantità notevole. Coprivano quasi il colore del suolo. La maggior parte era ferraglia indistinta, priva di una qualsiasi forma riconoscibile. Un contrasto notevole. Azzurro, bianco, verde... e grigio. Una combinazione di colori e non-colori che poteva lasciare perplessi. Haven era esterrefatto. Un conto era vedere foto del luogo, un conto era visitarlo di persona. Un fiume di emozioni si risveglio nella sua mente e nel suo cuore, decelerandone il battito. Era ancora vivo, nel pieno delle sue funzioni biologiche. Ed era su S-366c. Aveva lasciato la Turing alle sue spalle e sembrava dirigersi verso quel verde che i suoi occhi avevano esaminato con cura e da cui il suo animo era follemente attratto. Sembrava come ipnotizzato da quel brusco cambio di paesaggio. Chi è Seif Haven? Qual è la sua missione? In quel momento non era importante. Era come un bambino in un nuovo parco giochi. Cos'era la Gaia? Chi era quella gente che aveva viaggiato con lui? Non era un dettaglio fondamentale. Doveva vedere, conoscere, capire. Perché? Perché nell'universo... due pianeti così simili? O forse... perché no? Perché non lo avevano trovato prima? La vita si era sviluppata anche lì, in un luogo lontano anni luce da Madre, lì, su S-366c. Un pianetino ai margini della galassia illuminato da una stella media gialla con una vita prevista di circa tre miliardi di anni. Era l'Eden. Chiunque lo avesse abitato in precedenza, doveva essere fuggito... quindi era a disposizione di chi ne avesse avuto bisogno. Nella sua mente si formarono le immagini di nuove, bizzarre città circondate da alberi giganti, vicino a cascate d'acqua. E il suo pensiero si perse in quella visione.
“Comandante? Riesce a sentirmi?”
Il rumore gracchiante della radio lo riporto tristemente alla realtà.
“Sì, sì. Sono vivo. L'aria è buona, non vi sono agenti inquinanti o patogeni. Gli strumenti che ho con me non hanno segnalato nessuna anomalia.”
“Autorizza lo sbarco, comandante?”
Un fulmine a ciel sereno fece vacillare la sua determinazione.
“Aspetta solo un attimo. Ho detto che gli strumenti non rilevano nulla. Questo non vuol dire che non possa esserci qualche agente patogeno ignoto. In tal caso, potrei già essere stato infettato.”
Merda! Ci siamo fidati troppo degli strumenti e non abbiamo pensato a questa possibilità!
“Forse sarebbe meglio annullare la missione. Lasciatemi qui per una decina di giorni. Se sarò ancora vivo e non avrò contratto strani sintomi, allora mi sarò sbagliato.”
Questa è la soluzione migliore.
“Comandante Haven? Ritengo che questa sia un'immensa idiozia.”
La voce era cambiata. Non era più l'operatore a parlare ma Isaiah Vault.
“Sono già stato su questo pianeta e, come vede, sono in ottima salute. Mi creda, non rischia di morire di malattia qui. Ho effettuato un'analisi dettagliata dei microrganismi presenti nell'aria e ho comparato i dati con quelli in mio possesso. Non vi sono sostanziali differenze. Può tranquillamente dare l'ordine di sbarco.”
“Ne è sicuro, dottore? Ci sono ventotto vite in gioco, compresa la sua.”
“Le sembro un masochista, comandante? Ci sarà pure un motivo se mi hanno nominato responsabile scientifico della spedizione.”
Haven si fermò a riflettere. Era indeciso sul da farsi. Se Vault si fosse sbagliato... ma no, Vault non poteva sbagliarsi. Non sarebbe stato tanto idiota da voler morire in un modo così stupido. Si sarebbe dovuto fidare? In fondo, lui era sceso, stava respirando a pieni polmoni l'aria più pulita che avesse mai inspirato nella sua vita ed era in ottima salute. Doveva esserci una soluzione...
Un lampo gli attraversò la mente.