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Andrea Demetrio - La Farfalla sul Croco (2014)

La Farfalla sul Croco (2014)

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"La Farfalla sul Croco" è in assoluto il mio romanzo più lungo. Ho provato a farlo pubblicare una volta, ma senza successo, nonstante i pareri positivi di molti dei miei (pochi) lettori. Stando alla mera matematica, la premessa del romanzo potrebbe non funzionare - ma il viaggio vale la pena. Tra l'altro, questa è la storia che ha introdotto i personaggi di Kaya e Kiyoko che appaiono in Schwarzerblitz (pur in veste diversa) e il padre di Renzo, Clavio Rubecca. Nonostante condivida alcuni elementi con Distortionverse, "La Farfalla sul Croco" non è ambientato nello stesso universo. Quando ripenso al passato, questo è il romanzo per cui mi dispiace di più in assoluto che non abbia visto la luce del giorno.


PROLOGO

Una notte di tempesta


0. Nessun rumore, se non la pioggia


Correva a perdifiato, il cuore a mille, un battito incessante nel petto, un ritmo forsennato, indiavolato. Impossibile stare al passo, impossibile anche solo seguirlo.

A quanto si trovava? Dieci metri? Cento?

No, impossibile, sarebbe stato troppo bello.

Un passo dopo l'altro, i piedi doloranti, arrossati dal contatto con il ruvido asfalto. Il cielo si illuminò a giorno, una scarica di elettricità statica, un figura ramificata – frattale forse? – tra le nuvole e il suolo. Un rumore sordo, cupo. Il terreno vacillò per un istante, il tremore prese possesso del suo corpo. Si era veramente mosso o era stata solo una sua impressione?

Un altro tuono, più lontano.

Si rannicchiò in se stessa, trattenendo le lacrime. Paura, timore, disorientamento. Non aveva più un punto fisso, era tutto svanito – tutto – nella pioggia scrosciante. Una voce alle sue spalle, affannata. Respiri rapidi, ritmici, a breve distanza l'uno dall'altro.

Eccolo!

Si rialzò rapidamente, la mano appoggiata alla parete, come sostegno. Tese le gambe in modo inumano, uno sforzo, ancora uno sforzo!

Non voglio tornare indietro! No, ti prego! No!

Si riportò in posizione eretta, riprese la sua corsa, una corsa verso la libertà, lontano da... da...

Ehi! Fermati! Non ha senso fuggire, nelle tue condizioni! Ti farai solo del male!”

No! È qui! È qui!

Aumentò la velocità, i polmoni bruciavano, la milza in fiamme.

Non posso! Non voglio! No!

Un'imprecazione, poi il rumore degli stivali, di quelle orribili suole di gomma che non sembravano volersi allontanare.

Aiuto! Qualcuno mi aiuti!

Era stato un errore? Si sarebbe pentita del suo gesto? No, nel modo più assoluto. Quella non era più la sua casa. Non lo era mai stata. “Fermati adesso e non ti farò nulla. Non costringermi a ricorrere alle maniere forti!”

Di nuovo quella voce! Ma cosa, cosa fare?

Se ti fermi, ti riportano là, capito? Ti riportano indietro!

No, no!

Incamerò aria, inspirò profondamente, tentò di recuperare vigore. La pioggia percuoteva il terreno con forza, un rombo infernale di timpani prima del gran finale. Pozzanghere ovunque, acqua salmastra in cui specchiarsi, in cui osservare le proprie ferite, il sangue che sgorgava placidamente dal sopracciglio sinistro, inzaccherando le palpebre. E correre, correre, correre!

Bidoni della spazzatura rovesciati, sacchi dell'immondizia aperti, maleodoranti, un mefitico effluvio di morte e decomposizione.

Non dirmi che non ti avevo avvertito.”

Un click metallico, acuto. Una pallottola sibilò a pochi centimetri dalla tempia, asportando ciocche di capelli. Barcollò per lo shock, in preda al panico, ruzzolò a terra, il volto nel fango. Puntò le mani, si inginocchiò, tentò di riacquistare l'equilibrio. Passi, sempre più vicini.

È già troppo tardi? Mi prenderà?

Si alzò a fatica, cadde nuovamente. Chiuse le palpebre, in attesa del verdetto. I passi si erano fermati. Era lì.

Tra quanto mi sparerà? Lo ha già fatto, lo ha già fatto una volta! Perché non dovrebbe premerlo di nuovo, eh? Tanto, viva o morta, per lui non fa differenza. Perché? Perché?

Passarono attimi, secondi, minuti.

Ma nulla.

Nessun rumore, se non la pioggia.

Ruotò su se stessa, tentando di stabilire un contatto, di vederlo in faccia.

L'inseguitore immobile, di fronte a lei, la pistola semiautomatica stretta nella mano destra, ancora fumante. Un sospiro grave. Ripose l'arma nella fondina, squadrò la fuggitiva, si accovacciò, come per guardarla in viso. La giovane si mise a sedere, il petto a mo' di mantice, occhi sgranati in preda al terrore. Arretrò in direzione del muro, senza voltarsi, fino al contatto con i mattoni.

Io... io non sono... perché mi cerchi? Cosa... cosa vuoi da me? Io... io non...”

Ah, no?”

La fioca luce della torcia diede risalto a dei bei lineamenti affilati, macchiati di un rosso cupo. Abiti stracciati, di dubbio gusto. Diverse lesioni da taglio o da arma da fuoco, la più vistosa sopra la palpebra sinistra, la più grave sul fianco destro. Scosse la testa.

Non sarebbe sopravvissuta a lungo.

Non ho niente di personale contro di te. Per me sei solo un lavoro, punto.”

No! Io non c'entro nulla! Non sono quella... quella che è fuggita! Io sono solo una...”

Dammi una buona ragione per crederti e prometto che ti lascerò in pace.”

Un silenzio pesante, frammentato dalla pioggia, una pioggia senza fine interrotta solo dal fragore dei tuoni.

Chinò il capo, incapace di reagire.

No, ti prego! No... non portarmi via! Ti supplico!

Pensieri vuoti, privi di un destinatario, celati nella mente. Pensieri destinati a sparire nel nulla. Si tastò il tronco, dolorante. Un mugolio rassegnato, la consapevolezza della fine.

Se non sei tu, perché sei fuggita quando mi hai visto arrivare?”

Già, perché? Pensaci, pensaci!

...hanno tentato di stuprarmi. Mi hanno fatto male. Credevo... credevo che fossi uno di loro.”

Il cacciatore incontrò le iridi spaventate, lesse il terrore puro convogliato al loro interno. Sorrise maliziosamente.

Allora è così, eh? Come ho fatto a non pensarci prima?”

Estrasse un coltello dalla tasca sinistra.

Vediamo se posso fare qualcosa per te.”



PARTE PRIMA

Un bruco si chiuse

in un bozzolo




1. Quattro centimetri di ciliegio

Una sagoma brillante si accese, ridestandola dal torpore. Decine di pedoni si mossero all'unisono, calpestando le strisce grige, consumate dall'uso, attraversando l'incrocio a passo svelto. Una mandria indistinta, diretta chissà dove. Fissò per un attimo la sagoma antropomorfa illuminata. Un uomo che cammina, la gamba destra leggermente rivolta in avanti – o era la sinistra?

Sorrise.

Un simbolo buffo, ma rende l'idea.

Rimase ferma, immobile dall'altro lato della strada, valutando attentamente la situazione. Fino a pochi secondi prima, la luce evidenziava una figura diversa, perfettamente simmetrica. Le gambe ben dritte, verticali, così come le braccia. Era molto simile all'adesivo con cui venivano indicate le toilette per i maschi. Solo il colore era diverso.

Tentò di valutare quanto tempo fosse trascorso dalla comparsa dell'uomo-che-cammina. Dieci secondi? Undici? Sì, qualcosa del genere. Chiuse gli occhi, come per percepire meglio il mondo attorno a lei. Un suono sconosciuto raggiunse i suoi timpani. Un suono ritmico, acuto, ripetuto. Fastidioso. Tastò l'auricolare sinistro, come per premurarsi che non fosse un difetto del suo lettore musicale.

No, funziona perfettamente. Ma allora...

Sollevò le palpebre, in cerca della sorgente di quello strano segnale. Con sua enorme sorpresa, l'uomo-che-cammina aveva ceduto il posto ad una sua terza incarnazione, intermedia tra i due stati precedenti. Contemporaneamente, la comparsa del trillo martellante. Poteva essere quella la fonte dell'irritante squillo reiterato?

Pochi istanti di sofferenza, un silenzio improvviso.

L'omino-del-wc aveva appena ripreso il suo posto sul... come lo chiamavano? Ah, sì – semaforo.

Notò con disappunto che il flusso di passanti si era arrestato, lasciando spazio ad uno sgradevole aroma di idrocarburi incombusti. Automobili di ogni foggia e dimensione sfrecciarono sull'asfalto nero, tuffandosi in gallerie oscure, buchi neri nel tessuto stradale. Lo spettrale alone bianco dei lampioni rischiarava le facciate dei palazzi, insinuandole un vago senso di inquietudine. Alzò lo sguardo al cielo. Nessuna stella in vista. Non se ne stupì più di tanto – perché le stelle avrebbero dovuto splendere su una città già illuminata? – ma non poté fare a meno di dispiacersene.

Anche stanotte, niente Vulpecula.

Sospirò contrariata. Non si era mai curata della volta celeste – non era neanche sicura che ne esistesse una, dopotutto – fino a quando Kaya non l'aveva messa al corrente di quella sua scoperta.

Lo sai? C'è una costellazione dedicata a noi, in cielo.”

Una... costellazione?”

Ma sì! Hai presente le stelle, no? Sì che le hai presente, tu non sei un'archivista come me! Dai, di sicuro sei salita almeno una volta sulla cupola del Manto!”

No. non era mai salita sulla cupola del Manto. Che ragione aveva per farlo, dopotutto?

Un brusio alle sue spalle, chiacchiere forse, gente che parlava. Cosa stavano aspettando? Si voltò con grazia, con un ticchettio delle zeppe di legno massiccio. Quattro centimetri di ciliegio separavano i suoi piedi delicati dalle ruvide autobloccanti che ornavano la via. Ogni passo regalava il dolce suono della pioggia primaverile, trasformando ogni camminata in un concerto di gocce danzanti. Forse era per questo che teneva l'ombrello aperto? Un minuscolo parasole, poco più che un vezzo privo di utilità, decorato da sottili tratti di inchiostro nero e azzurro. Un motivo ad onde eleganti ne abbracciava le stecche, trasmettendo loro la placida immensità dell'oceano e il vacuo pigolio dei cuccioli di gabbiano appena nati.

L'uomo-che-cammina tornò trionfalmente in auge, permettendo alla folla di disperdersi, di ignorarla. Attese che il marciapiede fosse sgombro, prima di avanzare. Cosa sarebbe successo dall'altro lato? Non ne aveva idea, non aveva mai attraversato un incrocio a raso. Forse non sarebbe cambiato poi molto – erano meno di quindici metri – ma poteva saperlo con certezza? Un respiro profondo e via, verso la sponda opposta. Il contatto con le strisce plumbee fu indolore.

Sorrise divertita.

Allora non sono queste a mettere loro fretta. Pensavo trasmettessero qualche sorta di scarica elettrica, per farli correre così...

Il battito ritmico dei sandali la accompagnò fino al marciapiede opposto, inascoltato. La sua mente era occupata dall'imponente Funeral March degli Heart of Darkness, la canzone che risuonava a velocità folle all'interno delle sue cuffiette. Adorava quella musica, così potente, violenta, rapida, ornata da tonalità scure e tinte fosche. Avrebbe dovuto vergognarsene?

Forse.

O forse no.

Non esisteva una legge scritta che le impedisse di utilizzare i suoi – pochi – soldi per acquistare brani da caricare sul suo dispositivo portatile. Semplicemente, era sconveniente.

Se l'alternativa è il teatro kabuki... beh non ne sono per nulla pentita.

Era per quello che la consideravano una poco di buono? Probabilmente sì. Il solo fatto di possedere un lettore di file audio la rendeva oggetto di scherno e insinuazioni malevole.

Decise di non curarsene, di vivere il presente e lasciarsi alle spalle i suoi problemi. I passi leggeri ricalcavano il ritmo forsennato della batteria, tentavano di coglierne il tempo, l'essenza. No, non sarebbe stato possibile muoversi così velocemente, purtroppo...

Non è un buon motivo per non provarci!

Il ciliegio sfiorò il lastricato, oltre l'orlo della carreggiata. Rimase ferma per un attimo, indecisa se proseguire o tornare indietro. Uno squillo di tromba alle sue spalle. “Vuoi muoverti? Sei in mezzo alla strada!”

Ruotò su se stessa, incuriosita. Un'automobile, i fari allo xenon puntati sul suo corpo.

Strano. Non sapevo che le macchine potessero parlare...

Distolse lo sguardo dalle luci, attirata dalla strana trasparenza del cristallo anteriore. C'era un uomo, seduto dentro l'abitacolo.

Allora non si muovono da sole!

Ehi, dico a te! Vogliamo spostar...”

Il guidatore si interruppe. I suoi occhi avevano incontrato delle iridi bianche, gelide, inespressive, macchiate da una bizzosa scintilla di vita, un guizzo incontrollabile che animava la pupilla, donandole sfumature cremisi. Scosse la testa come per risvegliarsi da un incubo, serrò le palpebre, le riaprì. Con suo grande sollievo, la presenza era sparita – no, non è esatto, aveva solamente guadagnato il marciapiede.

Meglio così, ora si preme l'acceleratore e ce la dimentichiamo, eh?

I sandali tastarono le piastrelle, come per controllarne la solidità. Non era stato facile decidere di salire, così all'improvviso... ma l'omino-del-wc aveva sostituito l'uomo-che-cammina.

Non aveva avuto scelta.

Funeral March si apprestava a raggiungere le note finali, la percussione dell'organo, i cori, la chitarra fumante. Una degna conclusione per il suo pezzo preferito. Osservò distrattamente le insegne al neon dei locali attigui – scritte impossibili da decifrare, almeno per il momento.

Sono così luminose per attirare l'attenzione?

Sospirò. Difficile anche solo tentare di capire quel mondo chiassoso, caotico, disordinato situato appena fuori dal Manto, dalla sua casa. Notò una scaletta di ferro battuto, diretta verso il tetto di un palazzo.

Perché raggiungere il tetto? Cosa c'è di così interessante?

Decise che valeva la pena scoprirlo. Un attimo di esitazione, giusto per controllare che il lettore stesse funzionando a dovere. Tomorrow is Today aveva sostituito degnamente il brano precedente, fornendole una colonna sonora adatta al contesto – più lenta e cadenzata, ideale per salire i gradini.

Perfetto!

Trovò il tempo di guardarsi attorno, raccogliendo attimi di vita fugaci, anime perse nella notte, in continuo pellegrinaggio. Tonalità di bianco, bianco sporco, grigio fumo, grigio piombo, nero pece. Dov'erano i colori?

Una risatina.

Ve li ho forse rubati io?

Una macchia variopinta nel buio, una fragile farfalla screziata. Ammirò la sua immagine riflessa in una vetrina. Capelli a caschetto, riflessi viola su sfondo scuro, acconciati in modo elegante grazie a due bastoncini incrociati. Una rosa selvatica rampicante, disegnata con precisione ed amore dei dettagli, costituiva l'ornamento del suo kimono a maniche larghe, con un lungo spacco sulla coscia sinistra che lasciava intravvedere una pelle candida e fine. La spallina leggermente abbassata, la spalla nuda, innocente, esposta al canto delle tenebre. Un abito inusuale – certo – ma qual era il problema?

Non è che se loro non hanno gusto, allora non devo averne neanche io.

Non si soffermò troppo sulle orecchie, non le piacevano molto – stonavano col resto del corpo. Un sospiro. Si allontanò da se stessa, da quel suo aspetto che spesso si divertiva ad ammirare di nascosto – anche questo era considerato sconveniente.

Scosse la testa con vigore.

A dopo le preoccupazioni!

Squadrò la scaletta con un misto di curiosità e preoccupazione. Era sicura? Avrebbe sorretto il suo peso? Non poteva averne la certezza, se non provando. Si sfilò i sandali, portando il suo velluto a contatto col duro terreno. Appoggiò delicatamente il piede destro sul freddo metallo, in attesa di una risposta. Nessun tremito, nessuna oscillazione. Salì anche col sinistro. Nulla.

Si tranquillizzò.

Bene. È tutto a posto.

Proseguì la sua ascesa, pochi centimetri alla volta, le calzature strette nella mano destra, assieme all'ombrello, la sinistra saldamente ancorata al corrimano. Raggiunse la cima dello stabile poco prima del secondo ritornello di Tomorrow is Today, giusto in tempo per ascoltare l'ode alla vita di Anya Kalainen, live every day as if it were the last / 'cause tomorrow is today and today's already past.1 Cantò sulle note trascinanti, cercando di emulare quella ragazza dalla voce così calda e avvolgente. Si zittì quasi subito. Non era capace di cantare, non quel genere di musica perlomeno. Il suo timbro morbido e setoso era più adatto alla recitazione. Si voltò indietro, come per osservare quella città mutevole e immutata dall'alto.

Cambierà un po' da quassù?

Rimase delusa dal risultato. La vista delle strade da quel palco elevato non risvegliò in lei alcuna emozione – né negativa, né positiva. Il suo sguardo si spostò sul corrimano. La sua mano sinistra si era sporcata di una sostanza nera, fuligginosa. Senza pensarci, ne portò il dorso a pochi centimetri dalle labbra e lo lambì con la punta della lingua, come per ripulirla dalla polvere. Ripeté l'operazione fino alla completa scomparsa della macchia.

Alzò la mano al cielo, controllandola con cura sullo sfondo di un chiarore naturale che ne evidenziava la forma affusolata.

Aspetta un attimo...

Abbassò l'arto, in preda ad un'eccitazione senza precedenti. La luce soffusa, l'etereo pallore che permeava l'aria tutta attorno...

Fu allora che la vide, per la prima volta.

Un disco d'argento scintillante intessuto nella trama del cielo, un faro nel buio, l'alone impalpabile di mille lucciole condensato in un corpo astrale mai ammirato, solo sognato, immaginato.

La Luna.

I sandali, l'ombrellino, lasciò tutto, aprì le braccia, chiuse gli occhi, accarezzata dai riflessi soffusi.

La musica stessa si fermò per un attimo, lasciandole il tempo di assaporare quell'istante irripetibile. Lacrime di commozione, un imprevedibile acquazzone estivo.

Portò le mani alla cintura, sciolse il nodo, rivelò il suo lato nascosto, così dissonante col suo aspetto umano, così armonioso nel complesso, elegante.

Stese il kimono sul tetto, come una coperta, vi si sedette con sguardo sognante, le iridi bianche attraversate da un tremito impercettibile, un'oscillazione vitale, una vibrazione dell'anima.

Grazie, Kaya...

E si rannicchiò in posizione fetale, stretta nell'abbraccio delle sue sette code.


8 Dicembre, 2014


The Hangman's Song

Since 1926


Pandemia innocua



Vrawburg – Desta sconcerto tra gli scienziati la scoperta di un virus capace di trasmettersi tra molteplici specie animali senza subire apparenti modifiche. Si tratterebbe di un retrovirus ad RNA altamente contagioso con caratteristiche mai riscontrate prima.

Il dottor Philip Schweizz (università biomedica di Vrawburg) e la sua equipe hanno rilevato la presenza dell'agente patogeno in circa millecentocinquanta esemplari afferenti a phila molto distanti a livello genetico, dal moscerino della frutta al gatto domestico.

Le prime dichiarazioni del dottor Schweizz sono rassicuranti:

I soggetti infetti non presentano la benché minima anomalia funzionale. I livelli di ormoni e anticorpi sono nella norma, così come la risposta immunitaria. L'unica differenza è a livello di genotipo. Nei cromosomi delle loro cellule, abbiamo riscontrato la presenza di sezione di DNA estranee al patrimonio genetico delle specie in oggetto. Per quanto ne sappiamo, il materiale aggiuntivo non provoca la produzione di proteine dannose per l'organismo, né per le cellule stesse. Abbiamo constatato la consueta riproduzione virale, ma in forma molto meno dannosa per l'ospite di quanto mai osservato. Se non avessimo mappato il DNA per motivi di ricerca, forse non ce ne saremmo mai accorti.”

La scoperta del dottor Schweizz potrebbe portare ad importanti sviluppi nel campo della medicina applicata: il nuovo virus potrebbe essere utilizzato come carrier per il trasporto mirato di farmaci molecolari o modificato per distruggere le cellule tumorali dall'interno.

Al momento attuale, questa scoperta non ha alcun utilizzo pratico. Una seria ricerca nei prossimi vent'anni potrebbe portare a risultati degni di nota.”

Un passo avanti per la scienza?


Hirodereich Mallstream




2. Rendere l'uva un po' più lontana ed acerba



Anche questa? Ma che cavolo...”

Blyen afferrò l'avviso di taglia, lo strappò fino a renderlo irriconoscibile. Una nube di coriandoli indistinti ricadde al suono, esibendosi in traiettorie spiraliformi, prive di coerenza e coesione. Pestò il piede per terra tre volte, assicurandosi di polverizzare ciò che restava del manifesto e del timbro rosso che ne segnava la riscossione.

Mi hanno preceduto...

Si sistemò i capelli arruffati con un gesto della mano, districando le ciocche nere con cautela.

Era la ricompensa più grossa, proprio quello di cui avevo bisogno. Pazienza, avrò altre occasioni.

Osservò annoiato la telescrivente, muta ormai da alcuni mesi. Nessuna nuova comunicazione, negli ultimi ottanta giorni.

Cos'è, hanno smesso all'improvviso di scappare?

Si allontanò dalla bacheca, in direzione della porta. Continuare a fissare vecchi casi già risolti non gli sarebbe stato di nessun aiuto. Ignorò volutamente gli avvisi con le somme più modeste – cinquecento, mille, milleduecento sterline. Non aveva alcun interesse per casi di quell'entità, tanto più che i suoi conti erano a posto.

L'unico caso interessante – dodicimila sterline sganciate sull'unghia – era appena stato risolto.

Dodicimila sterline!

Il Manto non aveva mai promesso una cifra del genere per un servizio. Dovevano essere proprio in crisi per ricompensare un recupero con tale munificenza.

Scosse la testa, amareggiato.

Le macchine avevano stampato la richiesta di intervento quasi tre mesi prima – una manna dal cielo! – ma lui non se n'era potuto occupare, aveva già un altro lavoro tra le mani – più urgente, dato che aveva bisogno di contanti, possibilmente di piccolo taglio. Una fuggitiva da milleduecento sterline era un conto, una da dodicimila... beh, tutto un altro paio di maniche. Ogni zero in più su quei fogli giallastri corredati da foto segnaletiche significava all'incirca un tempo tre volte superiore.

Se per catturare un pedone aveva impiegato tre settimane...

Non avevo scelta, dovevo comprare quelle medicine. Avevo bisogno di un caso semplice da risolvere, di quelli che generalmente vengono tralasciati dai miei – per così dire – colleghi. Trovare una monocoda è piuttosto semplice, già una tricoda dà qualche problema in più, figuriamoci un'esacoda... no, non avrei fatto in tempo. Sèrina ci avrebbe rimesso la pelle.

Un inutile tentativo di rendere l'uva un po' più lontana ed acerba.

No, non era vero, non del tutto. Sèrina lo avrebbe guardato dal cielo, se non si fosse procurato la grana in fretta. Gli antibiotici costavano parecchio, ultimamente.

Sarà perché devono rifarsi del crollo degli anticoncezionali?

Scacciò quei pensieri, tornò sui suoi passi. Ricontrollò per scrupolo tutte le locandine olografiche e quelle cartacee, sperando di averne mancato una in precedenza. Sette taglie ancora da assegnare, tutte di modesta entità. Quattro monocoda, una bicoda, due tricoda. Sommate assieme, non superavano le quattromilaseicento sterline.

Troppo poco.

Il Manto non le scambierebbe mai con quello che voglio.

La richiesta più vecchia era lì da quattro anni, ancora intatta. Evidentemente, non interessava più a nessuno. La probabilità di trovare una tricoda dopo più di sessanta giorni crollava statisticamente ad una percentuale da prefisso telefonico, non valeva nemmeno la pena provarci – tanto più che la cifra offerta era irrisoria.

Eliminando quella opportunità, il montepremi complessivo crollava a poco più di tremila sterline.

Ancora peggio.

Invece, quell'esacoda da dodicimila sterline era stata catturata.

Accurata strategia? No, solo un colpo di fortuna.

Dalle tetracoda in su, se non godi del favore della dea bendata, fai meglio ad abbandonare l'impresa.

Chi poteva esserci riuscito? Grath? Rekdo? Oppure...

No, quell'idiota no. Piuttosto, spero che si sia suicidata e abbiano trovato il cadavere. Sarebbe meglio. Molto meglio.

Controllò l'orologio. Le sette e un quarto. Aveva ancora senso aspettare?

Sèrina mi avrà già preparato la cena. Sento già il profumo del suo sformato di alghe, riso e salmone... cosa mi trattiene in questo squallido ufficio?

Domanda retorica. Aveva una ragione importante per attendere lì fino all'orario di chiusura.

Molto, molto importante.

Si guardò attorno con fare distratto. Uno sgabuzzino di tre metri per due, pavimento e soffitto a specchio, pareti riflettenti costellate da schermi ultrasottili, proiettori olografici e fogliacci stampati. Una telescrivente incastonata in una nicchia, una stampante, un terminale ad impronta retinica, un telefono a chiamata libera.

Tutto lì.

Lo Scrigno – come lo chiamava qualcuno – era completamente racchiuso in quei quindici metri cubi. La sua unica fonte di reddito era costituita da uno sgabuzzino arredato come un'attrazione da Luna Park.

Buonasera, Chill. Non è già ora di cena?”

Si voltò di scatto, verso la porta di ingresso – uno specchio tra gli specchi. Ne emerse un uomo di mezza età, il giacchetto di pelle con le maniche strappate, un anello da toro al naso, i capelli acconciati in una cresta da punk bicolore, occhiali scuri di dimensioni ridotte, pantaloni rosso cupo, scarpe di pelle lucida.

Nathan Banquo.

Un collega.

Un rivale.

Blyen scrollò le spalle, simulando indifferenza.

Niente di particolare. Sto dando un'occhiata.”

Non mi incanti, Chill.”

Si avvicinò lentamente, sfoggiando un improbabile piercing al sopracciglio sinistro.

Sai... girano delle voci sul tuo conto. Se fossero vere...”

Da quando in qua dai credito alle voci, Banquo?”

Da quando vaghi per lo Scrigno come un'anima in pena più o meno ogni sera.”

Osservò incuriosito il suo riflesso. Le prime rughe malcelate dal trucco stavano scavando il suo viso, intessendo una ragnatela su tutta la pelle.

Avrebbe dovuto trovare un rimedio, erano tremendamente antiestetiche.

Parliamoci chiaro, Chill. Non mi importa niente di te, delle tue manie, dei tuoi problemi. Curo solo i miei affari. E tu mi sei d'intralcio.”

Nathan Banquo era un cacciatore esperto. Alcune leggende metropolitane gli attribuivano la cattura e la riconsegna di un'ennacoda per la cifra non indifferente di un milione di sterline – anche se ciò era ovviamente impossibile. Era stato tra i primi ad accettare i lavori del Manto – così, per provare, aveva detto – e sicuramente il suo conto in banca era tra i più forniti dell'intero stato. Puntava solo a trofei di alto valore, non aveva mai perso tempo con ricompense inferiori a quattromila sterline.

Sentiamo, di quale colpa mi sarei macchiato?”

Sei passato alle taglie forti.”

Ah, allora è così.

Appoggiò la schiena alla parete est, alzando lo sguardo verso il soffitto.

Chill... tu sei sempre stato un bastardino scodinzolante, uno di quelli che si accontentano degli avanzi lasciati dai cani di razza. Da quando hai iniziato, non hai mai puntato su bersagli interessanti, ti sei sempre concentrato su premi di modesta entità – millecinquecento, tremila sterline al massimo.”

Una pausa studiata, un silenzio scenografico.

Ora, non è più così. Osserva, osserva questi avvisi. Il Blyen di un tempo non si sarebbe lasciato sfuggire una bicoda da mille sterline. Sarebbe partito alla carica senza attendere un secondo di più.”

Iridi verdi, penetranti, intagliate nello smeraldo, fisse sul bersaglio.

E per cosa, poi? Il diritto di...”

Non sono affari che ti riguardano, Banquo.”

No, hai ragione. Non direttamente, almeno. Tenterò di essere più chiaro con un esempio. Vedi... tu puoi paragonare il nostro lavoro ad una partita a scacchi. Ognuno di noi è chiamato a recitare il suo ruolo, per garantire la vittoria. Ci sono i pedoni, gli alfieri, i cavalli, le torri, la regina, il re. Il bianco muove, apre con un pedone. Il nero deve decidere come rispondere. Mangiare un pezzo così infimo è forse compito del cavallo, o dell'alfiere? Non è meglio attendere che la partita sia entrata nel vivo, prima che i pezzi di valore scendano in campo? Quindi, cosa rimane da fare, se non copiare la mossa del bianco e muovere a sua volta un pedone? Forse non sarà lui a mangiare la pedina, forse sarà mangiato a sua volta, ma possiede un ruolo ben determinato: ripulire la scacchiera dai pezzi morenti. Il pedone non si interessa della regina o dei suoi accoliti, a meno di non averne l'opportunità. Se vuole sopravvivere, sa che non deve esagerare. Deve saper stare al suo posto... altrimenti, è scacco matto.”

Un ampio gesto della mano concluse il discorso.

Spero di essere stato chiaro.”

Blyen scrollò le spalle.

In pratica, mi stai dicendo che dovrei starmene buono ed interessarmi solamente ai casi di modesta entità mentre alfieri, torri e cavalli si pappano il resto, giusto? Un punto di vista interessante...”

Ma?”

Ma non lo condivido. Per niente.”

Banquo contrasse i muscoli della mano destra, una rete di venuzze e capillari minò l'uniformità della sua pelle.

Blyen ricambiò l'occhiataccia.

Lascia che ti risponda con un altro esempio. Il pedone decide di ignorare i suoi pari, di proseguire fino al termine della scacchiera. Sa che là in fondo lo aspetta un premio, la possibilità di diventare una seconda regina, di elevarsi dalla sua condizione di carne da macello. Se per realizzare il suo sogno è necessario mangiare qualche pezzo grosso... beh, buon appetito, allora!”

Blyen si esibì in un profondo inchino di scherno.

Anche un pedone può fare la differenza. Non dimenticarlo.”

Banquo si avvicinò, il viso contratto in una smorfia di disgusto.

Esiste una non trascurabile differenza tra il gioco e la vita reale: negli scacchi, le pedine dello stesso colore non possono eliminarsi a vicenda. Tienilo bene a mente.”

Lo allontanò dalla porta, guadagnando l'uscita.

Con permesso.”

Sparì oltre la soglia dello Scrigno, lasciandolo solo. Solo, assieme ai suoi riflessi.

Blyen rimase immobile per un istante, stretto nel suo giaccone impermeabile a maniche corte.

Simpatico come un'orticaria...

Osservò malinconicamente l'orologio. Due minuti alle sette. Ancora centoventi secondi. Sufficienti a sperare in un miracolo.

E il miracolo avvenne.

Uno degli schermi olografici si animò, proiettando un'immagine a mezz'aria. Le luci si abbassarono, permettendogli di scorgerne i dettagli. Un nuovo avviso di taglia, il primo dopo tre mesi. Una pentacoda. Capelli bianchi corti, carnagione mulatta, occhi marroni. Massima priorità. Ricompensa per il recupero...

Sgranò gli occhi.

Trentamila sterline?!”

Ottanta secondi alla chiusura.

Inquadrò il codice distintivo con l'orologio, memorizzò i dati al suo interno.

Sessanta secondi.

Eseguì l'accesso al terminale, richiamò l'opzione di massimizzazione dei dettagli, attivò il timbro digitale, inviò l'ordine di stampa.

Trenta secondi.

Afferrò il foglio con decisione, lo ripiegò accuratamente, lo ripose in tasca.

Dieci secondi.

Si diresse verso l'uscita, il cuore in gola, il battito a mille.

Zero.

Gli specchi divennero opachi, le luci si spensero, il terminale perse vitalità. Lo Scrigno fu sommerso dalle tenebre, uno sgabuzzino di quindici metri cubi privo di segnali di vita.

Un sospiro di sollievo.

Appena in tempo.

Blyen lasciò il locale, poi via, a passo svelto verso casa. Sèrina lo stava aspettando, certo, gli aveva preparato il suo sformato di alghe, riso e salmone. Buono, il salmone! Si immaginò seduto a tavola, di fronte a lei, gli sguardi intrecciati in un abbraccio impalpabile. E il frutto dei suoi sforzi al sicuro nel suo soprabito, nascosto nella tasca interna. No, Sèrina non doveva saperlo, non ancora. Sarebbe stato un bel regalo, eh? Un bellissimo regalo inatteso! Non avrebbe creduto ai suoi occhi, probabilmente avrebbe pianto, pianto dalla gioia.

Trentamila sterline erano una cifra sufficiente.

Ora doveva solamente negoziare col Manto.

21-02-2026

Anno I, numero 52


The Coroner's Gazette

Direttore responsabile: Egon Crown


Il Cielo in una stanza



Nerifumo – Le divinità comparse dal nulla hanno finalmente un nome: kitsune. Il termine non è una novità: secondo la tradizione giapponese, si tratta di volpi mannare dotate di poteri magici, protettrici della fertilità. Nel caso in oggetto, la descrizione risulta quanto mai appropriata.

Manifestatesi in forma di giovani donne con orecchie e code da volpe, si sono mostrate in pubblico a tre giorni di distanza dal primo contatto. Le visitatrici sono state accolte con tutti gli onori dalle autorità locali, durante una manifestazione in loro onore tenutasi nei pressi del lago Orana. Il governatore Sartori ha ricevuto personalmente una delegazione kitsune per discutere i termini dell'accordo.

La nostra storica intesa ridarà slancio e vitalità al genere umano – ha dichiarato – permettendoci di dimenticare il recente passato.”

Non sono state ancora diffuse note riguardo all'amministrazione della struttura – al quale sarà dato il nome di Manto Celeste – e all'influenza che il governo potrà esercitare su di essa. Le kitsune non hanno rilasciato dichiarazioni alla stampa, riservandosi il diritto di trattare solamente con le personalità politiche invitate al dibattito. Il fronte dell'opposizione ha indetto una contromanifestazione sull'altra sponda del lago, ampiamente pubblicizzata nei giorni precedenti.

Sono soddisfatto. Abbiamo raccolto decine di adesioni contro questo scempio. – ha commentato Tyan Zhe, leader del Fronte per la Conservazione della Razza Umana (FCRU) – Non abbiamo alcuna garanzia che questo trattato porti alla fine della crisi, così come non abbiamo alcuna fiducia in queste sedicenti divinità in gonnella. Gli esseri umani se la sono sempre cavata da soli, non vedo perché non possano farlo anche questa volta.”

Gli ufologi sostengono con vigore la tesi complottista, indicando le nuove arrivate come appartenenti ad una specie aliena nociva e pericolosa – ipotesi smentita dalle autorità, che hanno precisato la totale assenza di indizi su una natura non terrestre delle creature.

Deidan Sandler, portavoce delle Nazioni Unite, ha riassunto così il parere dominante nella comunità scientifica:

Non sono in possesso di tecnologia avanzata, fanno fatica a capire cosa sia un telefono. Sono state trovate per caso, nel bel mezzo della foresta Amazzonica – una comunità sviluppatasi lontana dal resto del mondo, in totale autonomia. È più probabile un'evoluzione separata da uno stesso antenato comune, piuttosto che una matrice extraterrestre.”

Momenti di tensione durante la firma del trattato, a seguito di una lite tra polizia e manifestanti che ha portato dietro le sbarre quattordici persone con vari capi di accusa, tra cui resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate.


E. C.

3. Un triviale vizio di forma


Shimane ripose con cura le sfere di vetro nelle morbide custodie avvolgenti. Un nugolo di scintille e fuochi fatui animò l'interno del cristallo, donandogli pallide sfumature cangianti. Rimase immobile per un attimo, intenta ad ammirarne quei bizzosi strali di vita che guizzavano come pesci nel mare. Già, il mare... quell'entità maestosa e sconosciuta, mai incontrata se non sulle figure dei libri, tra le pagine giallastre delle enciclopedie. Un'immensa distesa d'acqua che ricopriva i due terzi della Madre Azzurra, popolata da decine, centinaia di creature.

Quanto vorrei poterlo vedere di persona...

Chiuse gli occhi, tentando di allontanare quella visione così seducente. Aveva assistito alla proiezione di alcuni filmati – ovviamente di nascosto – che ritraevano la danza dei delfini, il tramonto sulle acque, la barriera corallina australiana...

Un sogno!

Pesci di ogni forma e colore, i riflessi della luce sulla sabbia bianca, le stelle marine e i polpi, i crostacei, i calamari, le alghe smeraldine, gli squali! Ironia della sorte, il suo nome faceva riferimento proprio all'oceano2, quell'oceano che forse non avrebbe mai ammirato. Non era ancora nella posizione di poter chiedere una settimana di permesso, non lo sarebbe stata ancora per molto tempo. Scrollò il capo con vigore, cercando in ogni modo di riprendere possesso delle sue sensazioni. Una segretaria disattenta non avrebbe avuto alcuna utilità per il Manto.

Dai, finisci il lavoro e poi potrai chiedere a Kaya altri video, altri bei documentari sul mondo esterno. Così, magari scopri cosa sono le montagne, questa volta!

Però “montagna” non suona bene come nome, ah no! È un termine duro, aspro, privo di musicalità.

Oceano” è completamente opposto, così aperto, così dolce... così sconfinato! Ah,cosa darei per uscire dal Manto, anche solo per un'ora, fuggire in riva al mare, accarezzare il muso di un delfino, le ali di un gabbiano...

Buongiorno.”

Riaprì gli occhi, stupita. Una voce sconosciuta, dall'altro lato del bancone. Possibile che non si fosse accorta dell'arrivo di una persona? Senza attendere oltre, si esibì in un profondo inchino.

Che il Cielo la protegga. Come posso aiutarla?”

Ritornò in posizione eretta, le mani appoggiate al bancone. Scandagliò con cura l'aspetto del cliente.

Capelli neri piuttosto lunghi, iridi viola, naso non troppo pronunciato, barba rasata di fresco, labbra sottili. Corporatura atletica, non un filo di grasso superfluo. Giaccone di pelle a maniche corte, arrotolate sopra al gomito, guanti a mezze dita, t-shirt verde acqua, jeans, scarpe da tennis bianche. Un sorriso a trentadue denti.

Vorrei alcune informazioni su un avviso di taglia. È stato emesso ieri sera alle sette meno due minuti.”

Un attimo. Controllo immediatamente.”

Shimane sfiorò il terminale, attivando il modulo di ricerca. Chiuse gli occhi, si interfacciò con la sonda neurale, richiamò l'archivio, sezione fuggitive, sottosezione taglie. Un sospiro.

Mi dispiace, non risulta alcuna corrispondenza con quanto mi è stato chiesto. Arrivederci e buona giornata.”

Ehi, ehi! Aspetta un secondo! Cosa significa nessuna corrispondenza? Quell'avviso è arrivato allo Scrigno sotto i miei occhi!”

Shimane sembrò non comprendere, un alone di indecisione oscurò il suo sguardo.

L'archivio non mente. Quel documento non esiste. Si sarà sbagliato.”

Una zip aperta, un foglio accuratamente ripiegato nella tasca interna della giacca. L'uomo lo afferrò con la mano sinistra, lo esaminò con attenzione, lo posò sul bancone di fronte alla segretaria.

Questo cos'è, allora?”

Il volto di Shimane cambiò espressione, il terrore prese possesso del suo corpo.

Un imprevisto? Come si affrontano gli imprevisti? Ma è chiaro: l'avviso sarà falso o artefatto. Controllo il timbro, il sigillo. Ci sarà una qualche irregolarità, no? Se non è nell'archivio, non può esistere, punto. Sì, è così che devo fare. Due minuti e se ne va, così torno a pensare al mare, all'oceano. Lo controllo solo per scrupolo, tanto so già che è falso. Non può non esserlo. Shimane si inchinò educatamente.

Posso controllare? Sicuramente si è verificato qualche problema di comunicazione tra i reparti.”

Ricollegò la sonda neurale, nascondendola sotto i capelli azzurri, socchiuse le palpebre per isolarsi dal mondo esterno. Delineò il profilo del sigillo rosso con l'indice destro, permettendo al computer di ricostruirne un modello tridimensionale e confrontarlo con il simulacro di riferimento. Attese il risultato del matching, certa del risultato.

Come può essere autentico se non è registrato? Non ho nulla di cui preoccuparmi.

Solo un secondo ancora... ecco, ci siamo.”

Ebbe quasi un mancamento. Il timbro era conforme all'originale, senza ombra di dubbio.

Ma il documento non è schedato...

Shimane rimase immobile, indecisa sul da farsi. Avrebbe dovuto contattare i suoi superiori?

Non capisco...”

Che fare? Non mi hanno mai spiegato come procedere in una situazione del genere! È così... complicato! Forse dovrei chiamare Saku. Sì, lei sicuramente sa come sistemare la situazione!

Può attendere solo un momento?”

Chiuse gli occhi per interfacciarsi con il sistema di comunicazione neurale. Le sue dita sottili si mossero agilmente sulla tavola di tracciamento, componendo eleganti figure astratte. Blyen la osservò con un misto di ammirazione e curiosità. Una ragazza minuta, vestita di un kimono celeste con motivo a onde – forse un po' troppo aderente, lineamenti delicati, capelli dello stesso colore dei suoi abiti acconciati in ciuffi raffinati, lunghi sino alla base del collo, iridi verdemare, corporatura snella, ben formata.

Peccato per le orecchie.

E per la coda.

Ho avvisato la responsabile di sezione. Sarà qui tra un istante. Mi dispiace per il disagio.”

Ora arriva Saku e sistema tutto. Io proprio non ci so fare con gli imprevisti, non ho creatività.

Nessun problema, posso aspettare.”

Blyen si accomodò su una panca imbottita, a pochi passi dal bancone. Un embrione di sala d'attesa, incastonato in un anfratto del salone principale. Si guardò attorno con fare distratto, contemplando l'architettura della volta. Gli archi di pietra raggiungevano il soffitto in una raggiera incrociata, costituendo l'ossatura di una maestosa cupola, affrescata con episodi tratti dalla mitologia. Al centro, il simbolo del tao. Yin e yang. Luce e ombra. Vita e morte. La fusione dei contrasti, il loro superamento. Il Manto non poteva essere rappresentato in modo più efficace.

Le colonne ai lati della stanza erano intervallate da statue in stile neoclassico che rappresentavano giovani donne con tratti ferini e un gran numero di code da volpe. Il pavimento era sostituito da una lastra di cristallo levigato, impreziosita da perle, inserti di marmo e pietra scura. Le scene dipinte a tratti vividi si riflettevano sulla superficie lucida, donando all'intera composizione un che di caleidoscopico. La porta di ingresso era una sorta di vetrata multicolore in stile gotico, attraversata da un'anima di piombo contorta e multiforme.

Blyen sbadigliò poco convinto. Non era la prima volta che contemplava quello spettacolo, ormai era quasi di casa.

Bello, eh? Solo un po' monotono, forse. Queste qui ritraggono solo volpi...

Non ha mai pensato a quale potrebbe essere il motivo, signor Chill?”

Si volò di scatto verso il bancone. Shimane non era più sola.

Ma che diavolo...”

Si rilassi. Nessuna capacità paranormale. È stato sufficiente leggere il suo sguardo annoiato per decifrare il suo pensiero. Lei crede che abbiamo bisogno di una maggior varietà nelle nostre decorazioni, mi corregga se sbaglio.”

Analizzò la nuova arrivata, tentando di inquadrarla. Più alta di Shimane, capelli grigi splendenti, lunghi fino al bacino, occhi dello stesso colore, incarnato chiaro, europeo. Vestiva un maglione di seta rosa a maniche lunghe, aperto in corrispondenza delle spalle, lasciando intravvedere un tatuaggio sull'omero sinistro – una specie di tribale non meglio identificato. L'abito terminava in un'elegante V all'altezza dell'ombelico, a pochi centimetri da cintura di pelle che cingeva una gonna a frange – bianca con inserti neri. Un paio di stivaletti completava la composizione, generando un quadro piuttosto bizzarro, a metà tra la tradizione ed il casual.

Mi chiamo Saku. Sono l'addetta alla risoluzione di questo tipo di problemi, come avrà capito dal nome3.”

Mi dispiace, non conosco il giapponese. Le sembrerà strano, ma per il mio lavoro non ne ho bisogno.”

L'ignoranza è il peggior nemico dell'uomo. Dovrebbe imparare a valutare meglio cosa è realmente indispensabile.”

Le code si aprirono come la ruota di un pavone, circondandola completamente, disponendosi in modo perfettamente simmetrico rispetto al suo corpo.

Ognuna delle mie otto compagne è costata anni di studio, dedizione e sacrificio. Se avessi mantenuto una condotta simile alla sua, non mi sarei mai elevata dall'immaturità.”

Richiuse il ventaglio, celandolo nuovamente sotto l'orlo della gonna.

Ma non è qui per dissertare di cultura, immagino. Lei brama informazioni su un avviso inconsueto, che sembra non aver corrispondenza nel nostro archivio. Vediamo se mi riesce di soddisfare la sua più che opportuna curiosità.”

Blyen si alzò dal divanetto, il documento stretto nella mano destra.

Ho bisogno di un'informazione relativa al compenso.”

Se il timbro olografico è autentico, non vedo come possa essere in dubbio. Qualunque cifra riportata in calce le sarà corrisposta, qualora siano soddisfatti i requisiti per la riscossione. Se la sua incertezza è limitata ad una questione così triviale, può lasciare queste stanze tranquillo e beato.”

Quindi non avrete problemi a sganciare trentamila sterline per questa pentacoda.”

L'espressione imperturbabile di Saku vacillò per un istante.

Non mi risulta che sia mai stata emessa una taglia di tale entità.”

Ah, no? Lascia che te la mostri, allora.”

Srotolò il foglio, lo consegnò nelle mani della ragazza.

Controlla pure, so che è autentico. Ero dentro allo Scrigno, quando è stato inviato.”

Gli occhi della kitsune si mossero con rapidità, analizzarono ogni singola riga, lessero ogni carattere, ogni dettaglio, in cerca di un errore, di un'irregolarità di qualunque genere.

Invano.

Shimane, hai controllato che il sigillo non fosse artefatto?”

Sì, è stata la prima cosa che ho pensato. Corrisponde sia in forma che in sostanza. La cosa più strana è che il timbro risulta regolarmente emesso, ma non ho trovato traccia dell'avviso di taglia in nessuna locazione fisica. Può essere un disguido dell'archivio, ma...”

Ho un compito per te. Esegui un controllo incrociato sugli schedari ed identifica la matrice del timbro. È probabile che sussista un triviale vizio di forma. Ciononostante, non possiamo permetterci di sottovalutare il problema. Un'accurata verifica dei codici di invio fugherà qualsivoglia dubbio sulla veracità di questo mandato.”

Shimane si esibì nel consueto inchino, per poi dirigersi verso una porta d'ebano finemente cesellata.

Saku la seguì con la coda dell'occhio fino a quando non fu più visibile. Ruotò su se stessa più volte, scandagliando ogni centimetro della stanza.

Nessuno tranne noi due. Perfetto.

Il suo sguardo si posò su Blyen.

Ho l'assoluta certezza della sua buona fede, signor Chill. Non necessito di ulteriori conferme per affermare che la taglia in questione è valida. Semplicemente, desideravo discuterne con lei al riparo da orecchie indiscrete.”

Le sue dita scivolarono sulla carta giallastra, seguendo il profilo delle pieghe.

La questione è complicata, non posso negarlo. Non appena un avviso raggiunge lo Scrigno, è automaticamente convalidato. Questo implica che se un cacciatore ne stampa una copia, l'incarico ha valore esecutivo. Nel caso in oggetto, si è verificato un imprevisto: il Concilio ha decretato la rimozione dell'avviso di taglia alle sette in punto, orario di spegnimento dei terminali. Da quell'ora in poi, la taglia è stata cancellata dalla lista, essendo stata ritirata. Secondo il nostro statuto, un documento stampato risulta comunque valido e – dato che la fuggitiva è ancora irreperibile – non può essere annullato.”

Paroloni a parte, signorina?”

Lei è libero di rintracciare l'oggetto del contendere. Semplicemente, le sconsiglio di farlo. Il caso è stato trasferito sotto la diretta giurisdizione del Concilio.”

Uh, questa l'ha combinata grossa, allora...

Se la trovassi prima di voi, mi liquidereste la ricompensa, giusto?”

Nell'improbabile eventualità che ciò accada, sì.”

Poniamo, così per fare conversazione... che io non sia interessato ai soldi.”

Saku arretrò di un passo.

Si spieghi meglio.”

Voi del Manto non avete a disposizione molto denaro. La maggior parte della popolazione vi detesta, le donazioni sono ridotte all'osso. Gli unici introiti che avete derivano dai servizi che offrite, ma ultimamente state lavorando quasi a titolo gratuito. A quanto ne so, i governi sono diventati molto più permissivi nell'emettere decreti di esenzione. Trentamila sterline sono una cifra considerevole. Se doveste realmente sborsarla, non sarebbe molto carino, no? Io vi propongo uno scambio – uno scambio alla pari.”

Che genere di scambio?”

Blyen non rispose subito, tentò di trovare le parole giuste, di non mostrare segni di cedimento.

Se io trovo la vostra fuggitiva e ve la riporto qui su un piatto d'argento... voglio il diritto di avere un figlio.”


2 Marzo, 2018

Black Queen Edizioni


Lost Eden Echo

il rifugio della scienza


Il paese senza nati



Whailfall – Una storia da film dell'orrore: nessun nuovo nato negli ultimi ventiquattro mesi. Non sarebbe un fatto eclatante per un paesino sperduto sulle montagne, abitato da poche decine di persone, ma se la città in questione è Whailfall (sessantacinquemila anime) il problema diventa una causa nazionale. Dall'inizio del 2016, la popolazione ha subito una flessione del 4% ed è stata caratterizzata da una totale assenza di nascite.

Non esiste al momento una spiegazione razionale al fenomeno – ha dichiarato Viggo Larssen, portavoce della Comunità Medica Internazionale – La probabilità che un fatto del genere avvenga per puro caso è uno su svariati milioni.”

I fan dell'occulto hanno dato vita ad un macabro turismo dell'orrido. Decine di sette avventiste hanno identificato in questo avvenimento il preambolo alla fine del mondo.

Evan Bronwitch, maestro della Confraternita del Signore Illuminato, ha espresso le sue opinioni in proposito nel corso di una conferenza stampa: “Questo è un segnale che non possiamo ignorare. La scienza si è dimostrata impotente di fronte a questa emergenza, stiamo combattendo contro qualcosa più grande di noi. È giunto il momento che l'uomo chini il capo e accetti il suo destino.”

Werner Coenbrew, direttore del Centro Sanitario locale, si mostra scettico rispetto all'ipotesi di interferenze ultraterrene: “Eseguiremo un monitoraggio approfondito dello stato di salute degli abitanti. Al momento non possiamo escludere nulla. La causa potrebbe essere una concatenazione di fenomeni, come ad esempio una concentrazione eccessiva di agenti inquinanti nell'atmosfera o di metalli pesanti nell'acqua potabile. Ad ogni modo, vi è sicuramente un fenomeno fisico – terreno e non sovrannaturale – alla base della situazione attuale. Non c'è posto per paranoie apocalittiche.”

Interrogato su un possibile sviluppo della vicenda, Coenbrew si è dimostrato piuttosto fiducioso.

Nei prossimi giorni, una squadra di medici eseguirà un campionamento sul DNA degli abitanti, in modo da riscontrare eventuali anomalie dovute ad agenti patogeni ad ora ignoti. Se tutto andrà come deve, entro un paio di mesi verremo a capo della situazione.”

Gli abitanti della città si sono chiusi nel più stretto riserbo. E, nel silenzio, Whailfall mantiene un suo macabro primato: quello di città dei morti.


Lyenne Singer


4. L'anima brillò, scintillando


Finalmente! Temevo non arrivassi più.”

Sèrina lo accolse sulla porta di casa, i sottili capelli a metà tra il biondo ed il castano chiaro pettinati con cura, gli occhi azzurri sorridenti, il profumo di viola selvatica. Blyen si grattò il capo con poca convinzione.

Le trattative sono andate per le lunghe, ma ho un nuovo caso. Vedi, se...”

Sèrina lo prese per mano.

Cosa ne dici se ne parliamo di fronte ad un buon piatto di pollo ai germogli di soya? L'ho appena sfornato!”

Blyen la abbracciò, cingendone le membra armoniose. Chiuse gli occhi, assaporò la fragranza fiorita che permeava l'atmosfera casalinga. Sfiorò le sue labbra con dolcezza, un bacio fugace, delicato. Sèrina ricambiò con affetto, stringendolo a sé. Un istante, un secolo dopo, i due corpi si separarono, a malincuore. Blyen si sfilò il giaccone, lo appese all'attaccapanni assieme alla fondina e al fodero del coltello – in casa non dovrei averne bisogno, pensò.

L'appartamento era un bilocale di dimensioni ridotte, costituito solamente da una sala-cucina, una camera da letto e un bagno. Le finestre davano sulla strada, inquadrando sciami di autovetture e furgoni cingolati in perenne movimento lungo la tangenziale. Diede una rapida occhiata all'interno. La stanza era arredata con mobili di seconda mano, prevalentemente in truciolare e materie plastiche, intervallati da elettrodomestici vecchi di qualche decennio ma ancora funzionanti. Una credenza a due ante con ripiani colmi di cibi in scatola o a lunga conservazione, un frigorifero di dimensioni ridotte privo di congelatore, un forno – un bel forno, davvero capiente! Ottimo per cucinare torte, a detta di Sèrina – con piano cottura integrato, un tavolo da pranzo corredato da sedie spaiate, un lavandino. Il pavimento era decorato da un gradevole accostamento di piastrelle nere e bianche alternate, intarsiate da un motivo arabesco.

La camera da letto era ammobiliata con più cura. L'armadio era stato sostituito da poco con un modello più ampio e resistente, adatto a contenere gli abiti di due persone. Uno specchio di ottima fattura troneggiava sull'intonaco bianco, ricoperto di post-it e appunti adesivi. Un letto matrimoniale da una piazza e mezza completava il quadro, accompagnato da due comodini in multistrato laccato. La struttura in ferro nero della testiera si fondeva armoniosamente con le linee spiraleggianti delle abat-jour e con l'ordito della trapunta, impreziosita dal ritratto di un paesaggio tropicale.

Pollo con germogli di soya, hai detto? Quando la smetterai con questi esperimenti?”

Sèrina abbozzò un sorrisetto di sfida.

Guarda che lo faccio per te. Fosse per me, mangerei solo selvaggina e frutti di bosco. Quanto mi piace la carne rossa!”

Okay, okay, ho capito l'antifona. Mi sottoporrò volentieri alla tortura, dottoressa Sèrinenstein.”

Blyen affondò il coltello nella pietanza, con un misto di timore e sospetto. L'ultimo esperimento gastronomico gli aveva causato un discreto mal di stomaco, qualche mese prima. Assaggiare un nuovo piatto cucinato da Sèrina era come azzeccare un terno al lotto. Tagliò un boccone di pollo e lo avvicinò alle labbra, rompendo gli indugi. Con sua enorme sorpresa, le papille gustative raggiunsero una sorta di estasi mistica.

L'hai cucinato veramente tu?”

Sèrina annuì con un gesto del capo.

Non sono proprio una frana, vero? Se mi dai un paio di mesi di tempo, vedrai che manicaretti ti preparo!”

Si accomodò al tavolo, sedendosi di fronte a lui. Vestiva un pullover blu, un paio di pantaloni di tuta coordinati, ciabatte imbottite, ricoperte di pelo sintetico. Una classica tenuta domestica, per nulla appariscente. Le dolci curve del tessuto evidenziavano un fascino discreto, celato dalla timidezza dello sguardo.

Blyen indugiò su quel corpo snello e ben formato, la pelle liscia, morbida...

Ehi, è entrato lo screensaver? Guarda che il pollo si raffredda!”

Scosse la testa, tornò alla realtà, si concentrò sulla pietanza contenuta nel suo piatto. Non aveva molta fame, era troppo preso dall'eccitazione. Il Manto aveva accettato le sue condizioni. Se solo fosse riuscito a catturare quella pentacoda...

Ho un nuovo caso. Una fuggitiva un po' più sveglia del normale. Si parla di trentamila sterline.”

Abbiamo bisogno di così tanti soldi?”

Un leggero colpo di tosse, gli strascichi di una malattia in esaurimento. La febbre alta e i rigurgiti di sangue erano ormai un ricordo sfumato.

No, non credo. La casa – se così possiamo chiamarla – è già nostra, di medicine ne abbiamo ancora a sufficienza. Diciamo... che è una sorta di assicurazione sul futuro. Il mio conto in banca è a posto, ma – sai com'è – con un lavoro come il mio non è il caso di andarci troppo alla leggera.”

Sèrina gli sfiorò la punta del naso con l'indice.

Non avrei mai pensato che sarei finita a convivere con cacciatore di nogitsune... è curioso, sai? Se si ascoltano le chiacchiere della gente, sembra che voi siate una delle sette piaghe del mondo moderno. Persone meschine, sacrileghe e prive di coscienza che vivono sulle spalle delle Graziose Divinità protettrici del genere umano... quando va bene. Gli invasati vi considerano traditori in combutta con l'invasore, per via dei vostri legami stretti col Manto.”

Tu cosa ne pensi, invece?”

Sollevò le spalle con noncuranza.

Sinceramente, credo sia un impiego come un altro. Se esiste l'offerta, vuol dire che la domanda è consistente. Le taglie promesse dal Concilio sono allettanti, non lo si può negare. Per chi non è riuscito a trovare un altro impiego, è un'occasione per lasciarsi la miseria alle spalle, tutto qui. A proposito...”

Una scintilla vivace attraversò le iridi, le illuminò il viso.

Ho trovato un'offerta di lavoro stabile: una ditta di pulizie ha bisogno di personale. Certo, si parla di qualche centinaio di sterline al mese... ma è pur sempre un inizio, no? In questo modo, non dovremmo più preoccuparci se le kitsune decidessero improvvisamente di starsene buone all'interno del Manto!”

I loro sguardi si incrociarono, linee di pensiero intrecciate, un flusso di sentimenti diretto ai cancelli del cuore.

No, Sèrina. Non mi va. Le tue condizioni fisiche sono ancora piuttosto precarie, sei ancora debole e... insomma, non me la sento di dirti di sì. Aspetta solo ancora un po', per favore... giusto il tempo di ristabilirti completamente.”

Dici che sarebbe meglio?”

Sì. Senza ombra di dubbio.”

Gli occhi di Sèrina si appannarono, persero vitalità. La delusione sostituì la gioia, rabbuiandola. Blyen sospirò amaramente.

Sì, è meglio così. Per tutti e due.

Sèrina era reduce da una tosse tubercolotica che l'aveva quasi ridotta in fin di vita. La malattia era curabile, ma solo tramite costosi antibiotici prodotti da una ditta svizzera – maledetti bastardi che hanno brevettato il principio attivo, aveva pensato. Il suo medico di fiducia aveva tentato di limitare gli effetti dell'infezione tramite la somministrazione di farmaci generici e palliativi, senza successo. Per alcuni giorni, la ragazza aveva lottato tra la vita e la morte, in un'altalena di miglioramenti e peggioramenti repentini.

Poi, la svolta.

La cattura di una bicoda da duemila sterline aveva rimpinguato le scarse finanze della coppia, prosciugate dall'acquisto dell'appartamento.

Grazie alla taglia, Sèrina era sopravvissuta.

Grazie al suo lavoro di cacciatore.

Grazie alla sua ostinazione.

Grazie al Manto.

Mi dispiace, Sèrina... ma se ti succedesse qualcosa, se ti perdessi... beh, non so se la mia vita avrebbe ancora senso. Non me la sento di rischiare, non così tanto.”

Sèrina accennò un sorriso, l'anima brillò, scintillando.

Okay, okay! Hai ragione, è solo che mi sento così inutile! Vorrei poterti aiutare, in qualche modo...”

Le dita del ragazzo sfiorarono delicatamente le gote rosee, appena macchiate di un timido, tenero rosso.

Ma tu mi aiuti già.”

Blyen si alzò dalla sedia, lei lo seguì a ruota, una tenue eccitazione in ogni muscolo del corpo. Si lasciarono il tavolo alle spalle, riuniti in un abbraccio di vita. Le labbra a contatto, gli occhi chiusi come in un sogno. Un bacio fragile come una farfalla, leggero come una nuvola, impalpabile, immenso, eterno. Le mani di Blyen scivolarono sotto il pullover, tastarono la pelle vellutata, ne carpirono l'essenza, si unirono ad essa. Il tessuto sottile del reggiseno accarezzato con cura, lentamente, senza fretta. Sèrina lo lasciò fare, lo imitò, muovendo i morbidi palmi sul suo petto. Blyen la avvicinò a sé, la strinse con tutte le sue forze, una danza silenziosa, muta...


Kiyoko abbassò il binocolo munito di microfono direzionale. Non era il caso di soffermarsi oltre, non avrebbe ricavato altre informazioni utili. Addentò uno snack con poca convinzione, riponendo l'incarto nella borsa. Il suo volto assunse un'espressione schifata. Tossì più volte, afferrò la bottiglietta di succo d'arancia, bevve con avidità dall'imboccatura.

Che sapore orribile!

Una barretta dietetica al cacao magro con crusca e fiocchi di riso.

Mai più, mai più!

Risistemò con cura il kimono rosso, prestando attenzione a non insudiciarlo con le briciole.

Chi me l'ha fatto fare di fidarmi di Shimane?

Rimase seduta sul cornicione, scalciando nel vuoto, le gambe appena oltre il limite.

Loro creano i problemi, poi tocca a me risolverli. Che ingiustizia!

Un piccione posò le sue zampe sul cemento, in cerca di cibo. Avvistò i frammenti di cereali sminuzzati, svolazzò rapidamente, li beccò uno dopo l'altro muovendo a testa a scatti. Kiyoko sbadigliò annoiata.

Ora, ditemi se una come me deve ridursi a fare la guardona per conto del Concilio. Detesto questi compiti ingrati! Come se mi interessasse qualcosa di due esseri umani che si accoppiano. Io non ci vedo niente di eccitante. Potevano mandarci Shimane, così magari avrebbe imparato qualcosa sul mondo esterno. Magari avrebbe visto l'uomo-che-cammina e l'omino-del-wc – chi lo sa? Oppure... No, no, Shimane ha ancora molto da imparare, ha solo una coda. Manca completamente di esperienza, sarebbe stato un suicidio impiegarla per un compito simile.

Il volatile pasteggiò tranquillamente, senza quasi curarsi dell'intrusa, di quella ragazza dalle lunghe orecchie da fennec che aveva invaso il suo spazio vitale.

E Saku, allora? Invece di parlare tramite termini aulici, potrebbe scendere un po' dal trono e vedersela lei. Il mondo non è fatto di sole parole... ma forse lei non l'ha ancora capito così bene.

Mugugnò insoddisfatta. La barretta non aveva minimamente attutito il suo appetito, anzi. Controllò il contenuto della borsa, con la segreta speranza di essersi dimenticata qualche cioccolatino – qualche vero cioccolatino – o un pacchetto di cracker al suo interno.

Niente.

Si rannicchiò frustrata, le gambe a penzoloni oltre il cornicione, le braccia conserte. La fame era uno dei peggiori nemici della sua mente, a stomaco vuoto i neuroni si rifiutavano di collaborare. Si guardò attorno con circospezione, tentando di visualizzare una possibile fonte di proteine, carboidrati e quant'altro.

Mi dispiace, mi dispiace davvero...

Le sette code si intrecciarono come serpi striscianti, estendendosi fino al doppio della loro lunghezza.

Il piccione non fece in tempo a sollevarsi in volo.

Lo colpirono con forza, avviluppandolo nelle spire, spaccandogli la testa contro il duro pietrisco, trascinandone il cadavere sino al ventre della loro padrona. Le appendici tornarono alla loro consueta dimensione, nascondendosi tra le pieghe del kimono.

Kiyoko osservò intenerita il corpicino senza vita che giaceva tra le sue braccia.

Peccato...

Accarezzò con dolcezza il piumaggio bicolore, tentando di seguirne i disegni, esaminò la forma delle ossa cave, tastò i muscoli irrigiditi, il becco fiero, le zampe scheletriche. Un velo di tristezza calò sul suo volto.

Speravo ci fosse più carne.

Senza pensarci troppo, lo portò alle labbra, strappò un'ala con i canini affilati ed iniziò a masticarla con gusto.


5. Almeno altre sette


Puoi garantirmi che l'informazione è sicura?”

Non ti fidi ancora di me, dopo tutto questo tempo?”

Preferisco non risponderti. Potrei utilizzare termini non proprio consoni all'etichetta.”

Come potrei ingannarti?”

L'uomo sfiorò i lunghi capelli argentei con due dita, simulando il movimento di una spazzola. La giovane si stiracchiò con calma, mentre le sue palpebre, leggermente calate, tradivano una certa sonnolenza. Una tranquilla espressione di pace distendeva i muscoli del suo viso, i lineamenti nascosti da ciocche disordinate. L'uomo lambì le punte delle orecchie con delicatezza, esaminandone la peluria rossiccia con calma.

Chi può saperlo? Voi kitsune non siete proprio semplici da comprendere. Non so fino a che punto tu mi stia dicendo la verità.”

Saku si rigirò tra le coperte, avvolgendo il lenzuolo attorno al proprio corpo. Le otto code erano disposte in modo disordinato sulle sue gambe, in pose casuali, irregolari.

Sfido ogni settimana l'ira del Manto per appartarmi con te di nascosto. Non è sufficiente come garanzia? Necessiti di qualche altra prova della mia onestà?”

Lo sguardo dell'uomo si perse tra le pieghe del tessuto. I riflessi della chioma splendente, delle iridi plumbee appena velate dal torpore mattutino, la lucentezza del pelo fulvo delle code...

Madre Natura ha fatto proprio un bel lavoro, quando l'ha progettata.

Si accese una sigaretta, una Exxon Blue con filtro ecologico – così, perlomeno, lo spacciava la pubblicità. Aveva provato a smettere, ma non sembrava che fosse possibile liberarsi del dio nicotina. L'ultimo tentativo si era risolto nella perdita di un aggeggino da qualche centinaio di sterline, una sigaretta elettronica ultimo modello.

Con questa, non può non farcela. Vedrà, tra meno di un mese il fumo sarà solo un ricordo!

Peccato che dopo soli tre giorni l'avesse completamente distrutta. Le aveva dato fuoco con l'accendino, senza rendersi conto dell'errore. Se n'era accorto solo dopo un paio di secondi, il tempo necessario a lanciarla a terra, allontanandola dalle labbra. La punta dell'apparecchio era completamente bruciata, il rivestimento di plastica in parte fuso o – peggio – vaporizzato.

Dovevo essere sovrappensiero... o forse è stato solo un chiaro messaggio del mio subconscio. Niente porcherie a batteria, solo sane cartine filtrate.

Dopo quell'esperienza, aveva chiuso con i surrogati del tabacco – eccetto forse i cerotti alla nicotina. Odiosi, certo, ma almeno non c'era il rischio che provasse ad accenderli.

Indossò i guanti di seta nera, ricoprendo le unghie fresche di manicure. Osservò divertito il profilo delle sue mani. Non avevano mai svolto lavori pesanti, si erano sempre limitati ad un unico, rapido movimento. Quello dell'indice sulle tastiere olografiche.

Sistemò con cura i suoi abiti, l'aspetto doveva essere impeccabile. Pantaloni di fine tessuto francese bianco, cintura di pelle nera con fibbia in argento, camicia scura con tribali decorativi bianchi, giacca in pendant con i calzoni, chiusa con quattro bottoni – sempre d'argento. Inutile dire che d'argento erano anche i gemelli ai polsi. Un paio di occhiali da vista rettangolari con catenina di platino oscillava attorno al suo collo. Indossò le scarpe appena lucidate, legò le stringhe con precisione maniacale, in modo che avessero la stessa lunghezza. Esaminò con cura le suole, in cerca di eventuali grumi di terriccio o sassolini che avrebbero potuto minarne la stabilità e l'eleganza.

Con suo enorme sollievo, non ne trovò nemmeno uno.

Mi sono proprio divertita questa volta, sai?”

Davvero?”

La kitsune era stesa prona sul letto, mollemente adagiata, le membra abbandonate a se stesse.

Sei l'unica persona con cui riesca a sfogare la mia tensione. È dura dover risolvere tutti i problemi del Manto. Se non si trova un hobby, si rischia di impazzire.”

Uh, uh.”

Si pettinò i capelli biondi quasi senza ascoltarla. Le kitsune non gli stavano molto simpatiche, ma erano dotate di bei corpi, snelli, fisicamente perfetti. Il meglio che un uomo potesse desiderare – salvo forse per alcuni loro tratti animaleschi che a non tutti avrebbero fatto piacere.

Saku ammirò il riflesso dello specchio. Un uomo alto, carnagione chiara, vestito in modo elegante, occhi azzurri profondi come il mare, il sorriso sempre sulle labbra. Aveva strani gusti in fatto di abbigliamento, indossava solamente capi bianchi o neri alternati (non portava mai camicia e giacca dello stesso colore) e amava sfoggiare un paio di orecchini di perla – cosa piuttosto insolita tra gli uomini. Gli occhiali da vista erano solamente decorativi, utilizzava quasi sempre lenti a contatto. Spesso li inforcava solamente per darsi un'aria da intellettuale e celare parte del suo fascino.

Non comprenderò mai appieno gli esseri umani. Sono troppo imprevedibili.

Saku aveva iniziato a frequentarlo per caso, a seguito della sua prima uscita – aveva solo cinque code, al tempo. Non avendo la minima idea di come comportarsi fuori dal Manto, aveva rischiato di essere arrestata per aver preso una mela da una bancarella senza pagare – l'avevano addirittura chiamata ladra. Per sua fortuna, lui era apparso dal nulla... e l'aveva salvata.

Non rimani ancora un po' a letto con me?”

Ho delle faccende da sbrigare. Se le cose stanno come mi hai detto, ogni secondo potrebbe essere prezioso.”

Controllò ancora una volta la sua immagine speculare, verificando ogni singolo dettaglio dei suoi capi di abbigliamento.

Non pensavo fossi così attaccato al denaro.”

Non lo sono, infatti.”

Saku sorrise, nel suo stato di leggero assopimento. Le piaceva quel suo modo di fare il misterioso, la studiata reticenza del discorso, l'utilizzo di termini ambivalenti. Era l'unico senzacoda a possedere una proprietà di linguaggio quasi pari alla sua ed una conoscenza altrettanto approfondita su come domarla e ammansirla, per poi sfoderarla nei momenti di bisogno. Portava un nome raffinato, particolare. Non ricordava di averlo mai sentito, associato ad una persona – anzi, era quasi sicura che il vocabolo fosse di genere femminile. Un accostamento ambiguo ma in linea con il personaggio. Viso angelico, tratti fini, delicati, gioielli, abiti costosi, attrazione quasi patologica per il corpo femminile.

Stai frequentando altre donne, ultimamente?”

Rispose senza voltarsi.

Al momento cinque, te esclusa.”

E loro lo sanno?”

Scrollò le spalle.

Non me lo hanno mai chiesto.”

Avresti potuto rispondermi no, tu sei l'unica. Sarebbe stato più poetico.”

Non voglio illuderti. Non ho intenzione di stringere una relazione duratura con te. Mi sembrava di essere stato sufficientemente chiaro.”

Anche perché definirti “donna” è un po' difficile, amica mia. Voi kitsune non avete un genere definito fin quando non decidete di stabilizzarlo. Per ora hai l'aspetto di una provocante ragazza-volpe... ma se decidessi improvvisamente di cambiare?

Un brivido gelido lungo la schiena.

No, inutile farsi delle paranoie. Saku ha una personalità decisamente femminile, se non si è già stabilizzata poco ci manca. Non rischio brutte sorprese. Il problema è quando hanno un numero basso di code – una, due, tre. Quelle non hanno ancora un'identità e sono suscettibili a cambiamenti di umore repentini. Meglio non averci a che fare.

Chissà poi perché tutte donne...”

Scusa?”

Si morse la lingua. Aveva espresso ad alta voce un suo pensiero, senza accorgersene.

Pazienza.

Dato che voi non siete – almeno in teoria – né maschi né femmine... per quale motivo vi siete presentate nell'aspetto di giovani, provocanti ragazzine dal corpo perfetto? Non avrebbe avuto più senso un'equa distribuzione dei sessi?”

Saku accennò un sorriso pungente.

Solo una questione di immagine. Gli uomini vedono i loro pari come rivali, chiunque essi siano, e sono più propensi ad accettare una divinità femminile – anche in virtù dell'attrazione fisica che essa può suscitare in loro. Le donne, d'altro canto, ci considerano una via di mezzo tra una figura materna ed uno scherzo della natura, ma non ci percepiscono come nemiche... perché, fondamentalmente, siamo diverse. I nostri tratti animaleschi le tranquillizzano, le rassicurano sul fatto che nessun uomo potrebbe preferirci a loro. È stata sufficiente una banale analisi psicologica per spingerci a preferire questo tipo di aspetto...”

Saku incominciò ad arrotolare i lunghi capelli tra le dita, giocherellando con le ciocche argentee.

...anche se, dopo essere stata con te, è difficile tornare indietro. Non penso che convertirei più il mio genere apparente. Mi piace troppo essere una ragazza.”

Non stento a crederlo.

Sistemò con cura la sigaretta tra le labbra, aspirò avidamente, emise una densa boccata di fumo. La fragranza del tabacco permeò la stanza.

Chi altro sa della taglia?”

La kitsune si mise a sedere sul letto, osservandolo con occhi liquidi, profondi. Il tono della conversazione era cambiato. Quando parlava di lavoro, si trasformava in un'altra persona.

Solo un altro cacciatore, un certo Blyen Chill. È l'unico che è riuscito a stampare l'avviso di ricerca prima che il Concilio lo ritirasse. Non penso tu debba preoccupartene, è uno che ha sempre lavorato su casi semplici, tre code al massimo. Le abilità di mimetismo di Kaya sono troppo sviluppate per lui.”

La conosci bene?”

Solo rapporti di lavoro. Io gestisco l'apparato burocratico, lei è solo un'archivista. Non dovrebbe essere troppo difficile ritrovarla prima di Blyen, è un novellino. Il problema sarà anticipare gli inviati del Concilio, ma dovresti avere tutte le carte in regola per competere con loro.”

Stai trascurando un dettaglio significativo: io non ho mai dato la caccia ad una kitsune.”

Una nogitsune, intendi?”

Roteò le pupille.

Sì, sì, quella cosa lì. Perdonami, non credevo che l'utilizzo improprio del termine che indica la tua razza potesse causarti un così serio disagio psicologico!”

Saku si esibì in una risata genuina.

Grammatica a parte, non mi sembra un problema irresolubile. Ci frequentiamo da quasi due anni, mi sembra di averti raccontato tutto su di noi.”

Quasi tutto. Non mi hai mai spiegato come riconoscervi quando non mostrate la coda. C'è qualche segno particolare, qualche bizzarria nell'aspetto, qualsiasi cosa a cui io possa agganciarmi per essere sicuro di aver individuato la persona giusta?”

Non siamo in Blade Runner, purtroppo. Una nogitsune può assumere una forma indistinguibile da quella di un comune essere umano. Solo il suo comportamento può tradirla.”

Com'è successo a te?”

Esattamente.”

L'uomo picchiettò con l'indice destro sulla tempia, tentando di richiamare il contenuto della sua memoria.

Vediamo se ricordo bene la lezione... il Manto vi tiene isolate dal mondo esterno. Non sapete praticamente nulla di come ci si comporta fuori dalle sue mura, solo poche di voi conoscono il valore del denaro. Non avete esperienza diretta della vita in città, rimanete segregate nel vostro nido per la quasi totalità del tempo. A seguito dell'acquisizione della quarta coda, siete libere di sfruttare un permesso di uscita della durata di ventiquattro ore ogni settimana. A seguito dell'acquisizione dell'ottava coda, le limitazioni vengono meno e siete libere di muovervi come meglio credete.”

Saku annuì con un cenno del capo.

La fuggiasca è una pentacoda che ha usufruito di sei permessi giornalieri. Ha una discreta conoscenza delle usanze umane ma non ha avuto tempo di perfezionarsi. Con un po' di fortuna, potresti scovarla al primo tentativo.”

L'uomo fissò la lastra riflettente con espressione seria.

La fortuna è un'alleata capricciosa a cui preferirei non fare affidamento. Nelle poche occasioni in cui ne ho avuto realmente bisogno, mi ha voltato le spalle senza rimpianti.

Tanto vale non curarsene.

Lucidò gli orecchini con un panno di seta azzurra, rimuovendo alcune impercettibili tracce di polvere. Ammirò il proprio aspetto ben curato, il perfetto accostamento cromatico degli abiti, tonalità assolute di bianco e nero interrotte dal solo splendore argenteo dei bottoni. Una riflessione quasi totale della luce incidente contrapposta all'assorbimento più completo, il contrasto da cui sorgeva il suo nome di battesimo.

I suoi occhi si posarono sul riflesso di Saku. Anche il suo volto era paragonabile ad un'opera d'arte. Lineamenti leggeri, tratti lievi, disegnati con un pennello sottile da un pittore esperto, zigomi appena accennati, iridi cangianti come il cielo d'autunno, ciglia ricurve, né troppo lunghe né troppo corte. Sbirciò tra i capelli, sottili intrecci interminabili di argento filato che descrivevano figure multiformi, ricadendo sulla sua pelle profumata, cingendo un collo esile ma tonico, le scapole non troppo in evidenza, la dolce curva del seno celata con malizia dalle pieghe della coperta...

Ora devo andare, Saku. Se lo desideri, puoi rimanere a casa mia quanto vuoi. Oggi non aspetto visite, le mie amichette sono tutte fuori città.”

La kitsune incrociò le braccia, trattenendo l'orlo del lenzuolo.

Non sai raccontare le bugie. Potresti anche smetterla di recitare.”

Uh?”

Le code si rianimarono, erigendosi alle sue spalle tramite movimenti sinuosi. Una delle otto si avvolse attorno al collo dell'uomo, ne accarezzò delicatamente il mento affilato.

Oltre a me non hai altre cinque donne. È solo una strategia per renderti più interessante ai miei occhi, dico bene?”

Un ghigno appena accennato.

Hai perfettamente ragione, Saku...”

Ne ho almeno altre sette, te esclusa.

8 Dicembre, 2039


Checov's Gun

l'informazione indipendente


Caccia alla Volpe



Nerifumo – La coesione del Manto è venuta meno. Ieri pomeriggio, alle quindici (ora locale) il Concilio ha emesso un'ordinanza di cattura per una kitsune monocoda. Il capo di accusa ufficiale è allontanamento volontario non autorizzato. Il documento, firmato dai nove dirigenti del Manto Celeste, è corredato da un avviso di taglia per il valore complessivo di milleduecento sterline. Un ritorno al far west in un mondo che non aveva bisogno di ulteriore barbarie e che si era affidato totalmente alle Graziose Divinità vulpiformi per ritrovare una parvenza di normalità.

Il Concilio non ha rilasciato ancora dichiarazioni ufficiali e non sembra intenzionato a diffondere alcuna nota scritta riguardo alla decisione di dare inizio a questa battuta di caccia alla volpe.

Alcuni ex-agenti di polizia e reduci di guerra hanno accolto con favore la notizia.

Questa è un'ottima opportunità di guadagno, oltre a costituire un'insperata valvola di sfogo – ha dichiarato Rodderick Bone, membro del comitato per la sicurezza di Nerifumo – Generalmente, chi ha militato per anni nell'esercito o ha lavorato con un ferro tra le mani non è capace di adattarsi facilmente alla vita civile. La possibilità insperata di mettere a frutto le proprie competenze, maturate nell'ambito di una vasta esperienza sul campo, potrebbe costituire un diversivo di notevole interesse per queste persone. Non dimentichiamo, inoltre, come ciò possa costituire anche un'occasione d'impiego per i giovani disoccupati. Milleduecento sterline sono una cifra da non sottovalutare. Tirando le somme, non possiamo che guardare con favore all'iniziativa.”

L'inquietante interrogativo che ci si dovrebbe porre è perché.

Perché una kitsune avrebbe deciso spontaneamente di abbandonare il Manto? Per quale motivo il paradiso in terra potrebbe essere diventato un peso per una delle sue abitanti?

La risposta a queste domande potrebbe gettare ulteriori ombre sul santuario più sacro dell'umanità.

Ombre che difficilmente potranno essere dissipate.


Vlad. Kras.

6. La sinfonia delle nuvole


Blyen addentò il panino, allontanando i morsi della fame. Filamenti di formaggio fuso trapelarono attraverso gli squarci nella mollica, invadendo pigramente la superficie dell'affettato. Il cielo era poco visibile dal marciapiede, ma la sua tinta arancione ammantava comunque i palazzi, generando un ricettacolo di sfumature cangianti. Il Sole stava incominciando la sua lenta discesa, da qualche parte oltre i grattacieli, verso il suo giaciglio notturno. Ombre multiformi si stagliavano sui muri dall'intonaco rigato, generando figure indistinte e solitarie. I bambini avrebbero immaginato mondi fantastici popolati da creature di fumo, esseri di tenebra scura, semplici proiezioni degli oggetti circostanti.

Già, i bambini...

Avrebbero causato un bello schiamazzo, ruzzolando tra le viuzze sotto quel Sole caldo, in quella giornata limpida e serena come non se ne vedevano da mesi.

Peccato che non ce ne fossero.

Scosse la testa, allontanando pensieri più cupi dell'ombra stessa. Presto la situazione sarebbe cambiata.

In meglio, spero.

Inghiottì in un sol boccone ciò che restava del sandwich imbottito preparatogli da Sèrina – un tranquillo ripieno speck, rucola e fontina privo di salse o ingredienti inusuali. Aveva faticato parecchio per prevenire l'ennesimo esperimento culinario della sua dolce metà diciannovenne, strappandole un consenso solo a seguito di estenuanti trattative. Quel semplice panino gli era costato una cena avveniristica a base di zucca, kiwi, carne d'anitra e spezie indiane. Il suo stomaco si contrasse in segno di disapprovazione.

Pazienza, di qualcosa si deve pur morire.

Attivò il controllò dell'ora con un battito della palpebra. Le informazioni presero forma sulla sua lente a contatto ScanMan, mostrandogli anche il consueto carico di dettagli non richiesti – temperatura, umidità dell'aria, tempo atmosferico, fase lunare. Le ridusse ad un'icona indistinguibile, focalizzandosi sull'orologio.

Le cifre digitali segnavano inesorabilmente le cinque e ventidue minuti.

Di già?

Aveva trascorso le ultime due ore vagando per i quartieri malfamati, in cerca di notizie, stando ben attento a non destare sospetti.

Se Banquo fiutasse l'odore dei soldi, sarei rovinato. In quanto ad esperienza, non posso tenergli testa, ma quando si tratta di improvvisazione...

Ripercorse mentalmente la sua carriera da cacciatore. In tutto, aveva catturato due tricoda, sei bicoda e otto monocoda in quattro anni di attività. Un bottino piuttosto magro, del valore commerciale di appena ventottomila sterline.

Per fortuna, le tasse le paga già il Manto.

Poteva mantenere un tenore di vita più che dignitoso grazie ad una modesta rendita mensile che ammontava a circa seicento sterline nette. Banquo era in attività da almeno il doppio del tempo e aveva guadagnato non meno di centomila sacchi dalle sue scorribande. Puntava solo ai pezzi grossi, ormai, quelli che valevano somme da cinque o più cifre. Raramente scendeva sotto gli ottomila, per accettare un lavoro. No, era indubbiamente più preparato ad affrontare una situazione del genere, se si fosse intromesso avrebbe sicuramente prevalso su di lui. Banquo era virtualmente imbattibile nel suo campo.

Tentò di non dare troppo peso a quella possibilità. L'idea di essere sconfitto in partenza non avrebbe potuto che nuocergli.

Chiuse ritmicamente la palpebra per tre volte di seguito, richiamando le note rapide. Un file con quattro nomi si aprì di fronte al suo occhio sinistro. Tre di essi erano barrati in rosso, solo uno era ancora intonso.

La lista dei locali nei pressi del Manto... spesso le fuggitive si rintanano in una di quelle bettole, forse per una sorta di sudditanza psicologica. Evadono dalla loro prigione celeste ma non riescono ad allontanarsene troppo. Quando avrò un po' di tempo, studierò il fenomeno con calma.

Era conscio di quanto il suo proposito fosse vano. La sua risoluzione si sarebbe diradata come fumo nell'aria. Non era in grado di concentrarsi su concetti che non fossero di vitale importanza: il suo cervello si rifiutava di elaborarli e li lasciava marcire nel dimenticatoio, in attesa di essere richiamati alla vita in un secondo momento che non sarebbe mai arrivato. Vi era un unico dato significativo nel suo ragionamento: spesso le nogitsune si rifugiano a poche centinaia di metri dal Manto. Qualunque fosse la causa, era un comportamento che giocava a suo favore.

Tornò a concentrarsi sulla lista di nomi in sovrimpressione sulla sua retina.

Sui quattro che conosco, tre li ho già controllati. Vesos, Chirali e Jonathan non hanno saputo darmi alcuna informazione utile, nessuna cliente che si sia comportata in modo strano o inusuale. Se una ragazza avesse ordinato qualcosa da bere senza poi pagare, se ne sarebbero ricordati. Avrei potuto torchiare anche i consumatori abituali, se non avessi avuto il timore di attirare troppo l'attenzione sul caso. Mi sto muovendo con troppa cautela, forse, ma non ho molta scelta. Una pentacoda è molto più abile rispetto alle sue simili con meno appendici posteriori, sa mimetizzarsi con destrezza e ha una maggior conoscenza del mondo umano. Rintracciarla potrebbe essere più difficile del previsto...

Diede un'occhiata veloce all'indirizzo del quarto locale, il Delta Eta. Non era molto distante, lo avrebbe raggiunto in meno di dieci minuti. Chiuse l'occhio per quattro volte in rapida successione. Lo ScanMan si disattivò, permettendo alla sua pupilla di tornare a percepire la realtà. Alzò lo sguardo al cielo. Le sfumature rosso-arancio tingevano di poesia il grigio panorama urbano, pennellando l'atmosfera con leggere tonalità di rosa. Un fresco venticello trasportava fragranze floreali, profumi di vita e di felicità che Nerifumo sembrava aver dimenticato. Chissà cosa ne avrebbe pensato Sèrina? A Sèrina piaceva molto la brezza del mattino, si divertiva a farsi scompigliare i lunghi capelli, a lasciarli liberi di ondeggiare seguendo il flusso dell'aria. Amava i colori, le tinte pastello. Si sarebbe voluta trasferire in campagna, lontana dal grigiore delle strade, dai muri neri, dal borbottio incessante dei motori a combustione interna.

Adorava anche la pioggia, Sèrina.

Sì, la pioggia. Il dolce tintinnio primaverile, il suono di mille xilofoni accarezzati da capaci percussionisti, in grado di generare un tutt'uno indivisibile ma frammentato. La sinfonia delle nuvole – così la chiamava – diversa ad ogni esecuzione, multiforme e cangiante, mai completa.

Durante le notti di temporale spesso si alzava dal letto e rimaneva ferma, immobile di fronte alla finestra, gli occhi chiusi in stato di contemplazione. Ascoltava la tempesta con il cuore, una vibrazione dell'anima. Le vivaci note acute ticchettanti, il controcanto grave dei tuoni d'ottone, l'arpa di rami oscillanti, le pozzanghere come timpani silenziosi, l'armonia del soffio di Eolo nei fiati, i violini tra le fronde degli alberi. Il battito del cuore di Sèrina accelerava e rallentava a tempo, come se il suo stesso corpo condividesse un'intima connessione, come se anche lei ne facesse parte. In quelle notti, Blyen fingeva di dormire, fingeva soltanto. Si voltava lentamente, in silenzio, si voltava per ammirare quella figura così esile, delicata, quel bozzolo di farfalla racchiuso nel suo pigiama variopinto, un po' consumato, mentre condivideva il suo spirito con la natura. Non le aveva mai chiesto cosa provasse, quale fosse la ragione della sua attrazione. Temeva che lei rinunciasse a quei momenti di contemplazione, sapendo di essere spiata.

No, probabilmente non avrebbe mai affrontato l'argomento, non in modo aperto.

Era un segreto celato nella profondità dell'animo, custodito con un misto di gelosia e curiosità. Durante il temporale, Sèrina si fondeva armoniosamente con il mondo, elevandosi a creatura divina. Nello stesso istante, il cuore di Blyen sobbalzava, si acquattava avido, catturava ogni singola immagine, ogni frammento di informazione tattile, acustica, visiva, olfattiva. I sensi si estendevano, avviluppando l'intera stanza, acuendosi sino a percepire la goccia d'acqua che scivola lungo la superficie di una foglia. Non esistevano più un io, un tu, un lei, mutavano in banali concetti astratti, utili solo a definire le parti di un'entità onnipresente ed impalpabile.

Dopo alcuni minuti – istanti, secondi o ore? – Sèrina tornava a letto, si rintanava nelle calde coperte, cullata dagli applausi delle grondaie e dei tetti, si assopiva con dolcezza, il respiro regolare, il corpo rannicchiato in posizione fetale.

Blyen tentò di tornare alla realtà, di allontanare le visioni e i desideri.

No, non è il momento adatto.

Aveva un lavoro da svolgere, non era il caso di tergiversare – non troppo, almeno.

Lasciando da parte angosce e sentimenti, si incamminò rapido in direzione del locale.


Kiyoko aprì l'ombrellino con un rapido scatto, senza un motivo preciso. Il Sole era caldo, certo, ma non così tanto da costituire un problema per la sua pelle. Semplicemente, le andava di farlo.

Osservò con cura i movimenti del suo bersaglio, di quel Blyen Chill di cui aveva scoperto l'esistenza solamente quella mattina stessa. Dopo pranzo, non sembrava essere riuscito a concludere molto, l'espressione di sconfitta sul suo volto era più eloquente di qualsiasi parola. Sembrava totalmente in alto mare, un peschereccio in balia delle onde incapace di individuare la luce del faro.

Non che la sua situazione fosse migliore.

Devi rintracciare Kaya prima di Chill. Qualora la tua missione si concludesse con un successo, ti sarà assegnata l'ottava coda, con tutti i benefici che questo comporta.”

Perché proprio io?”

Perché tu la conosci meglio di chiunque altro.”

Effettivamente, non era una bugia. Kaya e Kiyoko si frequentavano da tempo, erano amiche – per usare un termine umano. Un caso più unico che raro, tra le kitsune. La rigida struttura gerarchica della loro società impediva di creare legami forti tra caste diverse. Un'eptacoda non avrebbe mai dovuto rapportarsi alla pari con una pentacoda, per questioni di ordine e disciplina. Anche all'interno della stessa casta, era praticamente impossibile costruire un rapporto di fiducia reciproca. Il fatto che l'assegnazione di una coda supplementare determinasse automaticamente un avanzamento nella scala sociale generava un orribile clima di competizione assoluta, trasformando ogni kitsune in un ostacolo alla propria ascesa. Con Kaya, invece, era diverso.

Sospirò.

Non avrei mai pensato di doverle dare la caccia...

All'improvviso, Chill alzò lo sguardo, in direzione dei tetti. Kiyoko si allontanò in fretta dal cornicione, chiuse il parasole, si appiattì alla parete del palazzo confinante.

Mi ha già scoperto?

Sbirciò oltre lo spigolo, inforcò il binocolo, si posizionò in modo da vedere senza poter essere scorta dal basso. L'uomo era immobile, fermo sul marciapiede, gli occhi persi nel vuoto, in stato contemplativo, le pupille ferme, come congelate nel tentativo di catturare un'immagine. Dopo alcuni istanti, si rianimò, emergendo da quella sorta di catatonia indotta.

I lineamenti si distesero, riaprì e chiuse le palpebre per quattro volte, si diresse verso est con passo deciso.

Kiyoko si tranquillizzò. Non se n'era nemmeno accorto.

Perfetto. Lo avevo sopravvalutato.

Si leccò le labbra, lasciando scivolare la lingua sui canini affilati. Non sapendo da che parte iniziare, l'idea di pedinare il suo diretto rivale sembrava l'unica strada percorribile.

Godrò dei frutti delle tue fatiche. Non ne sei contento, Blyen Chill?

La partita era iniziata, i pedoni avevano compiuto il primo passo.

La regina sarebbe scesa in campo all'ultimo istante, per assestare il colpo finale.

E allora – solo allora – avrebbe dato scacco matto.

7. Cosa accomuna un mazzo di carte ad una scacchiera


Presenti all'appello: otto membri. La riunione ha inizio.”

La kitsune rimase ferma al centro della sala, in posa ieratica, le mani riposte nelle maniche del furisode4. I lunghi capelli bianchi scendevano come neve sull'abito, disegnando motivi ondulati. Le sagome di neri fiori di croco decoravano il tessuto rigido, risaltando sul fondo chiaro e donandogli – se possibile – un'eleganza ancora maggiore. Il corpo era esile ma ben formato, stretto da una cintura azzurro polvere; i sandali di legno pregiato e le calze candide delineavano piedi delicati, di piccola misura. I tratti del volto di una delicatezza senza pari, righe nere verticali – tre per guancia – si estendevano dalla palpebra inferiore sino alla base della mandibola, dipinte ogni mattina con la punta di un pennello. Le nove code nere emergevano dal vestito, incoronandola come una regina. Volse lo sguardo verso le sue pari, indagando l'anima e le intenzioni di ognuna di loro.

Le sue iridi rosse si posarono sui volti inespressivi, controllandone accuratamente le reazioni, le minime variazioni nella mimica facciale. Non era semplice avere a che fare con le sue simili, era necessaria un'esperienza notevole per imporre la propria autorità su un gruppo così eterogeneo di menti indipendenti. Qualunque pensiero pericoloso o fuori dagli schemi avrebbe potuto far saltare gli ingranaggi, portando alla rovina del Manto stesso.

Aprì le braccia in segno di saluto, mostrando mani ben curate, le unghie di lunghezza uniforme, smaltate con colori vivaci.

Si schiarì la voce, con estrema calma. Notizie gravi richiedevano tranquillità per essere riferite. Il nervosismo non avrebbe portato a nulla, se non ad una precoce autodistruzione.

Sono giorni duri per il Manto. Per la prima volta nella nostra storia ci troviamo d'innanzi ad una profonda crisi che potrebbe avere gravi ripercussioni sul modo stesso in cui consideriamo l'esistenza.”

Accompagnò ogni parola con gesti ampi e ricercati, un'arcana danza comunicativa, il soffio del vento tra le canne. Petali di crisantemo si librarono nell'aria ferma, accompagnati dal suo canto malinconico. Una voce armoniosa, una melodia dolce come l'abbraccio di una madre, la madre che nessuna di loro aveva conosciuto.

Kiku dalle nove code prese posizione nel cerchio delle sue compagne, ammaliandone i sensi col linguaggio del suo corpo, dedicando loro le note agrodolci della nenia funebre che precede la sepoltura.

Ahimè, è destino che io sia latrice di sventure, così come il mio nome richiede5. Non vi avrei convocato con così misero preavviso, se la gravità della situazione fosse stata minore. L'incendio si sta sviluppando tra gli alberi di ciliegio, divorandone le sottili cortecce e lambendone la linfa e noi, guardiane del campo, non possiamo assistere inermi alla rovina di ciò che ci è stato assegnato.”

Non siamo giunte fin qui per discutere di fuochi e piante, Kiku. Se fosse possibile, gradirei un resoconto stringato e privo di fronzoli. Non sono abituata ad una tale opulenza di parole.”

O Chiara dalle nove code...”

Sul volto di Kiku si formò un'indecifrabile espressione di disgusto, nel pronunciare quel nome.

... il tuo desiderio sarà esaudito. Consentimi solamente di ricordarti come questa società ti abbia cresciuto, vestito e nutrito e come tu, in cambio, abbia abbracciato una religione straniera, rifiutando il nome che ti fu assegnato alla nascita. A fronte di una tale mancanza di rispetto, sarebbe gradita da parte nostra una maggior pazienza.”

Chiara (Ayumi, in origine) era l'ambasciatrice del Manto in Italia. Di corporatura snella e incarnato nordico, portava capelli biondi a caschetto corredati da due lunghi ciuffi che scendevano sul viso, nascondendone in parte i lineamenti. Sul suo volto si aprivano due finestre sull'infinito color azzurro marino, profonde ed inquiete. Indossava un collarino di pelle da cui pendeva una croce di legno dorato, una giacchetta nera con bottoni lucidi, un maglione di seta scura, pantaloni jeans lunghi dello stesso colore, scarpe di cuoio bruno serrate con lacci e fibbie. Le maniche erano decorate da corte cinture borchiate, due per braccio – una all'altezza dell'omero, una poco sopra il gomito. Le sue code e le orecchie erano ricoperte da una fitta peluria giallo-arancio.

Il Manto rispetta le scelte personali delle sue componenti. Comunque sia, ho deciso di mia spontanea volontà di farmi battezzare successivamente all'acquisizione della nona coda. Mi sembra si fosse già discusso di questo aspetto. Ti pregherei di tornare al punto, senza inutili divagazioni.”

Kiku annuì con un cenno del capo, i denti digrignati. La defezione di Ayumi era stata un'orribile oltraggio alle tradizioni del Manto, una rinuncia completa al mondo che le aveva dato i natali. La mozione per espellerla dal Concilio era stata, tuttavia, rigettata a larga maggioranza.

In teoria, non esisteva alcuna regola scritta che impedisse ad una kitsune di abbracciare una dottrina diversa.

In pratica, si trattava di un'offesa inaccettabile.

Tentò di dissimulare indifferenza, estinguendo le fiamme rabbiose che divampavano nel cuore delle presenti.

È perfettamente inutile che mi dilunghi nel descrivere le circostanze che hanno portato alla costituzione del Manto Celeste e alla nascita di noi tutte. Mi limiterò a delucidarvi sulla situazione attuale.”

Una pausa scenografica come per sottolineare la gravità della situazione.

Il tempo si fermò per un istante.

La luce penetrava attraverso le fessure della cupola, circondandola di un'aura sfumata. I granelli di polvere sospesi nell'atmosfera immobile rilucevano nella semioscurità della stanza. Il pavimento solcato da arabeschi brillava sinistramente, come un macabro fuoco fatuo nella notte. Il tavolo laccato, l'Anello delle Pari, sommerso dal vuoto silenzio, in attesa di un segnale.

Kiku sollevò la mano destra al cielo, con drammaticità e tensione.

L'archivio del Manto è gestito – ad oggi – da trentasei kitsune di seconda o terza generazione. Ognuna di esse presenta un minimo di quattro ed un massimo di sei code. L'autonomia decisionale delle singole addette è limitata; inoltre, ognuna di esse ha accesso solamente a sezioni discrete, compartimenti stagni dai quali non è possibile accedere all'informazione nella sua completezza. Ciò detto, veniamo al punto. Una delle dodici capoarchiviste, una pentacoda, è fuggita improvvisamente, eludendo i controlli di sicurezza. Una regolare taglia è stata emessa ed inviata allo Scrigno, come di consueto.”

Una kitsune dai capelli neri alzò educatamente il braccio per chiedere udienza. Kiku abbassò il capo in segno di rispetto.

Chi presiede concede la parola ad Azami dalle nove code.”

Azami si produsse in un profondo inchino. Chiara la osservò con attenzione. Viso delicato dalla forma arrotondata, occhi neri a mandorla, naso piccolo, capelli raccolti in una crocchia elaborata. Indossava un kimono da cerimonia arancione costellato da minuscole stelle ed ideogrammi. Il pelo delle code era dello stesso, identico colore.

Con tutto il dovuto rispetto, o venerabile Kiku, non mi sembra una questione così grave. Molte di noi, spinte dalla curiosità verso il mondo esterno, vedono il Manto come una prigione, più che come una casa. È comprensibile che kitsune di generazioni successive alla prima nutrano dei sentimenti di questo genere. Inoltre, non è la prima volta che accade.”

Un'osservazione corretta. Di per sé, non è una novità che una di noi tenti la fuga. Anche se mille gocce d'acqua assieme formano una cascata e mille battiti d'ali di farfalla un uragano, fino a quando le nostra mura saranno solide non avremo nulla da temere... ma, ahimè, la questione è più profonda, o Azami. Kaya dalle cinque code non è fuggita da sola. Ha portato via con sé qualcosa.”

Sii più precisa, Kiku. Non ho tutto il giorno libero, a differenza di te. Parlamentare con gli alti prelati non è per niente semplice, se mi distraggo per un secondo mi pugnalano alle spalle. Se potessimo finire prima del prossimo cambio di stagione, te ne sarei grata.”

Le parole di Chiara ebbero lo stesso effetto di una lama di ghiaccio piantata nella carne morbida. L'anima di Kiku si accese per la rabbia, provocandole un fastidioso senso di impotenza.

Come unica kitsune di seconda generazione che abbia ottenuto il privilegio di sedere nel Concilio, potresti mostrare un po' di rispetto per i suoi membri, non trovi? Ad ogni modo, tenterò di essere ancora più diretta. Kaya ha sottratto una copia dei Documenti Proibiti, i file relativi alle nostre origini e alla creazione del Manto.”

Un brusio indistinto si alzò da ogni parte, fondendo accenti e parlate differenti in un unico grande crogiolo.

Comprendo il vostro sgomento. Le barriere informatiche a protezione dei file dovrebbero essere a prova di hacker: il terminale di archiviazione non è collegato alla rete Internet, per accedervi sono necessarie tre password di almeno quindici caratteri, digitate a meno di un minuto di distanza l'una dall'altra. Inutile dire che tali password sono sotto chiave e solo io ne sono a conoscenza. Sono rimasta molto turbata dalla situazione, non avendo comunicato ad alcuno le parole d'accesso.”

Chiara intervenne con furore.

Non esiste la possibilità che tu l'abbia lasciata fuggire, Kiku? Se nessun altro può averle fornito le credenziali di accesso...”

Rispondo alle gravi accuse, nonostante la tua insolenza. Abbiamo ricostruito gli avvenimenti con una certa precisione: durante un'operazione di manutenzione della macchina, i tecnici hanno dovuto effettuare una prova di connessione alla rete interna. A causa di un errore, i file del disco rigido sono divenuti temporaneamente accessibili tramite i quattro terminali dell'archivio. Per puro caso, Kaya – che al momento si trovava al lavoro – si deve essere imbattuta nei documenti sull'Origine. A questo punto, li ha copiati sul computer sul quale stava lavorando e li ha salvati su un dispositivo portatile, dopodiché ha cancellato le tracce del suo passaggio dal disco fisso.”

Non posso credere che sia tutta colpa di una stupida mancanza d'attenzione.”

Kiku alzò la voce, spazientita.

Che tu desideri accettarlo o no, è così. Ora calmati e mantieni un contegno degno della tua posizione... e considera la possibilità di vestire un abbigliamento più consono alla sacralità della riunione.”

Dov'è scritto che è vietato indossare pantaloni? Non mi sembra che il Concilio abbia mai imposto regole sull'aspetto ideale delle consigliere!”

Azami alzò nuovamente il braccio per ricevere udienza.

Chiedo scusa, ma ritengo che lo scopo di questa assemblea non sia discutere sulle scelte delle sue singole componenti. Abbiamo un problema di proporzioni notevoli tra le mani, mi sembra inutile perdere tempo in diverbi di questo genere.”

Una seconda kitsune la seguì a ruota.

Dalle informazioni trafugate dipende la nostra stessa esistenza! Se non agiamo in fretta, rischiamo di essere coinvolte in uno scandalo di dimensioni ciclopiche!”

Kiku si esibì in un cenno eloquente.

Azami, Megumi... non è il caso di preoccuparsi, non in questo modo. Non appena la notizia della fuga di dati è stata confermata, ho fatto ritirare la richiesta di intervento dallo Scrigno. Ho inoltre designato una cacciatrice per il recupero delle informazioni, un'eptacoda in rapporti stretti con la fuggitiva.”

Megumi non desistette dal proposito. Capelli lunghi rossi, occhi orientali smeraldini, carnagione scura. Indossava un kimono blu con striature verdi ed era notoriamente conosciuta per la sua indole irascibile. Il fatto che fosse intervenuta solo in quel momento era da considerarsi un vero e proprio miracolo.

Kiku, non hai letto il rapporto di Saku dalle otto code? Un umano è riuscito a stampare l'avviso di taglia e a farlo convalidare. Sembra che si sia interessato al caso dopo aver letto l'entità della ricompensa: trentamila – dico, trentamila! – sterline! Se, come sostieni, la richiesta è stata inoltrata automaticamente al momento della fuga, mi spieghi per quale motivo abbiamo promesso una cifra tanto elevata? È una pentacoda! Per un'esacoda abbiamo pagato dodicimila sterline, com'è che una coda in meno aumenta la ricompensa di così tanto? È chiaro che c'è sotto qualcosa! Secondo me, hai ritenuto opportuno coinvolgere i cacciatori umani in un primo momento, aumentando di proposito la taglia per ottenere una risposta veloce, poi te ne sei pentita e hai preferito risolvere la questione internamente al Manto! Puoi forse negarlo, Kiku?”

Kiku raccolse le braccia all'interno delle maniche, chinò il capo con lentezza e umiltà.

No, non posso negarlo. Riconosco di aver sbagliato. Mi rincresce aver agito all'oscuro, ma ho avuto le mie buone ragioni. Ciononostante, la presenza di un singolo cacciatore non è preoccupante, non finché disponiamo di un notevole vantaggio tattico.”

Chiara si intromise nel discorso.

Alludi forse a Kiyoko?”

No, non esattamente.”

Accarezzò la superficie lucida dell'Anello con l'indice ed il medio, compiendo un giro completo, guardando negli occhi, a turno, tutte le sue interlocutrici. Tornò al centro della stanza, irradiata dagli strali soffusi del Sole pomeridiano.

Sapete cosa accomuna un mazzo di carte ad una scacchiera? In entrambi troviamo il Re e la Regina. La differenza è che, nel primo, a dominare è l'Asso... ma a ben vedere, non è la sola. Negli scacchi, anche i pedoni possiedono un ruolo nella vittoria o nella sconfitta. Nella maggior parte dei giochi di carte, solo i pezzi di maggior valore hanno voce in capitolo. I lisci si possono tranquillamente estromettere, senza alcuna ripercussione sull'andamento della partita.”

E il Manto è una scacchiera o un mazzo di carte?”

Sul viso di Kiku si accese un sorriso di sfida.

Questa è la domanda giusta, Chiara.”

Il cuore di Chiara ebbe un sussulto, un'impercettibile tuffo nel vuoto. Immagini inquietanti turbarono il suo spirito, una risata soffocata nel buio dell'animo, un fracasso infernale e silenzioso nella mente, il tumulto tra le onde di pensiero.

Ed una segreta speranza.

Quella di essere ancora in gioco.


12 – X – 2036

The Mannequin's Choice

il vostro quotidiano gratuito


All'interno del Manto



Nerifumo – Il Manto Celeste è considerato come una sorta di naos inviolabile dalla maggior parte della popolazione. Tuttavia, la curiosità per ciò che vi è celato all'interno è enorme. Come promesso dalla nostra testata, in questo numero dedicheremo uno speciale alla società delle kitsune.

Ad un primo sguardo, una ktisune può sembrare molto simile ad un essere umano. La struttura, il colore della pelle e degli occhi, il numero degli arti, i lineamenti del viso sono perfettamente in linea con la nostra idea di normale. Ciò che suscita una comprensibile preoccupazione ed un senso di alienazione è la presenza di più code da volpe e padiglioni auricolari animaleschi. Il numero delle code varia da uno a nove e rappresenta un indicatore della posizione sociale della kitsune. Le kitsune con nove code rappresentano il corpo d'élite della società. Tra di esse, le nove più importanti costituiscono quello che è comunemente denominato il Concilio, l'organo decisionale che gestisce tutti gli aspetti della vita all'interno del Manto.

Morfologicamente parlando, le differenze tra kitsune ed umani sono molte di più di quanto possa sembrare in apparenza. La principale difformità riguarda l'aspetto riproduttivo: tra le kitsune non esistono maschi o femmine – non nel senso canonico del termine. Lo stesso genere femminile utilizzato per descriverle è totalmente ambiguo e dovuto solamente alla necessita di avere un nome di riferimento per le Graziose Divinità che hanno ridato slancio al genere umano. L'aspetto con cui si sono presentate al genere umano è solo uno dei molteplici che il loro corpo può assumere. Il controllo di questa particolare abilità si fortifica con l'aumentare del numero di code, ma nella sua forma base permette alle kitsune di dissimulare una forma identica a quella umana, con la sparizione delle code, l'acquisizione di padiglioni auricolari e dentatura standard. L'unica limitazione alla loro abilità di mimetismo sembra essere l'impossibilità di modificare il colore del proprio pelo.

Come nascano le nuove kitsune, è attualmente un mistero. Il Manto non ha mai fornito indicazioni a riguardo, ma nonostante ciò il numero di componenti della confraternita è sensibilmente aumentato negli ultimi dieci anni.

Gli scienziati dibattono sull'esistenza di un meccanismo di riproduzione asessuata, un sistema adottato da numerose specie animali, o dell'esistenza di una sorta di ermafroditismo.

L'unico dato certo è l'esistenza di un periodo di gestzione di nove mesi e la presenza di bambine kitsune all'interno della struttura.

Dal punto di vista culturale, vi è un legame innegabile con la tradizione giapponese e con tutte le forme d'arte relative a questo background. I nomi con cui si identificano sono prevalentemente provenienti dal paese del Sol Levante e di genere femminile, il che mostra una sorta di identificazione con le kitsune proprie della tradizione nipponica.

Fino a che punto la loro dottrina sia connessa con lo shintoismo e le religioni animistiche, è una domanda ancora aperta.


Selene Strauss

8. L'ottava meraviglia


Il Delta Eta era un bel locale situato nel quartiere est della città, a circa cinquecento metri dalla posizione del Manto Celeste. Era costituito da un solo vano di circa trenta metri quadrati di estensione, ma la disposizione dell'arredamento interno lo faceva sembrare più ampio di quanto non fosse. Una serie di specchi posizionati con cura contribuiva a rendere reale l'illusione, diffondendo la luce di una miriade di faretti a led bianchi, rendendo l'ambiente accogliente e luminoso. L'unico problema era l'assenza del bagno. In caso di bisogno era necessario raggiungere il gabinetto pubblico più vicino, dall'altro lato lato della strada.

Blyen varcò la soglia con tranquillità, si diresse verso il bancone, si accomodò su uno degli sgabelli a tre gambe situati di fronte allo spesso pannello di multistrato ornato da una superficie riflettente a forma di V.

Un omino tarchiato fece capolino dal retro, mostrando un sorriso corroso dal tempo e rattoppato alla meno peggio con protesi di dubbia natura.

Ciao, Blyen. Cosa ti porto?”

Un Kensington Special, ma vacci piano col rhum. Non posso ubriacarmi oggi.”

Problemi col capo?”

Sèrina? No, no. È che devo rimanere lucido. Sono in caccia.”

Il barista lo fissò con sguardo truce.

Morris Hassler era un uomo corpulento, piuttosto avanti con gli anni. Una sottile corona di capelli grigi contornava un cranio lucido, terminando in due folte basette cespugliose. Gli occhi erano piccoli, sempre in movimento, il naso aquilino, la bocca grossa, aperta su una mandibola squadrata. Non era famoso per il suo carattere gioviale, ma con i clienti ci sapeva fare. Parlava poco e solamente quando era il caso di farlo.

Quindi vuoi un Kensington Special e delle informazioni, immagino.”

Precisamente.”

Morris scrollò le spalle con vigore.

Allora mi sa che ti limiterai a bere stasera. Come ho già detto al tuo collega, io di kitsune in incognito non ne ho viste.”

Blyen sgranò gli occhi.

Collega?

N... Nathan Banquo è stato qui?”

Chi? Il punkettone coll'anello da toro al naso? No, è da un po' che non lo vedo. Intendo quell'altro, il dandy in bianco e nero.”

Morris mosse il sopracciglio sinistro, come per indicare qualcosa o qualcuno.

Blyen si voltò di scatto, tentando di identificare l'oggetto della sua attenzione. Scosse la testa con vigore, incapace di credere ai suoi occhi.

Un uomo sulla trentina, capigliatura bionda, occhi di ghiaccio. Era seduto al tavolo e stava sorseggiando qualcosa di simile ad un brandy, mollemente adagiato sulla sedia. Un paio di occhiali da vista penzolavano attorno al suo collo, donandogli un'aria da finto intellettuale. Non era bello nel senso comune della parola, ma calamitava l'attenzione come pochi altri.

Non era solo.

Di fronte a lui, era seduta una giovane ragazza sorridente. Capelli neri, iridi bianche, vestita di un kimono rosso a motivo floreale piuttosto scollato che lasciava le spalle scoperte. Sotto l'abito non indossava alcuna t-shirt, il che rendeva impossibile distogliere lo sguardo dal suo corpo. Con un notevole sforzo di volontà, tornò a concentrarsi sulla figura nel suo insieme.

Ma dove crede di andare, conciata in quel modo?

Notò la particolarità delle calzature, sandali con suola di legno piuttosto spessa, a mo' di zeppa, e del parasole, un ombrellino di modeste dimensioni ornato da fini tratti a pennello.

Un abbigliamento decisamente inconsueto per una ragazza.

Sarebbe quello?”

Sì. Il tizio in dolce compagnia. Non so chi sia la sventola seduta al tavolo con lui, però. Se vuoi un consiglio, stagli alla larga. Non mi sembra un tipo raccomandabile.”

Blyen osservò la scena con curiosità. La ragazza sorrideva in continuazione, le sue guance si tingevano di sfumature scarlatte ad intervalli regolari, le dita si muovevano agili sul tavolino, mai ferme, come le mani di un pianista potevano scorrere su una tastiera. Un tono di voce piuttosto acuto ma delicato, lo scroscio leggero della pioggia primaverile, il soave tintinnio delle gocce d'acqua al contatto con l'arido suolo. Un bizzarro accostamento di eleganza e provocazione, mai incontrato prima. Era pienamente conscia del suo fascino e non lo nascondeva in alcun modo.

L'uomo si alzò dalla sedia, le baciò il dorso della mano sinistra eseguendo un'elegante riverenza. La ragazza rispose con un cenno del capo, salutò educatamente e si diresse verso l'uscita, seguita dallo sguardo di tutti i presenti.

Senza indugio, Blyen raggiunse il tavolo occupato dallo sconosciuto.

Conosci il tuo nemico, dicono. Vediamo di capire chi è il mio misterioso antagonista.

Buongiorno. È libero il posto?”

L'uomo lo squadrò con sospetto, le iridi glaciali fisse sul suo viso, in cerca di un appiglio, di una qualche sorta di segnale che potesse aiutarlo a capire con chi avesse a che fare.

Si accomodi, prego, stavo giusto per andarmene.”

Davvero? Peccato, avevo qualche questione di cui discutere con lei.”

Per esempio?”

Caccia alla volpe.”

Gli occhi dell'uomo si contrassero fino a ridursi alle dimensioni di due fessure.

Per quanto mi riguarda, il dialogo può considerarsi terminato. Arrivederci e buona giornata.”

Non ne sono così convinto.”

Blyen prese posto di fronte a lui, incrociando le braccia.

Sa? È piuttosto inusuale che un cliente interroghi Morris, a meno che non abbia un ottimo motivo per farlo. Io sono un frequentatore abituale del posto e riconosco al volo chi non lo è. Non mi sembra di avervi mai visto da queste parti... ma potrei anche sbagliarmi.”

Non si sbaglia. È la prima volta che metto piede in questa bettola.”

Si sistemò i capelli con un ampio gesto della mano.

Generalmente, frequento locali di più alta classe o, quantomeno, provvisti di servizi igenici. È fastidiosamente scomodo dover attraversare mezzo isolato a piedi per poter espletare i propri bisogni. Devo dire che comunque la compagnia era interessante... fino a qualche secondo fa. Mi dispiace dirglielo, ma lei non ha minimamente la stessa presenza della graziosa signorina che ha allietato la mia permanenza in questa zona malfamata della città.”

Blyen scosse le spalle con noncuranza.

Chiunque lo avrebbe pensato.”

Quindi ne conviene con me, signor Chill?”

Blyen si irrigidì al suono del suo stesso nome. L'uomo lo osservò divertito, senza nascondere un ghigno di soddisfazione.

Dunque ho indovinato. Non le dirò che è un piacere averla conosciuta, dal momento che non è assolutamente vero. Ad ogni modo, desidero farle sapere che non sta correndo da solo. Trentamila sterline farebbero gola a chiunque.”

Il corpo del giovane fu attraversato da furiose scariche d'ira.

Come può esserne venuto a conoscenza? L'avviso è stato rimosso subito dopo la chiusura dello Scrigno, l'ultimo ad uscire sono stato io, eppure...

Non si scervelli a tentare di capire come io sia al corrente del fatto. Sappia solo che io non sono interessato solo al denaro, ne ho già fin troppo.”

Che cosa intende dire?”

Lo sconosciuto emise un profondo sospiro.

La facevo più perspicace, signor Chill. Diciamo che, data la mia limitata esperienza nel campo della ricerca di fuggitive, ho pensato di rivolgermi a lei per costituire una... società al cinquanta percento, se così possiamo chiamarla. Lei contribuirebbe con la sua maggiore conoscenza del caso ed io garantirei il più stretto riserbo con i suoi colleghi. Immagino che il signor Banquo sarebbe più che contento di poter partecipare ad una caccia così ben remunerata, non trova?”

Belle parole a parte, posso sapere con chi sto parlando? Non è semplice intavolare una discussione con un individuo di cui non conosco nemmeno il nome!”

Temo che dovrà rassegnarsi, Chill. Ho il coltello dalla parte del manico.”

Blyen si alzò di scatto, portò la mano alla fondina, estrasse la pistola, la puntò alla fronte dell'individuo, il colpo in canna. Urla di panico, Morris nascosto dietro al bancone, i clienti sciamano come mosche impazzite, in fuga verso l'unica uscita. Blyen immobile, l'indice sul grilletto, la mano aperta, sbattuta con forza sul tavolo, sedie scaraventate a terra, isteria a mille. L'uomo seduto con tranquillità, per nulla turbato.

Le dispiace se fumo? Trattare con una calibro sette e sessantacinque potrebbe alterare il mio equilibrio psicofisico.”

Basta con i giochi ed il registro ricercato! Basta! Dimmi chiaramente chi sei e cosa vuoi da me!”

Peccato. Una Exxon Blue mi avrebbe reso meglio disposto a parlare, ma pazienza.”

Le pupille balenano tra le orbite, puntano un dettaglio trascurato, fino a quel momento.

Un dispositivo sconosciuto, appiccicato alla superficie inferiore del tavolo. Forma bizzarra, quattro appendici scure collegate ad un anello biancastro, il tutto avvolto da una cover di plastica morbida. Una minuscola apertura, identificata da un minuscolo led a infrarossi, rompeva la simmetria della struttura.

Dove ho già visto un oggetto del genere? Ah, già.

Non ho tempo da perdere con gente come te. Parla e non ti farò nulla. Forza, alzati da quella sedia!”

Se lo facessi, salterebbe in aria il locale.”

Blyen arretrò di un passo.

Che significa?”

Quello che ho detto. Lo vedi quella specie di polipo appiccicato al tavolino? È una bomba.”

Morris gridò qualcosa dalla sua posizione defilata. Un urlo strozzato – terrore, probabilmente. Balzò fuori dal suo nascondiglio, corse come un ossesso fuori dalla porta.

Nessuno dei due ci fece troppo caso.

Stai bluffando.”

No, nel modo più assoluto. Non scherzerei mai su qualcosa che può attentare alla mia incolumità. Controllalo pure, se vuoi, ma non frapporti in alcun modo tra me e il ricevitore, okay?”

Cosa?”

L'uomo estrasse con calma il pacchetto di sigarette dalla tasca destra dei pantaloni, ne portò una alle labbra, la accese tranquillamente, senza fretta.

Per spiegarla in termini semplici... fin quando io sono seduto a questa distanza dal tavolo, non succede niente. Se me ne vado, l'onda sonora rimbalza sullo schienale della sedia invece che sul mio corpo. L'eco risulta sfasata rispetto al segnale originale, il dispositivo lo rivela e fine dei giochi.”

Come posso crederti?”

Preferirei non dovertene dare una dimostrazione pratica. Ad ogni modo, è semplice. Vieni da questa parte del tavolo – continuando a puntarmi la pistola alla fronte, se lo desideri. Ti convincerai che non sto recitando per avere salva la vita.”

Blyen si avvicinò, passo dopo passo, in silenzio, senza distogliere la canna dal bersaglio.

Abbassò lo sguardo verso l'ordigno, tentando di metterne a fuoco i dettagli. Decisamente, non faceva parte dell'arredamento del locale.

Lo sconosciuto espirò una nuvola di fumo dolciastro.

Ora, saresti così gentile da porgermi un coltello? Se vuoi sopravvivere, intendo.”

Cosa mi impedisce di uscire dal locale e lasciarti crepare qui?”

Se provi ad allontanarti, mi alzo in piedi. È un incentivo sufficiente a rimanere?”

Blyen sbuffò con vigore.

Non mi lasci molta scelta. Va bene, ma non fare scherzi.”

Afferrò il manico del pugnale da caccia e glielo porse, analizzando ogni suo singolo movimento.

Potrebbe essere pericoloso fidarsi ciecamente di questo individuo... ma non ho molte alternative.

Grazie. Ora fatti un secondo da parte e lascia spazio ai professionisti.”

L'uomo afferrò il manico con la mano destra, soppesò l'arma, ne analizzò la forma, ogni singolo dettaglio.

Perfetto, è abbastanza affilato.”

Si chinò senza allontanarsi troppo dallo schienale, incurvò la lama sino al contatto col guscio protettivo del polpo esplosivo. Tranciò parte del rivestimento esterno, mettendo a nudo un intricato ammasso di cavi ed interruttori.

Sai? Queste bombe hanno un interruttore interno di disattivazione. È un dispositivo di sicurezza reversibile. Generalmente, serve a chi le utilizza per rimediare ad eventuali errori, tanto è quasi impossibile che la vittima possa manometterla... a meno che non ci abbia già avuto a che fare. Questi simpatici dispositivi sono piuttosto difficili da localizzare; se non fosse stato per la tua sfuriata di prima, avrei comprato un simpatico biglietto di sola andata per l'aldilà.”

Armeggiò con destrezza tra i connettori colorati, sfiorando le estremità senza tagliarle.

Ecco, è qui. Ora lo riporto in posizione.”

Uno scatto improvviso risuonò nel silenzio del vuoto. Il cuore di Blyen si fermò per un secondo, in attesa dell'esplosione. La mente ferma, le idee contorte, nel panico. Un solo pensiero.

Sèrina! Sèrina! Mi dispiace, non volevo lasciarti, è stata tutta colpa di una bomba, di un uomo monocromatico, di un tavolo! Oh, Sèrina, prega per me, ti prego! Come farò, lassù in paradiso da solo? Proprio ora che avevamo comprato casa...

Chiuse gli occhi, la fronte imperlata di sudore. Quanto gli restava da vivere? Un secondo? Due? Tre?

Insomma, quanto manca? Quanto? Quanto?

Riaprì le palpebre. Non era ancora accaduto nulla. Assolutamente nulla.

Rilassati, Chill. Siamo vivi, entrambi. L'ho disinnescato.”

Come?”

Ho riattivato la sicura. Ora è poco più pericoloso di un pezzo d'arredamento - carico di esplosivo, certo, ma privo di miccia.”

Sganciò il polipo dalla superficie del tavolo, lo lanciò in aria. Blyen lo afferrò al volo.

Te lo regalo, potrebbe esserti utile in futuro.”

L'uomo si mise in posizione eretta, la Exxon Blue stretta tra le labbra, le iridi azzurre attraversate da un brivido di eccitazione.

Chiunque l'abbia posizionata, voleva uccidere me. Curioso, non trovi? Doveva essersi seduto al mio tavolo, appiccicare il dispositivo alla struttura, impostare un timer con ritardo e, infine, filarsela nella più totale indifferenza.”

Ma... per quale motivo?”

Scrollò le spalle senza sfilare le mani dalle tasche.

Mi sarò lasciato sfuggire qualche informazione di troppo, chissà.”

Alzò gli occhi al soffitto.

Di te ci si può fidare, Chill. Insieme faremo meraviglie.”

Non mi sembra di aver ancora accettato. Non so neppure il tuo nome.”

D'accordo, penso tu abbia meritato di conoscerlo.”

Aspirò avidamente dal filtro.

Hai di fronte a te colui che riflette la luce nel suo massimo splendore, illuminando il mondo con strali abbacinanti e dominando la notte con bagliori corruschi. Signore e signori, vi presento l'ottava meraviglia del mondo: me.”

Si inchinò esibendosi in una riverenza perfetta.

Albedo Vicario, per servirvi.”

9. All'ombra del tessuto


Kiyoko rimase in attesa, seduta sul cornicione del palazzo. Dieci minuti di caos, persone in fuga, urla, il barista dal volto cereo... poi, il nulla. Nessuna esplosione, nessuno scoppio, nessun botto. Solo il silenzio.

Che peccato...

Eppure, era stato così semplice...

Chill era sicuramente diretto lì, aveva scandagliato tre locali nei pressi del Manto. L'ultimo, il Delta Eta, si trovava esattamente nella direzione che aveva imboccato. Non era stato difficile capire dove sarebbe andato a parare. Eppure... eppure non era arrivato. No, non era arrivato, non subito almeno, altrimenti l'avrebbe visto. Era entrata in incognito, senza coda né orecchie volpine, come una ragazza umana. L'abbigliamento era un po' inusuale, ma chi le avrebbe fatto caso?

Già, era esattamente quello che pensavo. Però...

Però era arrivato lui. L'uomo vestito di bianco. L'aveva avvicinata al bancone, le aveva offerto un drink, si era accomodato al tavolo con lei, senza una ragione particolare. I suoi occhi di ghiaccio si erano mossi lungo tutto il suo corpo, scivolando tra le pieghe del kimono rigido, sbirciando attraverso il tessuto scarlatto, accarezzando le spalle nude col solo sguardo. Si era sentita imbarazzata, per la prima volta, sì, per la prima volta da quando Kaya...

Cosa mi è successo?

Le parole dell'uomo, la sua abilità comunicativa, il mix perfetto di termini aulici e colloquiali avevano avuto l'effetto del passaggio di un bulldozer sul suo animo. Una strana creatura, quell'Albedo Vicario.

Che nome buffo. L'avranno battezzato scegliendo un lemma a caso sul dizionario?

Ma quel nome si adattava perfettamente al personaggio. La percentuale di luce riflessa da un corpo, massima per il bianco puro, minima per il cupo nero. E Albedo vestiva solamente capi bianchi e neri, alternati. Un uomo strano, decisamente non comune.

Allontanò il pensiero di quegli istanti, tornò a concentrarsi sulla sua missione. Ritrovare Kaya, la sua piccola Kaya.

Perché sei fuggita? Non ti trovavi più bene, al Manto? È stata forse colpa mia? Ti prego, dimmi di no...

Le note tintinnanti di un carillon interruppero il flusso dei suoi pensieri. Era l'attacco di Candy Knife Night degli Eerie Fables, la suoneria del suo dispositivo di comunicazione mobile (MCD6).

Frugò nella borsetta, tentando di ritrovarlo in mezzo ad un mucchio di piccolo oggetti di uso quotidiano che aveva intenzione di studiare con calma una volta tornata al Manto.

Eccoti!

Estrasse un aggeggio di plastica variopinta corredato da uno schermo a proiezione olografica di ultima generazione. Era stata proprio Kaya a convincerla a dotarsi di quello specifico modello, vincendo la sua naturale renitenza alla modernizzazione.

Sfiorò lo schermo con le dita affusolate, rispondendo alla chiamata – giusto in tempo, pensò. Misha Kornikov era già arrivato al primo ritornello, When you watch the shadows / and there's no sign of life / look carefully at your back: / it's the Candy Knife Night!7

La canzone si interruppe quasi istantaneamente, sostituita da una voce apprensiva, preoccupata.

Kiyoko? Sono io, Saku.”

Ciao Saku. A cosa devo questa chiamata?”

Un secondo di silenzio. Saku non utilizzava spesso l'MCD, se non in caso di estrema necessità.

Allora?”

Un momento solo, devo spostarmi. Shimane è tornata alla reception e non voglio che origli.”

Rumore di passi nervosi per alcuni, interminabili, istanti.

Okay, sono abbastanza lontana.”

Un respiro profondo, prolungato dall'ansia.

Ho sentito di un allarme bomba al Delta Eta. Tu ne sai qualcosa?”

Sì. Il locale sarebbe dovuto saltare in aria, nelle mie intenzioni.”

Addirittura? Cos'è successo di così grave da portarti a questa decisione? Uccidere è contrario alla nostra religione.”

Religione? Noi non ne abbiamo mai avuto una, Saku. Solo un'accozzaglia di precetti privi di qualunque valore, riciclati da culture diverse con lo scopo di creare uno schema comportamentale comune. Non crederai veramente che sia esistito un'unica Dea Creatrice che ha scartato l'uomo e lo ha relegato alla sola emanazione del nostro io maschile? Dai, non essere ridicola. Sono autorizzata all'uso di qualsiasi mezzo per raggiungere l'obiettivo, è logico che mi stia dando da fare in questo senso.”

Spiegami le circostanze che ti hanno obbligato ad agire in quel modo.”

Kiyoko inspirò con lentezza, tentando di riconnettere i propri pensieri.

Ho lasciato il Manto con poche, semplici informazioni: primo, Kaya è fuggita; secondo, l'unico essere umano a conoscenza del fatto è un certo Blyen Chill. La conseguenza logica è stata seguire Chill e tentare di precederlo in ogni modo... almeno fino a qualche ora fa. Ho trovato una seconda persona che sembra molto informata sull'argomento. Credo che abbia riconosciuto la mia vera natura, nonostante fossi camuffata in quel momento. Parlandogli, ho capito che sa di Kaya e che ha una chiara idea di dove cercarla. Mi è ignoto come sia venuto a conoscenza della taglia, se lo Scrigno si è chiuso dopo il collegamento di Chill.”

Un uomo, hai detto? Puoi descrivermelo?”

Posso fare di più. Si chiama Albedo Vicario. Non ridere, eh? Lo so, sembra che il nome me lo sia inventato, ma non è così. È un tizio piuttosto alto, capelli biondi, occhi azzurri. Se ne hai bisogno, posso fornirti tutti i dettagli che desideri.”

Albedo... Vicario hai detto?

La voce di Saku tremò, come scossa da brividi improvvisi. Impossibile non rendersene conto.

Sì, esatto. L'ho considerato una via di mezzo tra una seccatura ed un pericolo, per cui ho posizionato un minuscolo ordigno a tempo sotto il suo tavolo.”

L'hai ucciso?”

No, la bomba ha fatto cilecca. Forse l'ho impostata male, forse l'ha trovata e disinnescata. Non ho dati sufficienti per trarre conclusioni.”

Albedo è ancora vivo, quindi?”

Sembra quasi che non ti dispiaccia.”

Un secondo di silenzio.

Saku?”

Scusa, sta arrivando Shimane con dei documenti. Se sarà necessario, ti richiamerò dopo. Agisci come concordato. Limita al più possibile interventi drastici. In caso ci siano novità, contattami quanto prima.. Buona caccia, Kiyoko.”

Un secco click interruppe la chiamata, lasciandola nuovamente sola, sul tetto di un palazzo. Sistemò l'ombrello in posizione verticale, raddrizzando il manico flessibile e fissandolo al suolo. Il Sole ne proiettò l'ombra, generando una figura allungata, irriconoscibile. Kiyoko eseguì alcuni calcoli a mente, fissando la sua meridiana improvvisata.

Dovrebbero essere circa le sei e venti. Pensavo fosse più presto.

Riportò il parasole alla sua configurazione originaria, toccò per due volte lo schermo dell'MCD, controllò l'ora.

Sì, sono proprio le sei e ventitré minuti.

Forse non aveva senso utilizzare quel metodo antiquato per quantificare lo scorrere del tempo, ma era una sua piccola fissa. Si fidava di quel rituale arcano molto di più di qualsiasi dispositivo, elettronico o no. Se un orologio contraddiceva il suo gnomone personale, allora era sicuramente guasto.

Le sei e ventitré. Sono trascorsi esattamente ventisette minuti da quando ho lasciato il Delta Eta. Sicuramente, Albedo è già lontano.

Rimuginò sulle parole di Saku, sul suo inconsueto tono di voce.

Chissà, forse lo conosce. Forse ha offerto un drink anche a lei. Forse si è seduto allo stesso tavolino, parlando del più e del meno, intervallando espressioni forbite con complimenti e vezzeggiativi. Forse, Saku non se n'è andata lasciando una bomba come ricordo.

Saku lo conosceva, poco ma sicuro. La scelta dei termini, il vocabolario, la struttura delle frasi... quando aveva pronunciato quel nome, era cambiato tutto. La kitsune dall'altra parte della cornetta non sembrava più la stessa che aveva inoltrato la chiamata. Allora, tutte le informazioni su Kaya, sul Manto, il fatto stesso di essere stata riconosciuta... era tutta colpa di Saku? Si era lasciata sfuggire qualcosa di troppo col suo amichetto?

Non voglio metterla nei guai. Farò finta di niente.

Alzò lo sguardo al cielo, la mente persa tra le nuvole, masse batuffolose, cotonate, dalle mille forme evanescenti. Acqua in stato di vapore, sospesa a svariati chilometri dal suolo, pronta a ricadere sotto forma di pioggia. Già, la pioggia...

Il soffio di vita che rigenera i semi, che permette loro di germogliare, nutrirsi, crescere, crescere! Alberi smisurati, le radici nell'aria, le fronde a terra, capovolti come il senso delle cose. Foglie verdi, azzurre, gialle, rosse, rosa. Petali delicati trasportati dal vento, nell'arcobaleno a sette colori, sette come le sue code, la sua più intima essenza. Presto, le code sarebbero diventate otto, una in più. E l'armonia? L'assonanza con l'arco riflesso? Otto code, sette tonalità. Avrebbe dovuto rinunciare, per mantenere la simmetria?

No, non voglio.

Allora cosa, cosa fare se non aggiungere una tinta grazie al pennello dell'anima? Una nuova! Rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, blu... e bianco. Perché non aggiungere il bianco? Ma il bianco non è un colore. Ah, è vero, è vero! Otto code, sette pigmenti. Ingranaggi che non coincidono, che faticano a collimare, a ruotare assieme. E Kaya ne aveva cinque, ne aveva solo cinque. Già con sette era difficile sincronizzarsi, ma con otto? Sarebbe stato ancora possibile?

Kaya...

Se fosse stato un problema, avrebbe rinunciato? Per Kaya? Ma come, per l'arcobaleno no, per lei sì?

Forse.

Con Saku non sarebbe mai andata d'accordo, nemmeno con lo stesso numero di code. Saku era fredda, razionale, parlava in modo troppo forbito. Shimane comprendeva a fatica i suoi ordini, catalogava i suoi capricci, annotava l'essenziale. No, Saku non avrebbe mai ingranato con nessuna kitsune. Ma con un umano? Saku sarebbe stata in grado di ingranare con Albedo?

Perché lei? Cos'ha di così speciale?

Non era il problema fondamentale su cui riflettere. I fatti erano incontestabili. Kiyoko aveva perso la cognizione della realtà, non era nemmeno riuscita ad inquadrare i clienti del bar, era stata calamitata da un uomo con un nome assurdo, un uomo a conoscenza di molti dettagli sulle kitsune – troppi, forse. Allora, solo allora, aveva piazzato una bomba nel locale, un ordigno che non era esploso.

E l'idiota biancovestito se l'era cavata, era ancora vivo, illeso.

Lo hanno aiutato? Ma chi? Chi è entrato dopo di me, in quel tugurio? Perché non riesco a rammentarlo? Oddio, sì, ricordo un cliente, forse l'ho riconosciuto... ma non riesco a focalizzarlo. Forse ho avuto paura e ho spento i miei sensi.

Sì, sicuramente è così.

Perché lui sapeva, sì! Se l'avessi lasciato in vita, non avrei dovuto anticipare solo Chill, sì!

È per questo che ho tentato di ucciderlo, per questo!

Ma ho fallito, no!

Ho fallito!

Odio le complicazioni, non so come comportarmi in casi come questo! Non so! E ora? Ora devo ritrovare Chill, ero sicura che sarebbe entrato nel locale... ma è entrato veramente? Oppure è girato al largo? Okay, la prima cosa da fare è localizzarlo. Non ci sono alternative.

Oppure precederlo, sì.

Ora ho un indizio. Già, l'indizio!

Ora che ci penso, il bianco ha parlato, ha... ha detto qualcosa riguardo a... Certo, certo! Allora lo precedo, non lo lascio scappare, no! Priorità assoluta a Chill... e tanti saluti al bianco. Il bianco...

Aprì il parasole, nascondendosi all'ombra del tessuto.

Qualcosa non ha funzionato. Corro il rischio di incontrarlo di nuovo, di parlarci di nuovo, di... di...

Scrollò la testa, tentando disperatamente di arginare il flusso di pensieri.

Un sospiro amaro.

No, non posso permettermi altri azzardi.

La prossima volta non andrò tanto per il sottile.


21 Giugno, 2030

The Clover

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La follia del Divino



Sharradein – Si è conclusa oggi la quarta conferenza internazionale sui rapporti con le specie non umane. Gli ambasciatori dei dodici stati più influenti a livello mondiale – Stati Uniti, Russia, Cina, India, Germania, Francia, Italia, Giappone, Regno Unito, Svizzera, Sudafrica e Australia – hanno firmato un accordo con la rappresentanza kitsune per l'apertura di una sede del Manto Celeste in ogni gruppo di nazioni. La sede centrale rimarrà – come concordato – a Nerifumo, nel nord dell'Inghilterra. In ogni stato estero sarà costruita una piccola ambasciata che mantenga i contatti tra il Manto e le autorità locali, in modo da gestire correttamente l'emergenza.

Una nuova speranza per tutti noi, per tutto il mondo – ha dichiarato il presidente russo Anastasi Kjujenko – Peccato solo che la sede operativa resti una sola in tutto il globo terracqueo. Avremmo desiderato accogliere le Graziose Divinità a Mosca, se solo ci fosse stato permesso. Purtroppo, sembra che nulla possa far cambiare loro idea. Mi auguro che le ambasciatrici siano più competenti di quello che sembrano.”

È stata confermata l'indiscrezione secondo cui le rappresentanti del Manto saranno scelte tra le kitsune di seconda e terza generazione, più adatte – secondo le dichiarazioni dei portavoce – ad interagire con gli esseri umani e i loro bizzarri usi e costumi.

Di fronte a questa scelta, non possiamo che augurarci che tutto vada per il meglio e che la situazione sul nostro pianeta migliori in modo consistente nel più breve tempo possibile.


Ev. Lyon.


10. Una cascata di note impalpabili


Passi leggeri nel buio, i corridoi illuminati dalla fioca luce del Sole assopito, pronto a raggiungere il luogo del suo riposo notturno. I pochi raggi tiepidi attraversavano le vetrate multicolori, proiettando ombre variopinte, generando tenui luccichii sfocati. Il rumore soffocato delle suole di gomma rigida, stivali stretti da cinghie, praticamente nuovi. Chiara si fermò per un istante, osservò le sue calzature. Non indossava geta8 o tabi9 dal giorno del suo battesimo, quattro anni prima. Aveva dismesso anche il kimono, accatastato assieme alla fusciacca color oro che ne cingeva i fianchi, terminando in un ampio fiocco. Nella sua stanza conservava ancora alcune vecchie foto che la ritraevano abbigliata come le sue simili, fasciata in uno yukata10 dalla tinta nera. Fregi dorati solcavano il tessuto scuro, decorazioni tribali spiraleggianti che ricordavano un roseto avviluppato dalle sue stesse spine. Rideva assieme a loro, nell'oloregistrazione, assieme alle sue amiche – se così poteva chiamarle. Tempi antichi, lontani...

Chiuse gli occhi.

Quand'è l'ultima volta che sono stata veramente felice?

Non trovò una risposta. Espirò con lentezza, come per calmarsi.

Il passato è passato. Ora si pensa al presente, al momento attuale – al più al futuro. Ciò che è stato è stato, io non torno indietro.

Proseguì a passo veloce, calpestando le piastrelle di marmo pregiato con veemenza, ogni passo un rullo di tamburi, un colpo secco sul timpano. Aveva bisogno di serenità, di un attimo di pace.

È stato un errore partecipare alla riunione: Kiku non aspettava altro per mettermi in difficoltà e – devo ammetterlo – c'è riuscita egregiamente. Non è solo colpa sua, comunque. Mi considerano tutti una pecora nera, una reietta. Kiku ha solo dato voce al malcontento generale.

L'illuminazione si fece più calda, lampade ad incandescenza simulata saturavano l'atmosfera di una gaia brillantezza. L'intonaco sfumava, digradando dolcemente verso un bianco acceso che rifletteva con decisione i barlumi di luce scintillante. Chiara si affrettò a percorrere l'ultimo tratto di strada, accelerando vistosamente per seminare i pensieri contorti della sua mente.

Pace e serenità...

Ancora cinquanta metri alla Culla, cinquanta interminabili metri.

Eccomi!

Un'ampia superficie di cristallo trasparente apparve di fronte ai suoi occhi, un'immensa lastra divisoria che separava il dentro dal fuori. Appoggiò le mani inguantate al pannello diafano, vi avvicinò il volto fino quasi a sfiorarlo col naso. Dall'altro lato del vetro si estendeva un prato rigoglioso, di un magnifico verde smeraldino, rischiarato a giorno da speciali lampade eliosimulatrici. Qua e là si potevano scorgere fiori di ogni sorta, violette, margherite, rose, denti di leone, tulipani. Cespugli e alberi rendevano il paesaggio ancora più variegato, mandorli e peschi punteggiavano i quasi cento metri quadrati di terreno. Un lago in miniatura completava il paesaggio, aggiungendo un tocco d'artista alla composizione.

La Culla...

Chiara rimase immobile, in stato di contemplazione, gli occhi inumiditi dalla commozione. Pupille smarrite puntarono su di lei, incuriosite. Movimenti tra i ciuffi d'erba, bambole strette tra minuscole braccia appena formate, code ricoperte da soffice peluria, orecchie attente a cogliere i più flebili rumori.

Chiara sfiorò con delicatezza il pannello di accesso, le dita scivolarono con calma tra i simboli, fino a toccare quello corretto. Una figura rettangolare azzurra si formò sulla vetrata, dissolvendo il cristallo e generando una sorta di ingresso. Attraversò quel varco comparso dal nulla, si inoltrò in quell'ignoto così ben conosciuto, assorbendone l'innocenza, la purezza primordiale.

Quattordici creaturine minuscole le si avvicinarono, accogliendola nel loro minuscolo mondo – un giardino nascosto sotto un cielo olografico corredato da nuvole virtuali. Chiara osservò con tenerezza quei visini morbidi, le membra appena abbozzate, le code grandi quasi quanto l'intero corpo. Si sedette con loro, la schiena adagiata al tronco del mandorlo.

Eccolo qui, il nostro futuro.

Quattordici cuccioli, quattordici esserini indifesi, dall'avvenire incerto. L'intera quarta generazione di kitsune di Nerifumo era lì, di fronte ai suoi occhi. Non ne sarebbero nate altre per i successivi cinque anni. Provava affetto per ciascuna di loro, per ciascuna di quelle bambine – bambini? – che aveva di fronte, ancora così inesperte, così lontane dal conoscere il proprio corpo, dalla scelta del genere apparente. Né maschi, né femmine, privi di entrambi i tipi di organo sessuale, completamente indefiniti. Il genere apparente era necessario ed era opportuno fissarlo quanto prima, in modo da permettere una completa maturazione dei caratteri tipici. Le indecise non erano poi molte: dopo l'acquisizione della terza coda quasi tutte compivano la loro scelta definitiva, spinte probabilmente dal fatto che mantenere il proprio aspetto natio troppo a lungo poteva compromettere il corretto sviluppo del seno o dell'utero.

Chiara passò in rivista il suo aspetto. Aveva scelto prima ancora di ricevere la seconda coda – relativamente presto, quindi – e ora sfoggiava una seconda abbondante, ben delineata e definita. Per un breve periodo era stata un maschio (non voleva decidere senza prima aver provato entrambe le opzioni), ma aveva abbandonato l'idea dopo qualche mese. Era ormai stabilmente una femmina da dodici anni e in quella forma aveva acquisito tutte e otto le sue code secondarie.

I piccoli androgini di fronte a lei non avevano ancora la minima idea di cosa potesse significare scegliere. Erano ancora in stato larvale, entro due anni avrebbero raggiunto la maturità, assumendo l'aspetto di kitsune adulte.

A conti fatti, siamo più simili ad animali come il cane o il gatto, rispetto all'uomo. In due anni raggiungiamo il nostro aspetto definitivo, poi invecchiamo lentamente. Io ho quattordici anni, ma ne mostro venticinque in termini umani.

Le creature che giocavano all'interno di quell'Eden in miniatura non erano ancora in grado di parlare ma sapevano già camminare in modo eretto ed articolare correttamente le dita delle mani. Le loro capacità di metamorfosi si sarebbero risvegliate solo più avanti, a seguito del passaggio all'età adulta.

Chiara li abbracciò tutti tra le sue nove code, stringendoli con delicatezza, coccolandoli nel soffice manto giallo-arancio così intonato alla luce del Sole di mezzogiorno.

Ciao, piccoli! Vi sono mancata?”

Le kitsune si strinsero attorno a lei, accarezzando la folta peluria delle sue appendici, appallottolandosi tra le pieghe per assorbirne più calore. Ad un tratto, chiusero le palpebre, uno dopo l'altro. Una bambina dai capelli neri emise alcuni deboli versi, privi di senso compiuto. Poco alla volta incominciarono tutti gli altri, aggiungendo sfumature, generando una primitiva struttura. Nell'aria si levò un canto appena abbozzato, una nenia corale, l'embrione di una dolce cantilena. Una strana melodia, a tratti stonata e cacofonica, unica nel suo genere. Era il loro modo per esprimere felicità e benessere, l'antenato della parola che ancora non possedevano. Quattordici voci all'unisono, in diverse tonalità, fuse in un'armonia delicata, primordiale.

Chiara estese i padiglioni auricolari, ascoltò con attenzione, permise alla musica di penetrare il suo animo, di riportare a galla sensazioni sopite e sentimenti dimenticati.

Si unì al concerto, diventandone presto la colonna portante, trascinando con sé una cascata di note impalpabili, diafane, una doccia avvolgente di suoni concatenati, seguiti dall'eco leggera dei vagiti. Cantò a lungo, istanti che divennero minuti, minuti che si trasformarono in ore, giorni, settimane. Solo quando sentì bruciare le corde vocali, solo allora, incominciò a fermarsi. La voce si spense con lentezza, come la pioggia dopo un lungo diluvio. E il silenzio tuonò solenne, completando l'armonia.

Sorrise dolcemente, ancora coricata sul forte mandorlo.

Solo voi riuscite a restituirmi un sorriso. Grazie, grazie di tutto!”

Le spire si sciolsero, liberando i minuscoli cantori dal contatto con la madre surrogata, una kitsune di seconda generazione che aveva avuto il coraggio di allontanarsi dal Manto, abbracciando una religione diversa – una vera religione.

Si alzò con dispiacere dal suo giaciglio improvvisato, rinunciando a malincuore a quell'intimo contatto. I bambini la osservarono dispiaciuti, come se l'avessero voluta trattenere ancora un po'.

Mi dispiace, devo andare... ma vi prometto che tornerò, contenti?”

Chiara si diresse verso l'uscita con estrema calma, misurando ogni passo, sollevando appena la scarpa dal terriccio, come per non lasciare impronte, conservare l'innocenza di quel luogo fuori dal mondo.

Le suole di gomma rigida toccarono nuovamente il pavimento lastricato, la vetrata si richiuse in un lampo azzurrognolo, separando nuovamente il paradiso in terra dall'inferno celeste.

Spero che loro siano più fortunati di me, che i pregiudizi spariscano per sempre durante il loro periodo di maturazione, che siano felici...

A quanto pare, certi vizi non si perdono mai.”

Si voltò di scatto, come attraversata da una scarica elettrica. Una kitsune dagli interminabili capelli bianchi in perenne movimento, trucco nero sulle guance come lacrime di sangue, dello stesso colore del pelo, il corpo fasciato da un elegante kimono candido, ornato da sagome di fiori di croco.

Kiku!”

Non avevo espressamente vietato di interagire con le larve? Il contatto tra il mondo dell'innocenza ed il mondo della corruzione potrebbe essere fatale per il loro sviluppo. La vista di un seno formato potrebbe, ad esempio, generare un desiderio di tipo maschile. Non è salutare per loro avere a che fare con kitsune adulte...”

Un'espressione schifata si fece largo sul suo volto.

... tanto più se rinnegate.”

Chiara strinse i pugni con forza, minuscole venuzze in rilievo costellarono il dorso della mano. Inspirò profondamente, prese fiato, scaricò tutta la tensione accumulata, urlò come un'ossessa, liberando tutta l'aria contenuta nella sua cassa toracica.

Non ne posso più! È incredibile! Possibile che tu non capisca? Possibile che tu non te ne renda conto? Là fuori esiste un mondo. Un mondo diverso dal Manto, un mondo pericoloso! Non puoi far finta che non ci sia, che ciò che accade là fuori sia un problema di poco conto! Guarda, guarda questi bambini!”

Si voltò verso la vetrata, incrociando lo sguardo delle creature impaurite.

Tutti loro hanno una madre biologica, sono nati tutti dall'utero di una kitsune di seconda o terza genera­zione... ma non lo sapranno mai! Gli sarà propinata la favoletta della Dea Generatrice che ha creato le kitsune per proteggere gli uomini da se stessi, gli sarà insegnato che prima o poi potranno a loro volta generare nuova vita grazie all'incontro con lo Spirito della divinità, crederanno fermamente che l'aumento delle dimensioni della pancia in quei nove mesi sia un segno di benevolenza del Cielo... e alla fine, quando saranno pronte a partorire, le anestetizzerete in modo che non si rendano conto di niente, che non sappiano di aver messo al mondo un essere che è parte di loro, che estende la loro stessa esistenza! Ti sembra corretto, Kiku?”

Chiara respirò affannosamente, tentò a più riprese di accumulare ossigeno all'interno dei suoi polmoni. La gola secca, il volto paonazzo, al limite dell'ipossia.

Kiku nascose le dita affusolate all'interno delle maniche, abbassò il capo pensierosa.

Il Manto darà loro un luogo dove vivere, il pasto quotidiano che necessitano, una vita agiata e priva di preoccupazione, una solida educazione, una forte posizione sociale. La nostra dottrina, che tu ci creda o no, si è sviluppata col preciso intento di evitare problemi di qualunque genere a noi ed alle nostre simili. Mi rendo conto che può suonare come una presa in giro, ma raggiunta l'età giusta avranno la possibilità di conoscere quanto di vero e quanto di falso è insito nella loro cultura. È un po' come la favola di Babbo Natale per gli umani: una volta cresciuti, accettano di aver vissuto nella menzogna per anni, superano la delusione e trasmettono ai loro bambini la stessa tradizione, consci di ingannarli. Non è molto dissimile dal nostro metodo di insegnamento. Ad ogni modo, una volta attraversata la fase adolescenziale, si viene instradati alla vera religione kitsune – come ben sai – una religione animista basata sul contatto diretto con la natura e tutte le sue forme, la dottrina della contemplazione, della sopportazione del dolore e del suo superamento...”

Le sue iridi rosse si contrassero, gli zigomi si sollevarono, snudò i canini affilati.

...e tu, cos'hai fatto? Hai lasciato tutto questo, il nostro culto, per una finta salvezza? Perché credi in concetti superati da millenni, nella resurrezione, nel perdono? Dimmi, cos'hai trovato in questa eresia straniera? Cosa ti ha portato a rinnegare le tue origini?”

Chiara incrociò il suo sguardo, lo affrontò consciamente, con tutta la sua forza.

Hai ragione, Kiku. Sono insegnamenti antiquati, scientificamente privi di fondamento, basati su testi scritti più per riunire un popolo smarrito che per raccontare una verità religiosa, ma vedi... in quei concetti, in quelle frasi inutilmente intricate, in quei miracoli di dubbia interpretazione ho trovato l'unica cosa che ci manca...”

Sorrise debolmente, le iridi fiere alzate in segno di sfida.

... la speranza.”

Kiku chiuse gli occhi per un istante, un istante solo. Si avvolse nel silenzio, isolandosi dalla realtà, mescolando sapientemente le sensazioni sino ad escluderle.

Speranza, hai detto...”

Il rumore sordo del legno sulla pietra, passi pesanti, solenni, senza voltarsi.

Se per te è così importante, mitizzala, rendila la tua unica ragione di vita, agisci pure di testa tua, ma bada: in caso tu perda la tua luce guida, il tuo faro, non provare a tornare indietro...”

Un lampo crudele sul suo viso di tenebra.

... perché nessuno ti accoglierà.”


11. Sotto costante controllo


Blyen passò in rivista la facciata dell'edificio. Intonaco nuovo di pacca, colori pastello, gradevoli decorazioni in stile barocco, finestre ben proporzionate, tapparelle in tinta. Peccato per la miriade di neon e luci al plasma che illuminavano a giorno la via antistante. E per l'insegna gigante, corredata dall'immagine provocante di una ragazza in stile anime. E per la nube di fumo e tabacco che permeava l'aria. E per i cumuli di spazzatura ai lati dell'ingresso.

Ah, l'aria di casa!”

Albedo si sistemò i capelli con un ampio gesto studiato, lasciando tintinnare gli orecchini di perla. Il completo bianco riluceva di un'aura azzurrognola soffusa, gli occhiali dondolavano attorno al collo, scintillando come piccoli diamanti. Estrasse una Exxon Blue dal taschino della giacca, la portò alle labbra, la accese meccanicamente. Espirò uno sbuffo dolciastro, contribuendo ad alimentare la cappa grigia sospesa a pochi metri dal suolo.

Questo è il posto migliore del mondo per rimorchiare, Chill. Ti garantisco che non ne esci mai da solo, provare per credere.”

Non mi interessa. Sono fidanzato.”

E quale sarebbe il problema? Anch'io.”

Chi sarebbe in grado di sopportarti per più di mezz'ora?”

Sette donne ed una kitsune, se può interessarti. Tutte molto soddisfatte. Se non ci credi, ti do i numeri di telefono e chiedi direttamente a loro.”

Una kitsune?”

Secondo te, come sono venuto a conoscenza della taglia? Preveggenza?”

Scrollò le spalle con noncuranza, chiudendosi nel silenzio più ostinato. Blyen si limitò ad annuire, poco convinto. Tornò a concentrarsi sul locale, su quel night club alla periferia ovest di Nerifumo che dominava il panorama grazie ad un inquinamento luminoso due volte superiore a quello dell'intera città. Uomini e donne di ogni età affollavano il vestibolo, abbigliati nei modi più strani. Dandy con creste da punk e face painting bianco cera, ragazze con l'anello al naso e minigonne vertiginose, giovani con indosso camicie multicolori di dubbio gusto che lasciavano intravvedere il petto, signorine fasciate in eleganti pullover colorati, corredati da pantaloni con spacchi che lasciavano ben poco all'immaginazione. Un campione rappresentativo della società decadente di una città in piena crisi demografica.

Sei sicuro che si sia nascosta qui?”

Un miasma fetido si sollevò dalla punta della sigaretta, spargendo nicotina nell'atmosfera circostante.

Ovviamente no, ma esistono ottime possibilità che abbia trovato rifugio in questo love bar.”

Love bar?”

Un ritrovo per single in cerca della propria dolce metà o di qualche ora di divertimento. Ne esistono solo tre in tutta Nerifumo. Se hai necessità di conoscerne il recapito, non fare affidamento sulla guida del telefono, non sono indicati come tali. Tecnicamente, per la nostra legge, l'esistenza stessa di questo posto è illegale.”

La musica risuonava ad altissimo volume, rimbombando in echi frammentati ed irriconoscibili nei padiglioni auricolari. Albedo si esibì in un inchino maestoso, degno del miglior maggiordomo, il volto disteso in una risatina divertita.

Signore e signori, mesdames et messieurs, benvenuti al Les Fleurs du Mal, dove la tentazione è all'ordine del giorno. Due piani sovrapposti in perfetto stile neobarocco decadente, con terrazzino panoramico sospeso per sopperire alle vostre più intime esigenze. Un posticino di gran classe, adatto ad adulti di ogni genere ed età, siori e siore!”

Si ricompose, sistemandosi la giacca con cura.

Prego, Blyen. Dopo di te.”

Blyen emise un lungo sospiro.

Sto iniziando a pentirmi di aver seguito questo tizio strambo...

Chiamare Sèrina per dirle che non avrebbe mangiato a casa era stato piuttosto sgradevole. C'era rimasta male, si era data da fare tutto il pomeriggio per preparargli una cena degna di quel nome, probabilmente si era sentita presa in giro... ma non aveva molte altre alternative: Albedo Vicario sarebbe potuto scomparire nel nulla assieme a tutte le informazioni che millantava di conoscere.

Un probabile mitomane sensazionalista con la tendenza alla spettacolarità. Brutta gente.

Non era riuscito a scoprire nulla sul suo passato. Avevano cenato in un fast food a poca distanza dalla strada principale, un panino con patatine servito al volo per una manciata di sterline. Due perfetti sconosciuti seduti ad un tavolino di plastica colorata, in procinto di addentare un hamburger di una sottospecie di manzo e scolare bibite gassate. Un'immagine fuggita da un quadro surrealista: l'elegantone biondo dagli occhi di ghiaccio, beato nella sua riservatezza, e il cacciatore oscuro, avido di conoscenza. Una curiosità che non sarebbe mai stata appagata.

Tra i due non era sorta una vera e propria conversazione, Albedo non aveva posto a Blyen la benché minima domanda, si era limitato ad alcune generiche affermazioni sul tempo atmosferico, sull'inutilità delle sigarette elettroniche e sul costo della benzina. Per il resto, niente.

Buio totale.

I dubbi, le perplessità di Blyen erano precipitati nel vuoto assoluto. Albedo ignorava – o fingeva di ignorare – le sue richieste, il linguaggio del corpo non tradiva nervosismo né indignazione. Semplicemente, non riteneva opportuno rispondergli.

Dava l'idea di essere un tipo capriccioso e vanesio, pronto ad adirarsi alla minima indiscrezione.

Se non fosse che hai delle indicazioni di prima mano...

Blyen lasciò da parte i pensieri e si addentrò tra la folla, guadagnando l'ingresso del locale.

Varcò la soglia con decisione, abbandonò dubbi e remore, pronto al peggio.

Ma il suo peggio non era abbastanza.

Un fracasso infernale lo avvolse completamente, deflagrò nei timpani, rombando con fragore demoniaco. Ritmi sincopati, bassi al massimo, al punto di esplosione delle casse, luci stroboscopiche ad accensione alternata, chiasso, urla, corpi in movimento sulla pista, a contatto diretto, avvinghiati. Figure mollemente sdraiate sui divani, in preda ad estasi mistica, ubriachi sulla soglia del coma etilico, drogati della peggior specie, gente nemmeno più in grado di reggersi in piedi con le proprie forze. Il mondo sotterraneo della Nerifumo bene, lo sfogo della classe medio-alta, la totale assenza di regole.

Blyen rimase come stordito di fronte a quella visione, incapace di agire. Non riusciva nemmeno a distinguere il bancone, in mezzo a quella bolgia.

Cos'è quell'espressione spaesata? Il posto non è di tuo gradimento?”

Albedo fece la sua comparsa trionfale, illuminato dai bagliori dei laser. Gli orecchini di perla generavano un alone soffuso, donandogli un aspetto da divinità indiana non meglio identificata.

Blyen riprese coscienza, si isolò per un istante dal caos, l'ordine riprese possesso della sua mente.

Non ci sono abituato. Non ho mai frequentato locali di questo genere.”

No? Allora come l'hai trovata l'altra metà del cielo?”

Anche se te lo dicessi, non ci crederesti.”

Albedo lo fissò con fare interlocutorio, la mano destra a massaggiare il mento affilato.

Sono ben poche le cose a cui non credo – nell'esistenza di un Dio, innanzitutto – ma sono sempre disposto a cambiare idea, qualora la realtà contraddicesse le mie convinzioni. Ad ogni modo, non indagherò oltre. Non siamo venuti qui per fare conversazione, no?”

Già...”

Albedo superò Blyen in scioltezza, tuffandosi nel marasma generale. Figure indemoniate danzavano freneticamente, infatuate dalle esalazioni etiliche nebulizzate da enormi ventole nascoste.

Nessuno sembrava far caso a loro, nessuno sembrava essere in grado di pensare, di muoversi in modo meno meccanico, più naturale. Erano assuefatti all'esagerazione, agli eccessi, la vita quotidiana non era più in grado di placare la loro frustrazione.

Come la troviamo?”

Beh, è qui che entri in gioco tu. Io ti ho portato alla tana, scovare la preda è compito tuo. Mostrami qual è la differenza tra un cacciatore ed un comune essere umano, Chill. Io non so da dove iniziare.”

Blyen abbozzò un sorriso. Albedo si era rivelato effettivamente per quello che era: un dilettante privo di esperienza sul campo. Umiliarlo sarebbe stato divertente.

Okay, lasciami un po' di tempo.”

Tutto quello che vuoi.”

Strinse gli occhi, tentando di focalizzare i volti degli scalmanati, di riconoscerne i lineamenti. Attivò lo ScanMan con un rapido movimento della palpebra, richiamò la funzione di analisi dei tratti somatici, impostò un confronto con il file caricato in memoria. La minuscola lente a contatto modificata incorniciò i visi dei presenti, comparandolo con quello stampato sulla locandina. Lineamenti gentili, piuttosto affilati, zigomi morbidi, pelle mulatta, capelli bianchi lisci a caschetto, occhi occidentali marroni. Escluse dall'analisi le orecchie e i denti aguzzi, i primi dettagli che le kitsune eliminavano una volta fuori dal manto.

Può darsi che la fuggitiva abbia cambiato completamente aspetto. In questo caso, non sarà semplice trovarla in mezzo a tutta questa gente. È per questo motivo che prima si inizia con l'analisi del comportamento: se la preda è inesperta o ingenua, scovarla è facile, basta chiedere in giro. Sfortunatamente, le kitsune con più di quattro code godono di alcuni permessi premio che permettono loro di uscire dal Manto e conoscere il mondo. Noi ci troviamo esattamente in questo caso.

Splendido! Un'altra buona notizia come questa e mi butto sotto il primo treno di passaggio. C'è altro? Cosa ne so, il mondo sta per finire per colpa di una strega malvagia che ha deciso di contrarre il tempo in un istante pur di non morire? O stiamo per essere avviluppati da una sostanza multiforme parassita che infesta interi pianeti annettendoli alla propria coscienza intrinseca?”

No, il bollettino di guerra è terminato. Ora passo ai premi della lotteria.”

Un altro scatto della palpebra, la pupilla punta in alto a sinistra. Le luci stroboscopiche si oscurano, spariscono dalla visuale, il visore filtra i laser, li cancella dall'immagine.

Vedi... anche se le loro abilità metamorfiche sono notevoli, tendono ad essere piuttosto prevedibili. In primo luogo, dopo l'acquisizione terza coda è praticamente impossibile che cambino sesso apparente. Se la nostra preda era femmina prima di fuggire, lo sarà anche adesso. Questo permette di restringere notevolmente il campo delle ricerche.”

Spostò repentinamente la pupilla verso destra. I riquadri attorno alle facce degli uomini scomparvero.

Inoltre, sono tremendamente orgogliose del loro aspetto. Non lo modificherebbero mai del tutto, nemmeno in situazioni di estremo bisogno. Ci sarà sempre un dettaglio imperturbato – il naso, la forma degli occhi, i capelli, le labbra. Nel caso migliore, rimuovono solamente le componenti ferine.”

Supponiamo che questo sia il caso peggiore, ovvero che la nostra ricercata abbia cambiato completamente i connotati e sia passata dall'altra sponda. Come ci comportiamo?”

Blyen rispose senza nemmeno voltarsi.

Ah, non ne ho idea. Non mi è mai capitato, finora.”

La pupilla oscillò due volte verso il basso, la palpebra si chiuse per due secondi. La riaprì di scatto, fissando il vuoto.

Lo ScanMan aveva iniziato la sua opera di controllo a tappeto.

Ottanta percento, novanta percento...

La lente a contatto brillò di luce rossa.

Allora?”

Niente. La prima analisi si è rivelata infruttuosa. Nessuno dei presenti ha una corrispondenza superiore al cinquanta percento. Ora imposto lo ScanMan per una ricerca avanzata al dettaglio. Partirò dai soggetti col grado di compatibilità più alto. Seguimi, dovrò fare il giro del locale. Per questo tipo di elaborazione, ho bisogno di un contatto oculare diretto.”

Cos'è uno ScanMan?”

Blyen indicò il minuscolo dispositivo collegato alla cornea.

Un microelaboratore a controllo oculare. Si indossa in un paio di minuti, è pratico, ha un'autonomia di venti ore. L'unico problema è che non si può usare troppo a lungo, se non vuoi diventare cieco. Il modello che indosso è stato modificato in modo da potersi collegare alle telecamere a circuito chiuso nel raggio di cento metri dalla mia posizione. È comodo per una prima scrematura, ma se la risoluzione delle ottiche è troppo bassa è praticamente inutile. Non posso eseguire un confronto fisiognomico completo con filmati così scadenti.”

Albedo emise un fischio di ammirazione.

Okay, tempo di mettersi in moto. Fammi strada, tu conosci questo posto meglio di me. Dobbiamo analizzare ogni singolo volto per una decina di secondi. Io posso solo indicarti quale telecamera ha ripreso la persona che mi interessa.”

Lascia perdere le riprese. Qui si fa a modo mio.”

Albedo si fece avanti in direzione di un gruppo di ragazze sedute ad un tavolo, nell'angolo del locale. La pupilla di Blyen guizzò verso destra, attivò lo scanner somatico. L'elaboratore inquadrò i sei volti, ne visualizzò ogni dettaglio, fino al più impercettibile poro della pelle.

Niente, esito negativo. Meno del cinque percento reale. Nessun dettaglio in comune.”

Passiamo al prossimo.”

Un altro divanetto, altre cinque giovani accomodate. Due stavano discutendo animatamente, una era sdraiata in stato comatoso, le ultime due si limitavano ad ammirare i corpi dei ballerini, emettendo talvolta gemiti di ammirazione.

Blyen scosse la testa.

Negativo.”

Albedo mantenne una calma quasi innaturale.

Nessun problema. Abbiamo ancora una decina di pregiati sofà color vomito da controllare.”

Perché non concentrarsi sulle ragazze in pista?”

Ti sembra che una kitsune fuggitiva sia in grado di pensare lucidamente a come spassarsela?”

Prego?”

Sbuffò con vigore, pur mantenendo un certo contegno.

Blyen, non mi intendo di nogitsune ma di donne sì. E una donna in fuga, braccata, non riesce a fingere indifferenza. Garantito.”

Una boccata di fumo amaro dal moncherino della Exxon Blue.

Sono convinto che la nostra Kaya si sia rintanata in disparte, in modo da poter tenere sotto costante controllo la situazione. Questo sarebbe stato il luogo migliore: permette di vedere sia il bancone, sia l'ingresso. Forse non ci ha pensato.”

O forse...

Blyen alzò lo sguardo all'improvviso, come folgorato. Cosa aveva detto Albedo, dieci minuti prima?

Due piani sovrapposti in perfetto stile neobarocco decadente, con terrazzino panoramico sospeso per sopperire alle vostre più intime esigenze.

Il terrazzino era il posto ideale per vedere da lontano l'intera sala. Fluttuava nei pressi del secondo piano, trattenuto da tiranti d'acciaio e decorato da lampade cinesi. Era arredato con un solo tavolo, per una clientela scelta e selezionata. Ed era occupato da una ragazza.

Roteò le pupille, attivando lo zoom dello ScanMan. Capelli lunghi azzurri, pelle mulatta, occhi verdi. Vestiva una giacca di jeans con le maniche strappate, una t-shirt a righe, un paio di anonimi pantaloni azzurri, silenziose scarpe da ginnastica. Indossava un paio di cuffie scure che avvolgevano completamente le orecchie.

Non fermiamoci alle apparenze.

Lo ScanMan inquadrò la preda, attivò un primo riconoscimento somatico. L'immagine non era perfetta, ma era comunque migliore di quella del circuito chiuso.

Otto secondi alla fine del processo.

Forza, bello, forza!

Sei secondi.

Analisi comparata dei capelli: negativa.

Analisi comparata delle iridi: negativa.

Quattro secondi.

Inizio analisi struttura viso.

Verifica compatibilità lineamenti...

Due secondi.

Uno.

Zero.

Analisi completata. Test di compatibilità eseguito. Risultato...

Dai, Blyen, muoviti! Non abbiamo tutta la sera!”

Non importa, Albedo...”

Un sorriso raggiante sul suo volto.

L'ho trovata.”


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12. I cadaveri cantano a festa


Buonasera, signorina. Il tavolo è libero?”

La ragazza tremò per un'istante, come reduce da un isolamento totale dal mondo. Osservò con preoccupazione l'aspetto dei due uomini che si erano materializzati alle sue spalle. Il primo non era nulla di che. Capelli neri, giacca scura, lineamenti comuni, occhi curiosi ma per nulla memorabili. Il secondo, invece, era difficile da dimenticare: uno strano incrocio tra una divinità nordica – proveniente da quell'Asgaard che tanto l'aveva appassionata nei momenti di svago – ed un playboy da operetta, di quelli che popolavano le soap-opera per single annoiate.

Impiegò qualche secondo a formulare una risposta soddisfacente.

No. Sto aspettando una persona.”

Ora quella persona è arrivata. Piacere, mi chiamo Albedo Vicario, milady.”

L'uomo si esibì in un inchino con baciamano, lasciandola interdetta. La ragazza si scosse, ritrasse velocemente la mano, preoccupata.

Notò subito gli orecchini fissati ad entrambi i lobi, gli occhiali da vista penzolanti, il pacchetto di sigarette nella tasca della giacca, la pulizia dei tessuti, la cura dei dettagli quasi maniacale.

C... chi? Non penso... non credo di conoscerla.”

Ma è naturale, milady. Prima d'oggi, non ci siamo mai visti. È stata solo una piacevole circostanza che ci ha fatto incontrare. È forse il milady che non la ispira? Preferisce che la chiami signorina? Un bel titolo, certamente, meno elegante ma sobrio e dignitoso. Se neppure questo titolo è di suo gradimento, mi dica come desidera che mi appelli alla sua persona.”

Sorrise con gentilezza, mascherando i propri secondi fini.

Una bellezza tanto rara quanto delicata avrà pure un nome, no?”

La ragazza annuì muovendo la testa a scatti completamente privi di coordinazione.

Orbene, quale sarebbe? Come si chiama questa perla preziosa che si staglia di fronte ai miei miseri occhi mortali?”

Un attimo di silenzio, nel frastuono generale.

Sì. Ho un nome. Buona serata.”

Non disse altro. Si voltò dall'altra parte, premette un tasto sul lettore musicale, aumentò il volume isolandosi dall'esterno. L'attacco di batteria della canzone risuonò nell'arco di venti metri, risultando perfettamente udibile dalla posizione di Blyen.

Albedo inarcò un sopracciglio.

Devo dedurre che non è interessata ad approfondire i nostri rapporti?”

No, infatti.”

Blyen ascoltò con attenzione le note provenienti dalle cuffie, estraendole dal fracasso circostante. Era l'inizio di una canzone dei My Last Day in Paradise, un gruppo electro-prog metal in voga sino ad una quindicina di anni prima. Non erano molto conosciuti, ma erano piuttosto apprezzati dalla critica e dai fan dei generi di nicchia. Sèrina possedeva la collezione completa dei loro dischi.

Questa è To Death and Beyond, giusto?”

La ragazza si voltò di scatto.

Conosce questa canzone?”

La mia ragazza la ascolta sì e no tre volte al giorno. Ormai la so quasi a memoria.”

Albedo si allontanò con brevi passi veloci, lasciando la scena a Blyen.

Quindi lei non è qui per copulare?”

Blyen arrossì imbarazzato.

No. Ho altri interessi al momento...”

Agguantò la sedia, i gomiti fissi sul tavolo.

... per esempio, rintracciare una kitsune fuggita dal Manto, una pentacoda che so per certo essersi nascosta qui, in questo locale.”

Ah.”

La giovane rimase immobile, impassibile, la sua espressione non mutò minimamente.

E penso di averla individuata.”

Davvero?”

Blyen annuì con vigore, ostentando un sorriso a trentadue denti.

Il battito cardiaco della ragazza accelerò.

Si trova qui, a meno di dieci metri da me, seduta ad un tavolo. Indossa abiti insospettabili, ha assunto un aspetto abbastanza diverso dal suo. Senza ombra di dubbio, è lei... però ho qualche dubbio, per questo non l'ho ancora smascherata.”

Che... che genere di dubbio?”

Chi è questo ragazzo? È quasi più inquietante del suo amico. Il suo corpo, il suo modo di fare tradisce una tranquillità inumana. Vorrei riuscire a tracciarne un profilo... ma come è possibile inquadrare l'imprevedibile? Non riesco nemmeno a capire cosa voglia veramente.

Una semplice domanda che mi sono posto pochi secondi dopo aver stampato la taglia.”

Unì le mani, incrociò le dita con fare studiato.

Perché?”

Come, scusi?”

Perché offrire trentamila sterline in cambio della cattura di una cinquecode? È una cifra insensata, secondo gli standard del Manto. Perché cancellare la richiesta meno di ventiquattro ore dopo la sua emissione? Sì, insomma... cos'ha di speciale questa kitsune? Ha rubato qualcosa di importante? Occupa una posizione elevata? Qual è il motivo di questa ribollita di circostanze improbabili? Sai... se la kitsune che sto cercando mi rispondesse onestamente, potrei anche essere tentato di lasciarla andare.”

Ma io non sono la persona che sta cercando.”

Poniamo per gioco che tu lo sia. Quale sarebbe la tua risposta?”

La ragazza inspirò profondamente, come indecisa sul da farsi.

Se io fossi lei, non penso che direi nulla. Perché dovrei fidarmi del mio carnefice?”

Forse perché il tuo carnefice – che poi sarei io – ha tutto da perdere a non consegnarti a chi di dovere. Forse perché non ha bisogno di soldi... ma di qualcosa di diverso. Forse perché non ha mai riportato una ricercata al Manto senza prima chiederle il motivo della fuga.”

Siamo al punto di partenza. Come potrebbe essere certa che tu stia dicendo la verità?”

Potrei metterla in contatto con una sua simile che ho lasciato scappare di proposito. E potrei rivelarne il nome.”

La giovane deglutì a fatica.

Sentiamolo, questo nome.”

Ayane dalle tre code.”

Il suo cuore si contrasse, l'aria turbinò nei polmoni, un vortice incommensurabile e confuso, impossibile da decifrare, da comprendere. Gli occhi si bloccarono fissi sul nulla, la mente contorta, attraversata da sbalzi di tensione. Ayane, Ayane, Ayane, Ayane... il nome le rimbombò nella testa, rimbalzando, rotolando tra le pieghe del tessuto cerebrale. Ayane, Ayane, Ayane, Ayane... Aveva qualche significato? Davvero voleva dire qualcosa?

Sarebbe stato più semplice non pensarci, far finta di nulla, rinchiudersi in un bozzolo dorato in cui i due uomini e le loro frasi non sarebbero stati altro che ombre incorporee, generate dalla sua stessa ansia.

Ayane, Ayane, Ayane, Ayane...

Ehi, tutto a posto?”

Ayane... A-yane... Aya-ne...”

Lo ripeté come un mantra, scandendone le sillabe e le lettere sempre in modo diverso, facendole scivolare le vocali, addizionando le consonanti, frazionandone l'essenza, tentando di includerla come parte di sé.

Si zittì all'improvviso, chiuse gli occhi, respirò profondamente, il diaframma in moto continuo, le mani ferme sul tavolo. Le labbra si mossero all'unisono, tentando di articolare suoni con un minimo di senso compiuto. Dopo alcuni tentativi, riuscì a trovare la giusta espressione.

Io...”

Un rombo assordante. Fragore d'inferno. Luci stroboscopiche rosse, rosso sangue, gli altri colori svaniti. Le casse esplodono, musica demoniaca tutto attorno, note d'abisso, lamenti, grida, stridore di denti. Le urla delle persone in sala, il panico, gli ubriachi si svegliano, i drogati emergono dal trip. Blyen porta le mani alle orecchie, una smorfia di dolore sul volto. Albedo si piega, si piega su se stesso, crolla sul pavimento, si contorce a terra come un serpente a sonagli. La ragazza stringe le cuffie, tenta di farle aderire alle tempie, di non lasciare spazio, arginare il flusso di terrore.

Invano.

Un'orribile sinfonia dell'orrore, il cuore a mille, molti cadono agonizzanti, attacchi epilettici, tremori improvvisi, implorazioni d'aiuto al vento. Le cinghie di acciaio vibrano, vibrano come ossesse, il terrazzino sospeso oscilla come un pendolo.

Albedo apre gli occhi, vede, capisce.

Mio Dio! Se continua così...

I sussurri dei diavoli si insinuano nei suoi pensieri, distruggono la lucidità, ma non del tutto, no. Si rialza, guadagna nuovamente la posizione eretta, i timpani infiammati, pulsanti, allunga il braccio, la mano inguantata. Afferra Blyen per il colletto della giacca, lo strattona con forza, lo tira a sé.

Il terrazzino oscilla, oscilla con sempre maggior ampiezza, la ragazza immobile, come svenuta, una bambola rotta, disarticolata.

I cavi tremano, si sfilacciano, perdono consistenza.

Il corpo di Blyen lanciato sul pavimento del secondo piano, al sicuro, uno sforzo immane per raggiungere il tavolo. Lo stridio del gesso sulla lavagna, risate crudeli, prive di umanità.

Uno strappo violento, uno dei sostegni cede. Albedo si blocca, le lacrime agli occhi dal dolore. E l'inferno continua, persiste imperterrito mentre il terrazzo oscilla, mentre il secondo cavo si riduce ad un moncherino.

Dannazione!”

Albedo vorrebbe gridare, ma la sua voce si spegne, si spegne nei lamenti dei dannati, nell'atmosfera tetra dal oltremondo. Il macabro rosso vermiglio delle luci, la speranza calpestata, frammentata. Uno scatto di reni, le membrane dei timpani in risonanza, fitte lancinanti attraverso la carne, le ossa scricchiolano sotto il loro stesso peso. Si slancia verso la ragazza, verso quell'insieme scomposto e privo di sensi, tenta di raggiungerla.

Sfiora la mano, le dita sottili, arriva al contatto, sdraiato prono sulla superficie stabile del secondo piano.

Uno schiocco acuto, il secondo cavo tranciato.

No! No!”

La pedana traballa, un valzer lento prima del gran finale, sempre più rapido, sempre più veloce.

E quando anche il terzo sostegno cede, i cadaveri cantano a festa l'arrivo di un nuovo corista.

Ma... maledizione...”

Nulla può Albedo, se non osservare.

Un ultimo cenno di stabilità, la danza sfrenata dell'acciaio contorto, la caduta della piattaforma, la rotazione innaturale del tavolo, il corpo immobile della giovane travolto dalle macerie del privée.

Non distolse lo sguardo nemmeno per un attimo, ignorando la marcia funebre che dilaniava i suoi timpani, i ghigni decomposti delle creature delle tenebre, la terrificante cacofonia caotica che permeava l'intero locale.

Continuò a fissare con orrore la scena, incapace di serrare le palpebre.

La ragazza si schiantò sul parquet sottostante, fra l'indifferenza dei presenti, intenti a fuggire, a premere i maniglioni antipanico delle uscite di sicurezza. La pesante struttura del terrazzo sospeso la seguì a breve, si sfracellò al suolo, calando come una scure sul corpo inerme, strappando con violenza l'esile filo di vita rimasto ancora intatto.

Poi, il silenzio.

La sinfonia infernale cessò così com'era iniziata.



PARTE SECONDA

Generò un'eterea crisalide



13. Solo una vecchia favola


Mi congratulo per la solerzia. Non è da te rispondere ad una chiamata con così poco preavviso.”

Kiku innaffiava alcuni fiori di croco , donando loro vita e splendore. I petali viola incoronavano la fragile bellezza della serra, il loro profumo arcano si espandeva nei pochi metri cubi della stanza, appiccicandosi al furisode e donandogli la medesima fragranza. Non accennò a voltarsi, avvolta dalla pace del momento, dall'atmosfera rilassata del suo angolo di paradiso. Una melodia celestiale risuonava nell'etere, riscaldando gli animi e i cuori.

I lunghi capelli bianchi ondeggiavano generando figure multiformi, seguendo il ritmo suo respiro.

Come hai fatto ad accorgersi del mio arrivo? Il volume della musica era piuttosto alto, dubito che tu abbia sentito i miei passi.”

Le mie percezioni non si limitano ai cinque sensi. Ormai dovresti saperlo.”

Farfalle variopinte planavano con grazia tra fiori, un arcobaleno multiforme, in moto perenne, costante. L'intero spettro di colori, visibili e invisibili, scivolavano tra la foglie smeraldine, sfiorando il tessuto candido del kimono.

Kiku intonò un canto spirituale, fondendo la sua voce alle note preesistenti, modulandola sino a generare echi e cori indipendenti, una sinfonia armoniosa unica e molteplice.

Le farfalle volarono in formazione, turbinandole attorno, per poi disperdersi, libere, nell'aria.

Bello spettacolo, telo concedo... ma non sono venuto qui per questo. Vorrei discutere i termini dell'accordo.”

Kiku chiuse gli occhi, espirò lentamente, serrò le labbra. I canti fantasma si placarono, rintanandosi al nulla da cui erano emersi pochi secondi prima. Gli spettri iridescenti si allontanarono veloci, battiti d'ali fugaci rischiarati dal Sole calante.

Le nove code di pece emersero dall'abito, stringendola in un caldo abbraccio. La sua mente emerse dal caos, rendendola pienamente padrona di sé.

Ti pregherei di non interrompere i miei rituali, quando possibile. Sono necessari al mantenimento del mio equilibrio psichico.”

Ruotò su se stessa, incrociò lo sguardo del nuovo arrivato.

Poi, non vedo cosa ci sia da discutere. Si tratta del solito servizio: ritrovare la fuggitiva prima che cada nelle grinfie di un cacciatore. Immagino che tu conosca già l'entità della ricompensa.”

Sì.”

L'uomo diede una rapida occhiata all'interno della serra. Pareti semitrasparenti isolavano i delicati fiori dall'ambiente esterno, proteggendole dalle bizzarrie del clima. Insetti di ogni specie erano liberi di gironzolare impunemente, poggiando le zampe sui fragili steli, sui petali rigogliosi. Lo scrigno personale di Kiku, a cui nessun'altra kitsune aveva accesso, un minuscolo gioiello di pace incastonato nel cuore del Manto. Si sistemò gli occhiali da vista senza troppa convinzione. Il fatto di essere stato convocato lì, a quell'ora era sinonimo di grane.

Avevi molta fretta di vedermi, non è così? È la prima volta che mi concedi udienza nel tuo angolino privato.”

Circostanze straordinarie richiedono misure straordinarie.”

La mano di Kiku ondeggiò nel nulla, si chiuse raccogliendo l'essenza del vuoto, la liberò subito dopo, rilasciandola in un soffio.

Perché tanti problemi per una cattura? Qualche mese fa non è forse fuggita un'esacoda? Cos'ha questa fuggitiva di così straordinario?”

Crede di essere in possesso di informazioni importanti. Penso desideri diffonderle... ma non l'ho ancora fatto.”

Che genere di informazioni?”

Mi dispiace, ma non ti è dato saperlo. Persino gli altri membri del Concilio sono all'oscuro della natura di tali documenti, solo io ne ho piena conoscenza. Se sarà il caso, ti forniremo dettagli aggiuntivi tramite Saku. La conosci bene, non è vero?”

Non così bene. Non ingraniamo molto, non come vorrei. La sua mente è occupata da qualcosa... o qualcuno. Non riesco a decifrare i suoi pensieri.”

Capisco.”

Una farfalla scarlatta si posò sul fiore che Kiku teneva tra le mani, sfiorando le sue dita affusolate, le unghie smaltate di un nero abissale.

Un impalpabile arcobaleno splendente, così bello, così effimero...

Le parole dell'uomo interruppero ancora una volta il suo pensiero.

Devo sapere altro? Cosa ne so, magari il motivo per cui è così importante ritrovare questa nogitsune? Non è la prima volta che qualche volpacchiotta fugge con informazioni importanti... o forse sono così importanti che non esiste alternativa? O è solo un pretesto per qualcosa che non riesco ad afferrare?”

Kiku sospirò, un velo opaco calò sul suo sguardo.

Non è così semplice da spiegare.”

Osservò l'insetto screziato che ancora indugiava sulla corolla violacea.

Lascia che ti racconti una storia. È solo una vecchia favola, ma raccoglie in sé l'essenza di ciò che mille altre parole non sarebbero in grado di esprimere.”

L'uomo incrociò le braccia, gli occhi fissi sul quell'essere così elegante e – in apparenza – fragile.

Non ho alcuna fretta. Inizia pure.”

Kiku chiuse gli occhi, si concentrò. La sua voce fu come una doccia di perle tintinnanti, accompagnata da pitture evanescenti, evocate una dopo l'altra come in una lanterna ad immagini girevoli.

Tanti anni fa, in un luogo lontano di cui si è persa la memoria, viveva una comunità di piccoli bruchi. La loro società era florida e la vita scorreva con tranquillità, senza fretta. Nuovi insetti nascevano in continuazione, con la stessa velocità con cui la loro fugace esistenza si estingueva. Ogni bruco era conscio, infatti, di avere a disposizione un tempo limitato. Consumato il proprio transiente, si avvolgeva in un bozzolo appiccicoso e terminava la propria esistenza, trasportato nel folto del bosco dai suoi compagni ed amici più cari.

Fissatolo ad un albero col loro forte filo, i bachi tornavano al nido, cantando tristi melodie per darsi forza ed augurandosi di non essere i prossimi. Infatti, sapevano che presto qualcosa sarebbe accaduto: le crisalidi venivano trovate aperte, il loro contenuto scomparso. Forse qualche predatore pasteggiava con i corpi dei loro cari, forse il defunto si rianimava e tornava da morto a tormentare i vivi. Qualunque fosse la causa, nessuno sembrava preoccuparsene sino a pochi giorni prima del trapasso.

Ma i bachi avevano anche motivi di gioia: pur non sapendo come fosse possibile, nuove uova comparivano in abbondanza, dono delle misteriose divinità variopinte che volteggiavano nell'azzurro del cielo. Erano belle e multiformi e delicate come la brezza della primavera. Non v'era bruco che non le ammirasse e ne benedicesse la presenza.

In quella fiorente comunità si trovava un baco curioso e vivace, vicino al momento dell'imbalsamatura. Egli era conscio di essere prossimo a svanire, ma era fermamente convinto a rimanere lucido sino alla fine. Giunta l'ora, si richiuse nel suo bozzolo come richiesto dalla natura e lì attese, attese di scoprire il segreto. I suoi compagni lo piansero e compiansero, e lo portarono nella foresta, nei pressi del vecchio tronco cavo.

Per giorni ivi rimase, in costante e vigile attesa, impaziente di conoscere il proprio destino. Altri giorni trascorsero, senza che nulla accadesse, senza che alcun uccello sventrasse il suo giaciglio o il suo corpo decidesse di perire.

All'alba del settimo giorno, il piccolo baco sentì un fremito, una sensazione nuova, il desiderio di evadere dalla sua prigione. Incapace di resistere a quel richiamo così potente, così forte, il bruco desistette dal suo proposito e ruppe la crisalide dall'interno, emergendone accarezzato dalla luce del Sole brillante. Solo allora si rese conto di essere diverso: non più un semplice bruco, ma un essere delicato e leggero, splendido e caduco. Con sua enorme sorpresa, capì di essersi trasformato in una delle divinità che deponevano le minuscole uova da cui nuova vita era generata. Osservò rapito le proprie ali variopinte, le lunghe antenne filiformi, la sottile proboscide arrotolata. Il bruco – ora farfalla – volò, volò nel cielo, si librò tra le nuvole, ebbro di vita. Una nuova sensazione lo pervase, una sensazione di precarietà. Capì che la sua condizione non sarebbe durata a lungo, che presto si sarebbe spento per sempre. Allora planò, planò con grazia sino al villaggio, per diffondere la lieta novella e rendere tutti partecipi della verità.”

Le labbra di Kiku si chiusero, il flusso di immagini si spense, riesumando l'arida realtà.

Ora, la storia si biforca. Ne esistono due versioni. Inizierò da quello più recente, più adatta agli innocenti animi dei nostri piccoli.”

La foresta riemerse rigogliosa, il cielo, il prato fiorito, il volo della farfalla, evocati con potenza dalla voce di cristallo della kitsune.

Il piccolo bruco raggiunse la sua vecchia casa, osservò dall'alto i suoi amici e compagni che lo credevano defunto. Avrebbe voluto guadagnare il terreno e comunicare loro ciò che aveva scoperto, che la morte era solo un passaggio per la vera vita... ma al momento di scendere, un pensiero attraversò la sua mente, il pensiero della felicità della scoperta, lo stupore del rinnovamento all'apparir delle ali, di quell'esile corpo così diverso da ciò che era stato in origine. E allora, solo allora, decise di tacere – come gli altri prima di lui – così che i suoi amici potessero provare la stessa gioia. E volò nell'alto del cielo, sorridendo alla vita e al Sole.”

L'uomo rimase come in trance, incapace di reagire, il pensiero stesso immobile.

Ma non è questo il finale originale. Questa storia fu concepita per trasmettere un monito.”

La voce di Kiku si fece più acuta, gli occhi ridotti a due fessure di brace.

Lasci che ti racconti come termina veramente la fiaba.”

Il cielo si tinse di rosso, l'erba, i fiori neri, gli alberi ridotti a tremule sagome nel buio. Le ali della farfalla color amaranto, il corpo scheletrico, gli occhi deformi e vuoti, come se l'artista, il disegnatore fosse cambiato.

E fosse reduce da un incubo.

Il piccolo bruco planò sino al villaggio, planò con dolcezza nell'azzurro del cielo, godendo dell'aria fresca e del favore della brezza. All'improvviso, si fermò, la sua attenzione attirata da un fiore mai visto prima. Un umile croco era emerso dal suolo, la sua corolla viola appena sbocciata si era affacciata festosamente al giorno.”

Un barlume violaceo illuminò il prato cupo, la farfalla scheletrica dalle ali amaranto si posò sui suoi petali, infilzandoli con le zampe, aghi acuminati, orribili a vedersi.

Immerse la proboscide nel cuore di Sole, si nutrì del nettare dorato, mangiando a sazietà. Ancora un po', solo ancora un po' e sarebbe ripartito, pronto a diffonder la lieta novella.”

La proboscide dell'insetto divenne una lancia, perforò il centro del fiore, il nettare zampillò sanguigno, imbrattando i petali, i sepali neri.

Ma – ahimè – la distrazion gli fu fatale. Un uccello affamato, da troppo tempo in caccia, notò lo splendor delle sue ali variopinte. Senza pensarci due volte, scese in picchiata e lo ghermì col becco adunco.”

Un passero di tenebra calò dal cielo, gli occhi ridotti a bagliori giallastri, calò sull'insetto, lo strappò dalla corolla con violenza, lacerandone le ali, gocce di sostanze viscide si sparsero nel vuoto.

Così, per il piacere di un istante, la farfalla non poté trasmettere il suo messaggio e i bruchi continuarono, ignari, nella loro pigra esistenza.”

L'uccellò sventrò lo scheletro, lo divorò, il fiore appassì, il viola comparve. Nero e rosso, solo nero e rosso, il sangue e la morte si mescolarono vorticando, aggrovigliati, raggrumati, sino a svanire in un lampo di pece.

L'uomo crollò a terra, madido di sudore, gli occhi spiritati, i muscoli indolenziti. Respirava a fatica, i polmoni come un mantice, il cuore ad un ritmo indiavolato. Si rianimò, rialzandosi in ginocchio, la mano al petto, le pupille puntiformi.

La serra! È tornata la serra? Dov'è la farfalla? E l'uccello? E il fiore? Il croco, che fine ha fatto il croco? E io? Io chi sono?

Kiku aprì gli occhi, le iridi erubescenti scintillarono nella penombra al suono delle sue parole.

Mi dispiace averti sconvolto. Non era assolutamente mia intenzione. Ad ogni modo, spero che tu abbia compreso la morale.”

L'uomo si risistemò gli occhiali, spazzolò l'abito, si asciugò la fronte.

Credo... credo di sì.”

Molto bene. Puoi andare, allora. Portami al più presto buone notizie... e vedrò di ricompensarti come meriti.”

L'uomo chinò il capo con garbo, si allontanò traballante dalla serra, passo dopo passo, come ubriaco, alla volta dell'uscita.

Kiku lo seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve dal campo visivo, oltre l'ingresso della stanza. Una volta che fu sufficientemente lontano, tornò ad occuparsi del suo giardino rigoglioso, come se nulla fosse accaduto. In quell'istante, notò incuriosita la piccola farfalla che ancora indugiava sul fiore, succhiandone la linfa con avidità, appagata e soddisfatta.

L'unghia dell'indice la trafisse, squarciandone il corpo affusolato, terminandone l'esistenza.

Kiku sollevò il corpicino immobile, lo avvicinò alle labbra, a pochi centimetri dai canini affilati.

Tu, invece, non hai capito nulla. Non è così, Kaya?”

14. Ascoltando timidamente l'eco


Non ha senso.”

Albedo sollevò il divanetto con entrambe le braccia, smuovendo i calcinacci e le spesse tavole di legno del parquet. Il tappeto sfilacciato rese ogni movimento difficoltoso, avviluppava quasi completamente i resti di ciò che fino a pochi minuti prima era il posto d'onore del locale.

Davvero, non ha proprio senso.”

Rimosse l'anima di plastica accartocciata, la scagliò lontano, gli occhi fissi sulle assi frantumate dall'impatto. Un tavolino rovesciato, le gambe sradicate, la sedia ridotta ad un cumulo informe di metallo contorto. Un bicchiere in frantumi, l'ombrellino del cocktail invischiato in un liquido caldo e scuro, le cuffie spezzate, le cupole di plastica solcata da crepe. Capelli azzurri strappati, sottili come fili di lana. Gli occhi di Albedo si strinsero in due fessure, la mano a massaggiare il mento con calma innaturale. L'abito bianco ricoperto di polvere e trucioli, la giacca strappata in più punti mostrava gli arabeschi intricati che decoravano la camicia nera. Iridi di ghiaccio scrutarono con cura ogni singolo dettaglio, la segatura sparsa sul pavimento, le schegge, i rivoli neri di una sostanza ignota.

Cos'è che non ha senso? Il fatto che siamo ancora vivi?”

Blyen era emerso dal profondo stato di incoscienza da qualche minuto. Aveva guadagnato a fatica la posizione eretta, barcollando come se il senso dell'equilibrio lo avesse abbandonato del tutto, ridendo a squarciagola alle sue spalle. Raggiunse Albedo con andatura zoppicante, maledicendo il cielo, imprecando a denti stretti. Un mugugno incessante, incomprensibile, orribili sequenze di lettere stridenti.

Oppure la musica del diavolo? O i gemiti? Lo stridio? Le luci rosse? La domanda giusta è cos'è che ha senso qui? C'è qualcosa che abbia una spiegazione logica?”

Quesiti interessanti che non troveranno risposta, non nell'immediato, almeno. I recenti accadimenti hanno reso più urgente interrogarsi su una questione differente.”

Blyen si scrollò i capelli con vigore, tentando di liberarli dai trucioli appiccicati alle ciocche scure.

E quale sarebbe?”

Le dita di Albedo si mossero sul contorno frastagliato della giacca di jeans, il tessuto sottile della t-shirt a righe, la linea rigida dei pantaloni, pantaloni appiattiti al suolo, come il resto dei capi d'abbigliamento. Mancava qualcosa, in effetti. Qualcosa che difficilmente sarebbe passato inosservato.

Il corpo, Blyen. Dov'è il corpo?”

Cosa?”

Blyen si portò a pochi centimetri dal punto dell'impatto, lì dove i segni erano più evidenti. Il tavolino ribaltato, la piattaforma aperta come un cocomero maturo, le funi d'acciaio penzolanti, un macabro pendolo decapitato, vestiti sgualciti, corrosi, intrisi di un fluido viscoso color catrame. Mosse gli occhi a destra, a sinistra, le pupille scandagliarono la zona, tentarono disperatamente di trovare un appiglio con la realtà.

Invano.

Sono rimasti solo gli abiti... e questa specie di umore oleastro piuttosto aggressivo. Osserva: ha consumato buona parte del tessuto, prima che la sua attività scemasse. Al momento, sembra aver esaurito la sua carica distruttiva. Non credo di essermi mai imbattuto in una sostanza del genere.”

Pensi che possa aver distrutto il cadavere?”

Albedo scosse la testa.

Assolutamente no. Non vedo ragione per cui un acido di tale potenza avrebbe dovuto risparmiare qualche millimetro di cotone.”

Le sue dita sfiorarono il liquido nerastro, ormai inerme. Aveva la consistenza collosa del caramello, si appiccicava con facilità, era difficile da rimuovere.

Blyen passò in rassegna l'intero locale, in cerca di segni di vita – manifesta e non. Solo lucidi spettri di polvere risposero al suo sguardo, impalpabili fasci di luce artificiale scintillante. La strobosfera continuava imperterrita ad inondare la stanza di laser arcobalenici, seppur con intensità ridotta. Fasci impercettibili, verdi, blu, gialli. Solo il rosso mancava all'appello. Il colore delle fiamme, dell'ira, della vergogna era scomparso, svanito nel nulla. Le casse non trasmettevano più alcuna nota, gli emettitori sfondati dai bassi della marcia ultraterrena. Un silenzio irreale permeava l'atmosfera, rendendo quasi insostenibile il peso della solitudine.

Sembra che se ne siano andati tutti. Non è... strano? Perché non ci siamo lasciati dominare dall'isteria collettiva? Perché siamo ancora qui? Noi non abbiamo nemmeno tentato di fuggire.”

Hai ragione. Tu sei direttamente svenuto.”

Albedo si rialzò, risistemandosi l'abito con cura, nascondendo i tagli e gli strappi indecorosi nel modo migliore possibile.

Resta il fatto che – a differenza degli altri – abbiamo subito l'effetto in modo nettamente minore. Anche nell'istante di massima follia, sono riuscito stranamente a mantenere la lucidità. È come se, in qualche modo, la nostra mente fosse stata, per così dire, schermata. Un fenomeno bizzarro che potrebbe costituire la chiave per meglio comprendere i recenti avvenimenti.”

Un sonoro click alle sue spalle, il cane armato di una pistola.

Allontanatevi da Kaya. Immediatamente.”

Una macchia di colore nel buio, kimono scarlatto a motivo floreale, spessi sandali di ciliegio, l'ombrellino aperto, capelli neri, iridi biancastre attraversate da sprizzi di luce violacea. Un'espressione severa, i denti digrignati. Stringeva una Sachson 48 carica nella mano sinistra, puntata sulla nuca di Albedo.

Chi si rivede! Non ci eravamo accomiatati un paio di ore addietro tramite l'uso poco ortodosso di un ordigno?”

Lacrime di dolore irroravano le gote, rigandone la pelle candida.

Andatevene. Andatevene subito. Non avete il diritto di compiangerla. Non avete il diritto di benedirne i resti mortali. Kaya non è vostra! Kaya è mia, mia!”

Albedo si voltò con estrema tranquillità, come se avere la canna di una pistola a meno di un metro fosse la cosa più naturale del mondo. Si esibì nella consueta riverenza, gli occhi fissi nei suoi.

Cielo, come sono stupido. Avrei dovuto riconoscervi subito come una kitsune, elegante signorina Kiyoko. Sa? Al Delta Eta ho provato più che una forte simpatia per lei. Peccato per la sua vera natura, un peccato sul serio.”

Kiyoko stese il braccio, l'indice saldamente ancorato al grilletto.

Siete sordi? Vi ho detto di lasciare questo posto! Se non vi muovete, vi ammazzo! Vi uccido, capito?”

Le orecchie si contorsero in modo innaturale, allungandosi, estendendosi sino ad assumere la loro forma originaria. Sei code emersero dalla veste, disponendosi tutto attorno in una sorta di corona.

Blyen arretrò di un passo, mantenendo il contatto visivo.

C'è qualcosa che non quadra, un dettaglio insignificante forse... ma sono certo che non sia tutto a posto.

Attivò lo ScanMan con un rapido movimento della palpebra, inquadrò l'assalitrice, richiamò un programma di confronto rapido.

Albedo si passò una mano tra i capelli con un gesto plateale, gli orecchini scintillanti accompagnarono il moto del capo.

Avanti, allora. Trapassi la mia fronte innocente con uno dei suoi proiettili. Il Paradiso le sarà negato senza possibilità di riscatto. Ne è a conoscenza, vero?”

Sono solo favole per bambini. Non esiste nulla dopo la morte. Nulla! Kaya non tornerà, non tornerà più!”

I canini affilati graffiarono il labbro inferiore. Alcune gocce rossastre ne imbrattarono la superficie lucida.

Oh. Devo dedurre che quanto è accaduto sia ricollegabile alla sua persona? Intendo, la musica infernale e tutto il resto? Sarebbe interessante saperne qualcosa di più. Vuole essere così gentile da soddisfare la mia ultima curiosità, prima di rispedirmi al Nulla – come lei sostiene?”

Non... non doveva finire così! La risonanza non avrebbe dovuto influenzarla! Kaya sarebbe dovuta rimanere lucida, non svenire sulla piattaforma sospesa! I cavi si dovevano spezzare, sì! Dovevano lacerarsi con voi sopra, così sareste morti, entrambi... ma Kaya no! Lei si sarebbe salvata, avrebbe superato la distanza sino al piano superiore con un balzo, un unico balzo, mentre voi vi sareste sfracellati al terreno! Un incidente, un bell'incidente e via! Le vostre vite non hanno alcun significato senza di noi! Siamo noi a darvi la vita che voi non siete in grado di amministrare! Se voi foste morti, nessuno se ne sarebbe preoccupato... ma Kaya? Kaya non doveva morire! Il canto non avrebbe dovuto interferire con la sua psiche, eppure...”

Mi dispiace, elegante signorina Kiyoko. Evidentemente, ha sbagliato i calcoli. Ma mi dica... non le avevano forse ordinato di evitare di uccidere esseri umani? Il suo comportamento oltremodo disdicevole sembra in assoluto contrasto con le direttive...”

Il braccio teso quasi sino allo spasimo, l'indice pronto a scattare.

E tu come lo sai? Come è possibile che...”

Tralasciamo questi noiosi argomenti privi di importanza. Vuole contemplare il corpo della sua amica? Prego, si accomodi.”

Albedo si fece da parte, indicando il nulla, l'assenza totale del cadavere.

Kiyoko si avvicinò turbata, la bocca aperta per la sorpresa, i sensi aggrovigliati, incapaci di fornirle informazioni, di metterla in contatto con l'ambiente esterno.

Ma... ma questo...”

Blyen scattò in avanti, si portò di fronte alla pistola, la superò, aggirò Kiyoko, la colpì al collo con il taglio della mano. La kitsune vacillò, l'arma ancora stretta tra le dita. Blyen ruotò su se stesso, carico il ginocchio, urtò con forza l'addome. Kiyoko si piegò su se stessa, espirando di colpo tutta l'aria contenuta nella cassa toracica. Il parasole cadde a terra, la Sachson rimase al suo posto, senza apparente movimento. Blyen le strinse la gola col braccio, immobilizzandola, estrasse rapido una siringa dalla tasca, la piantò nella pelle, iniettò il contenuto. Kiyoko sgranò gli occhi, per un istante, chiuse le palpebre, i muscoli si rilassarono, una marionetta senza fili. Crollò a peso morto, schiantandosi al suolo.

Le ho somministrato un potente sedativo. Lo utilizzo per convincere le nogitsune a seguirmi.”

Blyen ripose il minuscolo ago all'interno della casacca, dopo aver sostituito la fialetta. Albedo fissò il corpo della sua assalitrice. La pistola era ancora fissata alla mano, come se in realtà fosse un'estensione della stessa. Il metallo si squagliò sotto i suoi occhi, contorcendosi in filamenti setosi, scivolando tra le pieghe del tessuto, sino a ricompattarsi in una settima coda, prima invisibile.

Cosa...”

Non era una vera arma. Lo ScanMan me lo ha confermato. Le cesellature, il marchio di fabbrica... era tutto specchiato. Deve averne copiato la struttura da un giornale o da una foto modificata a fini pubblicitari. Inoltre, la sua postura non era corretta, si vedeva lontano un miglio che non aveva mai maneggiato una pistola prima d'ora. Credo fosse solo un espediente per intimidirci.”

Capisco.”

Albedo si chinò sul corpo privo di forze, ne accarezzò i capelli con dolcezza, sfiorò la pelle candida, ne seguì il profilo con cura.

Kiyoko è una creatura affascinante. I suoi lineamenti angelici nascondono alla vista molto più di quanto non sembri, un conflitto interiore assente nelle kitsune di prima generazione, come Saku. Me ne sono reso conto sin dal primo colloquio, al Delta Eta: quelle come lei hanno un fuoco acceso dentro, una sorta di sentimento represso che non sono in grado di esprimere. Credo che l'ambiente, il contatto più diretto con l'uomo, l'evolversi della società, le abbiano... influenzate. Sarebbe stato interessante comprendere quanto.”

Il suo discorso non era diretto a Blyen, era una sorta di monologo interiore espresso ad alta voce. Un fugace bacio sulla guancia fredda, prima di rialzarsi.

Ora siamo nuovamente al punto di partenza. Le mie informazioni terminano qui.”

Non terminano qui.

Una voce tenue echeggiò nella stanza, riprendendo, modificando le parole di Albedo.

Cos'è, un'altra allucinazione?”

Cos'è un'allucinazione?

Le pupille di Blyen scandagliarono l'intero locale, in cerca della fonte di quel suono misterioso, ovattato. Albedo lo seguì a ruota, coprendo con la vista acuta gli angoli ciechi di Blyen.

Non c'è nessuno tranne noi, qui. Chi...”

Davvero non c'è nessuno tranne voi?

La porta del locale cigolò, iniziò ad aprirsi, dapprima con lentezza, poi sempre più veloce, sempre più veloce. Si spalancò, lasciando fluire l'aria, mostrando una minuscola figura.

E quella chi...”

Una bambina?”

Una bambina.

Il buio permeava l'ingresso, impedendo di scorgere dettagli nella sagoma immobile. La ragazzina inclinò il capo verso sinistra, diede loro la schiena, camminò a passo svelto verso la notte. Albedo ruppe gli indugi, si avviò verso l'uscio.

Cosa fai? Non vorrai veramente seguirla?”

Se vuoi, resta qui, immobile e beato, a crogiolarti ascoltando timidamente l'eco. Senza rischio non si ottiene nulla, Blyen, meno che mai il diritto di avere un figlio. Se davvero ci tieni, se davvero per te è più di un capriccio, vedi di mettere da parte la logica e segui il bianconiglio. Non so se raggiungeremo il Paese delle Meraviglie, ma qualunque sia la destinazione, qualunque altro luogo sarà meglio di questo, non trovi?”

Rapporto mensile sulla cultura umana


Saku dalle otto code,

membro sostituto del Concilio,

primo controllore per l'Assegnazione



Il bianconiglio e l'ignoto


Da quando siamo entrati in contatto con il genere umano, si è evidenziata una caratteristica di notevole interesse nella psiche di questa razza: l'attrazione per l'ignoto. La maggior parte degli uomini tende a dimenticare – o mettere da parte – i precetti della logica e della razionalità quando si trova di fronte qualcosa di – a prima vista – inspiegabile. L'approccio corretto sarebbe tentare di connettere l'evento in questione con fenomeni noti o studiati, costruendo un framework di possibilità che ne inglobi l'essenza e ne metta in luce le caratteristiche comprensibili. Un lavoro analitico di questo genere permetterebbe una comprensione maggiore del fenomeno e restringerebbe l'inferenza dell'occulto ad un numero estremamente ridotto di casi.

Molto del fascino dell'ignoto è sicuramente legato alla tradizione letteraria umana. Analizzando anche solo i suoi autori più famosi, ci si rende conto quasi immediatamente dell'esistenza di un rapporto di timore/eccitazione verso quanto sia impossibile da valutare alla luce della propria conoscenza sensibile. Mi riferisco, in particolar modo, a romanzi come Frankenstein, Faust, i racconti di Edgar Allan Poe, Alice nel Paese delle Meraviglie.

In quest'ultimo, troviamo l'esasperazione di questo concetto, con la protagonista principale – una bambina – che, incontrato un coniglio bianco parlante, lo segue fino alla sua tana raggiungendo un mondo diverso.

Il problema è di per sé interessante, dato che nessuna kitsune seguirebbe l'esempio della bambina. Di fronte ad un coniglio parlante diretto chissà dove, una nostra simile si limiterebbe ad ignorarlo o ad ucciderlo, vedendo in esso una fonte di cibo di notevole entità.

In quest'immagine è nascosta l'evidente tendenza autodistruttiva dell'uomo, quella stessa piaga che lo ha condotto ai livelli odierni di disperazione. È nostro compito riportarlo sulla retta via, impedendogli di recare danno a se stesso, o agire da semplici osservatori, senza interferire con il suo comportamento? Gran parte della nostra comunità sostiene la seconda linea, affermando a gran voce che il nostro unico compito è fornire all'uomo ciò che ha perso in cambio di ciò che noi non abbiamo.

La mia umile proposta al Concilio è istituire un corpo permanente composto da kitsune di seconda e terza generazione – meno restie ad avere un contatto diretto con la società umana – che monitori i comportamenti incomprensibili con più attenzione e riporti settimanalmente notizie aggiornate.

15. Un intricato mandala impercettibile


Se qualcuno me lo avesse raccontato, non ci avrei mai creduto.”

Risparmia il fiato e corri. Non dobbiamo perderla di vista.”

Una bambina. Sei, sette anni, almeno in apparenza. Capelli azzurri, lunghi. Pelle moderatamente scura. Occhi verdi. Stessi colori del corpo mancante, stesse fattezze – solo, in formato ridotto.

Una coincidenza? No, impossibile.

Li precedeva di alcuni metri, vestita di un grazioso completino azzurro, i piedi scalzi, silenziosi. Non aveva emesso alcun suono, dal momento in cui era fuggita dal locale. Si limitava a sgambettare verso una destinazione ignota, voltandosi di tanto in tanto per verificare di essere seguita.

Il centro cittadino era ormai lontano, con le sue larghe strade illuminate, le sue automobili, i suoi locali notturni, i suoi lampioni, i suoi problemi, le sue contraddizioni. La periferia si stagliava in tutto il suo squallore di fronte ai loro occhi, il ghetto degradato, i lampioni intermittenti, i muri ricoperti di graffiti di dubbio gusto. Forme spettrali ritagliate con precisione dalla pittura fresca della bomboletta, piccoli fantasmi neri con occhi scintillanti, quadrupedi scarlatti con strisce blu fosforescente sulla schiena, scritte beware the Haemophages! ripetute più volte sul cemento scuro. La bimba camminava saltellando, evitando con destrezza casse metalliche, recinzioni malandate, cocci di bottiglia.

Albedo si guardò nervosamente attorno, nel vano tentativo di estrapolare la loro meta. La città sembrava essersi ripiegata su se stessa, aggrovigliata tra tentacoli di mattoni e calcinacci, finestre spaccate, mille occhi riflessi sui vetri, lo sguardo della belva assassina. I palazzi lasciavano spazio a baracche di lamiera, vecchi prefabbricati, magazzini dismessi. Qua e là emergevano come fuochi fatui le fiamme accese dai senzatetto. La gelida notte di Nerifumo non risparmiava nessuno, sempre pronta a ghermire la sua preda con artigli di ghiaccio acuminati. Bidoni rovesciati, gatti che frugavano nell'immondizia, cani abbandonati che ululavano alla Luna.

Già, la Luna...

Il disco d'argento si stagliava nella sua perfetta pienezza, rischiarando le tenebre mute. I pensieri di Blyen si persero in quella magnificenza, tralasciando il momento corrente.

La stessa Luna di quella notte...

Rallentò improvvisamente, come per poterla osservare meglio, contemplare quella visione e perdersi in essa. Anche Sèrina avrebbe apprezzato, sì. La sua piccola Sèrina, così spaventata, così fragile... avrebbe adorato quella Luna, quella divinità gentile che trafiggeva le ombre con i suoi strali scintillanti. Rallentò, rallentò ancora, fin quasi a fermarsi.

Già, Sèrina... chissà come sta Sèrina? Sarà sola, a casa, aspettando che ritorni, accoccolata nelle sue spesse coperte, con le finestre chiuse, il cellulare in mano. Starà aspettando che la chiami, che le dica “Ehi, è tutto a posto!”, che la tranquillizzi con parole dolci. Si starà preoccupando...

Albedo lo strattonò con violenza.

Ti sembra il caso di restare fisso come una statua? Se perdiamo di vista la bambina, il gioco è finito! Andiamo, avrai tempo dopo per goderti il paesaggio!”

Blyen annuì con poca convinzione, riprese la sua corsa insensata, seguendo quello strano individuo in bianco e nero, quel perfetto sconosciuto che sembrava avere fin troppe informazioni su di lui.

Pian piano, le abitazioni si diradarono, lasciando spazio a tubature enormi, dotti arrugginiti, valvole ferme da decenni, grate immerse nell'acqua stagnante, letti artificiali di fiumi ormai spenti.

Albedo sgranò gli occhi.

Il Canale di Nerifumo...”

Cosa?”

Un percorso acquatico artificiale che collegava la periferia cittadina allo snodo di Heikeen. È caduto in disuso dopo l'alluvione di una decina di anni fa. Credevo che avessero demolito le strutture, ma evidentemente mi sbagliavo.”

Muri crepati, ricoperti di ragnatele, edera rampicante. Nugoli di zanzare nella palude stantia, acque rigurgitate da bocchettoni semiostruiti, bolle verdastre scoppiettanti, rottami galleggianti, sacchetti di plastica unta. La bambina continua senza fermarsi, senza curarsi di ciò che ha attorno, diretta verso un punto fisso, una parete divorata dalle piante parassite il cui colore originario era stato completamente avviluppato dal verde pallido, malsano e caduco della parietaria. Si avvicina a passi brevi, il ritmo si contrae, le distanze si accorciano.

Ed eccola lì, in piedi, immobile, di fronte al muro.

Si volta con calma, le iridi verdi profonde, liquide, uno scintillio nella notte, le labbra ostinatamente serrate. Fissa i volti affannati dei due uomini, i tratti affilati di Albedo, lo sguardo smarrito di Blyen. Annuisce con un gesto del capo, il viso inespressivo non tradisce emozioni, non svela alcuna intenzione. Trasmette unicamente un freddo metallico, un brivido che gela le ossa, risale lungo la spina dorsale, imbriglia le menti, spegne il calore corporeo.

La manina raggiunge la superficie grezza, si fa strada tra le foglie accartocciate, si apre, le dita ben separate, si immerge al suo interno. Piccole onde attraversano la realtà, oscillano sulla parete. Il braccio attraversa il solido cemento, si fonde con esso.

Blyen arretra spaventato, urla a squarciagola.

Mio Dio! Dimmi che non sta realmente succedendo.”

Non pensavo avessi una così alta stima della mia persona, Chill. Ad ogni modo, chi sono io per deluderti?”

Gli occhi della bambina si persero in quelli di Albedo, li scrutarono con attenzione, ne incanalarono l'essenza. Le pupille si spostarono rapidamente, incrociarono lo sguardo di Blyen, valutarono il suo io, le sue sensazioni. Allungò il braccio sinistro verso entrambi, il palmo aperto in segno di invito. Onde di pressione dilatavano e contraevano la realtà del muro, disfacendola, intrecciandone i fili in un intricato mandala11 impercettibile, evanescente. Albedo inghiottì la saliva, si fece coraggio, afferrò la mano. Blyen rimase immobile, incapace di reagire, i muscoli irrigiditi dal terrore. I pensieri si agitavano come pesci in un acquario, rapidi, guizzanti.

Sèrina, lo Scrigno, Banquo, il Manto, la bomba, Albedo, la ragazza dai capelli blu, la musica del diavolo, il terrazzino panoramico, la sostanza viscosa, la bambina, il canale in disuso, il muro ricoperto d'edera, le oscillazioni della materia, Sèrina, Sèrina, Sèrina!

Un vagito nella sua mente, una risata argentea, lo specchio di una nuova vita.

Blyen scosse la testa, dominò il terrore, chiuse gli occhi, si affidò alle sensazioni sopite nell'animo inquieto. Strinse la mano di Albedo, collegato come in una catena immaginaria.

La bambina annuì con un cenno, si rivolse alla parete, si fuse con essa, attraversandola come un semplice strato liquido. Il braccio, il viso, i sottili capelli filiformi, l'abitino, le gambe, i piedi, il corpo intero svanì oltre la barriera. Albedo fu trascinato da una forza invisibile, superò poco per volta il limite fisico, centimetro dopo centimetro, arto dopo arto, fino ad attraversare l'ostacolo materiale.

Blyen ripensò ancora a Sèrina, per un istante.

Se devo morire, voglio farlo pensando a te.

Una sensazione sconosciuta prese possesso del suo corpo, influenzandone ogni atomo. Sentì distintamente l'interazione con il materiale solido del muro, l'unione con esso, il passaggio nell'enorme vuoto tra elettroni e nuclei, la transizione ad uno stato esotico, mai visitato prima.

I neuroni si contorsero, incapaci di accettare la situazione, vibrarono all'unisono in un coro dissonante, aggrappandosi disperatamente alla vita, alle esperienze pregresse, nel vano, inutile tentativo di trovare una corrispondenza con la realtà materiale.

Il tempo di un battito di ciglia, di un breve respiro.

Poi, il nulla.

Il vuoto.

Il senso di smarrimento.

E il silenzio.

Ma solo per poco.

Un attimo, un secolo.

E tornò al mondo vero.

Il primo indizio fu la piacevole sensazione del vento fresco sulla pelle, una brezza leggera che trasportava i rumori della città, i rombi dei motori, i clacson lontani. Odori pungenti si fecero largo tra le narici, accompagnando il fetore dell'acqua stagnante. Le palpebre si sollevarono a fatica, restie ad accettare ciò che era appena avvenuto. Blyen si fece forza, costrinse i muscoli ad obbedire alla sua volontà, divenne nuovamente padrone del suo corpo. Articolò le dita delle mani per verificare che tutto fosse al suo posto, stirò, allungò, contrasse ogni fibra, ancora indeciso se credere o meno ai suoi recettori, ai messaggi sconclusionati provenienti dal suo cervello.

Albedo era immobile, di fronte a lui, un'espressione sconvolta e allucinata, le pupille ridotte a minuscoli puntini neri. Blyen articolò la lingua, si rese conto con sollievo che rispondeva perfettamente ai suoi ordini. Una voce strozzata fuoriuscì dalle labbra, lontana parente del suo tono abituale.

Abbiamo appena... attraversato un muro?”

Albedo annuì tremante, gli arti scossi da fremiti inarrestabili. Lottò con tutte le sue forze per recuperare il suo consueto contegno.

A prima vista sì, ma credo sia solo una questione di apparenze. Dico bene?”

La piccola annuì, senza emettere alcun suono. Alzò lo sguardo un'ultima volta, fissando negli occhi prima Blyen, poi Albedo. Le palpebre si chiusero, le braccia conserte, le gambe unite. Le dita delle mani si disgregarono, decomponendosi in filamenti rossastri. I due uomini scattarono all'indietro.

Ma cosa...”

I piedi, i polsi, le caviglie, i polpacci subirono la stessa sorte. Tutto il suo corpo incominciò a disfarsi, riducendosi ad una sostanza viscosa, fluendo da sotto il vestito, sciogliendosi poco per volta, in un processo irreversibile, inarrestabile. Il viso della piccola era totalmente inespressivo, non sembrava provare assolutamente alcun dolore, nemmeno mentre il suo stesso volto, i bei capelli lunghi, si dissolvevano in una massa scarlatta informe. In pochi secondi, della bambina non rimase altro che una pozza scura, avvolta dall'abitino azzurrognolo. Albedo trattenne un conato di vomito.

Cielo, non credo di aver mai assistito ad uno spettacolo così rivoltante!”

Una sagoma indistinta emerse dal buio, camminando a passo lento, il suono leggero dei piedi scalzi sul terreno irregolare.

La sostanza sconosciuta ribollì, si agitò, gorgogliò espandendosi e contraendosi ritmicamente, si allungò, attorcigliandosi in lunghe strutture affusolate. Le cuspidi spiralizzarono, si concentrarono verso un unico punto, convergendo nelle tenebre verso quell'esile figura.

Quattro code si dispiegarono a ventaglio attorno al corpo, in modo asimmetrico. I filamenti si agganciarono alla loro radice, si ricompattarono, assunsero forma tangibile, costituirono una quinta struttura quasi identica alle altre, ma solcata da tagli, incompleta, frammentata.

Chiedo umilmente scusa. Non intendevo scioccarvi, ma non potevo fare altrimenti.”

La kitsune si manifestò, concedendo il suo corpo alla luce fioca del lampione.

Incarnato mulatto, capelli bianchi lunghi sino alla base del collo, orecchie allungate, occhi marroni. Vestiva una t-shirt bianca con la manica destra strappata e un paio di jeans rattoppati.

Un'Eco lasciata indipendente per troppo tempo potrebbe convincersi di avere vita propria. Se non sono più necessarie, è meglio riassorbirle il prima possibile.”

Un'Eco?”

Un'emanazione illusoria generata separando una coda dal corpo. Si può controllare comodamente a distanza sino ad un raggio di circa un chilometro. Il loro uso è rischioso: se un'Eco viene distrutta completamente, la coda è perduta.”

Fissò con curiosità i volti attoniti dei suoi ospiti, il busto leggermente inarcato, la mano destra stretta in un pugno, appoggiata sul fianco. Un sorriso delicato illuminò il suo viso, le iridi scintillarono nella penombra.

Benvenuti nella mia nuova casa! Prego, accomodatevi!”

Avvolse le cinque code attorno al corpo, accarezzò il pelo di quella che sino a poco prima costituiva un entità separata, passò le dita tra le piaghe e i tagli profondi che ne solcavano la superficie, ne lambì alcuni con la punta della lingua, come per disinfettarli. Sollevò il capo, notando come nessuno dei due le avesse ancora rivolto la parola.

Presentarsi non usa più? No, aspettate, forse tocca a me incominciare, dato che vi ho condotto qui...”

Aprì le braccia in segno di accoglienza, mentre le code si ricomponevano alle sue spalle.

Il mio nome è Kaya. Sono la nogitsune che stavate cercando.”

Albedo scrocchiò il collo con vigore, senza smettere di fissarla.

Gradirei una spiegazione sensata, se possibile. Tutto questo trambusto mi ha causato una feroce emicrania.”

Kaya annuì con un cenno del capo.

L'avrà, assieme ad una tazza di tè caldo. Ho messo il bricco sul fuoco poco prima del vostro arrivo. Volete favorire?”


2020, 1° Novembre

The Foreigner

A reliable point of view



Nessun nasca

Uomo a rischio estinzione?



Organa – La settima conferenza mondiale sul crollo demografico che da circa venti mesi interessa l'intero pianeta si è conclusa con un nulla di fatto. L'idea promettente sull'uso di tecniche avanzate di fecondazione artificiale non ha prodotto alcun risultato apprezzabile. Il team di ricerca guidato dal professor Philip Schweizz, docente emerito presso l'Università di Vrawburg, è tuttavia riuscito ad isolare la causa prima del disastro globale.

Circa sei anni fa, abbiamo isolato un retrovirus a diffusione estremamente rapida, in grado di trasmettersi praticamente a qualunque specie animale tramite contatto diretto od indiretto. Il fatto straordinario era la sua ostilità praticamente nulla: le cellule ospiti non risentivano della presenza del virus, che le utilizzava solamente come tramite per riprodursi senza danneggiarle in alcun modo noto – ha spiegato il dottor Schweizz nel corso del meeting – Pensavamo che si trattasse di una innocua bizzarria della natura, ma le ultime analisi condotte su un campione di volontari hanno evidenziato un effetto imprevisto. Il virus si integra nel DNA della cellula ospite, alterandone alcune sequenze ed impedendone il corretto funzionamento. Negli animali, i geni influenzati erano assimilabili ad ammassi telomerici o frammenti silenti di codice genetico. Sfortunatamente, non è così per noi. Durante il crossing-over che porta alla formazione dello zigote, il DNA virale attiva un gene inespresso che porta alla distruzione della cellula fecondata. L'unica soluzione sarebbe combinare ovuli o spermatozoi con gameti sani, ma dubito che al mondo ve ne siano ancora. Il virus si è diffuso troppo in fretta. Se avessimo avuto più tempo, forse saremmo riusciti a mettere a punto un antivirale sufficientemente specifico da bloccare l'infezione alla radice.”

Interrogato sulla possibilità di un'estinzione globale del genere umano, il dottor Schweizz si è mostrato ottimista.

Sono persuaso che, con l'ausilio delle moderne tecnologie, saremo in grado di arginare gli effetti di questa crisi. È necessario un nuovo approccio alle tecniche di fecondazione artificiale, ma non è ancora il caso di disperarsi inutilmente. Se non crediamo nella nostra scienza, se perdiamo fiducia in noi stessi, allora non avremo più speranze.”

Intanto, la popolazione mondiale ha conosciuto una contrazione del 10% solo negli ultimi due anni, con outlook negativo.

Il virus di Schweizz potrebbe costituire la più grande crisi mai conosciuta dal genere umano.

Siamo veramente pronti ad un futuro senza figli?


Konrad Elnayda


16. Cercando di fermare le lacrime alla fonte


Kiyoko aprì gli occhi, dolorante. Il sedativo aveva mandato completamente in crisi il suo sistema nervoso, rendendole impossibile riguadagnare il controllo completo sul suo corpo. Riuscì a fatica ad aprire le dita della mano destra, poggiando il palmo sulle assi di legno marcio. Con un estremo sforzo, sollevò la guancia dal terreno.

Quanto tempo è trascorso? Minuti? Ore?

Ruotò il collo, tentando di farsi un'idea dell'ambiente circostante. Il locale era ancora deserto, nessuno sembrava avervi messo piede dal momento del caos.

Il canto dei dannati ha funzionato egregiamente...

Nessun essere umano sarebbe stato in grado di resistere alle frequenze allucinogene per più di un minuto. Come avessero fatto Chill e Albedo... beh, era semplicemente inspiegabile.

Un controcanto armonico, forse? Ma chi? E perché?

Con un po' di pazienza, fu in grado di portarsi in ginocchio sul parquet, stando attenta a non ferirsi con le schegge. Respirò profondamente, tentando di tornare padrona del suo cervello. Non ebbe il coraggio di controllare le sue code. Se già in condizioni normali era difficile dominarle con precisione, in uno stato psicofisico alterato sarebbe stato quasi impossibile. Le immaginava ridotte ad un ammasso informe di strutture simili ad enormi spaghetti, aggrovigliate e indistinte, ognuna per conto suo, prive di coerenza o coesione. Le aveva già viste una volta in quella forma orribile, mentre era ricoverata all'ospedale del Manto.

Che posto orribile...

Era scivolata in prossimità di un corrimano, precipitando dal quarto piano del palazzo giù per la Spirale. Il suo volo si era infranto rovinosamente sul pianerottolo della reception, di fronte allo sguardo attonito di Saku e Shimane. A seguito della caduta, aveva riportato fratture multiple scomposte ad entrambe le gambe. Per sua fortuna, i soccorsi erano stati rapidi, tibia e perone steccati nel giro di un paio d'ore, le rotule riposizionate, le ginocchia riparate con solide viti terapeutiche, i femori risaldati. Le avevano somministrato diverse medicine, tra sedativi ed antidolorifici, inducendole uno stato artificiale di annebbiamento. Prive di direttive, le sue code si erano dapprima agitate, in preda alle convulsioni, si erano scomposte in tentacoli sanguigni per poi collassare sulle lenzuola bianche, sparpagliate in un orribile ventaglio vermiglio.

Ricordo ancora l'urlo che ho lanciato. Avevo le lacrime agli occhi per la paura, non credevo che potessero assumere un aspetto così rivoltante...

Le infermiere erano accorse immediatamente per tranquillizzarla, senza successo. Avevano provato a spiegarle che era un fenomeno comune, che sarebbero tornate come prima, ma niente, la sua mente rifiutava di accettare quelle protuberanze mostruose come parte del suo corpo.

Strillavo come una bambina piccola, erano quasi decise a optare per un coma farmacologico...

Poi, era comparsa lei.

Una pentacoda dalla pelle scura, i capelli bianchi lisci, occhi marroni vivaci. Indossava una camicia unisex azzurra con i primi due bottoni slacciati, un paio di pantaloni beige lunghi, comode scarpe da ginnastica. Due auricolari di plastica blu coronavano quel volto mai visto prima.

Scusate, sono Kaya dall'Archivio. Le grida di questa poverina si sentono fin da là, cosa diavolo le è capitato? Mi hanno mandato qui a chiedervi di calmarla o – alla peggio – addormentarla. Stiamo svolgendo un importante lavoro di catalogazione delle fonti e avremmo bisogno di silenzio.”

Sì, le sue parole erano suonate più o meno in quel modo. Non riusciva a ricordarsi con precisione la frase, ma il succo doveva essere quello.

Avevo incominciato a piangere come una fontana, forse per attirare la sua attenzione. Credo... credo che volessi essere consolata, aiutata, rassicurata...

Kaya si era avvicinata al letto, incuriosita. Si era sfilata le cuffiette, aveva estratto il suo lettore musicale dalla tasca, le aveva aperto delicatamente la mano, lo aveva posato sul palmo, senza dire una parola. I loro occhi si erano incontrati per un lungo attimo, nel più completo silenzio. Dopo alcuni, interminabili secondi Kaya aveva rotto l'indugio.

Non tutti lo sanno, ma il nostro DNA è quasi più affine a quello del polpo mimetico12 che a quello di una volpe. Il nostro aspetto attuale è solo una forma quasistabile che abbiamo deciso di assumere, non devi spaventarti.”

Vuoi dire... che... che in realtà siamo degli ammassi di tentacoli informi? Che stiamo solo... imitando gli esseri umani? Che non siamo come loro?”

No, no, tranquilla! Quello che voglio dire è che le nostre appendici aggiuntive non sono necessariamente code, tutto qui. Le teniamo in quello stato solamente perché è comodo ed aumenta il nostro fascino mistico. In effetti anche il numero... beh, no, lascia stare. Sto divagando troppo, scusa.”

Perché ti scusi? Era molto interessante. A proposito, io sono Kiyoko. Mi dispiace averti disturbato, ero... sono semplicemente sconvolta.”

Ti conviene non guardarle se ti fanno senso. Ad ogni modo, forse ho un rimedio per la tua ansia.”

Aveva indicato il lettore musicale, quel piccolo oggetto di plastica sconosciuto che giaceva sul palmo aperto.

Questo giocattolino contiene una sessantina di album di musica umana. Non ha la grazia e il significato dei nostri canti corali ma, sotto un certo punto di vista, è più facile all'ascolto. Te lo presto, servirà per distrarti un po'. Verrò a riprenderlo tra un paio d'ore, alla fine del mio turno.”

Kaya le aveva posizionato le cuffiette nei padiglioni auricolari con cura, poi si era allontanata con un sorriso.

Quando torno, dimmi se ti è piaciuta. Non siamo in molte ad ascoltare questo genere di canzoni, magari non ti diranno nulla, però potrebbe essere divertente per il tuo cervello concentrarsi su altro.”

Per la cronaca, il lettore lo aveva ancora lei: Kaya non l'aveva mai chiesto indietro. E Kiyoko aveva finito per appassionarsi al metal.

Stop, fine del ricordo.

Guadagnò la posizione eretta, si concentrò sull'immagine ben nota della sua corolla di code, la richiamò con tutta la forza che aveva a disposizione. Le estremità difformi si ricompattarono in sette corpi principali, il pelo fiorì sulla superficie gelatinosa, la materia si solidificò in una struttura armoniosa e proporzionata. Kiyoko emise un sospiro di sollievo, tutto era tornato al suo posto. Il suo corpo era nuovamente funzionale e piacevole a vedersi. Afferrò il manico dell'ombrello, lo richiuse con calma, risistemò il kimono, stringendo la cintura, annodandola più volte. Controllò le suole dei sandali, trovandole pulite.

Okay, si può ricominciare.

Nuovamente padrona dei suoi sensi, si diresse verso il punto dell'impatto, il luogo dove – almeno in teoria – avrebbe dovuto giacere il corpo senza vita di Kaya. I resti del terrazzino panoramico erano sparsi lì attorno, grumi accartocciati di plastica e metallo, rottami accatastati alla meno peggio.

Non possono averla portata via quei due. Prima di perdere i sensi, ho visto chiaramente che qui non c'era nulla. Niente di niente.

Smosse alcuni rimasugli con il piede sinistro, rovesciando uno sgabello dalle gambe storte. Una lacrima rigò la guancia, alla vista di quei poveri resti sparpagliati.

Kaya... questo posto per noi era speciale. La nostra prima cena fuori dal Manto l'abbiamo consumata qui, sospese a tre metri e mezzo da terra, su una pedana sostenuta da tre cavi d'acciaio. Non potrò mai dimenticare quel momento, Kaya, quel brivido di libertà, il nostro primo permesso d'uscita combinato. Dopo, era stato ancora più bello. Ci eravamo sdraiate sul tetto di un palazzo vicino, le nostre code intrecciate in un abbraccio così delicato, così unico. Guardavamo le stelle, lontane dalle luci della città, la Luna nuova invisibile nel cielo. Ero un po' triste, in effetti. Avevo visto la Luna solo in foto o nelle proiezioni olografiche, ci tenevo ad ammirarla almeno una volta. Tu devi aver notato la mia delusione, il mio sconforto... e mi hai consolata.

Ti ricordi quello che ti ho detto qualche tempo fa? Lassù ci siamo anche noi, Kiyoko.”

Mi hai sorriso, lo ricordo ancora benissimo, e hai indicato il cielo, una stella brillante.

Vedi? Si chiama Anser, significa anitra in latino. È l'astro principale della costellazione della Vulpecula, la piccola volpe. Una volta si chiamava Vulpecula cum Ansere13, poi hanno deciso di cambiarle il nome. Non è molto grande, però è fine e graziosa. Ogni volta che mi sento giù, salgo sulla Volta e la contemplo in silenzio. Quella visione mi tranquillizza, mi fa sentire bene con me stessa e con il mondo. Se non ci fosse la Vulpecula, forse avrei bisogno di un altro punto di riferimento...”

I tuoi occhi si erano illuminati, erano belli, scintillavano nell'algida notte di Nerifumo... ed erano rivolti verso di me.

... o, forse, l'ho già trovato.”

Un mucchio di abiti abbandonati attirò il suo sguardo. Una maglietta a righe, una giacca di jeans con le maniche strappate, pantaloni azzurri, scarpe da tennis, un paio di cuffie per ascoltare la musica. Il tutto, imbrattato di una sostanza viscosa, rossastra. Una sostanza familiare.

Si chinò sulla pila di indumenti, sfiorò il fluido con l'indice sinistro, valutandone la reazione.

Niente. Sembra inerte.

Diede una rapida occhiata all'insieme, calcolando a mente la quantità di sostanza che imbrattava il tessuto.

Ad occhio e croce, ce n'è abbastanza per riempirne una bottiglia.

Si massaggiò il mento con calma, mentre i neuroni frugavano nei cassetti della memoria.

Assomiglia alla materia di cui sono costituite le mie code – stesso colore, stessa consistenza – ma non sembra collegata ad una radice. Non è nemmeno controllata in remoto tramite un canto, altrimenti si sarebbe mossa al mio tocco. Ad osservarla meglio, la tinta è più spenta, vira verso il nero, non pulsa come di consueto. Forse questi filamenti sono semplicemente morti. Ma dov'è la kitsune a cui facevano capo? Dov'è Kaya? Cosa significa questa moria di escrescenza caudale? E se...

Un'illuminazione improvvisa.

Un'Eco?!”

Si portò l'indice alle labbra, pensierosa.

Ma sì, come ho fatto a non pensarci prima? Ha mandato un'Eco all'appuntamento! Non è venuta di persona!”

Alla felicità per l'intuizione, subentrò la rabbia, il rammarico.

Allora... allora Kaya non si fidava di me! Ma... ma perché? Perché? Nel messaggio che mi aveva lasciato sembrava... sembrava sincera! Voleva incontrarmi! E ha inviato una stupida Eco?”

Scrollò il capo con vigore, cercando di fermare le lacrime alla fonte. Invano.

No, non ha senso! Non ha proprio senso! Perché chiamarmi, supplicarmi di ascoltarla e poi... e poi...”

Urlò a squarciagola, liberò tutta l'aria che aveva incamerato nei polmoni, consumò in un attimo tutto il fiato residuo.

Io non ci capisco più niente! Non so nulla, non so dove sei! Perché dev'essere tutto così maledettamente complicato? Io non so più cosa fare! Non ho più idee! Ho perso Chill, ho perso Albedo, ho perso anche te, Kaya! Ho... ho perso anche... anche te...”

Ah, sì? Peccato.”

Kiyoko sgranò gli occhi, strinse il manico dell'ombrellino con forza. Si voltò di scatto, ruotando su se stessa in una frazione di secondo.

Chi...”

Una pistola carica, una Sachson 48 – vera – puntata alla fronte.

Kiyoko impallidì.

Un vero peccato. Pensavo fossi più preziosa di così, Kiyoko. Credevo mi avresti portato dritto da lei... ma evidentemente, i dati che mi hanno fornito erano sbagliati, incompleti.”

Il cane si solleva, il revolver ondeggia.

Oppure ti ho semplicemente sopravvalutata. O ho sottovalutato Kaya. Decidi tu qual è la migliore. In qualunque caso, non ci fai una bella figura.”

Tu?!”

Chi altri? Sembra che se non mi muovo io, nessuno riesca a svolgere il lavoro sporco. Ne ho avuto l'ennesima conferma proprio in questo momento.”

Kiyoko arretra di un passo, le iridi attraversate da bagliori multicolore, in continuo mutamento.

C... cosa hai intenzione di fare? Non vorrai veramente...”

L'indice saldato al grilletto, i muscoli contratti.

Finora, non mi sei servita a molto...”

Un lampo di lucida follia nello sguardo.

Vediamo se ti riesce di essermi più utile, da morta.”


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La Sachson Weapons™ è un'azienda attiva nel settore armamenti con settantadue brevetti depositati in trentacinque anni di attività. Sachson Weapons™ è leader mondiale indiscusso nella produzione di armi leggere e d'assalto, sia in ambito militare che civile. Recentemente, è stata inaugurata la nuova divisione proiettili, con il compito di progettare bossoli specifici e personalizzati per ogni tipo di arma, aumentandone l'efficienza e le prestazioni.


[-]Catalogo

[-] Pistole

[+]Sachson 44 “Excellence”

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La Sachson 48 “Hellhound” è una pistola calibro sette e sessantacinque leggera e compatta, compatibile con proiettili di qualunque categoria. Dotata del sistema di ricarica semiautomatica brevettato SpeedDrive®, è la soluzione giusta per la difesa personale.

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17. Come bamboline di ceramica


Kaya si accomodò su una cassa di legno, la teiera nella mano destra. Albedo la esaminò con cura. Un fine oggetto d'arredamento, pura ceramica decorata da figure dipinte a mano con pittura blu, due bande colorate a motivo floreale, un delfino ritratto nell'atto di tuffarsi nel mare azzurro.

Hai buon gusto. Quella suppellettile è meravigliosa, cesellata con una maestria degna dei migliori artigiani. Come ne sei venuta in possesso?”

È un regalo. Ormai ha più di vent'anni, continuo a portarmela dietro per ricordarmi che non tutti gli esseri umani sono egoisti e che una luce sottile è nascosta anche nelle tenebre più buie... basta saperla cercare.”

Blyen porse il suo bicchiere alla kitsune, ringraziando per la cortesia. Un liquido scuro riempì il calice, spandendo un aroma deciso nell'aria circostante.

Mi dispiace solo non poter fare di più. Non ho avuto molto tempo per organizzare la mia fuga, ho preso quei pochi oggetti a cui ero veramente legata, non uno di più, non uno di meno. Spero che almeno la sistemazione sia sufficientemente comoda.”

Albedo tastò il velluto del cuscino, le dita inguantate scorsero leggere sul tessuto. Sembrava nuovo, usato poco. Aveva un buon profumo, come tutto il resto. Il primo dettaglio che lo aveva colpito era stata la persistente fragranza di rose e fiori di campo che sembrava permeare ogni singolo atomo all'interno di quel rifugio improvvisato.

Chissà se anche la sua pelle sa di erba fresca, appena tagliata? Non mi dispiacerebbe provare...

Blyen si guardò attorno, nel tentativo di analizzare nei particolari quel singolare open space con vista sul canale. Tre solidi muri di mattoni racchiudevano una nicchia di circa quindici metri quadri, alta, al più, tre metri. La quarta parete era solamente fittizia, una sorta di barriera psichica, una finestra verso l'esterno in grado di celare l'esistenza della tana a chiunque fosse transitato nelle vicinanze. Quella stessa superficie che avevano attraversato qualche minuto prima.

La ringrazio per la premura, gentile signorina Kaya. Il tè era squisito ma – come può ben immaginare – non siamo venuti fin qui per assaporare una bevanda speziata. Io necessito di risposte, mentre Blyen ha un suo desiderio... più intimo. Se ne avrà voglia, ve ne parlerà direttamente lui.”

Le iridi di Albedo scintillarono alla fioca luce della lampada a gas, l'unica fonte di illuminazione presente all'interno di quel cubicolo. Blyen passò in rassegna il resto dell'ambiente. Oltre allo sgabello ed il morbido pouf su cui erano accomodati, non vi era altro che una cassapanca, un materasso gonfiabile, due zaini ricolmi di piccoli oggetti utili, un minuscolo armadietto riempito di generi alimentari in scatola. Sulla parete est erano appese diverse foto, ognuna delle quali ritraeva Kaya assieme a diverse persone – principalmente kitsune. Nelle immagini, indossava sempre un kimono rosso, simile a quello di Kiyoko. Le sue forme eleganti risaltavano nella rigidità del tessuto, sottolineando la grazia dei suoi lineamenti.

Non si può negare che abbia un certo fascino.

I suoi occhi si mossero rapidamente verso la parete opposta, su cui erano collocate immagini diverse, olodipinti a proiezione che raffiguravano coppie di esseri umani. In quelle scene, Kaya era abbigliata in modo diverso, quasi come una ragazza normale – eccetto per il fatto che indossava eleganti completi da uomo in tinta scura, con tanto di cravatta. Sembravano abiti più adatti ad un colletto bianco che ad un'archivista.

Sull'ultimo muro, un poster consunto che rappresentava una vecchia mappa stellare, con un circolino rosso disegnato attorno ad una minuscola costellazione.

Kaya incrociò lo sguardo di Albedo, un sorrisetto malizioso si fece largo sul suo volto.

Mi faccia indovinare... vuole sapere per quale motivo vivo come una reietta, trascorrendo le giornate nascosta in una specie di cella affacciata su un canale maleodorante.”

Sì, qualcosa del genere.”

Kaya ripose la tazza di porcellana sulla cassapanca, a fianco al bricco ancora caldo.

Innanzitutto, posso darvi del tu? Mantenere questo tono così pomposo è seccante, alla lunga.”

Non ho niente in contrario. Blyen?”

Uh? No assolutamente no. Va bene anche per me.”

Blyen rispose quasi senza aver ascoltato. I suoi occhi erano stati calamitati da una vecchia oloproiezione minata dalle interferenze. Raffigurava una donna bionda dall'incarnato mulatto, belle iridi violacee, luminose, vestita di un sobrio tailleur blu elegante. Accanto a lei, un uomo robusto, pelle chiara, capelli arricciati neri, una barba folta e ben tenuta. La stringeva forte col suo poderoso braccio destro, mentre col sinistro cingeva il fianco della kitsune. La felicità trasudava da ogni poro della loro pelle, un'espressione di serenità interiore sui visi distesi. Kaya sembrava un po' fuori posto, con quel suo vestito nero elegante – una specie di abito da sposo – ma tutto sommato la composizione era gradevole a vedersi. Il cuore accelerò bruscamente, un ritmo indiavolato nel sangue. Scrutò con attenzione il quadretto, in cerca della data – perché doveva esserci una data. Una targhetta adesiva pasticciata a penna sembrava essere l'unico riferimento riconoscibile. Ingoiò un boccone di saliva, minuscole gocce di sudore imperlarono la fronte. La grafia di Kaya era pessima, contorta, difficile da decifrare, ma il contenuto della didascalia era inequivocabile. Quattordici settembre duemilaventinove, Nerifumo.

Duemilaventinove. Venticinque anni prima. Quei volti, quei sorrisi...

Molto bene, ora che siamo d'accordo su questo punto, puoi delucidarmi su quanto sta accadendo? Per riassumerla in breve, nella sola giornata di oggi ho rischiato di saltare in aria, precipitare da una piattaforma sospesa e avere un infarto durante l'attraversamento di un muro. Penso di meritare almeno una minima spiegazione.”

Sì, direi di sì. Ma non subito, Albedo.”

Come?”

Kaya chiuse le palpebre, eseguì alcuni gesti ampi e studiati con la mano destra.

Non pretenderai che racconti tutto quanto ad uno sconosciuto. Io non avevo alcuna intenzione di condurvi da me. Aspettavo un'altra persona, l'Eco doveva guidare lei. Purtroppo, non avevo il controllo completo della mia emanazione, non potevo vedere tramite i suoi occhi. In assenza di direttive, ha eseguito la sua... programmazione primaria e ha condotto da me le uniche entità in grado di seguirla. Se volete che vuoti il sacco, prima dovrete dirmi qualcosa su di voi. Voglio ascoltare la storia della vostra vita: chi siete, cosa desiderate, perché mi stavate cercando.”

Albedo sospirò contrariato.

Posso accendermi una sigaretta? Ho bisogno di tranquillizzarmi un attimo.”

La kitsune annuì con un cenno del capo. Albedo estrasse il pacchetto di Exxon Blue, ne prese una, la strinse tra le labbra. Uno scatto dell'accendino, la fiamma scintillò vivace nella semioscurità della stanza. Un anello di fumo denso e odoroso fuoriuscì dalla sua bocca, accompagnato da sbuffi grigiastri. Kaya lo fissava con curiosità, un pizzico di invidia nelle pupille sottili. Albedo scrutò in quegli occhi profondi, non si lasciò distrarre dalla noncuranza con cui dissimulavano un profondo interesse.

Ne vuoi una anche tu? Non fare complimenti, ne ho abbastanza per un reggimento.”

Porse il pacchetto a Kaya, lasciò che ne sfilasse una.

... grazie.”

Per così poco? Ad ogni modo, non credevo che voi santerelline foste attratte dalla nicotina, pensavo foste più salutiste. Fino ad una decina di anni fa, con queste ti riempivi i polmoni di catrame... poi, qualche geniaccio s'è inventato un nuovo tipo di filtro un po' meno cancerogeno. È il motivo per cui sono andati in rovina i surrogati elettronici.”

La vivida fiammella dell'accendino rischiarò le tenebre per la seconda volta. Kaya chiuse gli occhi, aspirò avidamente, emise una nuvoletta dolciastra dalle labbra sottili.

Tu dici? A quanto ne so, sono ancora molto vendute. Costano parecchio, certo, però le ricariche sono economiche. Me ne sarei comprata una, se avessi avuto abbastanza denaro.”

Io ce l'avevo. L'ho distrutta dopo un paio di giorni, per errore. Dopo aver terminato la razione, l'ho gettata a terra e l'ho pestata col tallone, come avrei fatto con una Blue tradizionale. Puoi immaginare l'orrore quando mi sono accorto dello sbaglio.”

Kaya non poté fare a meno di pensarci. La scena si mostrò in tutto il suo surreale fascino grottesco, pervadendo la sua mente e strappandole una risatina divertita.

Albedo sorrise di riflesso. Far ridere le ragazze era difficile, ogni volta che ci riusciva lo considerava un successo personale. Pensò fosse il caso di rincarare la dose.

Ci ho rimesso qualche centinaio di sterline, accidenti! Ho provato a riportarla in negozio, ma mi hanno detto che la garanzia non copriva danneggiamenti semivolontari o ingiustificati. Comunque, mi hai stupito, devo ammetterlo. Non avevo mai visto una volpacchiotta fumarsi una Exxon.”

Kaya scrollò le spalle senza scomporsi troppo.

Ci è tassativamente proibito avere vizi di qualunque genere. Dobbiamo sempre mantenere una condotta tale da poterci fregiare del titolo di Graziose Divinità... ma, sotto sotto, ognuna di noi rompe le regole in qualche modo: chi fuma, chi va a letto con esseri umani, chi si droga... ce n'è per tutti i gusti.”

Albedo fece tintinnare l'orecchino di perla con un tocco leggero, stringendo la sigaretta tra l'indice e il medio della mano sinistra.

Blyen si voltò di scatto, come ridestato da un profondo stato di trance.

Bentornato nel mondo dei vivi, Blyen. Mi sembrava di ricordare che fosse una conversazione a tre, ma non ti ho ancora sentito una volta. Finora te ne sei stato zitto, rincantucciato nel suo angolino nel più assoluto silenzio. Cosa ne dici di partecipare in modo un po' più attivo? Vorremmo conoscere anche la tua opinione. In fondo, tu le kitsune le cacci per lavoro.”

Grazie per avermelo ricordato di fronte ad una fuggitiva con una taglia di trentamila sterline sulla testa, trentamila sterline sonanti che potrebbero realizzare il mio unico sogno. Se avessi meno scrupoli, avrei già tramortito entrambi e ti avrei consegnata a chi di dovere.”

Kaya allontanò il filtro dalla bocca, scrollò il mozzicone sopra una scodella di plastica usata come posacenere.

Per quale motivo non lo hai ancora fatto, allora?”

La mano di Blyen si mosse in modo quasi automatico, puntando verso una direzione ben precisa.

Le foto sulle pareti.”

Gli occhi di Albedo guizzarono verso i muri di mattoni grigi, notarono per la prima volta quelle immagini tridimensionali rovinate dal tempo, dalle impurezze accumulate sul supporto di archiviazione. Volti radiosi di giovani coppie, uomini e donne, affiancate ad una Kaya in tenuta da cerimonia. Una miriade di immagini, lo stesso sfondo, l'atrio del Manto. Alcune kitsune indaffarate in secondo piano, fasciate nei loro kimono da cerimonia. Fotografie scattate in diversi momenti della giornata, la tiepida luce del sole a creare giochi d'ombra tra le pieghe del tessuto.

Il sopracciglio destro si inarca quasi all'istante, un'espressione perplessa si dipinge sul suo viso.

Lascia che te lo dica, Kaya: il completo non ti dona per niente. Spegne completamente la tua femminilità.”

Lo adoro proprio per questo motivo.”

Prego?”

Kaya roteò gli occhi.

Dall'esterno ci vedono come delicati confettini rosa, con quegli stupidi yukata così colorati e sottili. Sembriamo bomboniere ambulanti, incipriate ed infiocchettate come bamboline di ceramica. Mi viene da vomitare solo all'idea, tutta questa sdolcinata poesia potrebbe causarmi un diabete.”

Uh, come sei dura.”

Lo saresti anche tu, dopo trent'anni di servizio in quel posto orribile. È tutta apparenza, il Manto non è così perfetto come sembra. Non hai la minima idea di cosa sia successo là dentro, schifezze che mi vergogno anche solo a ricordare. Ogni mattina mi sveglio tentando di dimenticare il dolore... ma non ci riesco. Ho resistito finché ho potuto, fin quando sono riuscita a sopportare...”

C'entrano forse quelle persone, Kaya?”

Un sospiro amaro.

No, Blyen, non esattamente. Perché?”

Ce un'immagine che vorrei vedere più da vicino.”

Quale?”

Quella in alto a destra. Quella con la ragazza bionda e l'uomo dai capelli neri.”

Il palmo sinistro di Kaya roteò nell'aria ferma, richiamò l'oloproiezione, la ingrandì con un gesto deciso. La giovane dalla pelle scura si materializzò in mezzo alla stanza, abbracciata al gigante buono. Le iridi viola brillavano al sole delle cinque, mostrandosi in tutto il loro splendore.

Una bella coppia. Sono stati loro a regalarmi la teiera. Per un po' li ho frequentati, al di fuori del Manto.”

Un velo di cupa malinconia sul viso.

Lui era un omone gentile, molto più di quanto il suo aspetto facesse supporre. Aveva dei bei capelli ricci, di un nero lucido, perfetto. Con quella barba folta sembrava quasi un diavolo dantesco, ma era un tozzo di pane. Lei era così affascinante, aveva una pelle morbida, capelli di seta... e gli occhi! Pensavo fossero unici in natura, non ho mai più incontrato nessuno con lo stesso colore...”

Le iridi di Blyen scintillarono nella fioca luce della lampada a gas.

...almeno fino ad oggi.”


18. Il Predatore non si mostra allo sguardo della Luna


Kiyoko si fermò per riprendere fiato, i polmoni in fiamme, tutti i muscoli contratti. Guardò a destra, a sinistra, persino in alto.

L'ho seminato?

La mano insanguinata si appoggiò al ruvido cemento, le code si fissarono solidamente al terreno, per evitare che l'equilibrio precario potesse farla cadere. Un rivolo rossastro inondava la palpebra destra, sbordando sulla guancia. Il kimono era ridotto ad un colabrodo. Gli strappi profondi mostravano in modo quasi crudele le ferite sottostanti. La spalla destra le doleva parecchio, ma non sembrava essere nulla più di una contusione.

Un po' di pomata e passa tutto.

Il padiglione auricolare sinistro era rimasto lesionato, senza che tuttavia il colpo raggiungesse il timpano. Il parasole era stato sventrato al suo posto dalla salva di proiettili, ridotto ad un orrido scheletro di metallo contorto, con brandelli di tessuto ancora appiccicati alle ossa cave. I suoi centri vitali erano rimasti illesi.

Un miracolo, un vero miracolo!

Il suo inseguitore tardava ad arrivare, non era visibile nel raggio di cento metri. Il cervello di Kiyoko selezionava continuamente i suoni, filtrando il respiro ansimante di sottofondo, in modo da usufruire della massima ricettività.

Niente, solo il latrato di un cane in lontananza. Non sento nemmeno automobili. Devo essere ben lontana.

Fuggire non era stato semplice, no. Il Predatore aveva estratto una seconda pistola, un fucile automatico Strahl ad alta precisione. Se non fosse stato per le sue doti illusorie, si sarebbe ritrovata inumata nella terra fredda. Immaginò per un attimo il suo funerale. Kiku vestita della sua tenuta da cerimonia, fumi di incenso aromatico nell'aria, tutte le sue simili in lutto, finte lacrime di coccodrillo, tutte in piedi a cantare, un'eco, il riverbero dell'anima, il coro dell'esistenza. Poi, la batteria, l'assolo di chitarra e la voce del cantante degli Heart of Darkness, la melodia trascinante di Ode to Melancholy con il suo fascino, la profondità dei suoi bassi, delle sinfonie orchestrali. Una bella cerimonia non convenzionale, come quelle che piacevano a Kaya.

No, sono viva. Devo pensare a come sopravvivere, non a come morire in pace!

Il Predatore non le aveva nemmeno lasciato il tempo di giustificarsi, aveva premuto il grilletto a distanza ravvicinata, senza pensarci due volte.

La tua materia caudale mi sarà molto utile. Se stai ferma e tranquilla, non sentirai alcun dolore. Quando avrò finito con te, passerò all'altra, la regista occulta di questa stupida macchinazione.”

Si riferiva ad una specie di burattinaio, qualcuno all'interno del Manto. Ma chi? Il Predatore non si mostra allo sguardo della Luna, se non è ammantata da nubi. Dovevano averlo chiamato a seguito del suo fallimento con Albedo, poco ma sicuro... ma perché chiedergli di uccidere anche lei?

Kiku ti ha ordinato... di uccidermi? Di far fuori anche me?”

No. Ufficialmente, sarai una caduta sul campo. Ti saranno tributati tutti gli onori, Kiyoko. Ufficialmente, sarà stato Chill a premere il grilletto.”

Ma... ma perché?”

Siamo entrambi pedine su una scacchiera, Kiyoko. Tu sei la regina ed io sono il re.”

Ma apparteniamo allo stesso schieramento!”

Non è un problema. Qui siamo nella vita reale. Qui, il bianco può mangiare le sue stesse pedine.”

La raffica dello Strahl Barrage era partita senza preavviso, una tempesta di minuscole gocce di piombo, il rumore dell'acqua sul timido vetro. L'ombrellino era stato travolto dal fiume in piena di proiettili, esplodendo in mille pezzi di tela bianca. Alcune schegge le avevano tagliato l'orecchio sinistro.

Così complichi solamente le cose. Non fare storie, sai benissimo di non avere alcuna speranza contro di me.”

Non è una buona ragione per non tentare.

Un fruscio sommesso, passi nel buio. Passi pesanti.

Dannazione!

Riprese l'equilibrio, si scostò dalla parete, le code vorticarono attorno al suo corpo, mantenendone la stabilità. Quanto aveva percorso? Uno, due chilometri? Quanti altri avrebbe dovuto percorrerne, per mettersi in salvo?

Devo nascondermi in un luogo sicuro.

Si guardò attorno, tentando di riconoscere qualche punto di riferimento. Nella foga, aveva imboccato la prima strada che aveva trovato, cedendo agli automatismi della sua mente. Era probabile che si trovasse in una zona familiare, l'unico problema era capire quale. Si aggrappò con forza ad una scaletta antincendio, la salì a fatica, gradino dopo gradino, i sandali integri, nonostante la sparatoria. Quattro centimetri di ciliegio dividevano ancora la sua pelle dal metallo tagliente, permettendole di muoversi in modo più rapido.

Mi troverà anche quassù. Devo pensare in fretta. Il posto migliore sarebbe una casa, magari di qualcuno che conosco... ma purtroppo non ho tutta questa famigliarità con gli umani. Potrei chiamare Saku, ma se fosse d'accordo con il Predatore? Se fossero tutte d'accordo per eliminarmi? È perché sono scomoda? Perché temono che abbia aiutato Kaya? No, è un rischio che non posso permettermi di correre.

Superò l'ultimo gradino, posò il piede sul tetto del palazzo, rassettò ciò che rimaneva dell'abito. Il Predatore non si era fatto scrupoli a spararle alla schiena, né ad evitare di colpire certe parti del corpo. Aveva mirato alla testa, alle spalle, alla colonna vertebrale, premendo ogni volta il dito sul grilletto della Sachson, stringendo l'impugnatura dello Strahl con l'altra mano. Solo due tiri erano andati a segno, uno sul fianco destro, uno a livello del sopracciglio, nell'attimo in cui si era voltata per indirizzare meglio il canto, per confondere i sensi del suo aguzzino. Non aveva funzionato perfettamente, non era crollato a terra tormentato da visioni mistiche. Semplicemente, aveva sbagliato mira due o tre volte, perdendo la possibilità di ucciderla. Un risultato mediocre, ma sufficiente.

Non credevo potesse resistere. Mi sa che quello lì è proprio speciale.

Ma non si era arreso, ah no! Aveva estratto un coltellaccio dal fodero e si era lanciato su di lei con foga, aveva squarciato il kimono, ferendole il ventre, il collo, le gambe. Poi, un'ombrellata in mezzo agli occhi, gli occhiali che si infrangono, maledizioni irripetibili. E la fuga.

Non credo di avergli fatto male, non troppo almeno... però l'ho rallentato quanto basta.

I passi non accennano a diminuire. Kiyoko si appiattisce sul tetto, i sensi all'erta, il dolore dimenticato, solo per un attimo. L'istinto animale prende il sopravvento, la invita a non muoversi, ad aspettare con calma. Una sagoma scura nella via, cammina tranquillamente, fischietta.

Fischietta? Vuole indebolirmi psicologicamente? Vuole farmi crollare i nervi?

La ferita sul fianco lancia segnali dolorosi, i neuroni gemono. Le dita si chiudono di scatto, una scarica elettrica attraversa tutto il corpo, un gemito sommesso. L'uomo procede a passo spedito per la via, senza nemmeno sollevare lo sguardo.

No, non è lui.

Uno passato di lì per caso, un abitante come tanti, magari reduce da una serata in discoteca.

Pericolo scampato...

Kiyoko si mise a sedere, le code a sostenerla come una comoda poltrona. Lo squarcio causato dal proiettile pulsava in modo insostenibile. Slacciò la cintura crivellata, sfilò il kimono, lo lasciò cadere a terra. La piaga perdeva molto sangue, un'emorragia non ancora arrestata. Passò in rassegna il resto del suo corpo, tentando di eseguire una sorta di check-up. Le sue mani si mossero all'unisono, partendo dall'attaccatura dei capelli sciolti, spostandosi rapidamente sulla pelle umida.

Un taglio sul sopracciglio sinistro, uno all'altezza della scapola, uno sotto la spalla sinistra. Il petto è salvo, qui il coltello non è arrivato. Scendo ancora un po'. Qui... qui fa male! Il proiettile mi ha colpito solo di striscio, per fortuna, ma continuo a perdere fluidi. Qui cosa c'è? Un taglio lungo tutto il ventre, in diagonale? Che schifo, mi attraversa quasi l'ombelico! Sembro uscita da un macello, da un film dell'orrore! C'è altro? Qui sotto tutto a posto, ma le gambe? Sono piene di escoriazioni, nulla di grave però. Direi che sono ancora viva, anche se decisamente ammaccata.

Pensò a come tamponare la perdita ematica. Le venne in mente una sola idea, ma non riuscì a farsela piacere. Aveva perso la borsa nella fuga, quindi anche i medicinali che si portava dietro. L'unica possibilità sembrava ridurre in pezzi ciò che restava del suo abito e ricavarne una benda d'emergenza, cingendola stretta attorno al suo corpo.

Non ho molte alternative, se non voglio morire. Trasformarsi non servirebbe a nulla, le ferite restano, non posso rigenerare i tessuti danneggiati.

Richiamò le code, le mosse alla volta del kimono, lo afferrò con quattro delle estremità, lo strappò in strisce lunghe e sottili. Una volta terminato il lavoro, ne strinse una a livello dell'ombelico, coprendo completamente lo squarcio, proteggendolo come nell'abbraccio di una madre. Subito dopo, le code selezionarono la banda più larga, la annodarono con cura attorno al seno, celandolo alla vista della maliziosa Luna. Con il rimasuglio più grande, le sue estremità confezionarono qualcosa che assomigliava ad una piccola gonna, sufficientemente lunga da non offendere il pudore. Il resto del vestito venne riciclato in bende più piccole, utili per tamponare le ferite sulle braccia, sulle gambe, per fasciare l'orecchio.

Sembro una profuga di guerra.

Aprì l'ombrellino per verificarne lo stato. Le stecche piegate, ritorte, il rivestimento quasi del tutto assente, salvo forse per un paio di lunette. Assomigliava ad uno spettrale attaccapanni malandato.

Pazienza. Questo non posso buttarlo, non dopo che mi ha salvato la vita.

Richiuse ciò che restava del suo parasole, strinse con forza il manico nella mano destra.

Ora devo pensare a dove nascondermi. Sono riuscita a seminare il Predatore... ma per quanto? Non posso permettermi di perdere altro tempo.

Il suo sguardo fu attirato da un minuscolo involucro di plastica. L'incarto di una barretta dietetica alla crusca, scivolata fuori alcune ore prima da una borsetta.

La sua borsetta.

Qui ci sono già stata, oggi pomeriggio. Stavo spiando la casa di Chill, da questo stesso cornicione! Non può essere distante! E se...

Si rialzò in piedi barcollando, l'ombrello come bastone di sostegno. Il silo si ergeva alle sue spalle, mentre osservava col binocolo – poco ma sicuro.

Se la cisterna è lì, l'appartamento di Blyen dev'essere per forza dall'altra parte.

Aguzzò la vista, in direzione delle luci. Miriadi di finestre illuminate confondevano lo sguardo, deviandone l'attenzione. Tentò di individuare quella attraverso cui aveva osservato schifata le tenere effusioni tra Blyen e la sua dolce metà.

Chill abita al quinto piano, il terzultimo. Palazzine con sette piani ce n'è solo una, dev'essere per forza quella.

Scrutò attraverso il vetro rischiarato da pallide lampadine ad incandescenza.

Niente. Da questa distanza non posso vedere assolutamente niente. Devo avvicinarmi di più.

Pochi metri la separavano dal bordo esterno della struttura antistante. Se i suoi muscoli fossero stati più in forma non avrebbe avuto problemi a passare dall'altro lato del varco, ma in quelle condizioni...

Mi sa che dovrò sfruttare ancora una volta le mie code.

Tre delle estremità si allungarono fino a raggiungere il doppio della loro estensione naturale, si agganciarono al muretto che separava il tetto del palazzo dal vuoto sottostante. Le altre quattro si contrassero, inarcandosi, contorcendosi come serpenti. Ad un segnale della mente, acquisirono nuovamente le loro dimensioni iniziali, spingendola in avanti. Le tre code d'aggancio svolsero la funzione di un elastico, amplificando la portata del suo salto, per poi separarsi dai mattoni. Kiyoko scivolò nell'aria fresca della notte, stagliò la sua ombra sul disco lunare, atterrò con grazia sul tetto dell'edificio di fronte. In condizioni normali, sarebbe stato addirittura divertente. Un volo di alcuni metri, in totale libertà, il vento sulla pelle, il profumo dell'erba tagliata di fresco, dei denti di leone in fiore, nei prati, lontano dalla città, lontano da tutti...

Devo ricordarmi di farlo, prima o poi.

Controllò di avere con sé tutto il poco che le rimaneva.

Ombrello, sandali, bende... sì, direi che c'è tutto.

Alzò gli occhi in direzione del suo bersaglio.

Ho ridotto le distanze. Non manca molto, ormai.

I canini luccicarono nel buio, snudati in un sorriso di sfida. Nascondersi in casa del proprio nemico poteva sembrare una follia, ma era l'ultimo posto in cui il Predatore l'avrebbe cercata. Immobilizzare Sèrina non sarebbe stato troppo difficile, era solo una ragazza umana in fondo.

Raggiunse l'estremità del tetto, portandosi quanto più vicina possibile alla finestra dell'appartamento. La tenda era ben aperta, non c'erano persiane o tapparelle a protezione dei cristalli. Avrebbe potuto frantumare il vetro senza problemi, ma probabilmente avrebbe attirato l'attenzione dei vicini. Diede una rapida occhiata alla maniglia. Un sospiro di sollievo.

Per fortuna, è solo accostata, non è chiusa dall'interno. Non sarà difficile entrare, basta solo un altro salto e sono a posto.

Dalla sua posizione era possibile osservare, non vista, qualunque cosa accadesse aldilà dell'apertura. Sèrina si stava pettinando di fronte allo specchio, vestita di un pigiama azzurro piuttosto largo. Era intenta a sistemarsi i capelli lucidi, appena lavati.

Kiyoko si acquattò in attesa del momento propizio, l'istante in cui la ragazza avrebbe lasciato la stanza. Una volta dentro, avrebbe sfruttato l'effetto sorpresa.

Sembra un buon piano, devo solo riuscire a convincermene.

Sèrina ripose la spazzola nel cassetto, si alzò dalla sedia, stiracchiandosi nel suo comodo abito caldo.

Kiyoko si irrigidì. C'era qualcosa di strano, in quella stanza, qualcosa che non era stata in grado di focalizzare in precedenza.

Qualcosa di tremendamente sbagliato.


Condizioni di contratto

Sacro Manto Celeste della
Confraternita Kitsune


Nerifumo, li ____________


Con la compilazione e la firma del presente, io sottoscritto/a ___________________ nel pieno possesso dei diritti relativi alla mia persona, richiedo un colloquio privato con il corpo direttivo del Sacro Manto Celeste della Confraternita Kitsune (definito nel seguito come Manto) con lo scopo di definire e/o rinegoziare i termini accessori dell'accordo. I termini non modificabili comprendono:

  1. il pagamento di una somma di denaro inversamente proporzionale all'età del/della richiedente ed alla lunghezza della lista d'attesa (si veda tabella allegata); l'esenzione dal pagamento potrà essere riconosciuta solamente in seguito alla presentazione di un certificato emesso da un ente riconosciuto ed in caso l'età di entrambi i richiedenti sua superiore ai trentatré anni;

  2. la produzione di un documento firmato da entrambi i membri della coppia, autenticato da un notaio od un'istituzione affine, che certifichi la disponibilità di entrambi i componenti ad usufruire dei servizi offerti dal Manto;

  3. la firma di un documento che manlevi il Manto dall'impossibilità di assolvere al compito in caso di problemi preesistenti; si noti che al fine di limitare le conseguenze discusse al punto corrente, si richiede un certificato medico che attesti la fertilità di entrambi i membri della coppia; in caso tale certificato non venga prodotto/presentato, nessuna azione legale potrà essere intrapresa nei confronti del Manto;

  4. la firma di un documento che manlevi il Manto dall'insorgenza di malattie genetiche non riconducibili ad un'insorgenza casuale; si noti che al fine di limitare le conseguenze discusse al punto corrente, si richiede un certificato medico che attesti la perfetta condizione di salute di entrambi i membri della coppia e la totale assenza di predisposizione genetica a disturbi di qualunque tipo; in caso tale certificato non venga prodotto/presentato, nessuna azione legale potrà essere intrapresa nei confronti del Manto;

  5. la firma del documento di erogazione unica del servizio; tale documento sancisce l'impossibilità di un secondo ricorso ai servizi forniti dal Manto, se non in seguito ad evenienze descritte nelle tabelle allegate;

Firmando questo documento, dichiaro di essere consapevole che l'accettazione di suddetti termini è obbligatoria per fruire dei servizi offerti dal Manto e che la non sottoscrizione dell'accordo implica automaticamente l'impossibilità di erogazione del servizio.

Mi impegno a rispettare quanto sopra e a non richiedere alcuna variazione nelle condizioni contrattuali di cui sopra.


Firmato: _____________________


19. Preferirei non doverle spiegare il motivo


Conosci queste persone?”

Blyen scosse la testa con decisione.

No, non credo. Non le ho mai viste in vita mia. I volti mi sono familiari, ma temo sia solo una sorta di dejà-vu senza capo né coda, tutto qui. Mi ha incuriosito il colore degli occhi della ragazza, è inusuale ed è praticamente identico al mio. Puoi dirmi qualcosa di più su di lei?”

Si chiama Millia Aguero, è una mia vecchia amica. Non vedo lei e suo marito da anni, più per colpa mia che per loro, intendiamoci. Durante i permessi premio mi sono concessa altre compagnie e non sono più andata a far loro visita. Li ho completamente persi di vista.”

Blyen annuì sconsolato.

Il nome non mi dice niente. Sì, dev'essere solo una stupida coincidenza. Lo sai? Io sono nato il sedici giugno del duemilatrenta, alcuni mesi dopo la data riportata sulla cornice. Per un attimo ho pensato... no, niente, lascia perdere. Non servirebbe a nulla parlarne.”

Kaya roteò il polso sinistro, riportò l'immagine alla sua grandezza originaria, incastonandola nuovamente nel suo cantuccio. Albedo aspirò dal filtrino, consumando completamente ciò che restava della sigaretta. Schiacciò con forza il mozzicone nel posacenere improvvisato, riducendolo ad una poltiglia nerastra appiccicosa.

Qui stiamo solo perdendo tempo. Non ha senso mettersi a discutere su una olofoto mentre abbiamo una pazza sanguinaria alle calcagna capace di farci saltare in aria per conto delle tue sorelline! Cosa ne dici di raccontarmi la storia dall'inizio?”

Lo farò dopo che mi avrete raccontato la vostra storia. I termini dell'accordo erano questi. Se non ti sta bene, puoi anche andartene o uccidermi. In ogni caso, non ne ricaverai nulla.”

Albedo alzò il braccio sinistro, in segno di minaccia. Kaya scrollò le spalle con noncuranza.

Se stai pensando di tramortirmi e consegnarmi al Manto, sei fuori strada. Conosco alcuni trucchetti per stenderti prima ancora che tu possa pensare di colpirmi. Non costringermi ad usarli.”

L'uomo si tranquillizzò, abbassò l'arto, respirò profondamente. Blyen si alzò in piedi, portandosi al centro del cubicolo.

Va bene. Inizierò io, se per Albedo non ci sono problemi. Ti racconterò tutto quello che vuoi sapere su di me, senza menzogne o falsità. So per certo che siete in grado di distinguere una bugia dalla verità senza troppi problemi, quindi non ha senso tentare di ingannarti.”

Albedo annuì con un cenno del capo, Kaya si rimise a sedere sulla cassapanca.

Inizia pure rispondendo alla prima domanda: chi sei?”

Allora... mi chiamo Blyen, Blyen Chill. Sono un figlio di nessuno, lasciato marcire in un orfanotrofio nel quartiere Crowley assieme ad altri tre bambini, tutti desiderosi di essere adottati da qualcuno. Sfortunatamente, il Manto era già attivo da quattro, cinque anni... e di fronte alla possibilità di avere un figlio proprio, nessuno sembrava ricordarsi dell'esistenza dei senza famiglia.”

Strinse il pugno con vigore, controllando a malapena la rabbia.

Questo è stato il primo motivo per cui ho iniziato ad odiare voi kitsune, per avermi privato del diritto ad avere una mamma e un papà che mi volessero bene. Dei miei genitori – i miei veri genitori – non ho mai saputo nulla, solo che mi hanno messo a disposizione una rendita mensile di qualche centinaio di sterline, derivanti dai proventi di non-so-bene-cosa. In pratica, mio padre doveva essere uno coi soldi che è schiattato troppo presto, o qualcosa del genere. Non so nemmeno se Blyen Chill è il mio vero nome – cioè, forse lo è, esistono diverse persone che portano questo cognome, ma non ne ho mai incontrata una a Nerifumo. Ad ogni modo, ho vissuto lì dentro fino all'età di sedici anni. Grazie alla mia sovvenzione, sono riuscito a pagarmi l'affitto di un modesto alloggio per studenti lontano da quelle mura, da quelle stanze che mi hanno visto crescere. Non ne potevo veramente più, ero nauseato! Alla prima occasione, mi sono dato alla macchia, cercando di imparare a cavarmela da solo.”

Oh, che storia triste. Mi viene la pelle d'oca. Dove sono i fazzoletti?”

Blyen ignorò il commento sarcastico di Albedo, non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

Comunque sia, ho finito le scuole superiori senza troppi problemi, ma ho rinunciato ad entrare all'università, non faceva per me. A quest'ora sarei già laureato, probabilmente, ma ho scelto un'altra strada.”

Toccò il contenuto della fondina, per ribadire meglio il concetto.

Ho iniziato a ripulire le briciole lasciate dagli altri cacciatori a vent'anni, subito dopo aver ottenuto il porto d'armi. Il mio equipaggiamento era ridotto ad una Sachson 44 comprata d'occasione al banco dei pegni e un coltello Ashton da quindici centimetri. Lo ScanMan si è aggiunto solamente l'anno scorso e mi è costato un occhio della testa. La Eve produce gingilli bellissimi, ma per quanto riguarda i prezzi...”

Albedo lo interruppe con un gesto eloquente della mano.

Sì, sì. Taglia corto, non credo che questi dettagli insignificanti possano essere utili alla nostra ospite. Vai al dunque. Qual era la seconda domanda? Cosa desideriamo? Ce n'era anche una terza, giusto? Perché ti stavamo cercando?”

Blyen si morse le labbra, trattenne l'istinto di tirargli un pugno in pieno volto.

Nel mio caso, la risposta a queste due domande è la stessa. Da qualche tempo, ero alla ricerca di una taglia sostanziosa, sopra le diecimila sterline per capirci. Volevo uno scambio alla pari col Manto, la fuggitiva d'oro in cambio del... del diritto di avere un figlio dalla mia compagna. Convivo con Sèrina da tre anni e mezzo e voglio... vogliamo avere un bambino. Sèrina è ancora giovane, lo so, ma... ma ci sono motivi che preferirei non spiegarti per cui questo è molto importante. In pratica, riportarti al Manto sarebbe la via più veloce per soddisfare il mio desiderio. Ecco, è tutto.”

Motivi che preferiresti non spiegarmi...”

Kaya si alzò nuovamente, si diresse verso la parete costellata di oloproiezioni.

Blyen, oltre a svolgere il ruolo di archivista, per molti anni sono stata una Genitrice. Lavoravo a contatto diretto con le persone che si rivolgevano a noi e le sottoponevo ad un rigido questionario, prima di concedere loro l'autorizzazione a procreare. Inutile dire che non tutti rispondevano in maniera soddisfacente. Mi è capitato di avere a che fare con la stessa coppia anche per sei, sette volte: gente che voleva un bambino solamente come status symbol, per mostrare ai vicini di poterselo permettere, donne che credevano che un bimbo potesse rinsaldare il rapporto vacillante con il marito, uomini d'affari che necessitavano di un erede a cui lasciare la propria impresa, semplici curiosi che consideravano l'opportunità di avere un figlio come un'eccitante novità, quasi alla stregua di comprarsi un cane o un robot da compagnia.”

Chiuse gli occhi, la mano aperta premuta contro la parete.

La prima domanda che formulavo era la più esplicita: perché volete un figlio? Tu non hai idea di quante volte mi sono sentita rispondere preferirei non doverle spiegare il motivo, di quante porte ho dovuto chiudere in faccia per questa ragione! No, Blyen, non puoi chiedermi di fidarmi di te se prima non mi racconti tutto nei minimi dettagli.”

Nei minimi dettagli?

Blyen arretrò di un passo, respirò profondamente, riprese il controllo sul suo stesso corpo. Il volto assunse un colorito paonazzo, come per mancanza di ossigeno.

Posso chiederti un paio di minuti? Il tempo di... di mettere ordine nella mia mente, okay? Nel frattempo, può parlare Albedo...”

No. Voglio sapere adesso le ragioni per cui mi avresti scambiato con un figlio. Sei davvero così egoista da privare un altro essere senziente della libertà solo per ottenere un vantaggio personale? Sfido che avevi bisogno di una taglia di questa entità. Ad una persona del genere, chi mai concederebbe l'opportunità di...”

Blyen digrignò i denti, stringendoli fin quasi a farsi sanguinare le gengive, i muscoli contratti in vibrazione.

Taci! Tu non sai niente di me! Non puoi giudicarmi dall'esterno! Non ne hai il diritto!”

Urlò a squarciagola, il corpo in preda ad uno spasimo irrefrenabile.

Chiedilo ad Ayane quanto sono egoista, chiedilo a lei! Chiedile perché l'ho lasciata fuggire, perché non l'ho consegnata al Manto, rinunciando a milleseicento sterline di taglia! Credi che se fossi solo un bastardo egocentrico, sarei stato capace di lasciarla andare? Era una Generatrice, come lo sei stata te, e mi ha raccontato la sua storia – la vostra storia! Sai perché è scappata dal Manto? Perché non ce la faceva più! Non era più in grado di sopportare la visione di tutte quelle coppie piene di speranza che giungevano da ogni parte del mondo conosciuto fin qui, a Nerifumo, per avere un figlio e dovevano tornare indietro perché la loro zona aveva già raggiunto la popolazione massima consentita o perché non avevano le disponibilità economiche per accedere ai servizi offerti dal Manto! Vuoi sapere perché caccio le kitsune? Vuoi veramente saperlo? Perché vi odio! Odio il vostro sistema, il vostro monopolio delle nascite! Perché queste selezioni, questa burocrazia? Poter generare nuova vita è un diritto, chi siete voi per arrogarvi il giudizio su chi merita di procreare e chi no?”

Kaya gli posò delicatamente una mano sulla spalla, gli occhi spalancati, fissi nei suoi.

Se ci odi così tanto, perché hai permesso ad Ayane di scappare? Non avrebbe avuto più senso ucciderla o riconsegnarla, seguendo la tua linea di pensiero?”

Ayane odiava quel posto e tutto ciò che rappresenta quasi quanto me. Ho provato una sorta di... empatia, nei suoi confronti. Sarei stato un vero mostro a riportarla indietro.”

Albedo estrasse una nuova sigaretta, la portò alle labbra, fece scattare nervosamente l'accendino.

Quindi, anche adesso saresti intenzionato a lasciarla andare via? Come hai fatto con Ayane?”

Se le ragioni fossero valide... sì, direi di sì. Mi costerebbe molto, l'unica possibilità concreta di far breccia nel Manto. Mi dispiace.”

Non devi dispiacerti. Comprendo il punto di vista... ma non lo condivido.”

La fiammella ravvivò l'ambiente, accese la punta della Exxon Blue. Una densa nube grigiastra si librò in volo.

Se tu pensassi veramente che avere un figlio sia il tuo desiderio più grande, allora non dovresti fermarti di fronte a nulla. La morale, le emozioni, i sentimenti... sono solo ostacoli alla realizzazione di ciò a cui anela il tuo io più profondo. Se fossi al tuo posto, se avessi una concreta possibilità di rendere reale la mia brama più segreta, non mi farei alcuno scrupolo, dovessi anche uccidere mio fratello o tradire il mio miglior amico.”

Sembra che tu non sappia cosa significa voler bene a qualcuno.”

No, infatti. Se devo essere sincero, non è che me ne importi molto. Ho più tempo e risorse per me stesso. Ma continua, non lasciarti intimorire dal mio modo di fare. Sono semplicemente incapace di ascoltare un discorso senza interromperlo, è questo il problema. Stavi spiegando la ragione per cui tu e la tua baby convivente desiderate tanto un moccioso che sgambetti per casa, rompendo vasi e svegliandovi di notte per la fame. Interessante, non trovi? Un ragazzotto di ventiquattro anni – che, ricordiamolo, sopravvive grazie ad una rendita mensile e agli introiti della sua singolare attività lavorativa – avrebbe già difficoltà a reperire denaro sufficiente per due persone, figuriamoci per tre! No, Blyen. Il tuo ragionamento non sta in piedi. Non solo non hai riflettuto a sufficienza sul cosa significhi veramente crescere un figlio, ma hai completamente sottovalutato la tua autonomia economica. Vedi di maturare anche tu, bimbo, prima di pensare così in grande.”

Gli occhiali da vista scivolarono nell'aria, compiendo una breve parabola, seguiti a breve distanza dalla sigaretta. Albedo cadde rovinosamente sulla schiena, la guancia arrossata, lo sguardo incredulo. Blyen ritrasse la mano, si massaggiò le nocche senza proferire sillaba.

Albedo si rialzò a fatica, le dita inguantate scorsero sulla pelle pallida, in cerca di danni permanenti alla sua estetica perfetta. Con sollievo, si rese conto di essere illeso. Raccolse la montatura da terra, la riagganciò alla collanina imperlata, ripristinando con perizia la normale funzionalità delle lenti.

Ottimo destro, anche se forse un montante avrebbe sortito un effetto migliore. Non ricambio la cortesia solo perché in tal modo offrirei uno spettacolo indecoroso alla nostra gentile ospite. Ti senti meglio, ora che hai utilizzato il mio viso come sacco da allenamento?”

Blyen lo fissò con uno sguardo intriso di odio allo stato puro.

Se mi avessi lasciato finire, maledetto imbecille, ti saresti risparmiato il dolore. So perfettamente che con i miei mezzi attuali non avrei mai un sostentamento sufficiente a crescere il nostro bambino... ma non abbiamo più molto tempo.”

Albedo roteò gli occhi, un'irritazione crescente nelle pupille sottili.

Cosa? Non avete più molto tempo? Ma se siete entrambi giovanissimi! Dico, tra tutte le idiozie...”

Sì, è... è vero. Siamo nel fiore della vita, nel momento di massimo splendore, è così, hai ragione... ma... ma, vedi...”

Gli occhi di Blyen si inumidirono, le iridi violacee offuscate da un peso enorme. La voce si sforzò di trovare la strada che potesse trascinarla al di fuori delle labbra, trasformandosi in un gemito strozzato.

... Sèrina ha ancora quattro anni di vita, al massimo.”


20. E la musica partì, scortata dalla pioggia


Dovrebbe fare qualcosa per quel taglio, signore. Sanguina parecchio, ed è piuttosto profondo. Vuole che la porti al pronto soccorso?”

No, grazie. Mi sembra di averti già detto dove voglio andare. Vedi di portarmi lì, visto che ti pago apposta.”

Il tassista scosse la testa, sconsolato.

Proprio a me doveva capitare il cliente scorbutico...

Attivò il tassametro con uno sguardo diretto alla fotocellula, le dita avviarono rapidamente l'alimentazione secondaria e l'isolatore acustico della vettura. L'automobile era una Kramers Estoril comprata l'anno precedente, dotata di tutti i comfort di ultima generazione tra cui lo schermo antirumore, la doppia iniezione a GPL e idrogeno, la batteria a microdistorsione controllata e lo stereo immersivo totale, capace – secondo la pubblicità – di trasmettere anche le sensazioni.

Non c'è che dire, la Kramers le progetta bene le auto.

La ditta era come risorta dalla cenere, dopo dieci anni di crisi profonda. Il suo proprietario era morto misteriosamente a seguito di un incidente in Irlanda. La polizia aveva indagato per un po', ma senza venire a capo di nulla. L'unico indiziato, la sua guardia del corpo, era dato per disperso nella zona morta tra St. Patrick SHIELD e Correa DOME, le due città barriera ai capi opposti del deserto artificiale. Nessuno si sarebbe avventurato lì in mezzo solamente per riprenderlo, nessuno avrebbe rischiato la vita in un modo così stupido... e un colpevole irrintracciabile sarebbe andato bene a tutti.

Sì, certo, come no. Probabilmente si è suicidato o lo hanno fatto fuori i concorrenti e hanno deciso di tacere la notizia. Furbi, eh, ma a me non la si fa. Non sono diventato tassista per niente.

Una rapida occhiata al rivelatore di iride per attivare lo stereo e poi via, a tutta velocità.

Quanto può andare forte questa carretta?”

Carretta?

Questo gioiellino raggiunge i duecentottanta. Se ha fretta, basta solo che lo dica e che abbia abbastanza denaro per pagare le multe per eccesso di velocità.”

I soldi non sono un problema, ma preferirei non vederla dall'alto, la destinazione. No, rispetta i limiti, non ho tutta questa urgenza di arrivare. Tanto, ho un asso nella manica.”

Quale manica? Non mi sembra che la tua giacca ne abbia.

Un ritmo martellante prese possesso dell'abitacolo, una batteria elettronico-randomica fece il suo ingresso trionfale, scandendo il tempo in un orecchiabile quattro quarti. La chitarra strimpellata di Goran Verger dei Soundstalkers accompagnò la lunga introduzione di tastiera, sino all'inizio della prima strofa. L'attacco di Arreja colse l'autista alla sprovvista, come ogni volta. Odiava i Soundstalkers, la loro non era musica era solo...

Come definirlo?”

Huh?”

Sì, insomma... questa le sembra musica? Sembrano parole a casaccio incastrate a fatica in un tema banale e ripetitivo. Niente a che vedere con The Bluesman. Se lo ricorda lei, The Bluesman? Quel tizio riccioluto così famoso vent'anni fa? Come può non ricordarsi The Bluesman? Ma soprattutto, perché trasmettere questa robaccia quando esistono pezzi come i suoi? Bah, io le radio fatico a capirle. Spacciare questa robaccia generata al computer per un capolavoro è un vero e proprio scempio... fortuna che esistono ancora i cantautori tradizionali, quelli che nella musica ci mettono l'anima, non so se capisce. Proprio come...”

Fammi indovinare: come The Bluesman?”

Sì, sì esatto. Lo conosce anche lei, allora? Bene, mi fa piacere aver accolto un intenditore sulla mia automobile. Ah, se solo avessi il disco dietro, lo caricherei subito sul lettore. Anzi, potrei scaricarlo dalla rete ed inviarlo allo stereo anche subito. Cosa ne dice? È un po' illegale, ma non credo che la polizia sia in grado di rintracciare un singolo download su un veicolo in movimento.”

Fai quello che ti pare. Basta che stai attento a non uscire di strada.”

Il Predatore sprofondò nel comodo sedile di pelle, maledicendo il cielo.

Perché tra tutti i taxi, proprio su questo dovevo capitare?

Si massaggiò la ferita sulla fronte, prestando attenzione a non toccarla direttamente. Quell'ombrellino inoffensivo gli aveva aperto un bello squarcio, una diagonale quasi perfetta che partiva dalla sommità del sopracciglio destro ed incrociava il naso sino a poco sotto la palpebra inferiore sinistra. I suoi occhiali adattivi di marca, costati la modica cifra di duemiladuecento sterline, erano esplosi in frantumi acuminati, a pochi centimetri dagli occhi. Fortunatamente, la sua vista non ne aveva risentito, nessuna scena splatter con schegge di vetro piantate nelle orbite.

Prima di ucciderla, la torturo quella sgualdrina. Questo taglio è tremendamente antiestetico, quasi peggio delle rughe. Dovrò ricorrere al chirurgo plastico per eliminarne i segni. Che prospettiva orribile...

Sospirò rumorosamente, tentando – per quanto possibile – di concentrarsi su altro. Pensare in quel momento alla parcella del medico poteva essere letale per il corretto funzionamento del suo cervello. Tese l'orecchio, raccogliendo le note sconclusionate della canzone, quel continuo, insensato Arreja Alemme Arima Siro14 che sembrava costituire il ritornello del pezzo.

Forse il tizio strambo alla guida non ha tutti i torti...

Sistemò la giacchetta con cura, spazzolandola, liberandola dalla polvere e dai trucioli di legno, ignorando completamente le lamentele dell'autista.

Ehi, questo taxi deve rimanere pulito almeno fino alla fine del turno. La sporcizia poteva togliersela là fuori.”

Non ci ho pensato, mi dispiace.”

Non mi dispiace per niente, invece.

Osservò con disinteresse il monotono panorama aldilà del finestrino. La macchina percorreva silenziosa le strade cittadine, una sagoma bianca affusolata e lucente, corredata dagli usuali neon azzurro brillante. Un intricato dedalo di vie secondarie accolse il veicolo, circondandolo in un abbraccio contorto di vetro e cemento. Nubi scure sembravano voler divorare il disco lunare, celandone in parte il chiarore soffuso. Le stelle stesse parevano indecise sul da farsi, non sapendo se scintillare nonostante le nuvole o riposare tranquille, opache nel cielo. Un pipistrello solitario svolazzò a pochi metri dal tettuccio, rituffandosi tra le pieghe del tessuto urbano. Il canto sommesso dei grilli avrebbe completato degnamente il quadro, se solo il veicolo non fosse stato così ben isolato dall'esterno. Era come assistere ad un vecchio film in bianco a nero, di quelli che venivano ancora proiettati sui teloni riflettenti negli scalcinati cinema di provincia. Sui marciapiedi illuminati dalla fioca luce dei lampioni si muovevano figure impegnate nel teatrino della vita, ubriachi, effeminati dandy in cerca di compagnia, prostitute di vario genere. Marionette senza fili in grado di recitare il ruolo assegnato loro dalla società senza fiatare né pensare a come migliorare la propria situazione.

Patetico...”

Prego?”

No, niente. Stavo riflettendo ad alta voce.”

La vettura si portò nuovamente sulla via principale, dirigendosi verso la periferia della città, nascondendosi ai suoi lunghi tentacoli d'ombra e fumo asfissiante. Poco per volta, la candida silhouette del taxi perforò il muro di tenebra, avvicinandosi al limite esterno di Nerifumo. Le prime baracche fecero capolino dal nulla, sostituendosi man mano agli edifici, trasformando il volto stesso della metropoli in un crogiolo informe di povertà e miseria.

Secondo me sta per piovere. Eh, sì. Quelle nuvole lassù significano pioggia. Tanta pioggia. Potrebbe addirittura esondare il fiume artificiale. Ma ci pensa? Potrebbe verificarsi un'altra alluvione, come quella del '46. Lei era qui nel '46? Io sì, lavoravo già come tassista nottambulo. Gliel'ho già raccontato? Forse no, però lei non ha la faccia di uno a cui piace sentirsi raccontare i fatti altrui. Ad ogni modo, cosa ne pensa? Secondo me, questi cambiamenti climatici ci stanno condannando. Vent'anni fa, Nerifumo non era così umida. Prima del '46 il canale non è mai esondato, dopo lo hanno chiuso. Quella zona è malfrequentata ora, ci vanno gli spacciatori, le battone, qualcuno dice di averci visto anche qualche volpe scosciata con desideri piccanti. Ma ci pensa? Una delle Graziose Divinità che vende il proprio corpo! Dico, non le sembra assurdo?”

I soldi fanno gola a chiunque.”

Sì, ma addirittura mettere in mostra la mercanzia sul canale! A proposito, si ricorda quando hanno chiuso il canale? Ad Heikeen hanno piantato un bel casino, loro ci vivevano coi soldi dei transiti. Hanno persino presentato una petizione firmata al nostro sindaco, per impedire che cadesse in disuso. Ma sa, quelli di Heikeen non sono ben considerati qui, per cui nessuno li ha ascoltati. Gliel'avevo già detto che il fiume è esondato nel '46? Ma sì che gliel'ho già detto, mi scusi è che spesso dimentico di quali argomenti ho parlato.”

Il passeggero inspirò profondamente. Da quando era salito sulla macchina, il tassista non era stato zitto un attimo. Una secchiata di parole e concetti scollegati, come in un flusso di coscienza ad alta voce, uno one-man-show per un singolo spettatore annoiato.

I lampioni accartocciati accanto alle baracche risplendevano fiochi, a intermittenza, compatendolo per quel supplizio prolungato ed inarrestabile.

Potrei ucciderlo e sequestrare l'auto... ma no, no, non ci guadagnerei nulla! Un conto è far fuori una kitsune, che tanto la polizia se ne frega, ma se uccido un uomo, tempo due giorni e me la trovo alle calcagna. No, devo sopportare, tanto manca poco.

Ma lei è così silenzioso! Mi dispiace disturbarla, davvero, ma non sa che seccatura sia lavorare come tassista in questa zona della città a quest'ora della notte. Senta, mi tolga una curiosità... lei cosa ci va a fare nella zona povera di Nerifumo? Non ci sono discoteche o localacci per cuori solitari qui. Se ce ne fossero, lo saprei. Per un po' li ho frequentati anche io, specie dopo il turno di notte...”

Sì, sì grazie. Parla meno e guida di più.”

L'uomo mugugnò qualcosa di incomprensibile, scrollò le spalle con vigore, iniziò ad armeggiare con l'autoradio per sfogare la frustrazione.

Un tuono in lontananza, un fragore isolato, baritonale. Nuvole scure dove sino a venti minuti prima splendeva la pallida Luna.

Strano. Le previsioni non davano brutto tempo.

Un ticchettio sinistro sul parabrezza, una goccia per volta, il pianto del cielo. Una saetta nell'aria cupa, le stelle ridotte a lumini irriconoscibili. Cirri, cumulonembi, formazioni di vapore acqueo condensato occupavano quasi completamente la visuale. Il valzer acquatico aumentò di intensità, l'orchestra iniziò l'esecuzione del primo movimento. I timpani lacerarono il silenzio, rombando muti in risposta allo squarcio scintillante. L'autista azionò i tergicristalli, li portò alla massima velocità, attivò il termoriscaldanto dei vetri con un battito di ciglia, impedendo l'appannamento del parabrezza. Gli pneumatici multivarianti aggredirono l'asfalto con maggior vigore, aggrappandosi ad ogni escrescenza del terreno. Un bip acuto echeggiò all'interno dell'abitacolo, le luci del sistema audio si accesero all'unisono.

Oh, finalmente. Non credevo ci volesse così tanto a scaricarla. Un solo secondo e le faccio ascoltare The Bluesman, come mi aveva chiesto.”

Uno sguardo sul ricettore corretto, l'impianto stereo rispose con una sventagliata di lucine colorate. E la musica partì, scortata dalla pioggia.

Una chitarra classica introdusse la voce calda del cantante, un raggio di sole nella notte tetra.

Una melodia piacevole, nulla di più. Sembra un vecchio bluegrass da operetta.

La batteria appena accennata fece la sua comparsa, alcuni cori femminili in sottofondo a sostenere il tema principale. Il Predatore sgranò gli occhi, avvolto da una sensazione inusuale, nuova ed antica allo stesso tempo. I pensieri vorticarono, annullandosi, provocando uno stato di profonda incoscienza. Le note scivolarono nel suo animo, si moltiplicarono risuonando nel corpo, diffondendosi come un virus inarrestabile. Immagini idilliache si alternavano nella mente, come fugaci diapositive ricavate da foto mai viste. L'albero di pesco, i cespugli bassi, il lago artificiale, l'arcobaleno olografico, la pace di quei momenti dimenticati. Volti innocenti, efebi, privi di un genere definito, tutto attorno a lui.

Mamma, dove sei? Mamma?”

Chi stai chiamando? Cos'è la mamma?”

Io sono sicuro di averne una. So che c'è, rammento il suo abbraccio caldo sulla mia pelle...”

Ma noi non abbiamo una mamma. Siamo nati dal nulla, non la sai la storia?”

La storia non mi interessa! Io so che c'è una mamma, da qualche parte! Lo so! Ne sono sicuro!”

...ne sono sicuro...”

Ehi, amico, tutto a posto?”

Il Predatore scosse la testa, le pupille dilatate, lo sguardo stralunato. I muscoli del suo corpo sembravano non essere in grado di reagire, completamente rilassati, totalmente refrattari agli ordini.

Io... sì. Credo... credo di sì...”

Bene, perché l'ho vista un po' pallido. Lo sa? Non è la prima persona su cui questa canzone ha un effetto così potente. Qualche tempo fa, ho accompagnato una giovane ragazza dalle parti del quartiere Wetsource e – guarda caso – alla radio trasmettevano lo stesso brano. All'improvviso è crollata sul sedile in preda ad una sorta di estasi mistica, poco dopo i cori. Credo si chiami sindrome di Stendhal, quella che causa svenimenti di fronte ad opere di immensa bellezza. Ecco, io penso il pezzo di The Bluesman sia davvero l'apice della musica contemporanea. Una volta ho ascoltato tutto l'album, ma questa è l'unica – e ripeto, l'unica – traccia in grado di suscitare emozioni così violente.”

Come... come si chiamava la ragazza?”

Oh, era un nome strano, abbastanza inusuale. Mi ricordava quello di una stella, sa? Una stella minore, non molto conosciuta, adesso non riesco a rammentarne il nome, ma penso che appartenga alla Vulpecula.”

La Vulpecula?”

Ma sì, quella minuscola costellazione del cielo settentrionale. Sa, io mi diletto anche di astronomia, è un interesse che coltivo da anni, da quando...”

Il Predatore si asciugò con un fazzoletto, prestando attenzione a non raschiare la ferita.

Non c'è tempo per questo, adesso. Kiku non mi perdonerebbe un ritardo o un fallimento.

...quanto manca?”

L'autista si batté una mano sulla fronte, costernato.

Ah, scusi, scusi! Siamo arrivati, ma nella foga mi sono dimenticato di fermare il tassametro. Pazienza, le scalerò qualche sterlina. Sono quarantasette sacchi, sconto incluso. Ben arrivato alla diga di Nerifumo. Le auguro una piacevole nottata, signor Banquo!”


2051 – 04 – 16


The Soundgarden

a truly independent music soul



L'invasione degli

ultraseed



L'applecore è morto e nessuno sembra rimpiangerlo. Dai tempi dei Sanjuro Bahia e degli Albeit it ended sembrano trascorse ere geologiche, mentre in realtà sono passati meno di vent'anni. Il nuovo genere che sembrava dover rivoluzionare il panorama musicale è crollato sotto il suo stesso peso, abbandonato dai fan e stroncato dalla critica. L'ultima hit, il canto del cigno di questo fenomeno ampiamente sopravvalutato è stata forse quella Bionic Laser Commando dei Crawshank che ha affollato le nostre radio a immersione per due settimane, attraversando l'intera classifica dal primo al trentesimo posto, spacciata come un capolavoro assoluto da certo cattivo giornalismo musicale. Effettivamente, Bionic Laser Commando presentava alcuni elementi innovativi che la distanziavano dall'applecore originario, come ad esempio una struttura rigorosa e la presenza di strofe vere e proprie, e si può definire come l'ultimo colpo di coda del randomgen pop puro. La musica generata al computer non sembra incontrare più il favore del pubblico e si appresta ad essere accantonata in fretta e furia, a meno che non compaia qualche gruppo in grado di ridare vigore a questo germoglio avvizzito.

Ma facciamo un po' d'ordine, ripercorrendo la storia di questo fenomeno mediatico. Nel 2032, i Sanjuro Bahia hanno pubblicato un album sperimentale, Chainsaw Symphony, contenente i primi pezzi composti in tandem con un computer, un generatore di musica soprannominato HAL e considerato come il quinto membro della band. Chainsaw Symphony ha costituito un punto di rottura nel panorama musicale mondiale, dando vita ai movimenti applecore e random generated pop (o, più semplicemente, randomgen pop), basati sull'ampio uso di motivi ripetuti ed impostati tramite la scelta di un seed numerico. L'apice del successo è stato raggiunto dagli Albeit it ended, con il loro album Endless motion throughout the Stars, un misto raffinato di synthwave e randomgen che ha ottenuto voti decenti anche sulle riviste più esigenti.

La magia dei precursori si è spenta presto e non ha lasciato eredi: ad oggi, gli ultimi strascichi con un minimo di originalità sono trascinati da gruppi come i Soundstalkers che tentano di portare all'estremo la randomgenesi, lasciando creare al computer gli stessi testi delle loro canzoni.

Ci auguriamo solo che questa nuova invasione di ultraseeds non porti all'esasperazione un genere che è già un'esagerazione e porti una boccata d'ossigeno nel panorama musicale moderno, costituendo un superamento e non un'imitazione di un genere che non ha più nulla da dire.


James “Vyddarg” Olsen


21. Il cuore si tuffò nell'abisso


Non sapevo davvero cosa pensare, quando ho visto quella scatoletta vicino allo specchio. Credevo semplicemente di essermi sbagliata, data la mia scarsa dimestichezza con gli oggetti umani... ma, a quanto pare, non è così. Devi essere veramente messa male per fare uso di quella roba.”

Kiyoko sgambettò, seduta sul davanzale della finestra. Le code riposavano placidamente, accoccolate accanto al muro, nei pressi del termosifone.

Sèrina la osservava con occhi sbarrati, asserragliata nell'angolo più lontano della stanza, incapace di fuggire. Il corpo sembrava non voler più rispondere agli ordini impartiti dal suo cervello, restando immobile al cospetto dell'intrusa, una kitsune dagli abiti discinti e la pelle solcata da numerose ferite.

Oh, scusa, ho interrotto qualcosa? La tua toeletta serale, forse? So benissimo che disturbare una ragazza nel bagno di casa sua può sembrare sgradevole e non consono all'etichetta, ma le circostanze mi impongono di comportarmi in modo meno ortodosso.”

Kiyoko rise tra sé e sé, pronunciando quelle parole. La stessa Saku non avrebbe saputo utilizzare un linguaggio più inutilmente forbito e complicato per esprimere un concetto così semplice.

Insomma, lasciando stare la grammatica, sono nei guai e questo è l'unico posto in cui posso nascondermi. Vuoi forse negarmi ospitalità?”

Vattene! Non so chi tu sia, ma questa è proprietà privata! Se non mi lasci in pace, chiamo la polizia!”

Lo vuoi veramente, Sèrina? Io non ne sono così sicura.”

Portò la mano destra all'altezza delle labbra, ne lambì il dorso con la punta della lingua.

Anche perché, sono disposta a darti qualcosa in cambio: il mio silenzio con Blyen.”

Il corpo della ragazza fu scosso da un tremito, un sussulto improvviso.

Il tuo silenzio? E su cosa?”

Sui farmaci di cui fai uso, in primo luogo. Non credo che il tuo compagno farebbe salti di gioia a sapere che assumi quella roba, in un momento come questo poi! No, non ne sarebbe per niente contento.”

Ah.”

Sèrina sospirò sollevata, come se avesse camminato sul ciglio di un baratro e avesse evitato di precipitarvi dentro per un soffio. Chiunque fosse, quella strana kitsune era praticamente innocua. Si era presentata con un'entrata a effetto degna dei migliori prestigiatori, emergendo improvvisamente dal buio notturno. Era scesa dal cielo, contornata da una corolla di code, atterrando dolcemente sul pavimento appena piastrellato con uno schiocco dei sandali, l'ombrellino aperto come una novella Mary Poppins. Solo che il parasole era ridotto ad una bizzarra ossatura di metallo ritorto e gli indumenti erano praticamente in brandelli – se di indumenti si poteva parlare. I resti di un kimono rosso ornato da un motivo floreale, intrecciati alla meno peggio per cingere alcune ferite e celare a sguardi indiscreti un corpo snello e ben formato, reso ancora più interessante dagli splendidi capelli neri, sciolti e lucidi.

Se la tua minaccia più grande è rivelare a Blyen che assumo medicine di questo tipo, allora non ho nulla di cui preoccuparmi.

Raccontaglielo pure, se lo desideri. Lui conosce benissimo il mio stato.”

Ma davvero? Meglio se ne parliamo un attimo... dopo. Adesso mi sa che approfitterò della tua squisita ospitalità.”

Scese dal suo trespolo con un balzo elegante, avvicinandosi alla parete opposta con tranquillità. Il suo sguardo si posò sull'armadietto semiaperto vicino al lavandino, da cui emergevano diverse compresse di garza ed una confezione di cotone, ancora intatta.

Bene. C'è tutto.

La afferrò con vigore, strappò la linguetta di apertura. Batuffoli candidi si riversarono fuori dallo squarcio sottile. Svuotò il ripiano, sistemandone con cura il contenuto di fronte all'antina, prese una bottiglietta di acqua ossigenata, ne svitò il tappo, versò il liquido trasparente sulle morbide nuvolette bianche. Slacciò la benda improvvisata, pronta al peggio.

Un sospiro di sollievo.

Mi è andata bene, l'emorragia si è arrestata.”

Tamponò la ferita sul fianco più volte, prestando attenzione a non dimenticarne nemmeno un centimetro. Bollicine biancastre frizzarono sul bordo della piaga, gorgogliando con foga. Kiyoko chiuse gli occhi per un secondo, il viso contratto in una smorfia di dolore.

Non voglio che si infetti, non posso lasciarla così.

Prese una delle buste, ne lacerò l'involucro con l'unghia dell'indice, estraendone una garza arrotolata ed un rivestimento adesivo. Eliminò la pellicola con disinvoltura, applicò il tessuto assorbente sulla ferita, premette con cura ai bordi, lasciandola aderire alla pelle.

Non mi ha fatto troppo male...

Si sfilò con calma tutte le fasciature improvvisate, una dopo l'altra, sostituendole degnamente con bende imbevute di disinfettante. Kiyoko continuò nella sua attività di automedicazione, senza degnare Sèrina di uno sguardo.

Hai una fornitura di medicinali invidiabile, complimenti. Dove te li procuri quelli?”

Indicò una confezione di cartoncino aperta, la fustella di plastica appena al di fuori dalla scatola. La sua mano si mosse rapidamente, avvicinandola al viso. Lesse attentamente la descrizione, i contenuti, i principi attivi, pronunciandone il nome ad alta voce, come fossero parte di una litania religiosa. Subito dopo, fece la stessa cosa con un antibiotico solubile in buste, elencandone gli eccipienti con espressione schifata (“Aroma: fragola? Ma figuriamoci! È peggio delle cicche scadute, altro che fragola!”).

Sèrina rimase immobile, in attesa. La kitsune era a meno di tre metri di distanza, coperta oramai solo da due fasce di tessuto rigido, il corpo costellato di lividi e graffi. Sembrava semplicemente la persona sbagliata al posto sbagliato. Non era una situazione semplice da analizzare.

Kiyoko terminò di scandire parole latine e greche prive di significato intellegibile, spostò lo sguardo su di lei. Sèrina arretrò di un passo, inquietata da quelle iridi bianche, attraversate di tanto in tanto da bagliori scarlatti. L'orecchio mutilato si ergeva tra i capelli neri, rompendo la simmetria del volto.

Senti, non avere paura, okay? Non ho nessuna intenzione di farti del male, basta che non prendi decisioni avventate e ti comporti bene. Ho solo bisogno di alcuni minuti per riprendere fiato e farmi bella. Hai qualche abito di ricambio? Non mi va di andare in giro mezza nuda.”

Vattene subito di qui. Non voglio avere nulla a che fare con te!”

Né io con te, ma non ho molte alternative al momento. Sono braccata dal Predatore, il Manto mi ha tradito, Kaya non si fida di me. Ti chiedo solo qualche ora di ospitalità, un paio di vestiti puliti ed una tavoletta di cioccolato.”

Cosa?”

Kiyoko sorrise divertita.

Ma sì, cioccolato! Quel delizioso dolce derivato dalla pianta del cacao! Hai presente, no? Devo rifarmi il palato, il mio ultimo pasto decente è stato un piccione crudo oggi pomeriggio. Non era male, ma non è riuscito a farmi dimenticare il saporaccio di quell'orribile barretta ai cereali. Hai un po' di fondente in frigo? Non te ne mangio troppo, lo prometto!”

Sèrina annuì tremante.

Questa è completamente andata. Sembra psicopatica, meglio assecondarla per ora...

S... sì. Ne ho qualche stecca di là. Costa parecchio, però non posso farne a meno. Rende i farmaci meno amari.”

Kiyoko raccolse le code, appoggiò l'ombrello al muro del bagno, si risistemò i capelli allo specchio, acconciandoli in una crocchia raffinata ed elegante.

Ho visto che ne assumi parecchi. L'antibiotico per la tosse tubercolotica doveva essere piuttosto schifoso, ho letto gli ingredienti. Dai, fammi strada fino alla cucina.”

Sèrina mosse i primi passi, si allontanò lentamente dalla parete, dirigendosi verso la porta. Le pantofole morbide accarezzarono silenziosamente le piastrelle, accompagnate dal ritmo armonioso del legno dei sandali, una delicata pioggerellina primaverile nel silenzio della casa.

Kiyoko diede un'occhiata all'ambiente, trovandolo spartano ma confortevole. Mobili in truciolare o legni di recupero, credenze di plastica, elettrodomestici acquistati probabilmente in qualche discount di terza categoria. Un minuscolo scrigno che ospitava e proteggeva due passerotti implumi, ancora inesperti ma determinati ad andare avanti insieme, a superare le incertezze della vita come un unico ente inscindibile.

Sèrina raggiunse il frigorifero, aprì lo sportello, scrutò tra i ripiani, abbagliata dalla luce biancastra e traballante della lampadina.

Dovremmo cambiarla, è un po' che non funziona come si deve.

Passò in rassegna il contenuto dei ripiani, spostando bottiglie di latte ad alta digeribilità, confezioni di uova da sei, formaggi superscontati, yogurt comprati d'occasione al supermercato.

Ma dove l'ho messo?

Le sue dita si imbatterono finalmente in una tavoletta scura, avvolta in un incarto argentato. La estrasse dal suo freddo cantuccio, riportandola a temperatura ambiente. Si voltò in direzione di Kiyoko e gliela porse, con mano tremante. La kitsune ghermì avidamente il cioccolato, lo liberò dai resti di carta stagnola, lo addentò con vigore strappandone alcuni cubetti. Un'espressione di profondo appagamento si dipinse sul suo viso, generando una serena aura di tranquillità.

Buono il fondente. Mi piace troppo! Altro che lo snack dietetico di Shimane! Sai, ne mangiavo tanto di cioccolato con Kaya, quando ci incontravamo di nascosto fuori dal Manto. Ci sedevamo ad un tavolino e ci rimpinzavamo di nocciolato, pralinato e chi più ne ha più ne metta. Oh, quanto mi manca Kaya! Cosa darei per poter condividere questa tavoletta con lei...”

Gettò l'involucro a terra, continuando a divorare il prezioso cibo che teneva tra le mani bendate, fin quando non ne rimase nemmeno un grammo. La lingua lambì i contorni delle labbra, nel tentativo di recuperare ancora qualche granello di cacao.

Era delizioso! Dove lo hai comprato? Non avevo mai assaggiato un fondente così dolce! Non stento a credere che lo usassi per nascondere il sapore dell'antibiotico. Dimmi, gli antitumorali invece come sono? Anche quelli hanno un retrogusto di fragole andate a male?”

Sèrina si sedette accanto al tavolo, le gote arrossate, lo sguardo fisso sul pavimento.

Preferirei non parlarne. Il medico dice che non ho molte speranze di vivere più di quattro anni.”

Kiyoko inclinò la testa, le labbra macchiate di polvere marroncina, gli occhi in bilico tra curiosità e tristezza.

Davvero? Strano, a vederti non sembrerebbe. Cos'hai?”

Sèrina scosse la testa, sconsolata

Il dottore non me l'ha saputo spiegare con precisione. Le ecografie hanno evidenziato una massa indefinita in movimento, collocata più o meno lungo tutta la fascia addominale, fino alla schiena. Una sorta di rigonfiamento trasversale, invisibile dall'esterno ma piuttosto esteso. Al momento attuale sembra... sembra ferma, ma se iniziasse ad aggredire gli organi interni, io... io...”

Un lungo sospiro di rassegnazione. Sèrina si accoccolò sulla sedia, le gambe rannicchiate tra le braccia, gli occhi arrossati, nascosti dai lunghi capelli castani. Il silenzio tornò padrone assoluto, soffocando persino il crepitio sommesso del sistema di riciclo dell'aria.

Kiyoko si trattenne a fatica, il volto contratto in una smorfia, le palpebre tremolanti. Portò la mano alla bocca, nascondendola alla meno peggio, contrasse gli addominali al massimo, tentò di immobilizzare la mimica facciale, invano.

Devo resistere, devo resistere, devo...

Non le fu possibile attendere oltre, i muscoli si rifiutarono di obbedire ai suoi ordini. Kiyoko scoppiò in una fragorosa risata, piegandosi in due per i crampi ai muscoli, irrorando le guance con fiumi di lacrime.

Davvero?! È la cosa più ridicola che abbia mai sentito!”

Sèrina si alzò in piedi, punta sul vivo, sollevò la mano come per tirarle uno schiaffo, le pupille attraversate da un feroce istinto omicida.

Brutta stronza! Io rischio la pelle e tu...”

Dai, dai! Smettila con la commediola, ti prego! Non sei una brava attrice!”

Il medico mi ha veramente prescritto...”

... dei farmaci salvavita antitumorali? Sì, lo so, posso crederci! Ma vedi...”

Si ricompose un minimo, il riso lasciò il posto ad un'espressione più seria.

... insomma, perché avessero effetto, avresti dovuti assumerli, non buttarli nel cestino della spazzatura ed utilizzare la scatola per nasconderci dentro altre pillole!”

Co... cosa?”

Il battito accelerò in modo sconclusionato, aritmico, la fronte si imperlò di sudore, gli occhi immobili, fissi su quella strafottente donna-volpe. E il cuore si tuffò nell'abisso.

Ti starai chiedendo come me ne sono accorta. Beh, non è stato difficile: il nome scritto sulla fustella di plastica non era quello riportato sulla confezione. Certo, non è bastato quello a farmi venire i dubbi. Non avrei sospettato nulla, se non avessi commesso un errore mentre ti sistemavi i capelli, un errore bello grosso. Credevi di non essere vista da nessuno, ma io ero a meno di un tetto di distanza.”

Mi... mi hai spiato?”

Kiyoko scrollò le spalle, annuendo con un cenno del capo.

Lo ammetto, è stato un caso fortunato. Però sei stata piuttosto furba, devo ammetterlo: era l'unico modo per non far saltare la tua copertura. Sei stata veramente in gamba, non credevo che saresti arrivata a tanto, pur di nascondere la verità al tuo amato Blyen!”

Le code si animarono all'improvviso, contorcendosi in spirali sottili, attorcigliandosi attorno al corpo di Sèrina, bloccandone ogni movimento prima che potesse reagire.

Ora, se vuoi che non ti faccia nulla, rispondimi sinceramente... come ti sei procurata quegli anticoncezionali e quel test di gravidanza?”


22. L'unica risposta fu quella del silenzio


Kaya emise una boccata di fumo aspro, senza battere ciglio. I muscoli di Blyen erano ancora contratti, il viso rosso per l'agitazione. Parlare della malattia di Sèrina, della sua piccola Sèrina lo aveva provato. Si riaccomodò sullo sgabello, barcollando, la testa fra le mani.

Cos'altro vuoi sapere da me? Sei soddisfatta finalmente? O vuoi che ti reciti – cosa ne so – anche il mio codice fiscale a memoria?”

Albedo ripose il pacchetto di sigarette nella tasca della giacca, dopo aver constatato con rammarico che il suo contenuto si era ridotto ad appena due stecche. Kaya non si era fatta pregare per fumarne un'altra assieme a lui. Sarebbe stata la compagna perfetta per uno smokeparty.

Potrei chiederle se ogni tanto si unisce a me e Saku... ma no, Saku non ne vuole proprio sapere di riempirsi di nicotina i polmoni, è una salutista... e poi, a seconda di come finisce, esiste anche la possibilità che non riveda più né una né l'altra. Pazienza, cambiare è salutare sia per l'animo che per il corpo. Non è necessario annegare nelle paranoie. Com'è che si diceva una volta? Morto un papa se ne fa un altro? Ah, la saggezza popolare...

Scosse la testa, sistemandosi nel contempo la camicia scura.

non ne azzecca mai una. Se sono precetti riconosciuti da secoli, allora vuol dire che sono inutili. Chi si affiderebbe a frasi e consigli risalenti alle comunità tribali, nel duemilacinquantaquattro? No, è solo una stupida perdita di tempo. E, probabilmente, Saku mi mancherà, anche se non voglio ammetterlo. Intendiamoci, non ho intenzione di sposarla o chissà cosa, solo che il modo in cui mi abbracciava, con tutte quelle code calde e delicate, è qualcosa che non ho mai provato prima. In fondo, qual è il problema? Basta cercarmi un'altra kitsune che abbia un sesso sufficientemente stabile ed un numero di code piuttosto alto. Già, ora che ci penso è proprio così...

Kaya appoggiò la sigaretta nel posacenere, in modo da poterla riprendere in un secondo momento, fissò Blyen con i suoi occhi marroni indifferenti.

E così, tu desideri un figlio perché la tua ragazza ha poco da vivere? Vuoi che le abbia la gioia di stringere il suo bambino tra le braccia prima di diventare combustibile per i biogeneratori di Nerifumo? Sei proprio senza speranza.”

Cosa vuoi dire?”

Tu stai chiedendo ad una rappresentante del Manto di concedere un figlio ad una donna con problemi di salute, che lascerà il bimbo orfano prima che compia i cinque anni di età. La tua richiesta non è solamente irresponsabile, rasenta i limiti della follia! La verità è che il bambino sarebbe solo un tramite, un mezzo per tentare di farle tornare la voglia di vivere e – possibilmente – prolungare la sua permanenza in questo mondo! Non riesci a vedere oltre la tua cieca ostinazione? Anche se mi riportassi al Manto, nessuna kitsune sarebbe così stupida da rilasciarti il permesso di fecondazione! Blyen Chill, torna a giocare con le costruzioni e le bambole. La vita reale non fa per te.”

Blyen sprofondò sullo sgabello, il suo corpo perse vigore, si afflosciò come una marionetta dai cavi tranciati. La forbice aveva reciso quell'ultimo filo di speranza che ancora lo spronava a non arrendersi. Privo di stimoli, scivolò nel suo inconscio, eliminando ogni collegamento con i suoi sensi.

Sconfitta su tutta la linea...

Kaya registrò il suo sconforto senza battere ciglio.

Non mi hai ancora raccontato nei dettagli il tuo incontro con Ayane. Ho bisogno di sapere cosa è successo tra voi.”

... che importanza ha, ormai? Tanto, comunque vada, io ho perso. Non ha senso giocare in queste condizioni: ho subito scacco matto, qualunque altra mossa è inutile.”

Ma rispondere alla mia domanda potrebbe permetterti di rigiocare la tua ultima mossa, quella che ha portato alla condizione attuale. Inoltre, credo che il tuo amico non sarebbe molto contento se per colpa tua, io non rivelassi nulla sui motivi della mia fuga.”

Albedo annuì con decisione, la Exxon Blue ancora stretta tra le labbra.

Non sarebbe salutare, Blyen. Conosco molti modi tutt'altro che piacevoli per esprimere il mio dissenso. I patti erano chiari: dovevamo trovare la kitsune e comprendere le ragioni che l'hanno portata a nascondersi. Violare l'accordo ti costerà caro.”

Blyen sollevò la testa, tentando di assumere una postura corretta. I suoi occhi incrociarono le pupille immobili di Albedo, congelate in un'espressione di rimprovero. Blyen convogliò tutto il suo odio, la sua frustrazione in quel contatto visivo. Se fosse stato possibile, lo avrebbe incenerito.

D'accordo, d'accordo. Non state a farla tanto drammatica, ora vi dico quello che volete sapere, poi basta, me ne vado. Vi faccio il mio bel resoconto poi vi lascio discutere sui massimi sistemi del Manto Celeste. Per me non c'è più nulla di interessante qui. Da dove posso iniziare? Ah, sì! Da quella notte di quattro anni fa, la notte del mio primo caso. Pioveva molto, lo ricordo come se fosse ieri. Avevo agganciato Ayane in uno dei pub nei pressi del Manto, uno dei soliti quattro. Non sapeva di dover pagare il conto, così quando le hanno chiesto di tirar fuori i quattrini è andata in crisi ed è scappata tagliando per il cantiere abbandonato. L'ho persa di vista quasi subito, purtroppo, non so cosa le sia successo nel frattempo. Aveva lasciato molte tracce impresse nel fango, per fortuna, così non mi è stato troppo difficile capire dove fosse diretta. Quando l'ho raggiunta, l'ho trovata ricoperta da ferite di arma da taglio o da fuoco, una molto grave sul fianco destro. Non mostrava né le code né le orecchie, ma era chiaramente lei, non aveva neanche tentato di modificare il suo aspetto rispetto alla foto sull'avviso di taglia. Ha provato ad inventarsi una scusa, tipo che avevano tentato di violentarla, ma penso che in realtà sia stata braccata da un altro cacciatore e sia riuscita a sfuggirgli in extremis. A quel punto, ho usato il mio coltello ed una bottiglietta di disinfettante da viaggio per estrarle il proiettile dallo squarcio, poi ho l'ho medicata per fermare l'emorragia. Dopo, l'ho portata al chiuso e le ho prestato due coperte per riscaldarsi. Le ho detto chiaramente che avevo capito chi era e che era inutile fingere, che l'avrei ascoltata prima di riportarla indietro. Lei mi ha raccontato la sua storia e ho deciso di lasciarla andare. That's all, folks.”

Kaya lo fissò con fare interrogativo.

Per quale motivo l'hai curata? Avresti potuto approfittare della sua debolezza per trascinarla con te.”

So cosa si prova ad avere un sette e sessantacinque nel corpo, mi hanno sparato fin troppe volte negli ultimi anni, la prima proprio sei mesi prima di quell'incontro. Non me la sono sentita di lasciarla in quello stato, davvero. Vedila come una sorta di empatia, tutto qui. Comunque, è successo quello che è successo e fine. Da quel momento, ho dato sempre alle mie prede la possibilità di spiegare i motivi del loro gesto, come mi sembra di averti già raccontato. C'è altro?”

Kaya abbozzò un sorriso.

No, può bastare. Complimenti, Blyen. Non era uno scacco matto, alla fine. Ti eri dimenticato di poter muovere ancora una pedina.”

Blyen scrollò il capo con vigore.

Cosa significa, scusa?”

Lo capirai a tempo debito. Nel frattempo ti consiglierei di restare ancora un po' qui. Potresti imparare qualcosa di nuovo”

Il suo sguardo indagatore si posò su Albedo, sulle iridi azzurro ghiaccio che in quell'istante contemplavano il vuoto, isolate dal mondo circostante.

Ora è il tuo momento, Albedo. Voglio sapere tutto quello che puoi dirmi su di te.”

Su di me...”

Uno sbuffo vaporoso dalle labbra svogliate, la mente persa chissà dove.

Mi chiamo Albedo Vicario e credo di avere all'incirca trent'anni. Il mio nome ha un significato, l'albedo è la frazione di luce riflessa da un corpo. Il bianco ha la massima albedo, il nero la minima. Non so chi mi abbia battezzato in questo modo, onestamente. Non conosco nemmeno la mia data di nascita. I miei ricordi si fermano a quattro anni fa. Mi sono svegliato in un vicolo di Nerifumo, piuttosto lontano dal centro. Avevo memoria solamente del mio nome e di poco altro. Da lì in poi, ho costruito la mia storia, senza curarmi del mio passato. Ad oggi, ho frequentato ventisei donne e una kitsune, non mi sono mai allontanato da Nerifumo, sono diventato famoso per i miei consigli e le mie massime. Mi guadagno da vivere gestendo l'immagine e i progetti di rinnovamento dei locali trendy della città. Il mio conto in banca è piuttosto fornito, se può interessarvi. Non ho mai cacciato nogitsune finora, mi sono interessato a questo caso solamente per via dell'enorme cifra resa disponibile dal Manto e...”

Kaya lo interruppe bruscamente.

Un attimo solo. Hai detto che hai costruito la tua storia senza curarti del tuo passato. Questo significa che non provi nessun interesse verso le tue origini?”

Significa solo che per me è importante il qui e ora. Albedo Vicario è, non è stato, non sarà. Io vivo solo nel presente: qualunque avvenimento trascorso non influisce più su di me, qualunque avvenimento futuro non può ancora influenzarmi. Il mio momento è adesso. Se ho dimenticato qualcosa, vuol dire che non era importante. È la mia filosofia, la mia linea di condotta. Non desidero nulla che sia troppo lontano, ma l'uva non è mai acerba. Se non posso raggiungerla, vuol dire che non ci proverò nemmeno, per quanto bella e matura sia. Semplicemente, non me ne interesserò. Per le donne, vale lo stesso. Finché sono loro a cercarmi, non sono certo io a tirarmi indietro. Nel momento in cui sono io a doverle inseguire, possono scappare come e dove vogliono. Io non tenterò nemmeno di raggiungerle.”

È un atteggiamento rischioso. Come si può riporre la propria fiducia in una persona del genere? Tu lo faresti?”

Io non ripongo la mia fiducia in nessuno, a prescindere. Valuto caso per caso, istante per istante, sempre pronto a cambiare punto di vista, se necessario. Prendere decisioni definitive non fa per me. Io sono mutevole come l'aria, prima di passare all'atto contemplo a lungo la potenza, la assimilo come se fosse parte integrante di me. Dolente di non esserti simpatico, ma io sono così. Forse ti stavo cercando più per soddisfare un mio capriccio che per altro, ma qual è il problema? Finché le cose si fanno interessanti, io gioco. La mano è piuttosto promettente al momento, il piatto è ricolmo, la posta è sufficientemente alta. Non vedo motivo per cui tu non debba darmi una possibilità. Se tu non avessi nulla da offrirmi, abbandonerei la partita senza rimpianti... ma si dà il caso che tu disponga di una marea di informazioni utili, informazioni di cui vorrei essere messo a conoscenza.”

Ma nel momento in cui te le avrò rivelate, tu sarai libero di lasciarmi in pasto ai miei carnefici... o sbaglio?”

Precisamente. Io garantisco fino all'acquisizione di ciò che bramo. Per il dopo, non sono in grado di fare previsioni. Forse ti riconsegnerò al Manto per prendermi i soldi, forse no. Dipende tutto da come si disporranno le pedine sulla scacchiera.”

Se le cose stanno così, io...”

Un poderoso attacco di batteria interruppe il discorso, una chitarra elettrica poderosa emerse dal silenzio, svettando su un sottofondo di macchinari industriali. Wherever I'll Die dei Mako Reactor risuonò con violenza dagli altoparlanti del cellulare di Blyen, lanciata a massimo volume. Blyen osservò il numero impresso sul display, il volto attraversato da un'espressione indecifrabile.

Sèrina...? Perché chiamarmi a quest'ora?”

Sfiorò il pulsante virtuale di risposta, portò il telefono all'orecchio.

Pronto amore, cosa c'è?”

Blyen Chill?”

Sgranò gli occhi. La voce dall'altro lato della cornetta non era quella di Sèrina.

Chi parla?”

Tu sei Blyen Chill, vero? Rispondimi o no.”

Blyen ingoiò un grumo di saliva, il viso perse colore.

Sì, sono io. Con chi sto parlando?”

Ci siamo già incontrati, oggi. Mi hai piantato una siringata di sedativo nel braccio, spedendomi a nanna.”

Kiyoko?!”

Kaya tese l'orecchio, Albedo sollevò lo sguardo.

Uh, uh.”

Che cosa vuoi da me?”

Mettiamola così... tu e il tuo socio avete trovato Kaya? È lì con voi?”

Perché dovrei dirlo a te?”

Perché altrimenti la salute di Sèrina potrebbe risentirne. Non è vero, Sèri? Dai, dì qualcosa al tuo Blyen!”

Una voce terrorizzata, fievole.

Blyen...”

Sèrina! Stai bene?”

Sì, per ora sì, ma...”

Kiyoko la zittì, prendendo nuovamente possesso dell'olofonino.

Fine anteprima. Kaya è lì con te?”

Blyen strinse la mano sinistra con forza, le vene rigarono la superficie della pelle, rigonfiandosi.

Sì. È qui. Vuoi sentirla?”

Perché no? Dai, inserisci il vivavoce.”

Blyen premette un pulsante sulla tastiera virtuale, allontanò l'apparecchio dalla testa. Albedo si alzò dal velluto, si sistemò i capelli con un gesto elegante.

Cosa sta succedendo? Ho sentito il nome di Kiyoko.”

Lieta che ti ricordi di me, Albedo Vicario. Ora, però, vorrei ascoltare un'altra persona. Kaya?”

La kitsune si avvicinò al ricevitore.

Kiyoko, cosa stai combinando?”

Un ringhio di frustrazione la aggredì con violenza.

Perché non ti sei fidata di me, Kaya? Perché? Tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme...”

Kaya intonò una melodia leggera, le parole volarono dolcemente, un tenero canto di pentimento si levò nell'aria.

Oh, Kiyoko... perdonami! Non sapevo più cosa fare, ero braccata, temevo che volessero uccidermi! Non avrei mai, mai potuto ingannarti! Eri tu la destinataria dell'Eco, non loro! È stata solo una stupida coincidenza! Kiyoko, non fare sciocchezze, fermati, ti supplico!”

La voce di Kiyoko vacillò, come sul punto di sciogliersi in lacrime. Riprese coraggio, respirò profondamente.

A... Ascoltate! Ascoltatemi bene perché non lo ripeterò! Porterò Sèrina con me alle rovine del ponte sul canale di Nerifumo. So che siete lì vicino, lo so! Sento... sento la tua presenza, Kaya! Riesco a capire dove sei, ma non con precisione! F... fatevi trovare dal Ponte Spezzato tra mezz'ora esatta. Se non arriverete, la ragazza farà una brutta fine, intesi? Venite tutti e tre, mi raccomando e... Kaya?”

Kiyoko...”

Non... non tradirmi mai più.”

Un click secco, la telefonata si interruppe sul vivo. Blyen riportò il cellulare all'orecchio, sperando di cogliere ancora qualche suono, qualche prova che Sèrina stesse veramente bene.

Ma l'unica risposta fu quella del silenzio.


14 Maggio, 2019


Libero Pensiero

la scienza sotto la lente


La mente e il braccio



Varstagg – L'equipe del dottor Schweizz sta combattendo contro i mulini a vento, in una dura lotta per garantire la sopravvivenza del genere umano. Il Comitato per le Emergenze Mediche (CME15) ha affidato al ricercatore tedesco il difficile compito di isolare alla radice il responsabile del crollo delle nascite generalizzato in tutto il mondo conosciuto.

L'entourage del dottor Schweizz non è stato ancora reso noto, ma le prime indiscrezioni portano il nome di Alan Shimoda e Jugo Hernanez, scienziati di fama mondiale nel campo della biotecnologia e dell'analisi comparata.

Il primo è balzato agli onori della cronaca per la creazione – nel 2017 – del primo ibrido uomo-animale per conto della RealLifeAnime LTD, aprendo all'eccitante possibilità di manipolazione genetica di esseri umani. Nel discorso tenuto all'assemblea delle Nazioni Unite, Shimoda aveva dichiarato che “[...]la scienza non deve limitarsi a dire ciò che l'uomo non può fare, bensì deve protendersi con tutti i suoi sforzi per determinare ciò che l'uomo può fare. Il fatto che una determinata creatura non esista in natura, non implica che noi non dobbiamo essere in grado di generarla.”16

Il talento di Shimoda potrà dunque essere impiegato per il bene del mondo, nella creazione di un antigene antagonista che possa eliminare l'agente diffusore di questo male globale.

Jugo Hernanez, invece, è noto per aver dedicato la sua vita allo studio dell'adattamento genetico delle specie e della trasmissibilità dei plasmidi. Più noto nell'ambiente per il suo interesse verso il genere femminile che non verso la biologia cellulare, ha sfiorato il premio Nobel con la sua ricerca sugli antibiotici a mutazione rapida, in grado di risolvere il problema delle resistenze ai farmaci.

Nel suo discorso di insediamento all'università di Aubépine, Hernanez ha dichiarato che “[...]la variabilità pseudocasuale espressiva è forse l'arma più efficace a nostra disposizione per vincere i problemi legati alle infezioni batteriche... ma non solo! Pensate per una attimo di poter applicare questo principio ad ogni aspetto della vita: un continuo trasformismo in grado di guidarci verso un genere umano multiforme ed imprevedibile, qualcosa che al giorno d'oggi possiamo solo immaginare!”17

Se il dottor Schweizz sarà la mente, questi due scienziati potranno costituire il braccio in grado di sondare il mistero della nostra sterilità e portare un po' di luce in questo mondo avvolto dalle tenebre.


Aaron Krishna


23. Sino ad incontrare il mare



La quinta sinfonia di Rubecca echeggiò nella stanza buia, riprodotta fino allo spasimo dal vecchio grammofono Wessert. Il sistema di altoparlanti wireless diffondeva le note con furore, sottolineando la maestosità degli archi e delle percussioni, il cupo rombo penetrante della grancassa. Le scale di pianoforte donavano grazia all'intera composizione, arricchendo il contributo delle arpe. Chiara canticchiò il tema principale, intervallandolo con sbadigli di sonno appena accennati. Lo schermo virtuale dell'olocomputer la osservava con sguardo di rimprovero, nella penombra della sua camera. Si attorcigliò i capelli biondi ancora umidi attorno all'indice, con noncuranza.

Ne ho ancora di lavoro da sbrigare...

I file da decrittare erano molti – forse troppi per una sola notte – ma non aveva molti altri impegni. Tranne dormire, forse.

Pazienza, resisterò.

Una doccia calda con bagnoschiuma alla rosa nera, due thermos di caffè, musica neon-classica ad alto volume riprodotta a ciclo continuo (“Tanto le pareti mi isolano acusticamente dall'esterno.”) sarebbero stati i suoi migliori amici per le successive sei-sette ore di attività. Clavio Rubecca era il suo compositore preferito, massimo esponente di quella corrente che nei primi anni venti del ventunesimo secolo aveva riportato alla ribalta Bach, Beethoven e Mozart, interpretati in chiave moderna con l'ausilio di tecnoviolini, variatori modulari e sintopercussori aritmici. Solo il piano era un pezzo originale del settecento, il tesoro segreto di Rubecca, comprato anni prima ad una svendita di cimeli appartenuti a Tchaikovsky. Con quello strumento, aveva dato vita ad un mondo immaginifico popolato da armonie celestiali e sogni annotati con penna d'oca su ruvida pergamena. Chiara lo aveva conosciuto di persona poco prima di acquisire la nona coda, durante i suoi primi mesi all'ambasciata di Roma. A quell'epoca, Rubecca aveva cinquantasette anni, dodici dischi alle spalle e una fama meritata da perfetto gentleman. Chiara si era intrattenuta con lui la sera del suo insediamento alla sede locale del Manto, in seguito al concerto in onore della rappresentativa kitsune. Rubecca era un signore distinto, cattolico praticante, padre di due figli e felicemente divorziato da sei anni. Avevano chiacchierato amabilmente a lungo, senza cedere alla tentazione della carne. Al termine della serata, le aveva regalato l'intera collezione autografata delle sue opere, con tanto di dedica. Chiara aveva comprato immediatamente un giradischi che riproducesse i vinili con una sufficiente qualità audio e si era goduta quei suoni magici, così diversi dai canti armonici del teatro kabuki, così vivi e reali, veri...

Smorzò i ricordi, non era il momento di lasciarsi cullare dal passato.

Okay, non hai tutto il tempo del mondo. Fra qualche ora, le guardiane si insospettiranno a vedere la luce ancora accesa e probabilmente faranno irruzione in camera tua, temendo che tu stia partecipando ad un festino hard o qualcosa del genere. Devi sbrigarti.

Guidata dal flusso trascinante degli archi, spostò la sua mano lungo lo schermo proiettivo dell'elaboratore principale, visualizzando l'intero elenco dei file. Diciotto documenti, protetti con una chiave sconosciuta, parti di un report complicato, riferito ad un qualche evento misterioso. Erano contenuti nel disco rigido del computer-archivio del Manto, celati da un sistema di sicurezza praticamente inespugnabile... a meno di non conoscere le password.

La tua gentilezza non ha limiti, o Kiku. Oltre alle tre chiavi di accesso, hai pensato bene di crittografare anche i file. In fondo, posso capirti. Hai ventilato la possibilità di fuga di notizie e hai preso tutte le precauzioni che ritenevi necessarie. Davvero ammirevole, sai? Peccato che anche io abbia imparato qualche trucchetto...

Non era stato troppo difficile confondere la mente degli addetti alla manutenzione, in modo che collegassero accidentalmente il database alla rete e permettessero a Kaya di entrare in possesso dei documenti. Un piano semplice ma efficace, con rischi minimi.

Anche lasciare la chiavetta con le copie dei documenti trafugati in un vaso di fiori vicino all'ingresso, sfruttando uno degli angoli ciechi delle telecamere, ha dato i suoi frutti. L'ho recuperata senza troppo clamore dopo il Concilio, senza insospettire nessuno. Peccato solo che ogni file sia protetto da una chiave diversa...

Selezionò il primo, tentò di aprirlo con un comune editor di testo. Una finestra con un segnale di allarme si manifestò trionfante, diffidandola dal continuare quell'operazione.

Niente, senza password qui non andiamo da nessuna parte.

Richiamò dalla memoria del computer una selezione di programmi di hacking scaricati illegalmente qualche mese prima, sfruttando alcune connessioni protette. Con un po' di fortuna, avrebbe scardinato anche quell'ultima difesa. Attivò il terzo eseguibile della lista. Un menu a tendina comparve sullo schermo, invitandola ad inserire uno o più files al suo interno.

Meglio iniziare con uno solo. Un attacco mirato con tutta la potenza di calcolo a disposizione dovrebbe essere più efficace.

Chiara vi trascinò dentro quello che stava esaminando, poi premette il pulsante virtuale di avvio. Il cracker avvio il processo di decodifica, lasciandola in attesa.

Minimo, mi tocca aspettare un'ora. Cosa potrei fare, nel frattempo?

Si lasciò cadere sul letto morbido, le code sparpagliate senza un pattern preciso tutto attorno. Fissò il soffitto monocromatico, senza un motivo particolare. Le occasioni di svago a Nerifumo erano poche – molto poche. Non conosceva bene la città, viveva a Roma da parecchio tempo e si era quasi dimenticata di come funzionasse il mondo al di fuori dell'ambasciata. Trattare con i vescovi non era così semplice, spesso si finiva per dover mostrare – letteralmente – i denti. Quando venivano a trattare con lei per l'erogazione di servizi facilitata ad esseri umani di religione cattolica si stupivano della sua giovane età (non solo apparente) e tendevano a sottovalutarla o trattarla come una ragazzina viziata.

Un inferno.

Inutile dire che rimanevano pesantemente scottati dal primo incontro e spesso erano quasi obbligati ad andarsene con la coda tra le gambe – loro che non ne avevano veramente una a disposizione.

Purtroppo, la corruzione dilagava anche in quell'ambiente intriso di santità e buoni propositi: persino gli stessi ministri di quel culto, la religione che l'aveva portata ad inimicarsi praticamente tutte le sue simili, trasgredivano le norme imposte dal loro credo.

Perché non posso farlo anche io, allora?

Se lo era chiesto più volte, in effetti. Cambiare partner con continuità, fregandosene completamente delle restrizioni e dei vincoli che aveva accettato con spirito di sacrificio, vivere alla giornata dimenticandosi del prossimo, considerare il piacere personale come fine ultimo di ogni sua azione...

Una prospettiva allettante... ma non fa per me.

Si sistemò la camicia da notte con cura, facendola aderire bene al corpo. Era un po' troppo corta e consunta, lasciava scoperta gran parte delle gambe, ma ci era molto affezionata. Il tessuto nero era decorato da una rosa rossa, ricamata a mano con maestria ed eleganza. Sui petali delicati, era posata una farfalla multicolore, con prevalenza di toni dorati e azzurri. Alla base del fiore, in caratteri occidentali, era trascritto il suo nome – il suo vero nome – affiancato a quello scelto per il battesimo, trascritto in ideogrammi eleganti, quasi a simboleggiare una continuità nascosta. Era un regalo recapitatole il giorno successivo alla cerimonia, tramite un corriere espresso.

Sospirò.

Non era mai riuscita a risalire al mittente, nonostante quattro anni di tentativi. Di certo, chi l'aveva confezionata (o commissionata) la conosceva bene. La scelta dei colori, dell'iconografia, i nomi... nulla era stato lasciato al caso. Chiunque fosse il suo misterioso benefattore, doveva avere un buon motivo per celebrare l'evento. Inizialmente, aveva pensato a qualche amante del sabato sera, di quelli che frequentava abitualmente prima di convertirsi. L'ipotesi era caduta nel dimenticatoio quando si era ricordata di non aver mai rivelato a nessuno né il suo vero nome (ne inventava uno diverso ogni volta che ne aveva bisogno) né tantomeno la sua predilezione per le rose.

Alzò lo sguardo in direzione dello schermo, sperando di trovare un testo chiaro e leggibile. Lo distolse frustrata, dopo aver assistito alla comparsa di un nugolo di righe di codice e messaggi di errore diffusi.

A quanto pare, neppure il mio alleato migliore può nulla contro questo algoritmo.

La testa sprofondò nel cuscino, priva di energie.

Altro che sei, sette ore di lavoro. Se non trovo un modo per svegliarmi, qui finisce che mi addormento senza aver concluso nulla...

Chiuse inconsciamente le palpebre, facendosi cullare dal dolce sottofondo di violini e flauti, dagli accordi arpeggiati di Clavio Rubecca. Lentamente, il mondo attorno a lei iniziò a dissolversi, trasformandosi in materia vorticosa ed indistinta, offuscando i sensi già parzialmente assopiti.

Non devo addormentarmi... non posso... addormentarmi. Non... non...

Ma Morfeo sembrava non accettare giustificazioni. Le dita persero la presa, si abbandonarono al torpore, le braccia, le gambe seguirono a ruota, le code si accasciarono sulle membra immobili. Il cinguettio di gabbiani viola, gatti che suonavano il sassofono, cagnacci meccanici con ruote dentate a vista assemblati da omini bianchi privi di volto con ferri da stiro in mano, cristalli verdi parlanti, una maschera grigia che lasciava intravvedere solo gli occhi e vagava sotto una cupola scura, una serie di brevi colpi ripetuti alla porta, intensi, ripetuti.

Reali

Ehi, questo non fa parte del sogno...

Il rumore non si attenuò, una voce nota fece attraverso l'aria, raggiungendo le sue orecchie tese, ridestandole dal torpore.

Chiara, sei ancora sveglia?”

Chiara sobbalzò, spalancò le palpebre, si alzò dal suo giaciglio, tornò padrona del suo corpo, spense lo schermo dell'elaboratore, risistemò la camicia da notte, il tutto in un paio di secondi. Morfeo corse via, quasi bastonato. L'elaboratore entrò in modalità silenziosa, i led si spensero. Rubecca continuava imperterrito a suonare, come se nulla fosse accaduto. Chiara inforcò le pantofole, corse alla porta, aprì il chiavistello con l'impronta digitale.

Proprio a quest'ora dovevi passare?

L'uscio si spalancò, rivelando la sua ospite. Il cuore di Chiara ebbe un sussulto.

Tu? Qui? A quest'ora? Cosa ho combinato questa volta? Giuro che non sono più entrata nella Culla, dopo oggi pomeriggio! Me ne sono stata buona nella mia stanza, ho finito di rivedere il discorso per l'incontro con il pontefice e ho inviato le direttive all'ambasciata! Non...”

Calmati. Non sono venuta qui per accusarti di alcunché. Posso entrare?”

Chiara annuì con un cenno del capo, si allontanò dall'ingresso facendo strada alla Suprema Guida del Concilio, Kiku dalle nove code.

I lunghi capelli bianchi scivolarono nella notte, accompagnando quello sguardo severo e indagatore a cui più volte Chiara aveva tentato di sottrarsi.

Spero di non averti svegliato, ma non avevo altra scelta. Domani pomeriggio riparti per l'Italia, giusto?”

Sì, il mio volo è previsto alle due ma domani mattina sono libera. Non potremmo...”

Domani mattina, dici...”

Kiku chiuse gli occhi, si massaggiò il mento affilato con la mano destra.

Hai perfettamente ragione, ma ciò per cui sono venuta non deve trapelare fuori da queste quattro mura. Di mattina, all'interno del Manto, sarebbe stato troppo rischioso. Posso sedermi?”

L'unica poltrona che ho è occupata dai miei vestiti, purtroppo, ma il letto è piuttosto grande. Dovremmo starci tutte e due.”

Grazie.”

Kiku prese posto, allargando delicatamente le falde del kimono per meglio adattarle alla superficie. Le code si riversarono sulla coperta, disponendosi in un ampio ventaglio. La kitsune abbassò lo sguardo in direzione del pavimento, in silenzio. Rubecca e la sua orchestra si preparavano ad eseguire la Primavera Estasiatica, un brano dedicato a Gabriele d'Annunzio, e a concludere degnamente i novantacinque minuti di riproduzione ininterrotta.

Cosa vuoi da me? Se non ho infranto qualche dannatissima regola, per quale motivo sei piombata in camera mia alle undici di notte?”

Volevo solo salutarti come si deve, tutto qui. Mi mancherai.”

Eh?”

Chiara sgranò gli occhi, si allontanò istintivamente dal letto, un balzo all'indietro di una trentina di centimetri.

Stai scherzando, non è vero? Dico, mi hai sempre considerata come una criminale rinnegata e adesso te ne esci così? Non è che sei sonnambula o... o ti stai prendendo gioco di me?”

Sei diventata bella, Chiara. Hai un fisico ben formato, degli occhi azzurri splendidi ed una determinazione incredibile. Non ti fermi di fronte a nulla, neppure se il tuo ostacolo sono le tradizioni millenarie della nostra razza. Se dovessi combattere contro i mulini a vento, partiresti alla carica senza indugio. Non ti fai alcuno scrupolo a dire la tua, sei schietta, diretta e tenace. Sei forse il più grande successo di questa specie, a differenza delle tue sorelle e dei tuoi fratelli, annegati nel conformismo. Sono davvero dispiaciuta che tu riparta così presto, avrei voluto passare qualche giorno assieme a te.”

Chiara sobbalzò sulle coperte, allontanandosi di soprassalto.

Non... non sono interessata a questo genere di rapporti. Non frequento uomini o kitsune da molto tempo e non credo di voler andare a letto con te, se è questo che mi stai proponendo! La sola idea mi fa vomitare!”

Kiku sorrise malinconicamente.

Mi dispiace che tu abbia frainteso. Nelle mie parole non era celato nulla di così scabroso. Erano solo sinceri complimenti di apprezzamento.”

Sarà, ma io non ci credo. Se mi stimi come dici, avresti potuto anche evitare di mettermi in imbarazzo davanti agli altri membri del Concilio o di rimproverarmi così aspramente per il mio ingresso nella Culla! Cos'è, sei affetta da disturbo bipolare?”

Qui non ci sono telecamere. Non ci sono registratori. Non c'è nessun altro in ascolto tranne te. La stanza è insonorizzata, nessuno può carpire le mie parole ed utilizzarle come un coltello per pugnalarmi. Se io, la suprema direttrice del Concilio, ammettessi pubblicamente che approvo la tua scelta di credere in una religione diversa dalla nostra... cosa succederebbe?”

Qualcuno... qualcuna di noi presenterebbe una... una mozione di sfiducia?”

Precisamente.”

Le dita affusolate di Kiku scorsero sul plaid, accarezzandone l'ordito.

Azami e Megumi non aspettano altro. Se io – per qualche motivo – cadessi, sarebbero loro due le prime a spartirsi la torta. Anche Kaya ne avrebbe avuto diritto, se non avesse rinunciato all'acquisizione di nuove code.”

Cosa... cosa c'entra Kaya?”

Un lungo respiro, le iridi si sollevano sino ad incontrare il mare.

Io, Azami, Megumi e Kaya siamo kitsune di generazione zero, le prime che hanno raggiunto Nerifumo. Tutte le altre kitsune di prima generazione sono nostre figlie – o figli, che dir si voglia. Da noi si è originato il primo nucleo del Manto Celeste, ventotto anni fa.”

Chiara sbatté il pugno sul tavolo, attraversata da una scarica di indignazione.

Quindi... quindi ci hai mentito! Hai mentito quando hai detto che nell'archivio sono impiegate solo kitsune di seconda e terza generazione! Hai mentito di fronte alle tue pari!”

Kiku scosse il capo.

No, ho solo mascherato la verità. L'unica che non risponde alla descrizione è Kaya, ma non era necessario farlo sapere agli altri membri del Concilio che non ne fossero già al corrente. Ora vieni qui, per favore. Siediti accanto a me, anche solo per un minuto, ti prego.”

Una lacrima trasparente scivolò lungo le gote, trafiggendo il trucco nero dei tatuaggi.

Chiara si avvicinò al letto, prese posto a pochi centimetri da Kiku, attratta da quel suo sguardo magnetico, come una mosca lo sarebbe stata da una luce intensa.

Grazie.”

Chiara trattenne il malcontento, tentò di mettere ordine nella sua mente, di capire il significato di ciò che stava accadendo in quel luogo, in quel momento.

Perché mi stai raccontando tutto questo?”

Kiku prese fiato, canto alcune note per sincronizzare la voce con i suoi sentimenti.

Oggi pomeriggio, tu hai affermato che la nostra è una dottrina vuota, di facciata priva di speranza... e devo ammettere – mio malgrado – che hai perfettamente ragione.”

Chiara scrollò le spalle, con noncuranza.

Non avevo bisogno che me lo confermassi tu. Io ne ero già convinta.”

Non solo tu, lo pensano tutti... ma la massima parte ne ignora il motivo. Però io...”

Le sue code si animarono, si strinsero attorno al suo corpo, come per proteggerla dall'esterno.

Sì, insomma... non volevo che tu partissi senza sapere il perché.”


24.Allontanando gli incubi, concentrandosi sui sogni


Il Ponte Spezzato, come lo chiamavano i pochi bambini di Nerifumo, è stato il fiore all'occhiello della città per due lustri, prima dell'alluvione del '46. Lungo quasi un chilometro e mezzo, dominava il canale navigabile Flegetonte, il dotto ferroviario a quattro binari che costeggiava la via acquatica e il canale commerciale Cocito che si estendeva sino alla riva opposta. Cadde in disuso dopo appena dieci anni dalla sua costruzione, a causa dell'incidente dei seicento corpi: a seguito di un tremendo temporale, il fiume artificiale era esondato trascinando via con sé una chiatta per il trasporto di biocombustibile ed un treno passeggeri, provocando un totale di duecento morti. Il deragliamento del treno aveva inoltre causato un cortocircuito nel dotto di transito, risultando in una tremenda esplosione che aveva spaccato – letteralmente – a metà il ponte. Sul fondo del canale Cocito si depositarono in tutto circa seicento cadaveri, tra i passeggeri dei vagoni precipitati nell'acqua fredda, l'equipaggio dell'imbarcazione e i feretri destinati alla centrale elettrica a biocomburente. La giunta di Nerifumo chiuse ogni accesso ai canali – nonostante le proteste del distretto di Heikeen – e decise di lasciare il ponte in rovina quale monito per le generazioni future.

Il posto ideale per un agguato.

Blyen non poté fare a meno di ripassare la lezioncina mentre si avvicinava al luogo dell'incontro. Doveva tenere la mente impegnata, pensare a Sèrina il meno possibile. Se si fosse lasciato guidare dall'ansia, avrebbe sicuramente commesso qualche errore, mettendola in grave pericolo.

No, è impossibile.

Quanto manca ancora? Sono già passati dieci minuti...”

Piantala di seccare, Chill. Siamo quasi arrivati. Non eravamo così lontani da avere bisogno di un mezzo di trasporto, due passi e siamo lì.”

Albedo camminava con tranquillità, come se nulla al mondo potesse turbarlo. Procedeva a passo lento, l'ultima sigaretta del pacchetto tra le labbra, accesa da poco. Blyen lo fissò con un misto di sdegno ed ammirazione. Tra i tre, era l'unico ad aver mantenuto il suo proverbiale sangue freddo. La mano di Kaya si posò sulla sua spalla.

Mi dispiace, Blyen. Non credevo che Kiyoko...”

Albedo le lanciò un'occhiataccia.

Piantala anche tu, Kaya. Non è il caso di dannarsi per il passato. Il problema è il presente, il momento attuale. Smettila di scusarti e pensa a come possiamo uscirne, piuttosto.”

La kitsune si accodò senza dire una parola. Il suo volto tradiva una preoccupazione palpabile, gli occhi non sembravano volersi staccare dall'asfalto. Aveva indossato un paio di scarpe da ginnastica sgualcite per raggiungere il ponte. Erano scomode e di pessima fattura, ma a piedi nudi c'era il rischio di tagliarsi con qualche coccio di bottiglia o pungersi con la siringa infetta di un drogato. Rabbrividì all'idea di contrarre qualche malattia da immunodeficienza acquisita per un motivo così stupido. Albedo afferrò la Exxon tra l'indice ed il medio della mano destra.

Cosa sai dirmi su quella eptacoda matta da legare? Quali altre sorprese potrà riservarci oltre ad un simpatico istinto omicida, una vena saffica repressa e una tendenza paradossale alla distruzione di massa tramite ordigni esplosivi?”

Penso che il problema sia proprio la sua più totale imprevedibilità. Kiyoko non segue uno schema mentale preciso – penso non ne abbia mai avuto uno, a dir la verità. L'unica cosa di cui possiamo essere ragionevolmente sicuri è il fatto che non cambierà aspetto. Da quando la conosco, non ha mai rinunciato a quella che considera come la sua vera essenza. Porta sempre con sé un parasole, quando può lo tiene aperto anche al chiuso, indossa sempre gli stessi sandali di ciliegio. Purtroppo non so dirvi nulla di più.”

Pazienza, ce lo faremo bastare.”

Il profilo dei montanti si stagliò nel cielo notturno, oscurato dalle nuvole. Una leggera pioggia aveva incominciato a lambire la pavimentazione stradale, ticchettando allegramente come uno xilofono. Le stelle si erano nascoste nel cupo manto celeste, assieme alla Luna. Nubi di tenebra troneggiavano sul canale, pronte a riversarsi in cascate d'acqua torreggiante. Già, acqua... gocce minuscole in caduta libera, frenate dall'attrito viscoso dell'aria, piccole sferette irregolari trasparenti. Kaya se le immaginò a rimbalzare sulla tela dell'ombrellino di Kiyoko, vestita del suo kimono rosso decorato, una macchia di colore nell'oscurità. Aveva un buon gusto in fatto di colori, Kiyoko, e anche in fatto di profumi. L'aroma della sua pelle era sempre così delicato, sottile, mai troppo intenso, e quei suoi capelli neri lucidi...

Kiyoko...

Probabilmente era già arrivata, ferma in piedi sui resti del ponte, le sette code disposte a ventaglio, sotto il temporale. Perché di lì a poco si sarebbe scatenato l'inferno, poco ma sicuro. Il cielo avrebbe pianto, pianto lacrime amare e i fulmini! Tuoni e fulmini avrebbero completato degnamente la composizione. Un quadro di Friedrich, solcato da vivi colori sfumati.

La kitsune sul mare di nebbia, forse? Certo che l'idea è buona. Potrei dipingerlo io, quando finisce questa storia. Sì, se ne esco viva, riprendo in mano tele e pennelli, lo giuro, poi lo dono a Kiyoko. Chissà se le piacerà?

Blyen osservò con ammirazione l'arco del ponte – quello che ne restava, almeno. L'edera iniziava lentamente a prendere possesso di quel suo nuovo dominio, rifugio di alcolizzati, tossicodipendenti, aspiranti suicidi. Il posto era piuttosto rinomato, non erano poche le persone che avevano deciso di rinunciare alla propria vita con un tuffo spettacolare dalla struttura. I giornali avidi di notizie non aspettavano altro che sbattere in prima pagina la foto di una bella ragazza di vent'anni e scavare nel fango, rimestare nel torbido per portare alla luce il motivo di quel gesto orribile e sconsiderato. Se poi la giovane in questione è nata grazie alle amorevoli cure del Manto, l'inchiesta si allarga fino a tentare di rubare indiscrezioni ai nove membri del Concilio, domandandosi come sia stato possibile che un frutto delle Graziose Divinità sia marcito prima di maturare. Era già accaduto diverse volte, uno spettacolo orribile spacciato come informazione. Sèrina odiava quegli oloservizi giornalieri a tal punto da evitare di accendere lo schermo e ridurre il televisore ad un inutile soprammobile impolverato. In compenso, leggeva, leggeva molto. Libri di fiabe, di miti e leggende – perlopiù orientali. Spesso si accoccolava tra le coperte, sfogliando le pagine ingiallite con una tazza di latte caldo sul comodino, nella luce soffusa della sua stanza.

Se quella maledetta le ha torto anche un solo capello...

Scosse la testa in modo violento, allontanando gli incubi, concentrandosi sui sogni, sul lieto fine. Perché doveva esserci un lieto fine. Ne era certo.

Albedo non pensava a nulla, tentava solamente di bagnarsi il meno possibile. Anche se la giacca era da buttare (si era strappata in modo orribile a seguito del caos al locale) non intendeva offrirne nemmeno un centimetro alla pioggerella fine fine che scendeva leggera dal cielo. Gli orecchini di perla scintillarono nel fioco chiarore dei lampioni.

Possiamo muoverci con calma, tanto lui non è ancora arrivato, non arriverà per un bel pezzo. Mi giocherò il bluff e me ne andrò via prima che si avvicini troppo, senza essere visto. In questo modo, lo avrò ingannato di nuovo e non avrà modo di...

Blyen si bloccò improvvisamente, lo sguardo fisso in direzione delle rovine.

Inizio a vedere il casello d'ingresso, ma non c'è ancora nessuno. Siamo in anticipo?”

Albedo controllò l'orologio con disinvoltura.

Sì, mancano circa dieci minuti all'ora dell'appuntamento. Abbiamo il tempo di preparare un piano d'azione. Blyen, hai ancora quella bomba a rilevazione di posizione che ho disinnescato oggi?”

Blyen frugò nella tasca interna della giacca, estrasse l'ordigno e lo mostrò trionfante nel palmo della mano.

Eccolo. Cosa vuoi farne?”

Se la riattivo, possiamo servircene per imbastire una trappola. Vedi quella strettoia?”

L'indice di Albedo si spostò fino ad indicare un vicolo stretto tra due muri di mattoni crepati, poco più che un cunicolo parallelo alla strada principale.

Se piazziamo il polpo su una delle due pareti e lo attiviamo, il selettore registrerà la distanza tra i due capi come standard. Se un qualunque corpo estraneo si frapporrà tra il sensore ed il bersaglio... beh, potremo chiamare direttamente il numero della centrale a biocombustibile più vicina.”

Mi sembra una buona i...”

No! No, nel modo più assoluto!”

Kaya separò i due uomini. I primi tuoni squarciarono le nuvole, imponendo il ritmo della loro sinfonia roboante. Albedo imprecò in modo violento contro la pioggia incessante, quella cascata celeste che stava impregnando il suo costoso abito firmato.

Perché no?”

Kiyoko... Kiyoko potrebbe farsi male. E anche Sèrina, Blyen! Non hai pensato a Sèrina? È un rischio che non intendo correre! Basta un imprevisto e un'innocente rischia di rimetterci la pelle!”

Blyen annuì, consegnò l'oggetto metallico ad Albedo.

Potresti avere ragione. Comunque sia, è meglio se lo tieni tu. In caso di bisogno, sai attivarla in fretta, giusto?”

Albedo annuì con un cenno del capo, poi ripose il polpo nella tasca sinistra della giacca. Lanciò il mozzicone a terra, lo calpestò con vigore fin quasi a ridurlo in polvere. La tempesta non sembrava concedergli tregua neppure per terminare una sigaretta. I capelli erano inzuppati, così come la camicia nera. Saette di elettricità statica attraversavano le nubi, provocando un frastuono demoniaco che oscurava ogni altro suono o rumore. Scostò lo sguardo da quello spettacolo innaturale, posando le iridi di ghiaccio sugli occhi stanchi della kitsune.

Ahimé, ragazza mia, devi proprio aver causato un danno di notevole entità al Manto per generare la situazione attuale. Dico, addirittura un rapimento! Cosa può aver spinto la gentile Kiku fiore di croco ad emettere un provvedimento così severo nei tuoi confronti, o Kaya? Quale affronto hai recato all'organizzazione che ti ha dato i natali? Orsù, è arrivato il momento delle spiegazioni.”

Kaya sospirò nella pioggia.

Ho trafugato delle informazioni.”

Questo si era capito, sii più specifica. Che genere di informazioni?”

Documenti sulle nostre origini, sul progetto Anser.”

Ma guarda...”

Albedo notò una tettoia di lamiera, la raggiunse senza distogliere lo sguardo dalla kitsune, riparandosi dai capricci di Zeus e di Eolo. Blyen lo seguì a ruota, portandosi all'asciutto. Kaya rimase ferma, immobile sotto l'acqua battente.

Anser in latino significa anitra, se la mia memoria non fa difetto.”

Sì, esatto... ma è anche il nome comune della stella α-Vulpeculae, astro principale della Volpetta.”

Blyen si grattò i capelli, poco convinto. Uno strano brivido risalì lungo la schiena, disattivando alcuni circuiti logici del suo cervello, impedendogli di connettere.

Dovrebbe significare qualcosa?”

Anch'io credevo fosse una coincidenza, all'inizio... ma il solo fatto che i file fossero criptati e nascosti su un disco rigido del computer centrale era una ragione sufficiente a porsi qualche domanda. Grazie all'aiuto di una mia... amica ne sono entrata in possesso, due giorni fa. Sono riuscito ad aggirare la protezione grazie ad alcuni trucchi che preferirei non svelare, per ora. E ho letto. Tutto. Dall'inizio alla fine.”

La pioggia scrosciò impetuosa, scorrendo sulla pelle mulatta di Kaya, sulle palpebre chiuse, sui capelli candidi, la t-shirt fradicia, i jeans inzaccherati. La voce si sincronizzò con il ritmo incessante della pioggia, lo seguì con naturalezza, frammentandone l'eco, rendendolo parte di sé. Cantò alcune note armoniose per trovare il coraggio di continuare.

Sapete una cosa? Non volevo crederci. Mi si è gelato il sangue nelle vene, il mio cuore si è fermato per un secondo, un tempo infinito in cui la mia anima si è tuffata nel buio, per non riemergerne. Perché io non so nemmeno se ho un'anima, non ho più alcuna certezza!”

Si inginocchiò, le scarpe sprofondate nelle pozzanghere, le mani posate sulle gambe tremanti. La voce ridotta ad un sussurro impercettibile, le parole emesse a fatica. Lacrime amare rigarono le sue gote, mescolandosi alle gocce salmastre.

No... non ce la faccio... non ci riesco! Non ci riesco!”

Cos'è che non riesci a fare, Kaya?”

Kaya sgranò gli occhi, si voltò in direzione di quella voce così famigliare, un po' troppo acuta forse, ma melodica e delicata come poche.

La voce di Kiyoko.

Blyen urlò a squarciagola.

Fatti vedere! Dove sei? Dov'è Sèrina?”

La kitsune emerse dalle tenebre, vestita di una maglietta beige senza maniche ed una gonna corta nera rubate dal guardaroba di casa Chill, l'ombrellino scheletrico aperto come un macabro trofeo. I suoi sandali di ciliegio emergevano dalle pozzanghere scure, generando minuscoli cerchi nell'acqua, le sette code strette attorno al corpo immobile di Sèrina, ancora fasciata nel suo pigiama azzurro, trattenuta in una morsa d'acciaio. La ragazza aprì gli occhi, tentò di incrociare quelli del suo compagno, attraversati da un lampo di terrore.

Blyen...”

Kiyoko la zittì con un cenno della mano, una delle code le tappò la bocca. Blyen tentò di gridare qualcosa, ma la rapitrice lo ignorò in maniera plateale.

Non sei tu che mi interessi.

Kiyoko si isolò completamente dall'ambiente circostante, focalizzò i suoi sensi sulle frequenze della sua simile, filtrò tutti i suoni che non fossero riconducibili a lei. Un tremito di eccitazione attraversò tutto il suo corpo.

Avanti, Kaya, completa il discorso. Qual è il problema?”

Kiyoko, piccola mia...”

Kaya scoppiò in un pianto inconsolabile, il cielo stesso si fermò ad osservarla, impietosito. Le sillabe uscirono strozzate dalle sue labbra, le lettere scivolarono nella nebbia. Le parole risuonarono come un rombo di tuono, sovrastarono il fragore del fortunale.

Io... tu... la stessa Kiku... noi tutte... noi siamo solo creature artificiali! Siamo state create capisci? Noi siamo tutte frutto di Anser!”


2 Aprile, 2029


Lenses

Scienza e dintorni


Riproduzione Assistita



A seguito della diffusione del virus di Schweizz, l'unico meccanismo riproduttivo efficace è costituito dalla connessione con una kitsune. È stato infatti appurato che il DNA delle Graziose Divinità è immune agli effetti del microrganismo, rendendo possibile utilizzarlo come intermediario per una nuova tecnica di fecondazione assistita già ribattezzata fecondazione intermediata. Le kitsune sono dotate di un unico organo sessuale polimorfo in grado di estroflettersi od incavarsi assumendo due configurazioni (“maschile” o “femminile”), del tutto simili agli organi riproduttivi umani. I tassonomisti hanno rinominato quest'organo lìpasma (dal greco λίπασμα, fertilizzante), dal momento che è in grado di rendere nuovamente fertili le cellule uovo umane, depurandole dal virus di Schweizz. Il meccanismo biologico è semplice: il lìpasma riceve l'ovulo femminile e lo duplica copiandone i cromosomi, utilizzando esclusivamente materiale generico nativo. Gli enzimi di copia ricombinano il DNA in forma funzionale, tagliandone selettivamente alcune sezioni – tra cui quelle generalmente attaccate dal virus di Schweizz. L'ovulo originale viene distrutto e smaltito, mentre il clone viene trattenuto e fatto attecchire sulle pareti dell'organo. Il contatto con spermatozoi maschili rende quindi possibile una fecondazione in piena regola, senza la possibilità che il virus si attivi distruggendo lo zigote. La cellula uovo fecondata viene quindi estratta dal lìpasma ed impiantata nell'utero della futura madre, permettendole di portare a termine la gravidanza.

Il lìpasma non è solamente un depuratore: esso è in grado di produrre autonomamente cellule uovo con cadenza regolare, contenenti cromosomi kitsune. Pur non essendo in possesso di dati certi, gli scienziati sono unanimemente convinti che questi ovuli siano il fulcro della riproduzione delle kitsune. Per qualche fenomeno ancora sotto studio, le cellule prodotte dal lìpasma dovrebbero essere in grado di autofecondarsi e generare uno pseudo crossing-over che aumenti al massimo la variabilità genotipica della creatura, permettendole di assumere diversi aspetti. È stato dimostrato che una kitsune può transire da un genere apparente maschile ad uno femminile in un tempo di circa quindici minuti. Le modifiche sulle code richiedono invece solamente frazioni di secondo. Questa discrepanza sembra essere frutto del retaggio evolutivo: in passato, le code avrebbero avuto un ruolo affine ai tentacoli di un moderno Thaumoctopus mimicus, costituendo un efficace mezzo per disorientare o spaventare i predatori.

Quale biforcazione evolutiva abbia permesso la comparsa di un organismo così simile all'uomo e, allo stesso tempo, così diverso è ancora un mistero.


Merreyn Flauvier

Università di Chandlierenne


25. Urlando in silenzio, senza poter essere ascoltato


Finora è stato semplice. Forse anche troppo.

Individuare il varco nel muro non gli era costato molta fatica, così come trovare la giusta frequenza di attraversamento. Era un trucco standard, le kitsune dalle quattro code in su vi ricorrevano spesso. Pensavano di essere al sicuro, nel loro vano nascosto alla vista, e invece...

Banquo scrollò la testa con forza, come per liberarsi dell'acqua in eccesso. La cresta bicolore era inzuppata fino al midollo, così come la giacchetta di pelle. L'acqua caduta dal cielo si era mescolata col sangue rappreso della ferita sulla fronte, generando un'orribile rivolo rossastro che attraversava il volto sino alla mandibola. L'anello al naso brillò alla luce della lampada a gas, unica fonte di illuminazione di quel cubicolo. Per fortuna, l'ombrellata non glielo aveva strappato di netto. Ho un aspetto osceno, in questo momento. Non risponde nemmeno lontanamente ai miei canoni abituali. La mano raggiunse istintivamente la fondina, sfiorò il calcio della Sachson 48. La pistola era carica, il colpo già in canna, la sicura attiva. Un sorriso sadico si fece strada sul suo volto. In caso di necessità, il suo ferro da lavoro lo avrebbe tratto d'impaccio. Okay, ora cerchiamo di capire dove sono finito. Kaya doveva essersi dileguata pochi minuti prima del suo arrivo, la sua presenza era ancora percettibile. Se n'era accorto prima di forzare il sigillo, prima di invadere lo spazio vitale della sua preda. Se fosse stata ancora al suo interno, avrebbe potuto variare la frequenza di vibrazione della parete, impedendogli di entrare (sempre che fosse in grado di modificarla abbastanza velocemente da tenermi testa, pensò). Banquo si guardò attorno con fare sospetto, tentando di compilare un rapido inventario di ciò che si trovava all'interno del nascondiglio.

Mobili di bassa lega, sedie e pouf consumati dall'uso, foto, miriadi di foto. C'è sempre lei, in mezzo. Nelle più vecchie è vestita di un kimono tradizionale, nelle oloproiezioni indossa un completo nero da uomo. È piuttosto elegante per essere una pentacoda. Dev'essere uscita dal Manto ben più delle sei volte che sostiene Saku. Beh, a ben vedere Saku è un pesce piccolo nell'organigramma complessivo. Sa molto di più di tutte le sue sottoposte messe assieme, ma non conosce i segreti del Concilio. Dicono che presto sostituirà Chiara, Azami ne sembra convinta... ma io credo che si sbagli. Kiku a questo proposito non la racconta giusta, ah no. Comunque, si tiene bene, Kaya. Sa di essere affascinante e non fa nulla per nasconderlo, dev'essere per questo che Kiyoko stravede per lei. Ah, già. Kiyoko. Gliela devo far pagare a quella sgualdrina, il suo maledetto ombrello mi ha lasciato un segno orribile, chissà se e quando guarirà? No, a questo penserò dopo, ora devo rintracciare Kaya. Se la riporto al Manto, Kiku dovrà esaudire il mio desiderio, deve farlo!

La sua attenzione fu attirata da una teiera in porcellana, dalle tre tazze posate sulla cassapanca di legno solido. Le tracce di zucchero depositate sul fondo erano inequivocabili.

Hai avuto ospiti, huh? Due persone. Esseri umani o kitsune?”

Sbatté tre volte la palpebra destra, attivando lo ScanMan. La pupilla si mosse rapidamente, selezionando il DNA-detector, avvicinò una delle tazzine all'occhio. Il selettore trovò tracce di materiale genetico analizzabile sul bordo. L'indice di Banquo sfiorò la ceramica della tazzina, in corrispondenza del segno virtuale lasciato dal visore. Il nanosensore impiantato sul guanto nero acquisì alcuni frammenti, invio i dati al terminale oculare. In una frazione di secondo, il computer elaborò il risultato.

Filamenti non compatibili con un essere umano, cromosomi sessuali non definiti.

Una kitsune. Scrollò le spalle.

Nulla di importante. Sapevo che ce ne doveva essere almeno una, questa analisi non mi dice molto di più. Vediamo le altre due.

Il dito si spostò sulla seconda tazzina. Dopo un paio di secondi, lo ScanMan visualizzò una foto. Uomo, ventiquattro anni, capelli neri, occhi viola. Registrato all'anagrafe genetica come...

Blyen... Chill.”

Banquo ritrasse la mano, digrignò i denti, gli occhi stretti fino a diventare due fessure.

Sono... sono stato preceduto da quel bastardino scodinzolante?!”

Il suo cervello si rifiutava di accettare la verità. Blyen Chill, il rookie temerario, il cacciatore di bassa lega, aveva trovato Kaya. Per primo. Aveva persino bevuto un tè con lei. Ma l'aveva già riportata al Manto?

No, no. Se così fosse, Kiku me l'avrebbe detto. La partita è ancora aperta. Devo solo rimanere tranquillo. Tranquillo, eh? Non devo avere fretta, la fretta è mia nemica. Però devo essere veloce, quello sì. Devo bruciarlo sul tempo.

Rimaneva ancora una tazza da controllare, la terza. Il polpastrello sfiorò la ceramica, inviando ancora una volta i dati al processore Athena e16. Il computer principale inviò un segnale di errore, lo ScanMan visualizzò un segnale rosso di pericolo generico.

Cosa significa?

Attivò la routine di debug, richiamò la lista degli ultimi processi. Lesse l'esatta sequenza delle azioni, richiamò la subroutine di controllo errori avanzata.

Errore 721? Cosa diavolo significa errore 721?

Spostò la pupilla in alto a sinistra, richiamando la sezione manuali. Le istruzioni d'uso del DNA-detector si mostrarono in tutta la loro – per così dire – chiarezza, sciorinando una serie di codici di uscita associati alla relativa causa.

646, 684... ah, ecco qui. 721.

Sgranò gli occhi. Il risultato era inequivocabile.

Ma guarda... c'eri anche tu, quindi.

Riepilogò velocemente la situazione. Una kitsune. Due uomini. Uno era Chill, mentre l'altro...

Com'è che si fa chiamare? Ah, sì.

Albedo, eh? Che nome orribile, amico, non hai proprio gusto. Non che sia importante, adesso. Quel che conta è che so chi era qui fino a dieci minuti fa, forse meno. Non ho bisogno d'altro.”

Serrò la palpebra per tre volte. Lo ScanMan si disattivò, restituendogli l'intero campo visivo.

Ora devo solamente scoprire dove sono andati. Non credo che siano usciti per una scampagnata, qui c'è sotto qualcosa, qualcosa di grosso. Se l'emozione residua è forte, forse posso provarci.

Strinse le labbra, chiuse gli occhi, fischiettò un motivetto all'apparenza casuale. Note cupe, malinconiche, prive di eleganza o coerenza.

Ma non accadde nulla.

Continuò imperterrito, ripetendo la stessa breve sequenza più e più volte, sempre con la stessa intensità. Una timida eco si levò dal nulla, generando un tenue controcanto, più armonioso. Insistette con la melodia, senza mai modificarla, canticchiandola in modo incessante, a tratti fastidioso per le sue stesse orecchie. L'eco divenne via via più definita, il volume aumentava ad ogni ripetizione, la struttura cominciava ad emergere, sino alla completa risonanza. Fu allora che l'eco dominò il silenzio, lo travolse, trasformandosi nella voce portante, relegando Banquo all'accompagnamento. La voce del buio esplose con tutta la sua forza tumultuosa, vorticò su di lui, fece vibrare l'aria, si condensò, penetrò nel suo corpo tramite i pori della pelle, attraversò le labbra aperte con violenza. Le pupille di Banquo si restrinsero, ridotte a due punti naufragati nelle orbite bianche, la mente si perse, travolta dalle armoniche folli, scatenate dal suo ingenuo fischiettare, un effetto a valanga inarrestabile.

Immagini tremolanti, un film su pellicola danneggiata, una ragazza sdraiata sul letto. Carina, la ragazza, con quei suoi capelli lunghi castani, quel pigiama azzurro cotonato...

Sono in ansia per Sèrina. Non la sento da oggi pomeriggio, chissà se sta bene. Chissà se è già a letto, se sta leggendo un libro...

Co... cosa?!”

La scena muta, si trasforma, tre persone sedute in una stanza, un telefono che squilla.

Il cellulare! Sta suonando? Ma chi può cercarmi a quest'ora? Sèrina? Cosa è successo, oddio, cosa è successo? Devo rispondere, ha bisogno di me!

La bocca spalancata, il turbine di emozioni non accenna ad arrestarsi, lo sconquassa dall'interno. Una kitsune dai capelli neri, il kimono rosso scivola per terra, le code si aprono a ventaglio, celano le curve generose del corpo.

Kiyoko! Perché lo hai fatto? Perché ti stai comportando così? Non sei mai stata crudele, non hai mai fatto del male a nessuno! Kiyoko, che bisogno c'era di rapirla? Ora Blyen cercherà di ucciderti, io non potrò fermarlo! Ritorna in te, ti prego, ti prego!

Le foto sui muri prendono vita, centinaia di giovani coppie danzano un valzer su una canzone sconosciuta – no, non sconosciuta! The Bluesman? Il pezzo di The Bluesman?

Kaya emerge tra le ali di folla, vestita nel suo completo nero, la cravatta ben stretta, la camicia attillata, lo sguardo perso.

Non posso aiutarvi, mi dispiace. Il limite demografico della vostra zona è stata raggiunta, non possiamo darvi il permesso di avere un figlio. I soldi non bastano, il Manto non può erogarvi il servizio. Tornate tra qualche anno, sarete più fortunati.

Banquo crollò in ginocchio come una marionetta senza fili, le braccia abbandonate a se stesse, prive di coordinazione.

Mamma, dove sei? Mamma?”

Chi stai chiamando? Cos'è la mamma?”

Io sono sicuro di averne una. So che c'è, rammento il suo abbraccio caldo sulla mia pelle...”

Ma noi non abbiamo una mamma. Siamo nati dal nulla, non la sai la storia?”

La storia non mi interessa! Io so che c'è una mamma, da qualche parte! Lo so! Ne sono sicuro!”

La donna vestita di nero si avvicina, un abito elegante inadatto al suo aspetto, si china sul bambino, sorride.

Cosa succede, piccolo? Ti ho sentito dalla mia stanza, là dietro. Cosa ti ha fatto arrabbiare?”

Il bambino alza lo sguardo, incontra gli occhi marroni infiniti della giovane.

Loro dicono che non ho una mamma, che non esiste una mamma, che nasciamo dalla cenere. Io non ci credo, non ci credo!”

La ragazza sorride, gli accarezza la guancia con dolcezza.

Purtroppo hanno ragione. Loro sono nati dalla cenere, generati da ciò che resta... ma non tutti sono così. Alcuni hanno una mamma e un papà.”

E io? Io ce l'ho?”

Occhi pieni di speranza, il bambino batte le mani. La ragazza abbassa lo sguardo.

Il tuo cuore cosa dice?”

Il mio cuore...”

La mano si muove sul petto, sino al mediastino, gli occhi chiusi in silenzio, in ascolto. Il battito leggero, ritmico, nel sole dell'estate. Il bambino riapre le palpebre, le iridi scintillanti.

Sì, io ce l'ho una mamma! E prima o poi la incontrerò!”

Il volto della ragazza si illuminò di gioia.

Sono convinta che ce la farai. Devi solo crederci.”

No! Cosa significa? Cosa... cosa succede? A... aiuto!”

Una figura in piedi sullo scheletro di un ponte morto, vestita di abiti leggeri. Ha capelli neri splendidi, orecchie da fennec, sette code a ventaglio, pupille sottili incastonate in candidi diamanti screziati. Immobile sotto la pioggia, coperta di ferite ma decisa ad andare fino in fondo. Ha un fascino strano, un'idea di bellezza eccentrica ma vivace. Ed è lì, sotto l'acqua, ci guarda dall'alto con superbia, aspetta un nostro movimento, nel buio. So che c'è, la sento, è nascosta. Gli altri sono troppo impegnati a preoccuparsi, non l'hanno ancora percepita. Io sì.

Il flusso di coscienza si interruppe, il fumo svanì, rimbalzando, evaporando in un secondo.

E il silenziò tuonò sovrano.

Banquo urlò a squarciagola, urlò a pieni polmoni, le pupille dilatate, la fronte madida di sudore, gli arti indeboliti, i muscoli scossi da attacchi epilettici. Sputò saliva, scosso da conati di vomito, gattonò sino alla parete più vicino. Si sollevò dal terreno poco per volta, centimetro dopo centimetro, tentando di assumere posizione eretta, sotto gli sguardi severi delle foto appiccicate ai muri. Si portò le mani alla testa, trascinandosi nella fioca luce della stanza. Respirò a fatica, afferrò un fazzoletto lo estrasse dalla tasca, lo portò alla fronte, la asciugò con mano malferma, appoggiandosi con l'altro braccio, le gambe completamente prive di coordinazione.

Finito. È tutto finito.

Si tranquillizzò, poco per volta. Risvegliare l'eco era stato un azzardo pericoloso, ne aveva sottovalutato le conseguenze. Il suo corpo era stato attraversato da flussi di emozioni non sue, straziato dalla potenza del dolore, dell'angoscia, il suo animo annientato dalla violenza del terrore puro. Per un istante era sprofondato nell'abisso, in un cupo pozzo senza fondo, in caduta libera, urlando in silenzio senza poter essere ascoltato, tentando disperatamente di trovare un appiglio. Aveva perso completamente l'orientamento, vagava nelle tenebre senza il minimo punto di riferimento, precipitando a velocità sempre maggiore negli anfratti più reconditi del vuoto assoluto.

Insperata, era infine giunta la luce. Un bagliore abbacinante, un'improvvisa epifania, il contatto fugace tra due menti.

La mano tesa, l'indizio fondamentale, il ritorno alla lucidità.

Banquo scoppiò in una risata fragorosa, liberatoria, tinta di follia, le pupille ridotte minuscoli spilli puntiformi persi nel bianco infinito dell'occhio. Si leccò le labbra, più volte, lenendone la secchezza, pregustando la caccia.

Ora so! Ora so dove sei! Adesso vengo a prenderti, Kaya!”


26. Nasciamo dal nulla, moriamo nel nulla


Chiara arretrò inquieta, osservandola con sospetto.

Cosa... cosa stai dicendo? Kiku, sei sicura di sentirti bene?”

Kiku espirò con continuità per alcuni secondi, senza distogliere lo sguardo dal pavimento. Le maniche del furisode si avvolsero attorno al suo corpo, abbracciandolo con calore, restaurandone l'autorità.

Sono completamente padrona delle mie facoltà mentali. È proprio per questo che ho deciso di venirti a trovare, questa sera.”

Le iridi rosse si mossero all'unisono, scivolando lungo la camicia da notte nera. Vi indugiò per un secondo, ammirando il profilo della rosa ricamata, il nome scritto a caratteri dorati sulla seta consumata. Chiara strinse le braccia attorno al proprio corpo, nascondendosi a quegli occhi indagatori, occhi che risalirono fino al suo viso dai lineamenti delicati, incrociando due finestre sull'oceano immerse nel colore del cielo.

La tua vestaglia è molto bella, sembra un pezzo pregiato. È solo un po' troppo corta, ti lascia scoperte le gambe. Sottolinea il tuo fascino con eleganza, è un peccato che tu sia così... chiusa.”

Intonò alcune note leggere, fornendo un controcanto armonico a Rubecca, rinvigorendo l'animo impaurito. La voce tremò, come scossa da un dolore impalpabile.

Chiara si riavvicinò, si sedette accanto a lei, le mani conserte.

Cosa intendi per... chiusa? Non mi sembra di esserlo di più delle altre componenti del Manto. Anzi, a ben vedere, noi kitsune siamo restie ad integrarci per natura. È come se fossimo... estranee a questo mondo, come se lo osservassimo dall'esterno. Hai presente quelle sfere di vetro in cui cade la neve? Quegli sciocchi oggetti di arredamento che qualche essere umano tiene sopra i mobili di casa sua? Ecco, ogni volta che interagisco con qualcuno, con qualcosa al di fuori del mio mondo perfetto... è come se stessi guardando la casetta celata dalla neve, come se io non fossi lì, in mezzo alla tormenta, ma fuori, lontana dal mondo reale. No, se dovessi scegliere un aggettivo per definirmi, non userei chiusa. Penso... penso che distante sia più adatto.”

Distante, dici...”

Kiku spogliò la mano destra della manica, la portò al viso, ne lambì il dorso con la punta della lingua, simulando tranquillità.

Sai? Quando io e le altre abbiamo costruito la dottrina kitsune, abbiamo tentato di generare un crogiolo di nozioni e precetti con il solo scopo di avvicinarci all'uomo e comprenderlo. Nelle nostre menti non v'era alcuna intenzione di scavare un fossato tra noi e loro, bensì di costruire un ponte con la cultura umana. Non è un caso se abbiamo attinto alla tradizione giapponese, se l'abbiamo fusa con elementi di leggende occidentali, se il Manto stesso è assurto a simbolo del cielo, delle stelle più luminose. Il nostro scopo deliberato era di essere più simili possibili all'uomo, di rappresentare la speranza, la gioia. Purtroppo, non è andata così. I media hanno rimbalzato da ogni parte del mondo la notizia della nostra comparsa, ci hanno chiamato Graziose Divinità, hanno fatto appello ad elementi di esoterismo e religioni escatologiche, elevandoci al rango di creature superiori... e dunque, irraggiungibili.”

Si interruppe per un attimo, un velo di lacrime inumidì le palpebre come pioggia d'autunno.

Nel momento stesso in cui si assegna il titolo di dio o genio a qualcuno, lo si inizia ad idolatrare, estraendolo dalla sua reale essenza, gettando al vento ogni possibilità di elevarsi al suo rango. È un dio, io non posso competere con lui. È così potente, io non ho nemmeno il diritto di prostrarmi a tanta luce, o schifezze del genere. In pratica, siamo diventate dei simboli... e, come tali, intoccabili, inavvicinabili. Cosa direbbe un essere umano comune se sapesse che l'onnipotente Kiku fiore di croco, matrona del Concilio delle Pari, ha ceduto più volte ai piaceri della carne, allontanandosi furtivamente dal Manto, di notte, sotto mentite spoglie? Cosa potrebbe pensare, se sapesse che quella stessa Kiku che rappresenta l'immagine del Manto del mondo ha un debole per gli uomini dai capelli biondi e gli occhi azzurri, che non disdegna di accompagnarsi con le sue pari?”

Chiara deglutì a fatica, ingoiò un boccone di saliva, incapace di allontanarsi, calamitata dal fascino magnetico della sua ospite.

Forse... smetterebbero di considerarti infallibile? Ti considererebbero... più vicina a loro? Più... più umana?”

Kiku scosse la testa.

No. Si limiterebbe a negare l'evidenza. Le dee non sbagliano. Qualunque idea o pensiero contrario è un'eresia punita con il disconoscimento. Nessuno si sente abbastanza autoritario da negare la nostra natura sovrumana. Nessuno si sente abbastanza puro... da volerci bene.”

Una lacrima rigò il suo viso, attraversò il trucco nero, lasciando una sottile traccia scura al suo passaggio.

Gli archi si prepararono per il maestoso gran finale della quinta sinfonia, pronti ad un crescendo di inaudita potenza emotiva. Chiara aveva ascoltato molte volte quel passaggio, trovandolo bello e di notevole impatto. Quella sera, il suo cuore sobbalzò ascoltando gli arpeggi armoniosi e potenti dell'arpa, i movimenti rapidi dei sintarchi, il calore dei timpani a percussione sinottica. Un tremito incerto si fece strada nel suo animo saldo, incrinando le sue certezze più solide. Si avvicinò ancora di più a Kiku, fin quasi a sfiorarle il kimono, le nove code in movimento irrequieto sulla coperta, dubbiose sul da farsi.

La verità è che siamo sole, Chiara. Isolate. Nasciamo dal nulla, moriamo nel nulla. Ricordi quello che andavi affermando oggi pomeriggio, sul fatto che ognuna di quelle larve è figlia di una kitsune di terza generazione?”

Chiara annuì incerta, portò lo sguardo al pavimento, come per trovare conforto, per estraniarsi dal momento corrente.

S... sì, mi sembra di aver detto qualcosa del genere.”

Sarebbe bello se fosse veramente così.”

Chiara sgranò gli occhi, fissò Kiku senza proferire sillaba, come colta di sorpresa. Tentò di balbettare qualche frase di senso compiuto, invano.

Il tuo sgomento è palpabile. Non sei in grado di comprendere nei dettagli ciò che ti ho appena rivelato, corretto? Vedrò di essere più esplicita: la maggior parte delle kitsune non nasce tramite parto naturale o cesareo. Gli embrioni vengono cresciuti in capsule di coltura piuttosto avanzate che riproducono le condizioni chimiche intrauterine. Il materiale genetico utilizzato nella produzione delle nuove kitsune è derivato indirettamente dai gameti delle coppie che si rivolgono al Manto. I cromosomi vengono sezionati e riassemblati in modo da ottenere un codice multiplo variabile che permetta una transizione continua a diversi caratteri fenotipici. La variabilità stessa del codice è una garanzia di inattaccabilità: il virus di Schweizz si trova a doversi innestare su una struttura inadatta e ostile. Per usare una metafora, è come se dovesse attraversare a piedi un campo minato senza metal detector: le probabilità che riesca a sopravvivere sono quasi nulle.”

Lo sconcerto prese forma sul volto di Chiara, la pelle perse colore, sbiancando.

A... aspetta un attimo! Vuoi dire che noi... che noi nasciamo dalla cenere come insegna la dottrina kitsune? Che non abbiamo una madre o un padre ma siamo figlie di tutti e nessuno allo stesso modo?”

Precisamente. Quasi tutte le kitsune di prima, seconda, terza e quarta generazione sono state costruite e cresciute in banchi di generazione. Solo la generazione zero è nata in modo naturale, per parto quadrigemellare. Io, Azami, Megumi e Kaya siamo sorelle – o fratelli, dato che per noi non fa alcuna differenza. Siamo tutte figlie della Prima Kitsune, Anser.”

Le code di Chiara si contorsero, frustarono l'aria, si aprirono a fiori per poi richiudersi, adagiandosi sul letto, scosse da tremori improvvisi, come punte da una tarantola.

Cosa significa, Kiku? Cosa significa? Anser non esiste, è solo una figura mitologica che avete inserito a forza nella religione!”

Kiku alzò la voce, i suoi occhi si fecero severi.

Anser esiste ed è mia madre! Io l'ho vista, mi ha allattato al seno, mi ha cresciuto durante il mio stadio larvale! Ho ancora il ricordo della dolcezza di quei momenti, Chiara! Sono istanti reali, emozioni vere, qualcosa che nessuno potrà mai togliermi! Io so cosa significhi ricevere l'affetto di qualcuno, l'ho provato sulla mia pelle... e l'ho perso! Ho provato in ogni modo a supplire a questa mancanza, a trovare comprensione e vicinanza...”

Strinse la mano, la serrò in un pugno.

... ma più tentavo di scendere al livello dell'uomo, più esso si allontanava da me... lasciandomi sola. Completamente sola.”

Chiara la fissò intimorita, indecisa. Kiku fiore di croco era una specie di leggenda vivente, la più rappresentativa tra le kitsune, il bocciolo più prezioso del Manto, conosciuta in tutto il mondo per saggezza e bellezza... ed era lì, nella sua camera, fasciata nel suo furisode dalle maniche infinitamente lunghe, quasi in lacrime. Il dolore celato dalla corolla stava lentamente incominciando a defluirne, attraverso il minuscolo strappo generato da una ribellione. Uno screzio, un disaccordo, la prima prova della sua umanità e finitezza. Qualcosa si era mosso nel cuore di Kiku, un sentimento dimenticato, sopito da tempo, la certezza di poter sbagliare, di essere – anche solo in parte – normale. L'aura di perfezione si era spaccata, sottili crepe ne avevano minato la stabilità, frantumandone l'essenza e liberando i suoi dubbi, le sue ansie, le fobie nascoste nell'animo cupo. La crisalide si stava frantumando, le ali della farfalla incominciavano a dipanarsi, mostrandosi nella loro splendida policromia delicata.

L'essenza di Chiara vibrò, scintillò nel buio, trascinò con sé le ultime remore, i dubbi, le restrizioni. Una voce di dolcezza straordinaria fuoriuscì dalle sue labbra, avvolse il corpo di Kiku donandole il tepore perduto.

Quindi... quindi è per questo che ti mostri così dura, così rigida nelle tue regole. Lo fai perché nessuno ha mai avuto il coraggio di correggerti, di farti notare un errore, perché tu vuoi essere contraddetta, rimproverata, vuoi sentirti dire che hai sbagliato! Tu desideri che qualcuno te lo dica... non è così?”

Kiku annuì con un cenno del capo. Un luccichio attraversò i suoi occhi, ridestandone la vitalità.

Sì, non posso negarlo.”

Ma... ma quindi è per questo che hai fatto diffondere la taglia su Kaya senza consultarti col Concilio? È per questo che hai mentito sulla composizione del personale dell'archivio centrale? Vuoi dirmi che il solo motivo per cui hai agito in quel modo... era la brama di umanità? Tu hai sbagliato apposta, sperando che noi te lo facessimo notare, che ci opponessimo alle tue scelte...”

Temo di sì, mi dispiace. È stato un gesto molto egoista da parte mia, lo ammetto. Sai? Ho compiuto molti errori nella mia vita, ma nessuno – dico, nessuno – mi ha mai ripreso. Neppure quando...”

Kiku scosse la testa, interruppe la frase, mordendosi la lingua. Chiara se ne accorse, la incalzò con forza.

Quando... cosa? Cosa avresti combinato di tanto grave?”

Kiku sospirò gravemente, prese forza. Ammirò ancora una volta la stanza in cui si era ritrovata, quasi per caso, durante il suo vagare notturno. Un computer avanzato, un letto morbido, le finestre aperte su un bel panorama, una kitsune bionda avvolta nella sua camicia da notte ricamata, un'altra kitsune racchiusa in un kimono fin troppo largo ed appariscente, truccata con inchiostri scuri per risaltare, emanciparsi, per rimanere in sintonia con il suo pelo nero come la notte, in contrasto con i suoi vaporosi capelli bianchi. Trasalì quando si rese conto di essersi analizzata dall'esterno, senza quasi accorgersene. Chiara era seduta al suo fianco, la fissava con sguardo indagatore.

Ho parlato troppo. È troppo tardi per tornare indietro.

D'accordo, te lo dirò... ma prima, rispondi sinceramente alla mia domanda: non ti ha sconvolto sapere di essere stata generata da filamenti inanimati di DNA umano?”

Le code di Chiara si raccolsero nel buio, avvolgendola completamente in un tenero abbraccio.

Non troppo. Io non sono nata così. Anch'io ho avuto una madre.”

Davvero?”

Un timido sorriso illuminò il suo volto.

Non ho ricordi precisi, so solo che c'è stata... e che mi ha voluto bene. Rammento solo alcune immagini indistinte, troppo confuse per permettermi di riconoscerla, troppo vivide per essere solo uno scherzo della mia mente. Lo so, sarei dovuta essere sorpresa, forse addirittura indignata per il fatto che ci hai sempre taciuto la verità... ma non ci riesco. Il ricordo del calore materno, il contatto con la pelle profumata di colei che mi ha generato... questa sensazione viva, vera, mi impedisce di ragionare lucidamente. È come se delle mie consorelle non me ne importasse nulla in questo momento. È come se solo questo avesse significato per me.”

Le code di Kiku si intrecciarono a quelle di Chiara, le accarezzarono gentilmente, danzando con loro. Chiara la lasciò fare, non la fermò, accolse quelle estremità come se fossero le sue. Le iridi di Kiku brillarono di un vivido rossore.

Sono stata io a confezionarti quella camicia da notte, a fartela recapitare come dono per il tuo battesimo. Ho lavorato per tre giorni e tre notti prima di esserne soddisfatta. Sapere che la indossi ancora, per me è già fonte di grande gioia.”

Kiku...?”

Le mani affusolate si posarono sul tessuto nero, seguirono il profilo della rosa scarlatta, raggiunsero le spalle, le strinsero timidamente.

Come ti ho già detto, ho commesso molti errori nella mia vita. Mi sono pentita di tutti i miei sbagli, eccetto uno. Molti anni fa, sono sgattaiolata fuori dal Manto, di notte, camuffata con alcuni abiti che avevo rimediato di nascosto, celando alla Luna i miei tratti ferini. Volevo girare la città, conoscere il volto tenebroso di Nerifumo, vederlo con i miei occhi, provare in prima persona delle emozioni diverse, pericolose forse. Mi ero rintanata in un locale scelto a caso, solo perché il nome mi ispirava, e avevo iniziato a bere superalcolici – tanto, i soldi non mi mancavano. Devo essermi ubriacata, quella volta: i miei ricordi cessano di esistere per un breve intervallo di tempo, due ore forse. L'immagine successiva non potrò mai dimenticarla, però. Quando sono tornata in me, ero al piano di sopra, assieme ad un bel ragazzo biondo, dai lineamenti magnifici. I suoi occhi erano finestre sull'oceano infinito, un cielo attraversato da nuvole e gabbiani. E sorrideva, sorrideva osservandomi. Sembrava divertito, ma nel suo sguardo, in quello sguardo così profondo, c'era dell'altro. I miei ultimi freni cedettero di schianto, non riuscii più a trattenermi e...”

Kiku sollevò il volto, ammirò ancora una volta il viso di Chiara, un'opera d'arte di bellezza inesauribile. Sorrise, sorrise dolcemente in direzione di quella piccola, fragile, kitsune rivoltosa.

Dopo quella sera, non l'ho più rivisto... ma qualcosa di lui è rimasto in me.”

Strinse forte Chiara tra le sue braccia, la avvicinò a sé, chiuse gli occhi come per trovare il coraggio di concludere la frase.

Non ho avuto il coraggio di abortire, ho portato a termine la mia gravidanza in gran segreto, aiutata solo da Kaya, pronta a nascondere il frutto del mio peccato tra la kitsune di seconda generazione che si stavano sviluppando proprio in quei mesi... ed è così che ho avuto la gioia di vederti nascere.”

Gli occhi di Chiara si colmarono di lacrime. Singhiozzò, scoppiando in un pianto liberatorio, trascinata dalle note del gran finale di Rubecca. Le code si mossero all'unisono, avvolgendosi attorno ai due corpi uniti, madre e figlia in un unico abbraccio. Kiku le sfiorò i capelli, le dita affusolate scorsero sui filamenti color della paglia.

Mamma...”

Chiara posò il capo sul suo petto, respirando ritmicamente, un singhiozzo dopo l'altro. Il senso di colpa la schiacciò come un masso, il rimorso di aver messo in moto una meccanismo perverso.

Sono... sono stata io ad aiutare Kaya a trafugare quei documenti. Volevo metterti in difficoltà, capire qualcosa di più su di me, su di noi! Io... io sono l'unica colpevole. Ho una copia dei file su quel computer, volevo solo... solo capire chi ero... e ora che lo so... non avrei mai voluto farlo! Sarò isolata per questo? Nessuna mi vorrà più parlare, vero? Come potrò andare avanti?”

Kiku la baciò delicatamente sulla fronte.

Ayumi, bambina mia... non importa... non importa quello che pensano le altre, non importa se ti considerano una poco di buono, una rinnegata. Io non smetterò mai di volerti bene. Io sarò sempre qui, vicino a te.”


27. Le lacrime si mescolarono alla pioggia


Il corpo di Kaya fu attraversato da un brivido gelido, i suoi muscoli tremarono, si contrassero bruscamente. Trattenne un conato di vomito, si fece forza, tese le gambe, mantenne la posizione eretta.

Ricordare il passato. Ricordare Anser. Perché non mi era stato possibile, fino a quando non ho avuto in mano quei documenti? Perché la mia mente si è rifiutata di mostrarmi quelle immagini? Fino a pochi giorni fa, per me non era che un nome tratto da qualche assurda mitologia. Certo, sapevo di non essere nata in una capsula di coltura come Kiyoko e Shimane, ma un avvenimento così importante...

Sollevò lo sguardo sino ad incrociare le iridi bianche, le sfidò con rabbia.

Puoi ripetere, per favore? Da qui non si sente così bene. Colpa dei tuoni e della distanza. Mi sembra che tu abbia detto qualcosa del tipo siamo state costruite. Ho capito bene?”

Kaya annuì debolmente.

S-sì... noi siamo... siamo state progettate a tavolino. L'equipe di Philip Schweizz, quello scienziato morto alcuni anni fa senza aver risolto nulla, senza aver trovato una soluzione alla crisi demografica... in realtà, ha creato noi. È stata un'idea dei suoi collaboratori, hanno scoperto come aggirare il virus, come riorganizzare il codice genetico per renderlo inattaccabile... e hanno deciso di sfruttare i dati a loro disposizione... per generare noi!”

Kiyoko impallidì, scosse la testa più volte.

No, aspetta, non dirmi che...”

Invece di apportare modifiche alle cellule uovo esistenti, hanno... hanno preferito ricreare un nuovo essere che fungesse da intermediario tra l'uomo e la donna, una specie di depuratore vivente! E per quale motivo, poi! Shimoda era un maniaco delle dottrine orientali, del concetto di purezza divina, Hernanes era ossessionato dall'ibridazione! È solo per questo che ci hanno costruito con questo aspetto! Per appagare il loro ego smisurato, non certo per salvare il genere umano! A loro non importava nulla, assolutamente nulla! Schweizz si è opposto quando ormai era troppo tardi: Anser era in pieno sviluppo ed era pronta a partorire le prime kitsune... tra cui me. È questa l'unica verità... è... è questa!”

Kaya crollò a terra sotto la pioggia battente, le palpebre serrate, il pelo impregnato d'acqua.

Kiyoko arretrò, senza allentare la presa delle code, continuando a tenere prigioniera Sèrina. Le ginocchia arcuate, la mano destra stretta attorno al manico dell'ombrello, la sinistra portata davanti alle labbra, come per fermare la nausea.

Ora o mai più!

Blyen piegò le gambe, sì preparò allo scatto, il coltello sguainato. Seguì la strada sbiadita, risalì la struttura del ponte, evitò i calcinacci, i filamenti di ferro, fece leva sul corrimano, saltò contro la kitsune, il braccio teso, pronto all'assalto.

Ora o mai più!

La lama affilata pronta ad affondare nella carne tenera, lo sguardo deciso, pronto a tutto, Kiyoko a meno di un metro di distanza.

Ora o mai più!

Una frustata sul viso, Blyen scaraventato a terra, code staffilanti appuntite come rovi, filo spinato in moto continuo. Sèrina mugolò, si dimenò per liberarsi, le mani serrate in una morsa di ferro.

Kiyoko scoppiò in una risata fragorosa.

Bel tentativo! Volevi approfittare del mio smarrimento per stendermi e liberare la tua bella, eh? Devo essere proprio una brava attrice per essere riuscita ad ingannarti così!”

Si asciugò le lacrime di coccodrillo, le code si raccolsero attorno al suo corpo.

A me non importa assolutamente niente di essere – per così dire – artificiale. Io vivo, respiro, mangio, mi muovo, provo emozioni, dolore, piacere, amore!”

Ammiccò maliziosamente in direzione di Kaya.

Se sono solo frutto di qualche arzigogolato esperimento... non è un problema. Ciò che conta veramente è che io sono qui, in questo mondo! So benissimo che le kitsune di seconda generazione come me sono tutte nate in capsule di coltura, io stessa sono andata più volte a monitorarne i parametri – dimentichi forse il mio ruolo di Nutrice? Io sono stata costruita ad arte, da mani capaci a cui devo tutto – il mio splendido aspetto, la mia mente acuta, il mio pelo lucido. Sapere che la razza kitsune è solamente un artefatto... beh, non cambia molto le carte in tavola. E tu saresti fuggita dal Manto solo perché hai scoperto questo? Mi hai deluso. Da te non me lo sarei mai aspettato, Kaya...”

Blyen si rialzò, raccolse il coltello, lo rinfoderò.

L'assalto diretto è fallito. Spararle è troppo rischioso, potrei colpire Sèrina. Devo tentare il dialogo.

... e dire che ti ho sempre ammirato per la tua risolutezza, la tua eleganza, il tuo modo di fare raffinato ma deciso. Però sono sollevata, sai? Per un attimo, per un lungo, interminabile attimo ho creduto di essere stata io la causa della tua scomparsa. Temevo di averti offeso, in qualche modo, credevo di non piacerti più! Sono sprofondata in un inferno infinito, tenebroso, la luce era svanita del tutto e il mio canto ha rispecchiato il mio stato d'animo. Ho avvolto nelle tenebre un intero locale, solamente grazie a quelle note terribili ed informi! Se tu non avessi lasciato il controllo della tua Eco per proteggere le menti di questi due idioti, sarebbero crollati come pupazzi! Hai preferito sacrificare una coda piuttosto che permettermi di soggiogarli! Cosa significano questi due estranei per te? Perché non hai lasciato che io seguissi la tua Eco fino al nascondiglio? Perché?”

Kaya fece un passo in avanti, in direzione del ponte.

Ci sono motivi che non posso spiegarti. Avevo inviato la mia Eco per te, è vero, ma l'incontro con Blyen e Albedo ha cambiato le carte in tavola. In loro, ho visto la possibilità di trasformare una fuga cieca in qualcosa di più concreto. Hai ragione, da un certo punto di vista ho tradito la tua fiducia... ma su una cosa ti sbagli: io non ho protetto le loro menti. Ho perso completamente il controllo della mia Eco, sono quasi svenuta per la violenza della canzone del tormento. Neanche io sono riuscita a capire come abbiano fatto a non soccombere.”

Blyen si portò a pochi metri da Kiyoko, la fissò serio negli occhi.

Perché hai rapito Sèrina?”

La kitsune scrollò le spalle.

Perché se non l'avessi fatto voi non sareste venuti qui.”

Quindi ora non hai più bisogno di tenerla prigioniera.”

Le iridi di Sèrina si illuminarono, incontrarono quelle di Blyen, un contatto fugace, alcuni brevi istanti di gioia. Kiyoko chiuse il parasole scheletrico, sbatté il piede a terra lasciando risuonare il solido ciliegio sull'asfalto. La pioggia scendeva incessante, infradiciandone gli abiti, i capelli, il pelo stesso delle code. Sèrina era completamente zuppa, dal capo ai piedi, eppure sorrideva, sorrideva per darsi forza, per scacciare le voci che rimbalzavano cupe nella sua testa, che la martoriavano con la loro litania monotona, un coro di dissensi, di insulti rivolti alla sua intera esistenza.

Kiyoko sospirò gravemente.

No, in effetti no.”

Allora liberala, ti prego.”

La kitsune socchiuse le palpebre, sul suo volto si fece largo un'espressione di scherno.

Tu tieni così tanto a lei, Blyen... oh, quanto siete innamorati l'uno dell'altra? Sguardi languidi, bacetti sulla guancia, carezze...”

Sputò a terra con disprezzo.

Quanto siete sdolcinati! Cara, amore, piccola... Troppo zucchero, poca sostanza. Vi ho spiato, oggi pomeriggio, vi ho scrutato mentre vi accoppiavate, ho rischiato di ammalarmi di diabete da quanto eravate melensi! Però, devo ammettere che Sèrina ha un bel corpo. Se non fossi stata in missione per conto del Manto, ci avrei fatto un pensierino.”

Posò i suoi occhi su Albedo, come se Blyen fosse stato di vetro.

Anche il tuo socio non è per niente male. Dico, ho seriamente pensato di andarci a letto... prima di piazzare la bomba sotto il suo tavolo. Sa come tenere una conversazione, come lusingare e riscaldare il cuore di una ragazza. Non mi sarebbe dispiaciuto provare.”

Albedo si esibì in un inchino perfetto, l'ironia risuonò nella voce.

Se l'invito è ancora valido, saprò approfittarne.”

Un fulmine squarciò il cielo con violenza, elettricità statica ramificata tra il cielo e la terra, un albero di luce abbacinante. I denti bianchi di Kiyoko scintillarono nel buio, brillarono di gioia malevola.

Ora dimmi, Chill... perché illudi questa ragazza?”

Il corpo di Blyen reagì come attraversato da un proiettile, sobbalzò all'indietro come colpito da un breve attacco epilettico.

Cosa?”

Kiyoko snudò i canini affilati, li allineò in un macabro sorriso.

Oh, ho toccato un nervo scoperto? Ti ho punto sul vivo? Dai, non fingere di essere sorpreso, la tua reazione scomposta non è credibile! Tu la ami per modo di dire. L'interesse che provi per lei è molto diverso dall'amore, è più una sorta di autocommiserazione egocentrica e folle. Tu hai bisogno di lei, forse per supplire a qualche tua carenza affettiva. Non desideri Sèrina perché per te è speciale, ma solamente perché temi che nessun'altra prenda il suo posto, hai paura di rimanere solo. Dico bene? Ma certo che dico bene, perché altrimenti un cacciatore di ventiquattro anni e belle speranze vorrebbe avere un figlio da una ragazzina poco più che maggiorenne? Per quale motivo, se non per legarla indissolubilmente a lui, evitare che fugga spinta solo dal desiderio di fare esperienza? Sei solo un'egoista, Blyen. È ora di prenderne atto.”

Blyen serrò la mano attorno al calcio della pistola, l'indice sfiorò il grilletto d'acciaio. Un lampo d'odio attraversò le sue iridi, si incanalò nelle vene, entrò in circolo come una droga. Kiyoko ammirò deliziata il risultato delle sue parole, l'indice della mano sinistra sfiorò le labbra in modo studiato e teatrale.

Ma neanche Sèrina è così pura come vuole apparire, Blyen, ah no! Sapessi quante bugie ti ha raccontato!”

Sèrina tentò di divincolarsi dalla presa delle code, si dibatté nel titanico sforzo di liberare almeno la bocca, di potersi difendere di fronte alle accuse.

Hai presente tutte quelle costose medicine che hai comprato per tenere sotto controllo il suo cancro? Non ne ha mai presa una, le ha buttate via tutte. Per non insospettirti, ha riempito le scatole con medicinali... leggermente diversi.”

Blyen estrasse lentamente la pistola dalla fondina, prestando attenzione a non fare rumore.

Un proiettile dritto in mezzo alla fronte e ce la dimentichiamo, sì? Non parla più, non dice più che sei un bastardo che sta con Sèrina solo per pietà. Farla fuori è la cosa migliore per tutti, chi se ne frega se Kaya ci tiene. Ora la ammazzo, eh? La ammazzo così non parla più e...

Una mano serrata attorno al suo polso, un guanto nero di seta fine.

Non ne otterresti altro che dolore.”

Blyen si voltò di scatto, il suo pugno si fermò a dieci centimetri dal mento di Albedo.

Che diavolo vuoi? Cosa c'entri tu adesso?”

Farla tacere adesso significa solamente chiudere le orecchie per evitare di ascoltare la verità. Lasciala finire, valuta le sue parole... altrimenti ti rimarrà sempre il dubbio che la tua dolce Sèrina ti abbia preso in giro finora.”

Tu...”

Un rumore sordo, lo zoccolo battuto con impeto sull'asfalto.

Non è il momento di distrarsi, Blyen! Sto parlando con te! Dimmi, non ti è sembrato strano che i suoi capelli fossero così belli e lucenti, nonostante la chemioterapia? No? Dai, non posso crederci! Tu hai solo chiuso gli occhi, Blyen! Hai finto di non vedere!”

Sèrina abbassò lo sguardo, chiuse le palpebre, scosse la testa con violenza, come per ottenere diritto di replica. Kiyoko la ignorò platealmente, continuò a rivolgersi alla platea.

E... vuoi sapere cosa nascondeva dentro alle confezioni vuote? Preparati, perché questa è bella tosta! La tua candida, innocente Sèrina... si imbottiva di anticoncezionali!”

Blyen perse il respiro, come colpito allo stomaco da un calcio.

A... anticoncezionali? M... ma come...”

Kiyoko roteò la testa con disappunto.

Ah, non ho la minima idea di come se li sia procurati... ma ho scoperto perché li utilizza. Se non ne avesse fatto uso, avresti sicuramente scoperto il suo piccolo segreto.”

Q... quale segreto?”

Kiyoko socchiuse le palpebre, alzò lo sguardo al cielo, si lasciò accarezzare dalla pioggia. Alcune note acute si levarono in volo, attraversarono l'aria, fecero vibrare l'atmosfera circostante.

Albedo fu scosso da una violenta fitta al petto, cadde in ginocchio, si rialzò, ricadde, incrociò le braccia attorno all'addome, il sudore scorreva impetuoso lungo la fronte ampia. Lottò con tutte le sue forze per mantenere la lucidità, per non perdere coscienza.

La melodia si intensificò, aggiunse nuove armoniche, una serie di ottave di supporto echeggiò in risposta, rafforzando il tema principale.

Sèrina incominciò a dimenarsi come un serpente, imprigionato dalla stretta delle code, i suoi muscoli scossi da tremiti, lacrime agli occhi per l'orrore, il terrore di ciò che stava accadendo.

Blyen impugna l'arma da fuoco, la solleva, la punta al volto, il proiettile in canna. Kaya si avventa su di lui, si aggrappa al braccio con tutto il suo peso, la voce implorante.

No! Non ucciderla! Kiyoko è...”

Uno schiaffo in pieno viso, uno strattone violento, la kitsune vola a terra.

Stai zitta!”

Un colpo alla fronte e si smette di soffrire, e Sèrina torna libera, e tu torni libero! Forza, cosa vuoi che sia? Premi il grilletto, premilo!

Lo sguardo di sfida di Kiyoko, il canto ininterrotto. Albedo riverso a terra, in preda a contorsioni, la schiuma alla bocca, gli occhi sgranati. Sèrina attraversata come da scariche elettriche, mugolii estinti alla nascita dalla coda stretta attorno alla sua bocca. Kaya sdraiata supina, appoggiata sui gomiti, nel vano tentativo di rialzarsi, di fermarlo in tempo. Il mondo vortica attorno a Blyen, attorno alla sua Sachson 44 spianata, al proiettile desideroso di prendere una boccata d'aria fresca.

Basta un attimo ed è morta, sepolta. Premo il grilletto e va tutto bene. Forza, è ora di...U... un momento! Cosa...

La schiena di Sèrina incominciò a contorcersi, una massa ignota e deforme ribollì alla base della maglia, inerpicandosi sotto il tessuto azzurro.

Kiyoko perseverò nella sua melodia straziante, senza segni di cedimento, aumentando poco a poco il volume, aggiungendo strumenti alla sinfonia. Riaprì gli occhi, notò il movimento incostante del corpo estraneo, afferrò i pantaloni di Sèrina.

Blyen urlò in preda al terrore.

Fermati! Cosa vuoi...”

Kiyoko non rispose, strappò via l'indumento con un gesto repentino, continuando ad intonare la sua canzone, come un'incantatrice di serpenti. Il tessuto cedette sotto la pressione delle unghie affilate, si sfaldò lasciando la schiena nuda, rendendo visibile la vera natura dell'ammasso gelatinoso semovente.

S... Sèrina?”

Le escrescenze spiraleggiarono, assunsero forma definita, si condensarono in tre agglomerati macroscopici, nella sembianza di code di volpe. Un sottile pelo arancione e bianco le ricoprì del tutto, donando loro una parvenza di normalità. Le orecchie di Sèrina si allungarono, assunsero un profilo acuto, i canini più affilati rispetto agli altri denti. Gli occhi si gonfiarono di lacrime.

Il silenzio calò con la forza di un tuono, spegnendo i lamenti di Albedo, le suppliche di Kaya, la mente di Blyen. La melodia terminò senza preavviso, Kiyoko rimase ferma ad ascoltare l'eco di ritorno, le ultime note riemesse dall'aria cupa in un diminuendo prolungato, senza fine.

Blyen abbassò le braccia, annientato, incapace di reagire, la pistola ancora in mano, senza più una ragione. Sèrina scoppiò in un pianto doloroso, le lacrime si mescolarono alla pioggia salmastra, rigarono le guance sino a raggiungere l'arido suolo. Kiyoko liberò la presa, la lasciò cadere per terra, fece coriandoli del tessuto strappato. Una risata sadica si levò in volo, frantumò i resti della canzone, li sopravanzò diventando il tema dominante.

Sèrina alzò lo sguardo, incrociò gli occhi smarriti di Blyen.

B... Blyen... io... mi dispiace... io...”

Lo schiocco del ciliegio, Kiyoko si frappose prepotentemente tra i due.

Ho due notizie da darti, Blyen: la prima è che ti se accasato con una kitsune...”

Accarezzò il viso delicato di Sèrina con le sue sette code, stringendola in un abbraccio tutt'altro che fraterno, le sue dita affusolate sfiorarono la pelle candida.

... la seconda, è che stai per diventare papà, proprio come volevi! Non ne sei felice?”


28. Dispersa nell'immenso spazio gelido


Ehi, hai visto? È venuta fuori davvero bene. Con quelle guanciotte, poi, è tenerissima!”

Lascia che decida Anser. Solo lei può giudicare.”

Kaya sorride, non condivide le ansie di Kiku.

Secondo me, non c'è bisogno di appellarsi a qualche strana divinità esoterica. In fondo, le manca solo il tocco finale.”

Intendi dire...”

Sì, esatto! Il nome! Dai, non possiamo lasciarlo al caso! È la prima di cui ci occupiamo noi due di persona! Di solito, lasci queste mansioni ad Azami e Megumi...”

Noi due non siamo Nutrici, Kaya. Tu sei una Genitrice, io mi occupo solo della gestione del Manto. Non credevo che il risultato sarebbe stato così buono.”

Neanche io, se devo essere sincera!”

Kaya osserva quel minuscolo fagotto appena nato, una creaturina androgina dai folti capelli castani, la coda arancione già abbastanza lunga da avvolgerla del tutto. Sorride, sorride dolcemente alla nuova arrivata, la culla tra le sue braccia.

Senti, Kiku... e se la chiamassimo proprio Anser? Come la stella, intendo, non come la Dea! Anser... un bel nome, pieno di vitalità, luminoso come solo il cielo notturno sa essere! Ti piace?”

Kiku si allontana di un passo.

Io preferirei qualcosa di più classico. Ayumi, Ayane, Kasumi... qualcosa del genere, insomma. Anser non è nemmeno un nome giapponese. In latino, poi, significa anitra.”

I nomi non devono essere per forza giapponesi... e poi, devo ricordarti che il tuo nome si traduce come crisantemo?”

No, non ce n'è bisogno. Sai, potresti avere ragione. Rompiamo un po' la tradizione, Anser andrà benissimo per una kitsune di prima generazione. Verrà su una bellissima Generatrice.”

Spero che quando sarà adulta, non si vergogni del suo nome.”

Non lo farà, vedrai!”

Un ricordo felice, veramente felice. Il primo che ho. Il volto sorridente di quella kitsune gentile dalla pelle scura, il trucco pesante dell'altra, i suoi lunghi capelli bianchi e vaporosi... in quel momento non sapevo chi o cosa fosse una madre, ma ero sicura che quelle due creature mi avessero in qualche modo donato la vita. Ma Anser non mi piaceva come nome, proprio no. È per questo che sono diventata nota come...

Ayane!”

La kitsune si volta, la mano scorre sui suoi lunghi capelli castano-rossicci, li arrotola, li annoda in riccioli ondeggianti, domando la chioma con grazia.

Kaya...”

Kaya sorride, vestita del suo completo nero da uomo, la cravatta ben stretta sulla camicia bianca.

Ho saputo che hai terminato la tua prima Generazione! Il tuo lìpasma funziona perfettamente, a quanto pare. Sono così fiera di te!”

Ayane abbassa lo sguardo, come imbarazzata. Il suo viso si tinge di rosso, le guance si infiammano.

Kaya, non so se è il caso di parlare di questo argomento qui, in pubblico... ti ringrazio dei complimenti, ma...”

Kaya ammicca divertita, le stringe la mano con calore.

Hai fatto un ottimo lavoro! Lo zigote è in perfetto stato di salute, completamente depurato dal virus di Schweizz. È stato già impiantato nell'utero della madre, sai? Come ti sei sentita? Voglio dire, la prima Generazione è difficile da dimenticare, io ricordo ancora quando ho visto il primo bambino nato grazie al mio intervento. Mi sarei messa a piangere dalla gioia!”

Ayane sospira, risponde poco convinta.

Uh, uh.”

Ayane? C'è qualcosa che non va?”

Un lungo respiro ad occhi chiusi.

Io non ho provato nulla, Kaya. Assolutamente nulla. Solo un vago senso di sollievo, quando è finito tutto. Temo... temo che non potrò mai essere una buona Genitrice, Kaya. Forse... forse è il fatto che io non ho avuto una madre a cui ispirarmi, qualcuno che mi allattasse al seno, che mi raccontasse le favole della buona notte. Sì, forse sono solo... invidiosa. Invidiosa di tutti quei bambini che metterò al mondo.”

Già, perché io non ho avuto una madre, solo quelle due figure sfocate, quelle due kitsune gentili che mi hanno generato dalla cenere, che mi hanno estratto dalla camera di incubazione e mi hanno battezzato con quel nome orribile, Anser. Lo so, è stupido, ma ho sofferto molto per la loro scelta. Le mie coetanee mi avrebbero preso in giro per sempre, per cui la scelta di cambiare nome mi era sembrata naturale.

Sono stata così stupida... talmente stupida da modificare persino il mio aspetto naturale.

Per emulare le mie creatrici, credo.

Avevo assunto lo stesso colore della pelle di Kaya, quell'incarnato mulatto così raro tra di noi, e portavo i capelli come Kiku. In poco tempo ho acquisito tre code, poi mi sono fermata. Non avevo bisogno di altro... o almeno, così credevo.

Ehi, cos'hai? Perché urli in quel modo?”

Io so di avere una madre, Ayane. Devo averne una, ne sono sicuro... e la ritroverò, puoi starne certa!”

Ayane scuote la testa, sconsolata.

Ne parliamo da quando hai un anno: noi siamo il frutto di un elaborato sistema di ingegneria genetica... anche se, negli ultimi anni, sembra che vogliano farci passare per 'create dalla grazia divina'. Odio questo approccio religioso, è così arretrato...”

Non mi interessa niente di queste idiozie! Io... desidero solo sapere chi è la kitsune a cui devo la vita! La cerco da troppo tempo!”

Quando ti deciderai a crescere? Nonostante tutte quelle code, la tua mentalità è rimasta quella di un bambino. Devi integrarti nella nostra società!”

Dovrei comportarmi come te, Ayane? Sei una Genitrice, è vero, ma quante porte hai chiuso in faccia a chi, nel momento del bisogno, bussava alla tua porta? Quante speranze hai distrutto? Dici che è meglio essere così, piuttosto che inseguire i propri sogni?”

C... cosa stai insinuando?”

Uno sguardo gelido.

Informati, piccola Ayane. Informati bene. Scoprirai che il tuo paradiso è un inferno. Te lo garantisco.”

Quel dialogo mi ha aperto gli occhi, mi ha permesso di vedere oltre l'apparenza, oltre il mio ruolo codificato. Non avevo mai pensato, prima di quel momento, a tutte le coppie a cui veniva rifiutato il permesso di procreare, al dolore inciso in quei volti straziati, alle lacrime, agli insulti! Io ero solo una Genitrice, non mi ero mai occupata di questioni burocratiche, di cavilli, di regole, di formalismi, e quando ho iniziato ad interessarmene...

Cosa significa che non possiamo autorizzare la fertilizzazione? Sono arrivati sin qui dalla Cina!”

La densità di popolazione per la loro zona è già fin troppo elevata. Non è necessario un incremento di nascite.”

Ma non possiamo fare uno strappo alla regola, Saku?”

Saku incrocia le braccia, scuote la testa.

Lascia che delle assegnazioni me ne occupi io. Tu pensa a far funzionare il tuo lìpasma e a non estrofletterlo per piacere personale. Gli atti di autoerotismo non sono tollerati.”

Non cambiare discorso! Stiamo parlando di persone, persone disperate! Perché non possiamo aiutarle?”

Torna al lavoro, Ayane. Il tuo posto non è qui.”

Non sai quanto hai ragione, Saku.”

Da quel momento, ho rinnegato il nome Ayane, quel nome che io stessa avevo scelto per rimpiazzare quella stella sconosciuta, dispersa nell'immenso spazio gelido come un eremita in moto perpetuo, così vicina eppure così lontana dalle sue sorelle, le sue anonime compagne di costellazione, figlie senza madre prive di punti di riferimento. Così come essa vagava solitaria nel vuoto cosmico, io mi trovavo sola in mezzo a volti ostili, occhi che scrutavano il mio animo senza comprenderlo, con un misto di distacco e disprezzo. In quell'istante, ho deciso che avrei recuperato le mie origini, che sarei tornata a chiamarmi Anser... e che sarei fuggita da quel mondo orribile e meschino. Non ero la prima a provarci, non sarei stata l'ultima. Raccolsi le mie poche cose e scappai, in una notte di pioggia, tentando di far perdere le mie tracce... ma il Predatore era già stato avvertito, la taglia già inviata allo scrigno. Avevo solo tre code, non avevo diritto di uscire dal Manto. Non appena il mio allontanamento è stato registrato, il messaggio è partito in automatico... e lui ha colto la palla al balzo. Tentai di depistarlo nascondendomi in un bar, ma al momento di pagare il conto...

Come sarebbe a dire? Non sapevi di dover pagare per consumare? Dico, ma sei fuori?”

I... io, veramente...”

Blyen tende l'orecchio, alza lo sguardo dalla lista delle birre. È il suo primo incarico, accettato qualche ora prima, ha paura di sbagliare... ma è difficile non riconoscere una kitsune, quando compie errori di valutazione così grossolani. Si alza dal tavolo, la mano sull'impugnatura del pugnale.

Anser lo nota con la coda dell'occhio, ruota su se stessa, corre via, a perdifiato, imbocca la porta del locale. Gli insulti dell'oste non la raggiungono, svaniscono nella pioggia scrosciante, mentre tenta la fuga verso il cantiere.

Ed è ecco che si manifesta.

Il Predatore impugna la pistola, spara tre colpi, uno la raggiunge al fianco. Anser incespica, si rialza, si taglia con il filo spinato delle recinzioni. Altri spari, le ferite si moltiplicano. Anser reagisce, canta una melodia per confonderne i sensi, si sforza di dar corpo alle note. Il Predatore arretra di un passo, si copre le orecchie. La kitsune rigenera le code, le allunga come tentacoli, in modo da afferrare una pesante trave d'acciaio, da strattonarla con violenza. La struttura cede, crolla addosso al Predatore, lo travolge, gli impedisce di continuare a braccarla.

Ero ferita, confusa. Il mio fianco sanguinava parecchio, i tagli bruciavano, non ero in condizione di andare lontano. Speravo solo che l'altro inseguitore non riuscisse a raggiungermi...

Una speranza vana.

Io... io non sono... perché mi cerchi? Cosa... cosa vuoi da me? Io... io non...”

Ah, no?”

La fioca luce della torcia dà risalto a dei bei lineamenti affilati, macchiati di un rosso cupo. Abiti stracciati, di dubbio gusto. Diverse lesioni da taglio o da arma da fuoco, la più vistosa sopra la palpebra sinistra, la più grave sul fianco destro.

Blyen scuote la testa.

Non ho niente di personale contro di te. Per me sei solo un lavoro, punto.”

No! Io non c'entro nulla! Non sono quella... quella che è fuggita! Io sono solo una...”

Dammi una buona ragione per crederti e prometto che ti lascerò in pace.”

Un silenzio pesante, frammentato dalla pioggia, una pioggia senza fine interrotta solo dal fragore dei tuoni.

Anser china il capo, incapace di reagire.

Se non sei tu, perché sei fuggita quando mi hai visto arrivare?”

...hanno tentato di stuprarmi. Mi hanno fatto male. Credevo... credevo che fossi uno di loro.”

Il cacciatore incontra le iridi spaventate, legge il terrore puro convogliato al loro interno. Sorride maliziosamente.

Allora è così, eh? Come ho fatto a non pensarci prima?”

Estrae un coltello dalla tasca sinistra.

Vediamo se posso fare qualcosa per te.”

Blyen si avvicina allo squarcio sul fianco, apre una fiaschetta di disinfettante, pulisce la lama, versa un po' di liquido sulla carne viva. Il corpo di Anser si contrae per il dolore, un ringhio sordo, le lacrime agli occhi.

Brucia...”

Lo so, ma non posso fare altrimenti. Se le lasciamo il tempo di infettarsi, il prossimo letto dove dormirai sarà quello dell'obitorio. Ora fai la brava, devo estrarre il proiettile. È piuttosto in superficie, non sarà un lavoro lungo ma sentirai male. Tanto male. Sei pronta?”

Le iridi viola scintillano nel buio, la risolutezza della sincerità.

P... perché stai facendo questo per me? Tu...”

Io so chi sei, Ayane. Rispetto alla foto stampata nello Scrigno, hai solo cambiato il colore dei capelli, da bianchi a castani. Sei la fuggitiva, non ho bisogno che tu lo confermi o lo smentisca... solo che sei la prima kitsune con cui ho a che fare. Prima di riconsegnarti, ci sono due o tre domande che desidero porti.. e non voglio che tu muoia prima.”

Anser sospira, non sa cosa rispondere.

Non riportarmi... laggiù, ti prego! In cambio, io... io...”

Blyen si inginocchia, la prende per mano.

Facciamo così: tu mi racconti la tua storia e poi decido, va bene? Ora, però, pensiamo al proiettile. Finché è lì dentro, non ha senso occuparsi del resto.”

Blyen medicò la mia ferita, mi permise di sfogarmi con lui.. e mi lasciò andare. Fine della storia.

No, no... Chi voglio ingannare? Blyen fu un vero angelo, di quelli che si incontrano una sola volta nella vita: mi regalò cento sterline e mi indicò un orfanotrofio dove avrei potuto rimediare un piatto caldo per qualche giorno, solo facendo il suo nome. Con quei soldi, mi sarei dovuta comprare qualche vestito ed un biglietto del treno per scappare, allontanarmi il più possibile da Nerifumo.

Lo ringraziai, decisa a seguire le sue indicazioni, lo salutai con un addio. Ero certa che non l'avrei più incontrato, nel resto della mia vita... ma si sa, in questo bizzarro mondo, non esistono certezze.

Solo coincidenze.

Nei due anni successivi, ho vagato per tutta l'Inghilterra, conosciuto persone, posti nuovi. Ho imparato a vivere come un essere umano, recuperando il mio vecchio aspetto, quello originale, quello che Blyen non poteva conoscere... e sono diventata Sèrina Fumiko. Sono riuscita ad ottenere dei documenti, una carta di identità, lavori occasionali con cui sopravvivere, la libertà, insomma.

Perché sono qui ora?

Non so come spiegarlo, è difficile... penso, credo di aver avuto un attacco di nostalgia, ma non ne sono sicura. Il punto è che non potevo più farne a meno, Nerifumo era diventata la mia personale ossessione, un bisogno impellente, l'unica acqua in grado di placare la mia sete.

Così, sono tornata in città, celata dal mio nuovo nome e dalle mie vecchie fattezze, le code sempre compresse all'interno del mio corpo. Una volta alla stazione, sono salita su un taxi. Un dettaglio trascurabile, forse... ma non riesco a dimenticare quello che è avvenuto, dentro quell'automobile anonima.

Le note della canzone permeano l'atmosfera, l'attacco della chitarra di The Bluesman. Sèrina sprofonda in una visione, un ricordo forse? Ma di chi? Voci famigliari echeggiano nella sua mente, creature minuscole attorno ad un albero di pesco.

Mamma, dove sei? Mamma?”

Chi stai chiamando? Cos'è la mamma?”

Io sono sicuro di averne una. So che c'è, rammento il suo abbraccio caldo sulla mia pelle...”

Ma noi non abbiamo una mamma. Siamo nati dal nulla, non la sai la storia?”

La storia non mi interessa! Io so che c'è una mamma, da qualche parte! Lo so! Ne sono sicuro!”

Il tassista la chiama, la scuote dal torpore.

Tutto a posto, signorina? Si sente bene? Vuole che la porti in ospedale? Sa, ce n'è uno qui vicino, se vuole è un attimo, glielo garantisco! Un attimo, eh? Non ci vuole molto, glielo giuro.”

N... no, sto benissimo! Va tutto bene, g... grazie! Mi... mi porti a Wetsource, per favore.”

Wetsource è un po' distante, ed è mal frequentato. Dicono che ci abitino solo cacciatori di volpi. Ma lei non andrà certo là per incontrarli, dico bene? In fondo è così giovane e bella, cosa può volere lei da quei selvaggi, signorina...?”

A... Anser. Mi chiamo Anser, come la stella.”

Ah, proprio come α-Vulpeculae? Un nome bizzarro, per una signorina così a modo! Ad ogni modo, la porto là come desidera, va bene? Non ci metteremo troppo e...”

In quel momento ero confusa, talmente tanto da rispondere col mio vero nome... ma l'autista se lo dimenticò quasi subito. Non era un uomo molto sveglio, preferiva parlare, piuttosto che ascoltare.

Lì a Wetsource, incontrai di nuovo Blyen, per caso... e me ne innamorai. Lo so, tra tutte le stupidaggini che potevo combinare, quella era in assoluto la peggiore! Se avesse scoperto la mia identità, mi avrebbe abbandonata senza pensarci due volte o – peggio – mi avrebbe riportata al Manto per incassare la mia taglia! Ma io... io non sono riuscita ad ascoltare la ragione. Ed ho iniziato a frequentarlo, abbiamo fatto l'amore, più volte, siamo diventati un unico ente, qualcosa di inscindibile. Ero felice, finalmente. Libera e felice. Poi...

Blyen sorride, accarezza i capelli di Sèrina, li attorciglia in nodi elaborati.

Ho trovato un appartamento economico nel quartiere di Swans. Mi trasferirò presto.”

Beato te. Io vivo in un tugurio in affitto, ma almeno costa poco. Ti verrò a trovare quando traslocherai!”

Perché non prima?”

Un'espressione sorpresa si dipinge sul volto di Sèrina.

Cosa vuoi dire?”

Il nuovo appartamento abbastanza grande per due persone, ti va di venirci ad abitare con me?”

Non sono riuscita a dirgli di no, qualcosa me lo ha impedito. Vivendo con lui, non avrei mai potuto liberare le mie code senza essere scoperta, avrei dovuto tenerle nascoste, controllare le loro terminazioni nervose in modo da non farle emergere al momento meno opportuno... ma in quell'istante, non me ne importò nulla.

Come se non bastasse, io ero conscia di essere fertile, a differenza di una ragazza umana... e non sapevo in che modo procurarmi gli anticoncezionali. Inizialmente, ero riuscita a convincere lui ad utilizzarli, con la scusa di evitare malattie veneree, ma convivendo sarebbe stato molto più difficile.

Tutte queste valutazioni sono passate in secondo piano, quando mi sono ammalata di tubercolosi. Non ero stata vaccinata e il morbo aveva trovato terreno fertile, debilitandomi in pochissimo tempo. Blyen è riuscito a procurarmi i farmaci e un medico capace mi ha guarito. Purtroppo, alcuni accertamenti clinici successivi hanno riscontrato la presenza di una massa tumorale alla base della schiena. Non potevo spiegare loro che in realtà erano materia caudale compressa, come avrei potuto convincerli senza svelare loro la mia vera natura?

Mi hanno rifilato una costosa chemioterapia, da portare a termini nei successivi sei mesi. Blyen mi portava i soldi e io compravo il farmaco... almeno in apparenza. In realtà, li spendevo in contraccettivi di contrabbando. Dovevo scongiurare a tutti i costi il rischio di una gravidanza indesiderata, proprio ora che il mio lìpasma aveva raggiunto la piena maturazione!

Tutto è andato per il verso giusto fino a stasera, quando Kiyoko è entrata in casa mia e mi ha impedito di prendere la pillola del giorno dopo. Il test di gravidanza non lasciava dubbi: nonostante le precauzioni, ero incinta, Blyen, incinta di te... e avevo paura.

Paura che tu scoprissi la verità.

Paura che tu mi riportassi al Manto.

Paura di essere abbandonata di nuovo.

Blyen... ora che sai tutto, che conosci la verità... potrai mai perdonarmi?

29. Il tempo di serrare nuovamente le labbra


Kiyoko sorrise con immensa malizia, ammirò l'espressione sbigottita di Blyen, contemplando il suo smarrimento. Sèrina si alzò dal terreno, gattonò, tentando di recuperare l'equilibrio, tirò la maglia del pigiama in modo da coprirsi parte delle gambe, lasciate nude dal gesto sprezzante della sua carceriera. Fulmini e tuoni sembravano aver trovato pace, liberando il cielo dalla propria ingombrante presenza. La pioggia si era quasi fermata, ridotta ormai a poco più che un ticchettio ritmato, evanescente.

Divertente l'effetto della Canzone del Richiamo, non trovi? La particolare composizione armonica induce le code delle kitsune a manifestarsi nel loro aspetto reale, sollecitando i loro gangli interni. È un peccato che voi cacciatori di volpi non siate in grado di emettere negli ultrasuoni, vi risparmierebbe molta fatica.”

Blyen balbettò qualcosa di incomprensibile, frasi spezzate prive di una qualsiasi coerenza logica.

P... per tutto questo tempo... Sèrina... Anser... un figlio... nessun tumore... io...”

Nuvole cupe si addensavano ancora nell'atmosfera, celando la pallida luce della Luna, impedendo ai suoi candidi raggi di raggiungere il suolo. Albedo rantolò, si ripulì le labbra dalla bava sacrificando l'orlo della manica, sputò per terra più volte, liberandosi della saliva in eccesso. Alcuni capillari si erano rotti, irrorando i suoi occhi di sangue rossastro. Respirava lentamente, incamerando aria come un mantice, come per estinguere il fuoco che attanagliava il viso paonazzo. I capelli scompigliati incorniciavano un'espressione di annientamento.

I... il richiamo, hai detto? Esiste... esiste una Canzone del Richiamo? E... e la si può usare per riprendere possesso delle proprie code...?”

Kiyoko lo fissò con un misto di curiosità e sorpresa.

Sembri sconvolto, Albedo. Devo darti un'enorme delusione: in questo momento, sei meno fascinoso dell'omino-del-wc. Comunque sì, ogni kitsune la conosce. Perché ti interessa?”

La voce di Albedo raggiunse una tonalità acuta, mai udita in precedenza. Una punta di disperazione affiorò tra i lineamenti perfetti.

P... può obbligare anche le Eco a ritornare? Le può... costringere? R... rispondimi!”

Strinse il pugno, mulinandolo in aria, esibendosi in gesti totalmente privi di coordinazione.

Kiyoko scrollò le spalle.

Non credo tu abbia un'Eco da recuperare. Comunque, in linea di principio sì.”

Albedo sgranò ancora di più gli occhi, tossì con vigore, distolse lo sguardo, arretrò di un passo.

Kiyoko smise di curarsene, compiaciuta per il suo totale dominio, la splendida sensazione di onnipotenza che quel successo aveva generato nel suo animo.

Il suo sguardo calò su Kaya, lo sguardo della vincitrice che festeggia, beandosi della visione della preda inerme.

Ora torniamo al Manto, Kaya. Io e te, insieme! E poi ci apparteremo nel giardino, nascoste dalle fronde degli alberi, e io mi libererò di questi indumenti, e tu dei tuoi, e ci uniremo nel piacere della carne, come una volta, come quando tutto era perfetto tra di noi!”

Il ciliegio sfiorò l'asfalto, un solenne xilofono in moto perpetuo, lo scheletro di un ombrellino nella mano destra. Si avvicinò a Kaya, intenta a rialzarsi, il fuoco inestinguibile della rivincita nelle iridi biancastre.

Anzi, no... perché aspettare? Perché non rinsaldare il nostro rapporto già adesso, alla sola presenza della Luna? Oh, Kaya...”

Lanciò il parasole a terra, quale relitto dimenticato, la sua importanza passata in secondo piano. La mano affusolata afferrò la t-shirt di Kaya, la sollevò fin quasi a scoprirle il seno.

K... Kiyoko! Cosa...”

La lingua scorse avidamente sulle labbra asciutte.

Oh, piccola Kaya... quanto ho aspettato questo momento! Ora, io e te...”

Un rombo di tuono, inaspettato. Kiyoko ruota su se stessa per il contraccolpo. Un fiore scarlatto germoglia dalla sua spalla sinistra, spandendo nell'aria gocce scure. Un dolore lancinante attraverso tutto il suo corpo, i centri nervosi impazziti, un rivolo vermiglio sulla pelle candida, le fasciature inzaccherate. Un altro sparo, uno squarcio aperto sulla coscia destra, la kitsune crolla a terra, urla disperate. Un ultima esplosione, il bel petto irrorato da sangue nerastro, viscoso.

Poi, il buio.

Kiyoko!”

Kaya si rialza da terra, arresta la caduta del corpo ferito, lo abbraccia forte.

Kiyoko, mi senti? Kiyoko!”

Le iridi vitree non rispondono, le labbra serrate, gridano in silenzio nella fredda notte, gridano senza poter essere ascoltate. Il sangue scorre, la vita scorre, scivola fuori dal corpo con lentezza esasperante, mentre i muscoli perdono vigore, mentre il sistema collassa.

Ki...”

Piantala, Kaya. Non ho alcuna intenzione di assistere al tuo insipido melodramma.”

Kaya alzò gli occhi, cercò istintivamente Blyen, le pupille intrise di odio allo stato puro. Solo un secondo, un attimo soltanto, per rendersi conto di essere completamente fuori strada. Blyen è fermo, in piedi, la pistola abbassata. Nessun rivolo di fumo, nessun segno di utilizzo, un'espressione di vacua sorpresa sul volto. Una sensazione orribile, l'immagine di una farfalla scheletrica in volo, in un cielo rosso, rosso come il liquido che sgorgava dalle ferite di Kiyoko, ferite aperte dalla violenza di un proiettile. La farfalla si posa su un croco, ne succhia la linfa con la proboscide, trafigge il morbido cuore del fiore, indugia nel suo macabro pasto. Il passero scende in picchiata, strappa l'insetto dalla corolla, lo divora, lo mastica col suo becco adunco, ponendo fine alla sua esistenza.

Kiku non era così in errore, dopotutto. La favola aveva un fondo di verità.”

Un rumore di stivali pesanti nelle tenebre, in un lento procedere verso la fioca luce dei lampioni. L'anello al naso scintilla, irrorato dal pallido bagliore di una torcia, un disco luminoso all'altezza dell'occhio destro. La cresta bicolore emerge dal buio, lo sfregio sulla fronte lo segue a poca distanza, così il giubbotto di pelle, la Sachson 48 spianata, ancora calda. Un ghigno beffardo a trentadue denti, occhi impregnati di gioia crudele.

Avevi la possibilità di far perdere le tue tracce e, nella più totale sicurezza, raccontare al mondo la tua verità, la verità sulle origini del popolo kitsune... ma ti sei attardata, per amore del tuo personale fiore di croco, questa puttana a cui ho donato un requiem indolore. Volevi succhiarne la linfa? O forse... qualcos'altro? Ad ogni modo, hai perso la tua occasione, Kaya. Il passero è calato su di te, le tue ali sono già lacere. Come potrai volare via, questa volta?”

Kaya non rispose, le parole scivolarono sulle sue orecchie senza risultato alcuno. Le dita si muovevano sul polso di Kiyoko, ne avvertivano la pulsazione – debole ma ancora presente, tamponavano le ferite, le code strette come lacci emostatici improvvisati, per fermare l'emorragia.

Kiyoko, stai tranquilla! Ti porterò in salvo, non morirai, te lo prometto! Rispondimi, Kiyoko, ti prego! Non sei ancora morta, il tuo cuore batte forte! Non puoi lasciarmi così! Devi resistere!”

Il Predatore roteò gli occhi, alzò nuovamente l'arma, mirò alla testa della kitsune incosciente, tolse la sicura, il colpo in canna.

Poniamo fine alla sua inutile esistenza.”

L'indice preme a fondo, assesta il colpo decisivo. Una deflagrazione potente, scintille in volo, l'urlo del metallo, Kaya chiude gli occhi, Sèrina grida per l'orrore. La mano di Banquo trema, scossa per lo shock, la pistola ad alcuni metri da lui, la canna ammaccata.

Ma che...”

Blyen in posizione di tiro, le gambe divaricate, l'arma impugnata con entrambe le mani, il fumo grigio dall'imboccatura.

Chill.”

Non ti muovere, Banquo. Il prossimo te lo ficco in fronte.”

Il Predatore si volta, osserva la nuova preda. Un sorriso divertito si apre sul suo volto, lo deforma in una maschera di ferocia crudele.

Bastardino scodinzolante... credi forse di impietosirmi? Non è che se tu hai un ferro in mano e io no, automaticamente sei nella posizione di minacciarmi.”

La voce di Blyen come un colpo di cannone, il fragore dei tuoni si inchina.

Questa non è la tua caccia, Nathan. Tornatene nel tuo quartiere di lusso, a goderti i tuoi stupidi milioni. Questa kitsune è mia, capito? Non ti lascerò mettere le tue sudicie mani su di lei!”

Banquo dispiega le dita, l'indice puntato in direzione di Sèrina.

E quella lì, invece? Anche quella è – scusa se rido – tua? A me sembra solamente una tricoda... anzi, la tricoda: la stronzetta che quattro anni fa ha osato tentare di sfigurare il mio bel volto, sotterrandomi sotto una cascata di detriti. Che piacere rivederti nel tuo vero aspetto, Anser! Non credevo che fossi ancora in zona. Cos'è, hai trovato anche tu un fiore di croco su cui indugiare?”

Sèrina si scosse, tornò padrona del suo corpo, della sua mente. Si alzò da terra, i piedi scalzi sull'asfalto umido, le iridi cariche di rimprovero.

Tu...”

Non affrettarti a rispondermi, guarda che ho capito. Sei la baby convivente di Blyen, vero? Quella sciocca ragazzina zuccherofilamentosa, così teneramente appiccicata al suo amorino... oh, che tenerezza!”

Sputò con disprezzo, senza distogliere lo sguardo.

Una stupida kitsune affamata di sesso, ecco cosa sei in realtà. Ma guardati! Con quel pigiamino corto, sei già pronta all'uso! Almeno ce le hai le mutande, lì sotto? Chiunque ti sarebbe andato bene, bastava che respirasse. Dimmi la verità, hai scelto Blyen perché era il primo idiota disponibile a darti ciò che segretamente bramavi nel buio della tua cameretta?”

Sèrina ringhiò, la paura svanita in un battito di ciglia.

E tu hai scelto quel taglio di capelli ispirandoti ad un film dell'orrore? O ti è saltato un addosso un parrucchino mannaro durante la notte?”

Banquo digrignò i denti.

Dimenticavo quanto tu fossi sgradevole. Non avrò alcun rimpianto ad uccidere anche te.”

Albedo si allontanò di soppiatto, un passo alla volta, pregando disperatamente di non essere notato.

No! Devo andarmene, devo fuggire... lui non può essere qui, è solo un incubo! N... non può essere!

Respirò affannosamente, aggrappandosi a frammenti di muro, mattoni, sbarre d'acciaio.

Non deve vedermi, non deve trovarmi, no!

Blyen non ci fece caso, la sua attenzione focalizzata su quel viso segnato dalle prime rughe, da una cicatrice profonda, un piercing gigantesco nella cavità nasale. E gli occhiali? Che fine avevano fatto quegli occhiali con le lenti adattive che amava sfoggiare in ogni occasione?

Prima che tu me lo chieda, me li ha distrutti quella sgualdrina dai capelli neri. Ci tenevo parecchio, sai?”

Blyen si irrigidì, un rivolo di sudore colò lungo la fronte.

Io... io l'avevo solo pensato! Cosa...”

Banquo scrollò le spalle.

Possibile che tu non lo abbia ancora capito, Chill? Possibile che tu non te ne sia mai – e dico mai – reso conto? Io sono speciale, Chill. Non ho bisogno di gingilli come questo ScanMan che ho comprato per salvare le apparenze. È utile, qualche volta, ha anche una torcia incorporata, ma dà solo informazioni che si possono recuperare anche tramite una ecoscandaglio dell'ambiente. Solo quando hai la gola secca diventa indispensabile. Mai provato a cantare con la gola secca, Chill? Credo proprio di no.”

Blyen fece scattare il cane, la canna della Sachson si assestò.

Non... non capisco quale trucco hai usato, ma giuro che, se non te ne vai, premo il grilletto!”

Banquo spalancò la bocca, liberando uno stridio acuto, prolungato, il rumore del gesso sulla lavagna. I timpani di Blyen vibrarono, sul punto di scoppiare. Sèrina si inginocchiò, le code avvinghiate attorno al capo, come per schermare le orecchie. L'impulso non accennò ad indebolirsi, si rinforzò, esplose con potenza inaudita. Il fischio di un treno in corsa, la valvola impazzita di una pentola a pressione, la turbina di un aereo in decollo. Uno strillo straziante assalì i sensi dei presenti, annientandoli. Kaya si protese sul corpo di Kiyoko, ne protesse i padiglioni auricolari con le mani, ignorando il dolore allucinante, gli impulsi nervosi impazziti, le sue stesse lacrime. I muscoli di Blyen si contorsero, lo abbandonarono, smisero di reggere il suo peso, la pistola rimbalzò sul terreno ruvido.

L'inferno termino di colpo, il tempo di serrare nuovamente le labbra.

Banquo ruotò il capo, contemplò soddisfatto il risultato. Nessuno dei suoi avversari era più in grado di nuocergli. Si chinò su Blyen, lo afferrò per il bavero della giacca, portandosi a pochi centimetri dal suo volto. Un respiro affannoso si infranse sulla pelle rigida, inumidendo l'oro dell'anello da toro. Banquo si allontanò, schifato.

Adoro le armi non convenzionali. Nessuno si aspetterebbe di essere attaccato con un ultrasuono rimodulato in modo da divenire udibile... e causare ancora più dolore. Era da molto tempo che desideravo farlo, Chill. La tua comparsa sul mercato è stata solo una seccatura. Con te ad occuparti delle mezze tacche, Rekdo e Grath hanno virato verso prede di maggior pregio, restringendo il mio campo d'azione. Per colpa tua, il Manto ha dovuto sborsare un bel po' di soldi veri, tutti quelli che io non sono riuscito ad ottenere. ”

Blyen incespicò, tentò di alzarsi, cadde, tentò nuovamente, cadde una seconda volta. Il suo senso dell'equilibrio sembrava essere entrato in sciopero.

... non voglio crederci... non ci credo... tu... Banquo... tu sei...”

Banquo apre le braccia, le gambe divaricate, lo sguardo fisso sulla preda sconfitta.

E cosa c'è di strano?”

Una vibrazione nell'aria, la schiena trema, così le orecchie, i denti, il volto si contorce, senza modificare i lineamenti. Otto filamenti si distaccano dalla base del torso, si addensano, ricomponendosi in forma di code, nere come la pece, si dispongono a raggiera, attorno al corpo muscoloso di un finto uomo di mezza età. La pelle si distende, le rughe svaniscono, solo lo squarcio sulla fronte non cambia.

Chi ha mai detto che le kitsune sono solamente donne?”


30. Vorticando sull'orizzonte
degli eventi


N... Nathan...”

Ti prego, non utilizzare quel nome. È così orribilmente... umano. Io sono un essere superiore, raffinato, dotato di un'estetica sopraffina. Io non sono il rozzo cacciatore Nathan Banquo, bensì qualcosa di più, un concetto più elevato di essere vivente, la creatura più vicina agli dei. Il mio vero nome è Ban dalle nove code. Suona bene, non trovi?”

Uno stupido gioco di parole18...”

Precisamente, Chill. Ora, lascia che ti chiarisca le idee: io sono uno dei Nove, l'ultimo componente del Concilio, l'addetto ai lavori sporchi, al recupero delle fuggitive e – perché no? – alla loro soppressione, qualora fosse il caso.”

Si sistemò la cresta di capelli, il viso disteso, la pelle fresca, nuova, gli occhi da adolescente. La ferita bruciava ancora, inviava segnali dolorosi al sistema nervoso centrale. Socchiuse le palpebre, solo per un istante.

Dannazione, il taglio si sta arrossando. Spero che non si infetti, medicarlo sarebbe una seccatura.”

Le code si mossero all'unisono, lo circondarono come un'aureola, la ruota di un ciclo infinito. Blyen strinse il pugno, si sollevò dal terreno umido, acquisendo nuovamente dignità.

Che cosa vuoi, Banquo? Cosa vuoi da me, dalla mia vita? Cosa importa al Manto se sono io a riportare Kaya al posto tuo? Ho degli accordi con Saku, degli accordi scritti e firmati di mio pugno, in cui... in cui mi impegno a rinunciare alla ricompensa. Non riceverò una sterlina, capisci?”

Il Predatore rimase impassibile, le sopracciglia immobili, le spalle scosse con noncuranza.

E per quale motivo dovrebbe interessarmi?”

Una delle code si contorse, separandosi dal coro uniforme, si estese fino a raggiungere la Sachson 48, la raccolse spiralizzandovi attorno, strisciò indietro come un serpente a sonagli, si sollevò dal suolo, sino a riunirsi all'insieme. Ban aprì la mano destra, lasciò che il tentacolo riponesse l'arma nel palmo. Il guanto si strinse attorno all'impugnatura, la afferrò saldamente, l'indice sul grilletto. Ammirò il design elegante della canna, i riflessi dei lampioni sul metallo lucido. Grugnì insoddisfatto, notando l'ammaccatura provocata dal proiettile di Blyen.

Chill...”

Senza preavviso, liberò il sinistro. Un diretto micidiale, una frustata sullo zigomo. La testa di Blyen oscillò all'indietro, come una molla. Sèrina scattò in piedi, gli occhi spalancati.

Blyen!”

Gocce di saliva volarono in aria, l'intero corpo fu scosso da un sussulto. Il capo rimbalzò in avanti, Blyen riuscì a mantenere l'equilibrio per un soffio, stabilizzando a fatica la sua posizione. Si massaggiò la guancia, il palmo premuto sulla pelle lesa, il livido fresco.

Ban scrollò la mano in aria, articolò ogni singolo dito in sequenza, iniziando dal mignolo, ricompattò il pugno, abbassò il braccio.

... detesto chi danneggia la mia attrezzatura perfetta.”

Blyen cercò istintivamente la sua arma, tentò disperatamente di ritrovarla nel buio.

Dov'è? Dov'è finita? Dov'è caduta?

Cosa cerchi, Chill?”

Ban sollevò la pistola, la puntò alla fronte del rivale, il metallo freddo a contatto col bersaglio.

Questa, forse? No? Volevi la tua, dico bene? Mi dispiace non poterti accontentare, sai? Magari, una pallottola ti aiuterà a ragionare meglio. Non è difficile, basta premere un grilletto. È un gesto semplice, meccanico. Non è necessaria una particolare perizia, devi solo esercitare un po' di forza, tutto qui. Vogliamo provare?”

Le pupille si mossero rapidamente, nuotarono nel bianco immenso delle orbite, inquadrarono tutti i volti. Sèrina, terrorizzata come una lepre in fuga da un falco; Kaya, l'angelo mulatto in lacrime, stretta attorno al corpo di Kiyoko, sempre più prossima al baratro; Blyen, un cacciatore ridotto all'impotenza che ancora si ergeva fieramente come il bastione di una fortezza abbandonata.

Uno, due, tre, quattro... un momento! Che diavolo...

Spinse con forza la canna d'acciaio contro il cranio.

Dov'è Albedo?”

Blyen lo fissò impassibile, ostentò sicurezza. Un inutile bluff giocato a carte scoperte. Le prime gocce di sudore freddo imperlavano il suo viso contratto, bocconi di saliva amara attraversarono il cavo orale.

A... Albedo?”

Il tizio con cui sei arrivato qui. Era con voi, almeno fino a poco fa! Ho registrato chiaramente la sua presenza, in quel tugurio vicino al canale! Dove si è nascosto?”

Perché te ne interessi, tutto ad un tratto?”

Il pollice tirò il cane, armò il proiettile.

Questi, se permetti, sono affari miei. Tu limitati a dirmi dove posso trovarlo.”

Blyen alzò le mani in segno di resa, si guardò attorno, nella vana speranza di scorgere il profilo del suo compagno di disavventure. Il suo spirito fu scosso da vibrazioni tremende, una lacerazione interiore impossibile da risanare. In pochi istanti, il mondo gli era crollato addosso, la sua vita tutt'altro che perfetta era scivolata in un abisso profondo, vorticando sull'orizzonte degli eventi, in un enorme, infinito circolo. Un equilibrista in bilico sullo strapiombo, i muscoli tesi nell'improbo sforzo di non precipitare, preoccupato di non mettere un piede in fallo. Sèrina non era Sèrina, bensì Ayane, quella stessa Ayane che lui aveva aiutato anni prima... ed era incinta. Nel suo utero si stava sviluppando un embrione, un essere fragile, innocente, frutto di un amore nato dalla menzogna.

Serrò le palpebre, ripercorse mentalmente gli ultimi minuti, isolò il concetto più importante.

Mio figlio.. il mio bambino...

Gli occhi si spalancarono, brillarono di luce riflessa, le iridi viola emersero dal buio, lo dominarono, lo obbligarono a fuggire, a rintanarsi nelle tenebre raggrumate tutt'attorno.

Il mio futuro.

Cosa ne sarà di Sèrina?”

Prego?”

Il nostro futuro.

Se ti dico dove si è nascosto Albedo, come posso essere sicuro che le risparmierai la vita? Su di lei c'è ancora una taglia, dopotutto. Chi mi garantisce che la lascerai libera di andare?”

Ban indugiò per un attimo, analizzando con curiosità l'espressione fiorita sul viso di Blyen. Lo smarrimento sembrava aver lasciato spazio ad una determinazione mai percepita prima. Scrollò le spalle con noncuranza.

Nessuno. Io non ho mai promesso niente del genere: mi sono limitato a minacciarti di morte. Mettiamola così: se parli, non ti uccido... almeno, non subito.”

Blyen si esibì in un fischio di ammirazione.

Senti, senti. Siamo alle minacce pesanti, eh? Ascolta Nathan... la vedi Kaya? È completamente annientata, stretta attorno alla sua amichetta nel vano tentativo di evitarne il trapasso. Quanto ti ci vorrebbe per stordirla e portarla via con te? Meno di niente. Perché perdere tempo con me e Sèrina, quando potresti raccogliere il tuo trofeo e riportarlo a casa?”

Ban si voltò di tre quarti, senza perdere di vista Blyen. Kaya era seduta accanto al corpo esanime di Kiyoko, le cinque code deformate in filamenti di materia gelatinosa, stretti attorno alle membra sottili. Aveva fasciato le ferite con bende improvvisate, ricavate strappando ciò che restava della tela dell'ombrello e parte degli indumenti. Controllava ripetutamente le pulsazioni, ascoltava il ritmo del respiro, sussurrava parole dolci con la sua voce vellutata, accarezzava i capelli corvini con delicatezza, del tutto isolata dall'ambiente circostante, come se il tempo stesso fosse stato solo un'illusione.

Dai, Kiyoko... vedrai che fra un poco starai meglio. Il sangue ha già smesso di rigare la tua candida pelle. Andrà tutto bene, te lo prometto...”

Ban tremò, tremò per un secondo. Respinse sul nascere il suo sentimento di compassione, sospirò contrariato, l'animo nuovamente saldo.

Allora, Nathan? L'hai visto anche tu, no? Devi solo...”

S... stai zitto, Chill. Non parlare di argomenti che non ti competono. Te lo ripeto per l'ultima volta. Dov'è Albedo?”

Spiacente. Temo di non saperlo.”

Il polpastrello preme sul grilletto, pronto all'atto finale.

Non è il momento di scherzare, Chill. Hai ancora tre secondi, prima di ricevere un biglietto di sola andata per l'inferno. Non è malaccio come posto, un po' caldo forse. Garantisco io per te, non ti preoccupare.”

Un sorriso acuminato squarciò il velo di ipocrisia, piacere sadico nelle pupille filiformi. I nervi tesi, i muscoli contratti, il rullo dei tamburi, uno straziante conto alla rovescia.

Tre...”

Blyen non distoglie lo sguardo, non cede di un passo.

Due...”

Un pensiero al futuro, al passato, il film in bianco e nero scorre nella sua mente, sequenza di immagini indistinte, prive di sonoro.

Uno...”

E una di queste foto scolorite lo ritrae assieme a Sèrina, è datata il giorno del loro incontro. Abbracciati assieme, su una vecchia panchina, al parco. Mangiano un gelato, nel caldo Sole dell'estate. Un istante di felicità. L'ultimo, prima del trapasso?

No, non può finire così.

Ze...”

Una sferzata in pieno volto, Ban arretra, sorpreso. La pistola spara a vuoto, la boccia del lampione esplode, spandendo in aria decine di aghi di vetro acuminato. La coda arancione si ricompatta, torna indietro, alla sua proprietaria, gli occhi di Sèrina ricolmi d'odio feroce.

Ma che...”

Un secondo colpo, lo sterno rimbomba, percosso con violenza. Ban subisce l'impatto, perde il respiro, si piega in ginocchio, l'arma scagliata lontano. La terza coda lo schiaffeggia, gli impedisce di reagire.

... brutta... puttana...”

Blyen coglie l'attimo, un gancio da pugile appena sotto il mento, il Predatore crolla a terra, impreca, bestemmia.

Sèrina afferra Blyen per il braccio, lo trascina via con sé, si allontana a passo svelto, ignora Kaya, ignora Kiyoko. L'unico pensiero è per il bambino, per il loro bambino. E scappano, fuggono via, senza voltarsi indietro, lasciandosi il mondo alle spalle.

Ban si rialza, il viso dolorante, le gengive insanguinate, tremendamente antiestetiche. Sopporta il mal di denti, urla, grida frasi incomprensibili, insulti in lingue ignote ai più, per il semplice desiderio di fare qualcosa, di non rimanere in silenzio di fronte alla sconfitta. Le code gli offrono sostegno, gli porgono l'arma perduta. Ripulisce la bocca col guanto di pelle, la libera del fluido ematico, esaltando il biancore dei denti.

Chill... so dove trovarti, so dove abiti. Non credere che sia finita. A... alla fine, mi occuperò anche di voi.”

Un luccichio improvviso, sul muro di recinzione. Orecchini di perla, illuminati dalle fioche lampade a gas, orecchini belli lucidi.

Ma guarda...”

Ban restrinse il campo visivo, serrò la palpebra destra tre volte, attivando lo ScanMan. Comandò lo zoom con la pupilla, ingrandì la sezione del muro. Un uomo si stava arrampicando verso la struttura di controllo della diga, in silenzio. Corporatura esile, capelli di colore indefinibile, abiti chiari. Lo scintillio dei suoi gioielli lo aveva tradito.

Peccato. Bel tentativo, comunque.”

Ban pregustò il successo. Un sorriso macabro si aprì sul suo volto sfigurato. Alzò la pistola, prese la mira con cura, lo ScanMan a calcolare la posizione migliore per colpire il bersaglio.

Ora!

L'indice preme il grilletto con rabbia, il proiettile esplode sfavillando, sibila in direzione della parete artificiale. L'impatto con i mattoni ruvidi genera miriadi di scintille, a poca distanza dalla mano sinistra dello scalatore, la deflagrazione squarcia il silenzio, attira l'attenzione di Kaya. Albedo perde l'equilibrio, sorpreso dal colpo imprevisto, lascia la presa, precipita nel vuoto per alcuni, interminabili, metri. La piazzola di ispezione attutisce la caduta, gli permette di sopravvivere. Ban controlla la situazione, non manca molto, lo posso raggiungere in meno di un minuto pensa, ma cosa faccio con Kaya? Se fugge, addio ricompensa. No, non posso permetterlo! Non proprio adesso! No, un momento... forse ho trovato.

Si voltò di scatto, l'arma impugnata con perizia.

Dici che Kiku mi perdonerà se ti consegno un po' malconcia?”

Kaya si solleva da terra, le code ancora serrate attorno a Kiyoko. Sgrana gli occhi, incapace di comprendere.

C... cosa vuoi fare? F... fermati!”

No. Sarai tu a fermarti.”

Uno sparo, un altro sparo, il rumore meccanico del carrello a scorrimento, due volte in rapida successione. Le cosce di Kaya vibrano, mentre il metallo penetra nella carne, scalfendo i muscoli, le ossa. Lacrime di dolore rigano il volto, urla inumane si spandono nell'aria. La kitsune crolla come una bambola rotta, una marionetta dai fili recisi, solo le code rimangono salde, fermano le emorragie di Kiyoko.

Kaya osserva i pantaloni, il tessuto impregnato di una sostanza cremisi, macchie scure in espansione, granulose. Tutto il corpo trema, il viso impallidisce. Gli occhi si riaprono, in fiero tentativo di resistenza, incrociano quelli di Ban, tentano di comprendere il motivo del suo gesto, mentre i nervi pulsano in preda al caos, mentre il respiro si fa via via più affannoso. Ban accoglie la domanda del suo sguardo, ostenta sicurezza, spavalderia.

Senza gambe, non andrai da nessuna parte. Posso addirittura permettermi di assentarmi un attimo, adesso. Certo, se riesci, sei libera di trascinarti via, io non potrò nuocerti dalla diga. Farà un po' male, credo, ma potresti sempre usare le code per aiutarti... ah, no, dimenticavo che così non potresti portarti dietro Kiyoko. Scusa, che sbadato che sono! A conti fatti, ti conviene startene buona qui, allora, mentre vado a riprendere qualcosa che mi appartiene...”

Sollevò il capo, in direzione di Albedo.

... qualcosa di molto, molto prezioso.”


31. E, nella Morte, vide se stessa


Una corsa senza fine, tra le pozzanghere, lontano dal canale, lontano dal ponte, lontano dall'incubo, nella speranza di recuperare la serenità, di risvegliarsi alla mattina dimenticando i brutti sogni. I mattoni anneriti, i condotti di scolo, le vecchie condutture, le recinzioni di ferro battuto, solo pallidi fantasmi nella notte spettrale.

Di nuovo qui, di nuovo di corsa. Lontano, lontano! Dobbiamo fuggire lontano!

La luce opaca delle lampade, aloni spettrali sul cupo asfalto, la nera voce di Ban alle loro spalle, parole irripetibili, cariche di odio, di collera, di disprezzo.

Dobbiamo correre, correre via, prima che si riprenda, prima che ci insegua!

Il respiro si ferma, singhiozza, si affievolisce, l'ossigeno scarseggia, i polmoni bruciano, si incendiano, gridano, gridano di dolore.

Le dita si sfiorano, i palmi serrati uno nell'altro, un contatto fugace, continuo, dà la forza di proseguire. La strada si deforma, i contorni sfumano, i colori muoiono nell'abbraccio di tenebra. I fuochi delle centrali a biocombustibile, in lontananza, pinnacoli fiammeggianti nel cielo spento.

Laggiù, laggiù c'è un anfratto! Calma, calma! Ce l'abbiamo fatta, ce l'abbiamo fatta!

Una vecchia casa, illuminata dalle bocce di vetro. Lanterne cinesi artigianali accese, appese al limitare del tetto, il gioco di un bambino annoiato in un pomeriggio senza coetanei. Ma la luce resiste, rischiara gli animi e la via.

Le urla di Ban risuonano nel vuoto, è distante, duecento, trecento metri, non si vede più, è troppo, troppo distante, inoffensivo.

Ban qui non arriva, non può arrivare, altrimenti Kaya fugge. E lui non può permettersi di perdere altro tempo!

Una catapecchia abbandonata, la porta aperta. Mura insozzate dalla muffa, calcinacci, vetri in frantumi, frammenti di vita ridotti a macerie. Ma a Blyen non importa, per lui è il Paradiso, forse per la gioia di essere vivo, forse per l'influsso di Sèrina.

Un rapido sguardo all'indietro, la certezza di non essere inseguito, le membra perdono vigore alla vista del nulla, i muscoli si rilassano. Scivola a terra, lascia che i sensi si assopiscano, l'adrenalina precipita, abbandona definitivamente il suo corpo. Sèrina crolla accanto a lui, gli occhi chiusi, il battito accelerato.

Siamo... siamo al sicuro, ora?”

Blyen abbozzò un sorriso, le sfiorò i capelli castani.

Credo di sì. Non ha avuto tempo di seguirci.”

Le code si avvolsero attorno al corpo, come per proteggersi, difendersi dal proprio senso di colpa.

Ora... come andrà a finire? Ora che conosci la verità, intendo. Hai vissuto con una kitsune per due anni, una kitsune mascherata da ragazzina, che è ricorsa ad ogni genere di espediente per evitare che tu te ne rendessi conto, che... che non ti ha mai rivelato di essere fertile. Ti ho ricoperto di bugie, Blyen, hai vissuto nell'inganno, a causa mia. Non che me ne sia pentita, non troppo almeno. Se non avessi finto così bene, non mi sarei divertita così tanto.”

Le dita di Blyen scorsero sul pelo delle code, ne tastarono la morbidezza.

Apprezzo la sincerità, ma questo non depone... molto a tuo favore.”

La stanchezza si riversò nell'animo, espandendosi incontrollata, le palpebre oscillarono in preda a Morfeo. Blyen scrollò la testa, tentò di scacciare i demoni del sonno.

Però, dopotutto... non riesco a smettere di volerti bene. Sarà l'abitudine, sarà che non me ne importa nulla se hai tre code, sarà che sei incinta di mio figlio... scegli quella che preferisci. Se non ti bastano queste motivazioni, ne ho altre.”

Tipo?”

La mano di Blyen scivolò sul pigiama azzurro, soffermandosi al centro del petto.

La dimensione del seno, per esempio.”

Sèrina rispose con un sorriso sollevato, un raggio di Sole nelle tenebre.

Un sussulto delle imposte, i vetri vibrarono, tintinnarono sotto l'influsso del vento, levatosi da poco in luogo della pioggia. Le prime stelle si fecero strada attraverso la coltre di nubi, il grigio del cielo stava lasciando lentamente spazio alla candida Luna. Le assi marce della porta tremarono, cigolando sinistramente. Le lampade cinesi oscillarono, spandendo la loro fievole luce nell'atmosfera notturna, senza indebolirsi, la fragile carta piegata con cura da manine minuscole, appena alcune ore prima.

Blyen osservò incuriosito il lento dondolio della lanterne, accarezzate dalla brezza.

Come fanno ad essere ancora accese? Voglio dire... da dove prendono l'energia per splendere? Non sono solo candele celate da fogli sottili?”

Sèrina gli si accoccolò affianco.

Penso... penso siano minuscole lampadine a batteria limitata, durano appena ventiquattr'ore. Le ho viste su un banchetto del mercato, costano poche sterline. Non sono molto poetiche, solo economiche. Se vuoi, domani vado a comprare un po' di materiale per prepararne una vera, di quelle che si sollevano in aria, qualche risma di carta rossa e pennelli per decorarla. Ne costruiamo qualcuna e la liberiamo in cielo, ti va? Dalla finestra della nostra casa, della nostra casetta... lo so, è circondata solamente da palazzi alti e la zona non è granché, però le vedo già, quattro, cinque puntini luminosi che raggiungono le stelle in una notte di Luna piena. Riesci a vederle anche tu, Blyen? Riesci a percepirne il calore?”

Hai detto... dalle finestre di casa nostra...”

Un lungo sospiro, gli occhi chiusi in contemplazione.

Banquo sa dove abitiamo. Dovremo traslocare, forse addirittura abbandonare Nerifumo. Siamo prede facili, non si darà pace fin quando non ci avrà catturato. Mi dispiace, mi dispiace davvero... io, in quel bilocale, ho vissuto gli anni più belli della mia vita. Pensare di dovermene andare, così all'improvviso...”

Il suo pensiero volò sino al minuscolo appartamento, stretto tra la tangenziale e i palazzi, assalito dal fragore del traffico cittadino, delle automobili, dei furgoni cingolati per il trasporto merci. Ripensò alla cucina, arredata a costo zero con mobili e suppellettili di seconda mano, a quel bel forno capiente, ottimo per cucinare torte, al frigorifero privo di congelatore, all'arabesco che ornava il pavimento. Ripensò alla camera da letto, allo specchio impestato di post-it gialli, ognuno con sopra un promemoria diverso, al matrimoniale in cui lui e Sèrina avevano condiviso gioie e dolori della convivenza, alle coperte pesanti sotto cui usava nascondersi per osservare, non visto, la sua piccola, quando di notte si alzava per ascoltare il canto della natura, in comunione con la pioggia. Quel fragile scrigno di vita, il nido a cui fare ritorno dopo una giornata pesante, in cui ritrovare il calore dei sentimenti, gustando – perché no? – un piatto di pollo ai germogli di soya. Quella rappresentazione così vivida, reale del suo quotidiano... spazzata via, per sempre. Un futuro in fuga, lontano da Nerifumo, lontano dai ricordi, forse anche dal proprio nome. E tutto, per il rancore di uno squilibrato, una volpe che caccia altre volpi.

Se non fosse tragico, ci riderei su.

Sèrina posò il capo sul suo petto, gli occhi chiusi come in un dolce sonno.

Anche a me dispiace, Blyen. Mi dispiace davvero, davvero tanto. Mi piaceva il nostro rifugio, con quelle sue sedie spaiate, i mobili in truciolare e tutto il resto. Anche quando lo avremo lasciato, una parte del mio cuore rimarrà lì, tra quelle quattro mura. Saremo prede, lo so, prede impaurite sempre... sempre in allerta, in attesa che il falco cali dall'alto per ghermirci... ma saremo insieme, Blyen, io e te. È questa l'unica cosa che conta.”

Blyen annuì, senza dire una parola. La mente emerse dal tetto dell'abitazione, vagò verso il cielo, tornò a due anni prima, al momento del loro primo incontro. Un'innocente ragazzina di diciassette anni, dai capelli castani ed il volto splendente, raggiante. Gli aveva chiesto un'informazione, voleva conoscere un cacciatore di volpi, così per curiosità.

Sono appena arrivata a Nerifumo, mi hanno detto che qui c'è gente che dà la caccia alle kitsune. Sono così curiosa! Com'è che le riconoscono?

Aveva risposto con entusiasmo, Blyen, le aveva raccontato buona parte delle sue esperienze, bullandosi un poco, quasi solo per goliardia, per farsi bello agli occhi di una giovane graziosa.

Erano domande interessate, solo ora riesco a capirlo. Voleva essere sicura che non potessi riconoscerla, che non la riconsegnassi al Manto a causa di una sua leggerezza, come quella commessa due anni prima. E brava la mia piccola volpacchiotta...

Cos'era accaduto, dopo? Com'è che avevano iniziato a frequentarsi?

Mi hai offerto un cono gelato. Pistacchio e nocciola. Non avevo mai mangiato del gelato prima di quel momento, sai? Però mi è piaciuto subito – era così buono! – e lì, in quel momento, hai iniziato a parlarmi di te, della tua vita all'orfanotrofio, del tuo passato... ma non eri triste, non lo sembravi. Condivi tutto con una specie di allegria contagiosa, capisci? E i miei ormoni... beh, i miei ormoni hanno fatto il resto.”

Blyen si allontanò di qualche centimetro.

Mi... mi hai letto nella mente? Come Banquo?”

Sèrina scrollò le spalle.

Non ne sono mai stata capace. Neanche Banquo ne è in grado. Era solo un azzardo riuscito bene, tutto qui. Semplicemente, hai il vizio di pensare ad alta voce, senza rendertene conto. Dovresti sentire quante volte lo fai a casa.”

Un corvo gracchiò, svolazzando fuori dalla casupola, le nere penne esibite con vacua civetteria agli occhi del cielo stellato. Si posò sul comignolo di un'abitazione vicina, in cerca di riposo per le ali stanche. Sèrina trasalì, il pensiero tornò ad una cupa incisione, ammirata una volta sulla cupola del Manto. La Signora con la Falce accompagnata da uno stormo di neri messaggeri, in procinto di aprire il portale sull'aldilà per consentire il trapasso della kitsune inginocchiata. Uno stile gotico delicato delineava quella figura incappucciata, mesta e maestosa allo stesso tempo, gli occhi velati da lacrime invisibili. Spavalderia e distacco non sembravano propri di quella Morte, come se un'umana pietà pervadesse ogni osso del suo fragile corpo e che gli uccelli di pece dagli occhi rossi piangessero con lei, piangessero per chi sarebbe stato costretto a varcare la soglia. In quell'istante, l'immagine mutò, la vittima assunse le fattezze di Kaya, in attesa di fronte al varco del non ritorno. E, nella Morte, rivide se stessa.

Il corpo di Sèrina tremò per un istante, scosso da brividi gelidi.

E... e Kaya? Cosa ne sarà di Kaya?”

Un sospiro nel buio, Blyen la strinse forte tra le braccia.

Da quand'è che ti interessa qualcosa di lei? Per tutta la durata della tua prigionia, non l'hai degnata di uno sguardo.”

Sèrina abbassò lo sguardo.

Lo so, ma in fondo, è mia madre... o meglio, la creatura più vicina ad esserlo.”

Quindi per te è importante.”

Scosse la testa in un lamento.

Vorrei risponderti di sì, ma non è... troppo vero. L'ho sempre ammirata, questo sì, ammiravo il suo aspetto, la sua risolutezza... ma non sono mai riuscita ad identificarla come una figura materna. Se devo essere sincera, non ho mai stretto alcun legame con le mie simili, erano troppo altezzose, troppo convinte della loro sacra missione per proteggere l'uomo. Peccato che fosse tutta una farsa, uno stupido teatrino messo in piedi da due ricercatori invasati. Io non ero così, non lo sono mai stata. Non posso farci niente, io non appartengo a quel mondo. Non più, almeno.”

Blyen si avvicinò, sino ad avvertire il suo dolce respiro sulla pelle.

Non importa...”

Le labbra si sfiorarono per un lungo istante.

... a me va bene così.”

Sèrina si ritrasse, voltò il capo. Il rimorso si stava affievolendo, una sensazione altrettanto potente ne stava prendendo il posto. Tentò di rallentarla, ancora per un secondo, di dedicare qualche pensiero a chi l'aveva cresciuta, prima di abbandonarvisi. Kaya si manifestò un'ultima volta nella sua mente, chinata sul corpo ferito di Kiyoko, alla mercé del suo assalitore.

L'abbiamo lasciata sola... sola con Banquo.”

La voce calda di Blyen, a pochi centimetri dal suo orecchio, un dolce sussurro delicato.

Non è sola. C'è ancora Albedo. Sono sicuro che la proteggerà.”

Un sussulto, la testa scossa con forza.

Come fai a fidarti di lui? Lo conosci appena.”

Un debole sorriso.

Infatti non mi fido. Non sono nemmeno certo che gli importi qualcosa di persone che non siano lui. Era solo per mettere a tacere il mio coscienzioso angioletto da spalla – hai presente, no? Quella vocina che ti dice cosa è giusto e cosa non lo è. Sai, in questo momento mi sta bacchettando per il mio comportamento ai limiti del codardo... ma non ho voglia di dargli retta. Sai, tutte quelle cazzate sull'amicizia, il sostegno reciproco... a cosa servono, se poi a morire sei tu? No, mi dispiace, non riesco ad essere così buono.”

Sèrina gli accarezzò la guancia, un bacio sulla fronte umida, i seni a poca distanza dal viso stanco, minato dalla fatica, il pigiama sollevato dalle dita sottili.

Non importa...”

Si sedette sulle sue ginocchia, le gambe leggermente divaricate.

... a me va bene così.”


32. Spegnersi in una nuvola di fumo


Ban si chinò sulla piattaforma dove, fino a poco prima, era riverso Albedo. Non v'era traccia del corpo, né di fluidi di alcun genere, solo qualche nuvola di polvere stagnante. Posò la mano sul pietrisco ruvido, tastò alcuni frammenti con calma, senza fretta. Le code si agitarono nel buio, attorcigliandosi come serpenti multiformi, generando una specie di antenna. Tuttavia, nessun segnale la raggiunse, nessuna vibrazione ne attraversò la struttura.

Strano, dovrebbe essere qui attorno...

Scrutò attentamente in direzione della scala d'emergenza, del muro di mattoni, delle pedane sottostanti. Invano.

Caricò un proiettile in canna, tolse la sicura.

Quanti ne ho ancora? Dieci? Undici? Dovrei contarli. Dunque... tre li ho sparati contro Kiyoko, uno è andato a vuoto, due hanno perforato le gambe di Kaya, uno ha sfiorato Albedo. Il caricatore è da diciotto, quindi sì, sono undici. Perfetto, dovrebbero bastarmi.

Rimase immobile, in attesa, i sensi allerta. Respirò con lentezza esasperante, raccogliendo ogni messaggio dell'ambiente, ogni minima informazione racchiusa nel tessuto della realtà. Chiuse gli occhi, intonò alcune note brevi, modulate con suoni più lunghi, sino a raggiungere l'armonia dei battimenti. Le piante di parietaria, incastonate come gemme tra i mattoni, reagirono generando un controcanto armonico, vibrando all'unisono. Le mattonelle del pavimento tremarono in modo impercettibile, risuonando ritmicamente al richiamo della sua voce. L'aria stessa sembrò rispondere al canto di ricerca, trasmettendo la melodia in ogni luogo. I capelli si drizzarono, attraversati da energie sottili, invisibili. L'anello dorato risplendette di luce propria nel profondo della notte, oscillando a tempo. L'eco formò un'immagine dei paraggi, scandagliando ogni anfratto, ogni frattura, scivolando tra i ciuffi d'erba e le rughe del cemento armato. Non un singolo vetro rotto, una bottiglia abbandonata sul selciato, non una siringa sarebbe stata in grado di sfuggire. Persino un corvo, appollaiato su i resti contorti di un lampione, fu ricostruito nella sua mente, nell'ambiente fantasma, pallido simulacro del mondo circostante. Analizzò con cura i paraggi, nella mappa virtuale del pensiero, controllò ogni passaggio, ogni singolo nascondiglio nell'arco di cento metri.

Aspetta un momento...

Uno stretto passaggio oscuro, il vecchio tunnel ferroviario tra il Flegetonte e il Cocito. Una figura umanoide, in piedi, in attesa, una spalla dolorante.

Eccoti.

Ripercorse il tratto all'indietro, tornò al punto di partenza, elaborò il percorso da seguire. Grugnì insoddisfatto, notando come esistesse un unica strada per raggiungere la galleria abbandonata, un solo ingresso per penetrare nei suoi meandri.

Se è armato, non posso avvicinarmi, non facilmente almeno. Non posso neanche sfruttare il fattore sorpresa, lui sa benissimo che sto arrivando. Stanarlo è fuori discussione, almeno per ora. Se non centro l'armonica giusta al primo colpo, può freddarmi senza problemi. Calma, Ban, calma. È lui la preda, devi solo pazientare ancora un po', tutto qui. Anche se avesse una pistola, non sarebbe così stupido da usarla sparando alla cieca, aspetterà che mi avvicini. Sì, può funzionare.

Prese un profondo respiro, si avviò verso il rifugio improvvisato. Scese la scaletta di metallo, un gradino alla volta, un pensiero ad ogni passo, una tattica diversa elaborata con lucida tranquillità. Passò in rassegna diverse possibilità, a velocità straordinaria. Nel momento in cui lo stivale lucidò toccò terra, il piano era ormai delineato.

Impugnò la pistola, il dito pronto a premere il grilletto al primo movimento sospetto. Il ghiaino amplificò ogni passo, facendolo rimbombare all'interno della galleria buia con fragore d'inferno. Un fruscio fastidioso, i piedi impantanati tra sassolini di dimensioni diverse.

Fortuna che non ho basato tutto sull'assalto silenzioso...

Una fioca luce artificiale, i resti di un impianto di illuminazione un tempo esteso a tutta la rete sotterranea. Lampade al neon oscillanti, luci intermittenti a frequenza casuale, un delirio per gli occhi. I brevi istanti luminosità assoluta evidenziano una sagoma, una figura umana.

Ban ghigna soddisfatto.

A quanto pare, non hai avuto il coraggio di addentrarti nelle profondità di questa arteria di cemento, Albedo. Mi hai deluso, speravo in una caccia più soddisfacente... ma, d'altronde, potevo anche aspettarmelo. La tua mente non è così avanzata da elaborare strategie soddisfacenti.”

Albedo scosse il capo, continuando a massaggiarsi la spalla dolorante.

Sì, forse avrei potuto. In fondo, a meno di cento metri da qui il passaggio è interrotto dalle macerie del Ponte Spezzato. Se mi fossi nascosto tra i calcinacci, avresti perso un sacco di tempo a cercarmi. Neanche il tuo scandaglio sarebbe stato in grado di localizzarmi con facilità.”

Ban digrignò i denti.

Per quale motivo non lo hai fatto, allora? È contro ogni logica! Se la preda è così remissiva, che soddisfazione spetta al cacciatore?”

Quella di tornare completo, per esempio?”

Un sospiro amaro, gli occhiali da vista oscillarono attorno al collo, un macabro pendolo destinato a fermarsi. Albedo incontrò lo sguardo di Ban, pupille orribilmente nere immerse in orbite claustrofobiche. Il ghiaccio azzurro scintillò al chiarore dei neon. Il Predatore puntò l'arma al volto, mirò al centro della fronte. Un ruggito rabbioso tuonò tra le pareti lisce.

Quattro anni. Quattro anni sono trascorsi dalla tua scomparsa, dalla tua diserzione. Quattro anni in cui non sono mai riuscito a reperire la benché minima informazione su che fine avessi fatto, su che nome stessi usando, su qualsiasi, altro, stupidissimo dettaglio! Ho avuto bisogno che interferisse quella stronza di Kiyoko, che il suo canto disperato accendesse un collegamento, permettendomi di rintracciarti, anche solo per un attimo. In quell'istante, ho capito dove trovarti, dove ti eri nascosto... e ho percepito che non eri da solo. C'era una kitsune con te, la mia preda attuale. Quale occasione migliore per rimediare a due errori in un'unica soluzione?”

Il viso di Albedo si illuminò.

Se perdi così tanto tempo in parole, sfido io che non sei stato in grado di rintracciarmi. D'altronde, cosa serve saper recitare Shakespeare ad un rude sicario del Manto? È per questo motivo che non appena incontri qualcuno al tuo stesso livello culturale, non resisti alla tentazione di annegarlo di parole?”

Le code di Ban si disposero a ruota di pavone, lasciando uno spiraglio tra la quinta e la sesta.

Non proverai alcun dolore, te lo garantisco.”

Sai cosa me ne faccio delle tue garanzie. Sono buone quanto una banconota da tre dollari.”

Tre dollari con cui potresti comprarti un eterno riposo. Non dimenticarlo.”

Albedo sorrise sprezzante.

Come potrei? In fondo, ho trascorso tutta la mia vita nella vana speranza di non incontrarti mai più, Ban. Speravo ardentemente che avessi compiti più urgenti da svolgere, piuttosto che dare la caccia ad un...”

Dai pronunciala. Pronuncia quella parola. Voglio sentirlo dire dalla tua fastidiosa vocetta stridula.”

Albedo si mosse all'indietro, un singolo passo verso l'interno del tunnel. Ban serrò la presa attorno all'impugnatura, l'indice contratto, gli occhi ridotti a puntini annegati in un oceano bianco sporco.

Forza! Dì cosa sei! Dillo, così che io possa sentirlo!”

Albedo tremò per un istante, un istante solo. Abbassò lo sguardo al terreno, chinando umilmente il capo.

... una stupida Eco.”

Esatto, Albedo. Una stupida Eco. La mia stupida Eco, generata dalla mia sesta coda. Un aggregato informe di materia caudale tenuto assieme dalla mia volontà. Un'estensione della mia essenza. Comunque tu la veda, non puoi esimerti dal riconoscere come io sia la causa stessa della tua attuale esistenza.”

Albedo socchiuse le palpebre, una ventata di odio puro assalì il suo volto, arrossandolo.

Così pare.”

Ban abbassò l'arma, la puntò al suolo, la mano sinistra a massaggiare la tempia, come per sollecitare un ricordo. Le dita tamburellarono sulla parete del cranio, danzando al ritmo immaginario di una canzone tradizionale kitsune.

Quattro anni. Sono passati ben quattro anni, da quando sei fuggito. Quattro anni che non presenzio al cospetto del Concilio per non rendere pubblica la mia deficienza, l'assenza di una delle mie code. Se vogliamo, è anche un po' colpa mia, ti ho lasciato un po' troppa libertà... e tu ne hai sapientemente approfittato, dandoti alla macchia. Avrei dovuto capirlo, nel momento in cui il tuo segnale mentale ha incominciato ad indebolirsi, proprio al margine della zona in cui ero in grado di darti ordini diretti. Sei stato in gamba a non destare in me alcun sospetto, prima che fosse troppo tardi. Ed ora, eccoti qui. Albedo Vicario ti fai chiamare. La percentuale di luce riflessa da un corpo. Un nome appropriato, dato che questo è ciò che sei: uno riflesso intangibile, uno spettro privo di consistenza e coesione. Se quella puttana di Anser non mi avesse costretto a letto col suo gesto disperato, quel crollo che ha danneggiato gravemente la mia spina dorsale e le mie gambe, a quest'ora non sarei qui a discutere con te. Se non avessi avuto necessità di un avatar, di qualcuno che cercasse informazioni in mia vece, tu non saresti qui, di fronte a me. Sotto un certo punto di vista, quella sciocca ragazzina viziata è tua... madre, Albedo. Una prospettiva orribile, non trovi?”

L'Eco scrollò la spalla sana, si leccò le labbra con cura, gli occhi fissi sul suo antico padrone.

Non certo quanto non esistere, Ban. Io non ho nessuna intenzione di tornare ad essere materia indistinta. Ho una coscienza, sono indipendente. Devi fartene una ragione, chiaro? Nessun canto potrà mai costringermi a riunirmi a te, per quanto bene tu possa intonarlo.”

Le otto code si agitarono, scesero a terra, raccogliendosi alle spalle del loro possessore.

Su questo potremmo discutere. È vero, le code sono provviste di un numero elevatissimo di connessioni nervose integrate nella gelatina; inoltre, possiedono diversi gangli ed un sofisticato centro elaboratore delocalizzato. Posso ammettere che tu sia in grado di simulare autocoscienza, ma quanto ad averla... ”

Scosse la testa con vigore, gli occhi chiusi.

Ma perché sto perdendo tempo in questo modo? Sono venuto qui per riprendere possesso di ciò che mi spetta, non per fare conversazione con la preda.”

Inclinò il capo all'indietro, aprì la bocca, inspirò profondamente, preparandosi all'esecuzione.

Fossi in te, non lo farei. Non se vuoi uscirne illeso.”

Ban ignorò completamente le sue parole, rimase fermo, in silenzio per un secondo, raccolse le forze, ripassando il motivo principale.

Ban, non è un bluff. Pensaci bene. Se mi lasci andare, nessuno si farà del male.”

La prima nota squarcia l'aria, un grido acuto emesso con violenza senza pari. Le ginocchia di Albedo tremano, si contorcono in preda al delirio, le giunture non cedono, mantiene posizione eretta.

...Ugh!”

La seconda nota completa il movimento, prepara l'inizio del crescendo, una risonanza bella e terribile con il primo suono. Il corpo scosso da vibrazioni, le braccia, le gambe, il torso. I centri nervosi impazziscono, inviano segnali casuali al cervello, intasano le linee di comunicazioni. Le mani trattengono lo stomaco, il busto si piega in avanti.

La terza, la quarta, la quinta nota. Una progressione allucinante di dissonanze, sempre più contrapposte, inarmoniche. Le membra, i muscoli di Albedo si avvitano come serpenti, si attorcigliano, deformandosi. Grumi in movimento sotto gli abiti, le pupille dilatate al massimo, i capillari esplodono. Le ossa si sciolgono, i muscoli si sfaldano, spasmi, attacchi epilettici tremendi, continui. Ban interrompe la melodia, per un secondo. Albedo si ricompatta, ansima, il respiro affannato, la materia assume nuovamente forma definita, il sudore scorre copioso sulla fronte.

Non mi sono fermato per pietà, intendiamoci. Volevo godere per un attimo dell'espressione del tuo volto. È impagabile, sai? Osservare i tuoi lineamenti straziati, in uno sforzo inumano per mantenere la tua inutile esistenza... Patetico!”

Albedo rantola, grugniti privi di coerenza, una voce dal tono incerto.

P... perché farmi soffrire... così?”

Un grido a frequenza elevata, lo stridio di un treno in frenata. Albedo scosso da fremiti, resta in piedi, non cede.

Davvero non lo immagini? Davvero non riesci a comprenderlo?”

Denti digrignati, un ruggito leonino.

Non solo mi hai privato della dignità della nona coda, costringendomi alla menzogna...”

I pugni stretti con violenza, fibre contratte, occhi iniettati di sangue.

... hai anche tentato in ogni modo di far fallire la mia missione, di mettermi i bastoni tra le ruote. Tu, che sei solo una frazione della mia persona, un misero scarto di lavorazione, un'escrescenza del mio tessuto. A causa tua, ho rischiato di fallire, di perdere la mia ricompensa, il mio desiderio più grande! Come potevo sopportarlo?”

Si sistemò i capelli con calma, un gesto plateale.

Ora, lascia che porti a termine il mio lavoro, da bravo. Tanto, lo sai... ogni resistenza è inutile.”

Sei... sei ancora in tempo per fermarti!”

Una risata sguaiata, Ban non riesce più a trattenersi.

Solo perché implori pietà? Non farmi ridere.”

Albedo chinò il capo, immobile, impassibile. Gli orecchini di perla scintillarono ancora una volta alla luce intermittente del neon, gli occhiali da vista brillarono, oscillando come un pendolo. I guanti neri, la giacca bianca, la camicia decorata da tribali, le scarpe lucide. I capelli biondi scompigliati, gli occhi azzurri, ghiaccio allo stato puro impregnato di rosso, il volto emaciato, gli zigomi affilati.

L'aria è buona, respirare è un piacere. Sì, davvero, finché non sei più in grado di farlo, non riesci a rendertene conto di quanto sia inebriante inspirare, sentire la brezza che raggiunge i polmoni, ripulendoli dal catrame, dalla nicotina. Già, la nicotina... è un peccato, davvero un peccato finire così. Non ho nemmeno una Exxon Blue da fumare, l'ultima sigaretta eh? L'ultima sul serio, stavolta. Sarebbe stato bello condividerne ancora una con Kaya, farsi un tiro con lei. Ha buon gusto Kaya, peccato che non si accompagni con uomini. Peccato, avrei potuto provare a convertirla, se ne avessi avuto la possibilità. Una sera con me, e Kiyoko se la dimenticava, poco ma sicuro. D'altronde, se sono riuscito a sedurre Saku la perfettina, con lei avrei sfondato una porta aperta. Con Kiyoko è stato sepmlice, perché non fare il bis? Un bell'incontro a tre, un uomo circondato da due belle kitsune formose. Formose come Saku? Ah, il profumo della sua pelle, come potrò mai dimenticarlo? Oh, ho deciso, svanirò con questo pensiero nella mente, sarà la mia porta verso il nulla, sì, un bel ricordo della mia vita, delle mie sensazioni, di tutto ciò che sono stato, che sono, che sarò. Sarà come addormentarsi, addormentarsi e spegnersi in una nuvola di fumo.

Un ultimo, lungo respiro, prima della dissoluzione, la consapevolezza della fine.

D'accordo. Se è questo che vuoi...”

La pelle sfrigolò, i tratti del viso si sciolsero, ritornando allo stato primordiale. Le braccia ridotte a molli filamenti, il busto disciolto, il torso in ebollizione, frammentato in nere strutture intricate, le gambe ormai simili a tentacoli contorti. Le orecchie si sformano, gli occhi svaniscono, i capelli, il naso, la bocca – ammassi informi privi di coesione. Gli occhiali cadono a terra, il tessuto candido si strappa, si aggroviglia, gli orecchini tintinnano sull'asfalto. E in un attimo, di Albedo, non rimane altro che il ricordo.

La sesta coda riprende posto, tra la quinta e la settima, assume una forma compatta, regolare.

Ban urla, soddisfatto, ulula di gioia crudele.

Per un attimo, un lungo, brevissimo attimo

Il tempo di osservare la luce rossa lampeggiante, il minuscolo polpo appiccicato al muro, il sensore di posizione non più oscurato dal corpo di Albedo. Il led si spegne, in silenzio, si ferma, mentre Ban protende la mano in avanti, erge le code a mo' di scudo, le richiama all'ordine, tutte, compresa l'ultima. Un guizzo inatteso, le appendici si ostacolano a vicenda, si bloccano, annodandosi, non più abituate ad essere in nove, non riescono a coordinarsi, lasciandolo inerme.

E quando la bomba esplode, quando l'onda d'urto si spandono per il condotto, Banquo non può che pregare.

Pregare che finisca in fretta.


33. Un'ultima domanda


Un giardino rigoglioso, un albero di pesco in fiore. Dieci, undici creature in stadio larvale, minuscoli esserini androgini avvolti in code più grandi di loro. Schegge di esistenza che vagavano senza meta, scoprendo ogni giorno qualcosa di nuovo sul proprio corpo, su come coordinarsi, come camminare. Fiori appena sbocciati sul palcoscenico della vita, ancora lontani dall'autosufficienza. Ban in disparte, chiuso in un angolo, i sottili capelli neri sparsi sul viso, fin quasi a coprirne gli occhi. Le sue sorelle, i suoi fratelli, Saku dai capelli d'argento, Anser...

Che razza di nome è, Anser? aveva pensato più volte. Non era un suono canonico, non era codificato. Si fosse chiamata Ayane, Ayumi, persino Shimane, nessuno avrebbe avuto nulla da ridire, ma Anser...

Ban!”

Ban alzò gli occhi, verso quella voce squillante, piena di gioia. Fu accolto da una cascata di capelli castani, iridi profonde dello stesso colore, un sorrisetto divertito, innocente.

Vulpis in fabula.

Anser...”

Poche parole, nel loro vocabolario, un numero estremamente limitato di suoni. Solo i nomi erano semplici da pronunciare, all'inizio. Un gioco di sguardi, comunicazione non verbale, un misto di gesti e cenni del capo, note emesse a frequenze imperfette, ancora acerbe. Anser ruppe gli indugi, lo prese per mano, lo strattonò per portarlo con sé. Ban, la respinse, quasi per gioco, oppose una fiera resistenza ma, infine, la assecondò. Raggiunsero l'albero al centro, si sedettero sotto le sue forti fronde, al riparo dalla luce delle lampade solari. Anser si avvolse completamente nella sua enorme coda, cantò una breve melodia incompleta, trasmettendogli tutte le sue emozioni, le sue sensazioni positive, cercando di condividere qualcosa di bello con quel suo simile, così schivo e silenzioso. Il suo primo ricordo, il più intenso, si manifestò in tutto il suo splendore, il volto sorridente di Kaya, lo sguardo perplesso di Kiku, il sollievo nelle loro menti. Le labbra di Anser vibrarono, articolarono sillabe scintillanti.

Mamma.”

Ban scosse la testa, incapace di comprendere il significato di quel termine. Anser lo ripeté, ancora una volta, evidenziando le figure delle due kitsune.

E Ban si scurì in volto.

Perché lui non possedeva un ricordo simile.

Perché lui non aveva una madre.

Ma si convinse di averne una, di averla semplicemente dimenticata.

E i sensi costruirono l'illusione, definendo sensazioni mai provate.

Passarono i giorni, i mesi, le stagioni, gli anni.

Di nuovo il giardino, tra i fiori di pesco, in mezzo alle larve. Anser era lì, seduta sotto l'albero. Non si chiamava più così, ora era Ayane. I capelli bianchi, lunghi, vaporosi, la pelle mediamente scura. Non sorrideva più Ayane, era stanca. Aveva terminato appena una generazione, il lìpasma ancora sotto l'effetto dell'anestesia. Aveva fascino, Ayane, il suo corpo era un alchimia di mistero e caduco splendore, fasciato da un bel kimono rosa. Inclinò il capo, ancora stordita dai medicinali, vide Ban avvicinarsi, lo salutò con un cenno della mano.

Ciao, cosa ci fai qui?”

Ti ho vista dall'altra parte del vetro. Mi sono detto... perché non entrare?”

Ayane sorrise debolmente.

Ti trovo bene, Ban. Quelle nove code ti stanno d'incanto.”

Dici davvero? A me sembrano solo un peso. Devo ancora abituarmici.”

Si sedette accanto a lei, le mani dietro la nuca.

Quanti ne hai fecondati oggi?”

Sette. È stata... dura. Pensavo di svenire, all'ultimo.”

Ayane si accoccolò tra le code, un lungo sospiro.

Sai? Un po' li invidio. Loro avranno una madre, mentre noi... beh noi non l'abbiamo mai avuta. E io che credevo che Kaya e Kiku...”

Il flusso di pensieri lo riportò a quel giorno, a quel primo contatto con quell'entità estranea, quella mamma che non aveva più dimenticato, che non era mai stato in grado di trovare. Un grido emerse dal profondo, il lamento di un cuore straziato.

Ayane alzò il capo, ascoltò quella voce devastata dal dolore, ne percepì il dramma... ma non lo comprese. Aveva perso memoria di quel termine, l'illusione era crollata come un castello di carte, lasciando spazio alla fredda realtà.

Ehi, cos'hai? Perché urli in quel modo?”

Io so di avere una madre, Ayane. Devo averne una, ne sono sicuro... e la ritroverò, puoi starne certa!”

Ayane scosse la testa, sconsolata.

Ne parliamo da quando hai un anno: noi siamo il frutto di un elaborato sistema di ingegneria genetica... anche se, negli ultimi tempi, sembra che vogliano farci passare per 'create dalla grazia divina'. Odio questo approccio religioso, è così arretrato...”

Non mi interessa niente di queste idiozie! Io... desidero solo sapere chi è la kitsune a cui devo la vita! La cerco da troppo tempo!”

Quando ti deciderai a crescere? Nonostante tutte quelle code, la tua mentalità è rimasta quella di un bambino. Devi integrarti nella nostra società!”

Dovrei comportarmi come te, Ayane? Sei una Genitrice, è vero, ma quante porte hai chiuso in faccia a chi, nel momento del bisogno, bussava alla tua porta? Quante speranze hai distrutto? Dici che è meglio essere così, piuttosto che inseguire i propri sogni?”

C... cosa stai insinuando?”

Uno sguardo gelido.

Informati, piccola Ayane. Informati bene. Scoprirai che il tuo paradiso è un inferno. Te lo garantisco.”

Lasciò la sala, senza degnarla di uno sguardo. Ayane aveva perso significato, era un essere inutile, incapace di pensare fuori dagli schemi imposti.

Non voglio più avere nulla a che fare con te. Mi hai deluso, Anser, ti credevo migliore.

Poi?

L'inizio della caccia, le prime fuggitive, meriti acquisiti sul campo, il Concilio. E il nome. Ban dalle Nove code per le kitsune, Banquo per il resto del mondo. L'agente speciale del Manto, l'infiltrato nel mondo umano.

E tutto, per una risposta.

Kiku, accetto di svolgere il compito di cacciatore, di riportare le fuggitive al Manto mescolandomi ai mercenari umani... ma, in cambio, voglio qualcosa. ”

Nessun desiderio sarà troppo, Ban. Chiedi e ti sarà dato.”

Voglio conoscere il nome di mia madre.”

Kiku trasalì sorpresa.

Sei sicuro di averne una? La maggior parte di noi...”

Lo so, lo so benissimo! Siamo tutti frutto di macchinari per la coltura delle cellule, è questo quello che vuoi dire! Ma io so di essere nato per parto naturale, ne sono certo!”

La kitsune annuì.

D'accordo. Quando ti riterrò degno di conoscerlo, ti rivelerò il nome di colei che ti ha generato... sempre che sia mai esistita.”

Ho la tua parola, Kiku?”

Aveva esitato un attimo, Kiku. Forse sapeva, in cuor suo, di mentire, di non conoscere la risposta.

Sì.”

E il tempo continuò a trascorrere, senza domande, senza risposte. Nessuna kitsune era mai abbastanza, nessun compito portato a termine scuciva le labbra di Kiku, le ricerche non avevano esito, come se la madre non fosse mai esistita. Ma Anser aveva una madre, lei sì.

Perché?

Quando nello Scrigno comparve la sua foto, il suo cuore si riempì di gioia. L'occasione di regolare i conti, di chiudere la storia. Per sempre.

L'ansia della caccia, i colpi di pistola, le ferite, la pelle che si apre, squarciata dai proiettili, l'espressione di puro terrore sul volto della preda, la gioia crudele della vittoria.

Poi, il crollo.

Le macerie, le travi d'acciaio, il corpo travolto dai mattoni, il coma, la degenza, l'immobilità.

La nascita di Albedo, la sua unica Eco. Il controllo sulla sua mente, un burattino perfetto, per soli tre mesi.

Perché?

Albedo fuggì in una notte di Luna piena, evadendo il controllo psichico, lasciando Ban nel suo letto d'ospedale, a marcire in solitudine. Nessun'altra Eco fu mai più generata dalle sue code, Ban non ne chiamò di nuove, per paura di perderne il controllo, per paura di essere abbandonato anche da loro.

Dopo alcuni mesi, il ritorno alla vita, ai propri doveri, il ritorno allo Scrigno, da re incontrastato. Nuove pedine avevano fatto capolino durante la sua assenza, alfieri come Rekdo, Grath... e pedoni, come Chill. Sì, quello stesso Chill che aveva inseguito Anser, quella sera, che l'aveva persa.

Piccolo bastardino scodinzolante.

E poi? La ricerca affannosa della nona coda, l'attesa per una risposta che tardava ad arrivare. Fino a quel pomeriggio, nella serra. La voce autoritaria di Kiku, la favola della farfalla. La certezza della ricompensa.

Kiku...

Una proiezione in bianco e nero, gli ultimi fotogrammi bruciati dalla luce penetrante, corrosi dal calore della deflagrazione. Il film della vita si interrompe, le immagini si mescolano. Il caos del locale, Kiyoko nel suo kimono rosso, l'ombrellata in mezzo alla fronte, la caccia per i vicoli, il taxi, The Bluesman, il rifugio, la traccia residua, il Ponte Spezzato, di nuovo Kiyoko, a terra, sanguinante, Kaya, Chill, Anser, i due in fuga, lontani, lontani, Kaya distesa sull'amica, gli abiti laceri, le gambe ferite, la parete scoscesa, la fuga di Albedo, il colpo di pistola, il tunnel, Albedo, la spalla contusa, la materia gelatinosa, il ventaglio completo di code, il led rosso, spento, il fragore di un tuono, le code che bisticciano, vedono la nuova arrivata come un corpo estraneo, non lo proteggono, l'onda d'urto, la fine.

Ciò che restava del suo corpo era sepolto da calcinacci, il busto troncato di netto, all'altezza del petto, le gambe polverizzate, le braccia bloccate dalle macerie. il volto disteso, gli occhi chiusi, ancora intatti, il viso cosparso di tagli, escoriazioni, i capelli scompigliati, un rivolo di sangue lungo la fronte. La pistola dalla canna ritorta ancora trattenuta nella mano sinistra, impugnata con forza evanescente, il giacchetto strappato, l'anello d'oro annerito. Parte della volta era crollata, permettendo alle stelle di osservare lo sfacelo, di piangere mute. Cocito e Flegetonte trascinavano via la polvere, i cocci di una galleria morta da tempo. La Luna si affacciò incuriosita, si ritrasse dopo appena una rapida occhiata. L'unica lampada superstite funzionava ancora, a intermittenza, la batteria di emergenza attiva. Ombre mutevoli si sparsero per il tunnel, presero lentamente il controllo dell'ambiente, ingoiandone ogni segno di vita. Materia caudale rinsecchita, sparsa per metri attorno ai poveri resti, grumi brulicanti, frammenti tentacolari impazziti, comandati da gangli privi di guida, prossimi al trapasso. Un addensamento più grande, dove una volta si trovava la base della schiena, ancora vivo, intricato, un gorgoglio improvviso, in lenta estinzione. Un rantolo, un sussulto dei pomoni trafitti, le palpebre leggermente sollevate, immagini sfocate prima del trapasso. Il cuore immobile, il cervello spento, il tempo per un ultimo, fugace pensiero, per un'ultima domanda, destinata a non trovare risposta.

La lampada al neon si spense, esaurì la sua energia residua, un lampo finale, il canto del cigno.

Un orecchino di perla scintillò, dominò le tenebre, trionfante.

Poi, il buio.


34. Tutti i tuoi futuri figli


Te la senti di camminare?”

S... sì, grazie.”

Kaya zoppicò, le code a sostenerla, come rudimentali stampelle. Blyen aveva medicato le ferite, senza tuttavia riuscire a rimuovere i proiettili. Due bende strette ne cingevano le cosce, allacciate sopra i pantaloni. Sèrina la sostenne col suo corpo, il braccio attorno alle spalle.

Coraggio, ora chiamiamo un taxi e portiamo Kiyoko in ospedale, okay? Non preoccuparti, vedrai che andrà tutto bene.”

Kaya sollevò il capo, annuì in silenzio. Le ultime nubi avevano lasciato il posto ad un panorama stellato, migliaia di puntini luminosi intessuti nel cielo, a formare disegni complessi in cui gli antichi avevano creduto di vedere eroi mitologici e creature leggendarie. La Luna, degna mandriana delle lucciole siderali, troneggiava sull'immenso telo di seta blu, ammiccando con fare benevolo. In lontananza, la skyline di Nerifumo, le fiamme della centrale a biomasse, le finestre dei grattacieli, due minuscole lanterne cinesi artificiali, ancora stoicamente accese. Il vento, prima impetuoso, aveva arrestato la sua corsa, osservando un minuto di religioso silenzio.

Kiyoko mugolò, un lamento prolungato, un requiem per se stessa. Blyen la stava portando in spalla, dopo averle prestato le prime cure. Le code costituivano la maggior parte del suo peso, oscillavano come campanellini appesi alla maniglia della porta, ostacolando i movimenti del suo soccorritore.

È stato gentile da parte vostra, tornare indietro. Pensavo che ve ne foste andati, che non vi avrei più rivisto. Ero quasi pronta a scommetterci.”

E avresti vinto, se fosse stato per me. L'ho fatto solo perché ho sentito l'esplosione... e perché me l'ha chiesto Sèrina. Dite grazie a lei, io non avrei mosso un dito per aiutarvi. Anche perché, dopo... beh, dopo quello che è successo, avevo solo voglia di dormire.”

Sèrina si inserì con la sua voce squillante, riportò una nota di allegria.

Ti ho strapazzato proprio bene, eh?”

Blyen rispose con un'occhiata maliziosa, un'intesa perfetta, senza bisogno di parole.

Scosse la testa in silenzio.

Chiacchiere a parte, dobbiamo muoverci. La polizia arriverà in fretta, sicuramente l'hanno già chiamata. Se ci trovano qui, conciati in questo modo, ci portano in centrale per accertamenti. Non capita tutti i giorni di trovare un cacciatore assieme a tre kitsune, di cui due ferite in modo grave ed una mezza nuda.”

Sèrina tirò la maglia del pigiama con le mani, allungandola il più possibile, il viso arrossito in un attimo. Un singhiozzo improvviso, Kiyoko sussultò, agitandosi nel sonno indotto dal sedativo. Gli occhi chiusi, in un placido riposo, il respiro tranquillo, un ritmo lento ma costante. Kaya ascoltò quel dolce sospiro, lo percepì col cuore, rendendolo parte di sé. Intonò una melodia antica, un canto ebbro di vita, di speranza. Modulò la frequenza, variò la partitura, la rielaborò sul momento, trasformandola in qualcosa di diverso, una musica vibrante, piena di sentimento. Blyen sgranò gli occhi.

Io... io questa l'ho già sentita, l'ho sentita alla radio. Non è una canzone tradizionale kitsune, vero? È... è il pezzo di The Bluesman!”

Kaya non rispose, continuò a cantare per recare sollievo a Kiyoko, per lenire il suo dolore. Blyen scrollò il capo.

Come non detto, lasciamo perdere.”

Sèrina guardò in direzione del Ponte Spezzato, il tunnel sventrato, le acque fuligginose di Cocito e Flegetonte, blocchi di cemento a vista. Nessuna luce, nessun movimento.

E Albedo? Che fine ha fatto Albedo?”

Kaya interruppe il suo canto malinconico, volse lo sguardo ai resti della galleria.

Non mi sono addentrata nel canale, dopo l'esplosione. Le mie gambe non hanno retto, mi dispiace... però, Blyen...”

No, ho incontrato solo Nathan... o quello che ne rimane.”

Blyen tremò come una foglia.

Una scena raccapricciante. Non auguro a nessuno di assistere ad uno spettacolo del genere, ve lo garantisco. Era nascosto dai calcinacci, sommerso dai detriti. Delle code, nessuna traccia; probabilmente sono state vaporizzate dall'esplosione. Ho percorso completamente il condotto sino all'interruzione, ma non mi sono imbattuto in alcun essere vivente... però, ho trovato questo.”

Frugò nella tasca della giacca, ne estrasse un minuscolo oggetto scintillante.

Un orecchino...”

La sferetta luccicante nel palmo della mano, una perla bianca dai riflessi cangianti.

Kaya ammirò rapita il gioiello.

Lo riconosco, è di Albedo. Lo sfoggiava con una certa vanità, nel mio rifugio. Non posso sbagliarmi.”

Esitò per un istante, il coraggio di trovare le parole giuste.

P... posso tenerlo io, Blyen? Sai, Kiyoko... Kiyoko si stava affezionando a lui. Se... se non avesse avuto me, avrebbe sicuramente ceduto... alle sue lusinghe.”

Blyen allungò il braccio, glielo consegnò, abbozzando un so rriso. Un ricordo occupò la sua mente, l'immagine della graziosa kitsune con la Exxon Blue stretta tra le labbra, seduta sulla cassapanca di legno, indifferente alle parole di Albedo. Era solo apparenza?

Te ne stavi innamorando anche tu, Kaya?

Blyen tenne i suoi pensieri per sé, prestando ben attenzione a non esprimerli ad alta voce. Arricchire il suo campionario di brutte figure non era esattamente ciò di cui aveva bisogno al momento.

Kaya emise un lungo sospiro.

Secondo te, cosa gli è successo? Voglio dire, non può essere svanito nel nulla...”

Non creare false speranze, Blyen. Dì la cosa giusta.

Può essere che il suo cadavere sia stato scaraventato nel Cocito o nel Flegetonte. L'esplosione è stata molto violenta, sufficiente ad abbattere un piccolo edificio. Non credevo che quel polpo possedesse un tale potere distruttivo.”

Vuoi dire... che nessuno potrebbe sopravvivere ad una deflagrazione del genere?”

Sì, esatto...”

Blyen scosse il capo, demolendo ogni illusione residua.

... nemmeno lui.”

Kaya socchiuse le palpebre, il viso inespressivo. Sèrina contemplò i suoi lineamenti affilati, i capelli candidi, le iridi profonde, tornò a quattro anni prima, al periodo della sua ribellione, del suo desiderio insensato di imitare le sue generatrici, dimenticandosi di sé. Kaya, la kitsune per cui la sua vita aveva avuto inizio, era lì, stretta accanto a lei. Non era sua madre, non nel senso canonico, almeno... e forse era proprio per quello che non era riuscita ad affezionarsi più di tanto. Si mostrò allegra per sollevarle il morale, un tentativo di riportare un po' di luce in quel cuore oscurato dal dolore.

Non devi per forza tornare al Manto, se non vuoi. Ti aiuteremo a rifarti una vita, da qualche altra parte. Io ci sono riuscita, come puoi vedere! Ho persino trovato un bel ragazzo con cui accompagnarmi, con cui condividere la mia esistenza. Cosa ti impedisce di provarci? Dai, basterà nascondere le code e ritirare le orecchie. Forse dovrai modificare un minimo il tuo aspetto – sei molto, molto appariscente, ti noterebbero subito! – ma è un sacrificio che vale la pena compiere. Pensa! Ora potrai viaggiare, vedere il mondo al di fuori del Manto, visitare nuove città! Parigi, Berlino, Roma, Vienna, New York! Non stupide oloregistrazioni, luoghi veri, vivi!”

Una lacrima scaturì dagli occhi di Kaya, rigando la pelle, tracciando la sua strada diritta, sino al terreno.

Kaya?”

Non... non posso andarmene, piccola Anser. Il mio posto è lì, tra quelle quattro mura, non altrove. Il Manto è il mio unico mondo, la mia unica casa... perché io sono una delle Prime. Io, Kiku, Azami, Megumi... noi abbiamo generato questa razza, in tempi e modi difficili da comprendere, anche solo da ricordare. Sino a ieri, non serbavo alcuna memoria di mia madre, della mia madre naturale, oggi conosco la verità. Che senso ha andarsene? Il mio scopo è sempre stato proteggere le mie simili, agire per il loro bene... ma ora? Cosa devo fare con questo archivio? Renderlo pubblico? Distruggerlo? Nel primo caso, per noi sarebbe la fine. Nel secondo caso, si tratterebbe solo di rimandare un destino ineluttabile.”

Blyen interruppe il monologo con un colpo di tosse.

Stai esagerando, ora. Perché dovrebbe essere la fine per voi? Santa trinità, voi kitsune siete capaci di generare vita, ci permettete di procreare, di non estinguerci! Come potremmo volervi eliminare? Siete uno dei doni più belli che l'uomo sia riuscito a condividere con tutta la sua specie! Non dire scemenze, anche se pubblicherai il dossier, non accadrà assolutamente nulla.”

Kaya lo fissò dritto negli occhi.

Perché te ne ho tenuta nascosta una parte. Devi sapere che i documenti sulla nostra creazione costituiscono solo il venti per cento del totale. Il restante ottanta è costituito da schemi costruttivi, analisi mediche, tabelle di dati e resoconti, analisi condotte su Anser, la prima kitsune, quella da cui la tua compagna ha preso il nome. Sono referti sulla natura degli ovuli prodotti dal lìpasma, in base al numero di fertilizzazioni, all'età e altri parametri.”

Blyen scosse il capo, confuso.

Aspetta, cosa dovrebbe significare?”

Noi kitsune siamo fertili, Blyen... e questo lo hai sempre saputo, immagino. Quello che non sai, che non sapete, è che ad ogni fertilizzazione, parte del materiale genetico viene trattenuto all'interno dell'organo e sequenziato, assimilato, rielaborato dall'organismo. Il lìpasma produce ovuli, così come un qualsiasi organo riproduttivo femminile, ovuli kitsune, fecondabili anche da sperma umano. Sai? Qualcuna di noi è nata da rapporti occasionali con uomini, non è innaturale. La compatibilità genetica è molto elevata.”

Continua. Dove vuoi arrivare?”

Un abbozzo di serenità illuminò il suo viso.

La caratteristica peculiare del lìpasma è la sua capacità di variare la propria struttura interna. Inoltre, la sua maturazione è più lenta rispetto a quella del resto del corpo: raggiunge la sua completezza dopo circa sei, sette anni dalla nascita, se il genere apparente non viene modificato troppo spesso. Una volta maturo, può modificare la produzione dei gameti, costruendo una sorta di patchwork tra le sequenze genetiche immagazzinate tramite fertilizzazione.”

Una breve pausa, per riprendere fiato.

Da quel momento in poi, il lìpasma incomincia a comportarsi come se non fosse più parte di una kitsune, ma di una donna umana, vera e propria. Quello che sto cercando di dirvi... è che il nostro organismo è in grado di produrre ovuli umani, umani al cento per cento. È questo il dato più importante, il contenuto di quei file segretati.”

Sèrina strabuzzò gli occhi.

Quindi... quindi io...”

Kaya trovò la forza di sorridere.

Tu stai portando in grembo un bambino umano, piccola mia. Non avrà né code, né orecchie, non sarà un ibrido, avrà un genere definito sin dalla nascita... ma non solo.”

Una breve pausa scenografica, per sottolineare meglio il concetto. Posò la mano destra sul ventre di Sèrina, il palmo aperto, come per percepirne meglio il calore.

Anser, i tuoi figli, tutti i tuoi futuri figli... saranno immuni al virus di Schweizz.”

Cosa?”

Blyen urlò a pieni polmoni, incredulo, incapace di credere alle parole di quella kitsune minuta dai capelli bianchi che si reggeva a stento in piedi.

Non... non mi stai prendendo in giro, vero?”

Perché dovrei? Te lo ripeto, se preferisci. Gli ovuli kitsune maturi sono immuni al virus di Schweizz. I vostri figli potranno procreare... e non solo loro! Estraendo ovuli dai lìpasma completamente maturati delle Generatrici, si potrà permettere ai laboratori medici di tutto il mondo di sviluppare tecniche alternative di fecondazione assistita e debellare una volta per tutte il virus. A quel punto, noi non saremo più necessarie. Il Manto andrà in rovina, e noi kitsune con esso. Non esisterà una quinta generazione. Venuta meno la nostra missione... cosa sarà di noi?”

Kaya rimase in silenzio, per un secondo. Lo sguardo basso, segnato dalla fatica, dalla stanchezza.

A pensarci bene, lo scopo di quei due, dei due assistenti di Schweizz, non era così egoista. Se avessero dichiarato al mondo abbiamo trovato un modo per fermare il virus, ma funzionerà solo tra dieci anni, nessuno avrebbe mai creduto alle loro parole. Costruendo le kitsune, concependole come filtri naturali per il virus e – in una seconda fase – produttrici di ovociti sani, forse... forse hanno preso la decisione migliore. Presentandoci come divinità, hanno permesso ai nostri corpi di svilupparsi, ai nostri organi di prepararsi allo scopo prefissato, in attesa che avvenisse esattamente questo. Ora, potremo vivere una vita normale anche noi, potremo abbandonare il Manto, amare ed essere amate, senza paura. Forse è solo un mio timore. Forse... forse questa non è una fine, solo... solo un nuovo inizio.”

Sèrina la baciò sulla guancia, accarezzandone i capelli.

Hai... hai fatto la scelta giusta, Kaya. Se diffonderai il contenuto dell'archivio, tutte gli abitanti di questo mondo sapranno che c'è ancora una speranza.”

Ma io non lo diffonderò.”

Eh?”

La mano affusolata scivolò nella tasca dei pantaloni, ne estrasse una piccola memoria portatile.

Blyen, lasciò a te questa scelta. La lascio a voi due.”

Ripose l'oggetto sul palmo aperto dell'uomo, poi ritirò il braccio, con estrema calma.

Blyen la osservò come inebetito.

I... io? Per quale motivo? Non ero un bambino completamente indegno di fiducia?”

Sei maturato quanto basta per comprendere le conseguenze del tuo gesto.”

In così poco tempo? No, c'è qualcosa che non quadra.”

Kaya rispose con serenità.

A dirla tutta... avevo già deciso così, dopo aver ascoltato la tua storia... e dopo aver incontrato Sèrina. Tu lavori con le kitsune, le hai sempre cacciate, sai riconoscerle senza troppi problemi. Se avessi lanciato un'analisi somatica su di lei, il tuo ScanMan l'avrebbe identificata subito come quella Ayane a cui avevi permesso la fuga... ma non l'hai fatto, non l'hai mai fatto nonostante i dubbi, le perplessità. Forse temevi la risposta, forse in cuor tuo lo sapevi. È per questo che non hai mai fatto eseguire una biopsia sulla massa tumorale? Eri diviso a metà, Blyen. Metà di te era perfettamente conscia della natura di Sèrina, l'altra metà la negava con decisione. Quando ti sei aperto, rivelando il tuo passato, è stata la seconda a prevalere, fermamente convinta che Sèrina fosse in pericolo di vita... ma, piano piano, è riemersa la prima, anche grazie a Kiyoko. Ora non esistono più due Blyen, ma uno solo, perfettamente consapevole della realtà che lo circonda. Chi meglio di un uomo che ha trascorso due anni assieme ad una kitsune, condividendo con lei ogni aspetto della propria vita, può essere in grado di decidere?”

Blyen scosse il capo.

Non so, sinceramente. Io... sono convinto che ci sia del buono, nel tuo ragionamento... ma perché, perché pensavi di affidarmi questo compito sin dall'inizio? C'è ancora qualche particolare che mi sfugge.”

Kaya intonò una breve melodia, lo stesso canto di sollievo a cui aveva sottoposto il corpo di Kiyoko.

D... di nuovo quella musica... il pezzo di The Bluesman...”

La kitsune annuì con un cenno del capo. Inspirò profondamente, ad occhi chiusi.

Lascia che ti racconti una storia, Blyen...”


35. The child behind your eyes


Hartrow era un musicista country dilettante, con un paio di album autoprodotti alle spalle. Non era mai riuscito a sfondare, nonostante l'impegno e le indubbie capacità nel maneggiare una chitarra. Il problema, forse, era proprio quello. In quegli anni andavano di moda l'applecore e il randomgen pop, il suo genere era considerato superato e antico. Hartrow non era il tipo da arrendersi, però. Continuava a scrivere canzoni sempre nuove, tentando in ogni modo di sottoporle alle case discografiche, a tutte le case discografiche, senza successo.

Esasperato dai continui insuccessi, Hartrow decise quindi di chiudere la sua carriera e ritirarsi in campagna a condurre un'esistenza ritirata, lontano dalle luci della ribalta. Ma avvenne un fatto nuovo, qualcosa a cui nessuno era pronto.

Era il 2026, l'anno di insediamento del Manto.

Hartrow ascoltò in diretta il discorso di Kiku dalle nove code, la sua disponibilità ad offrire un futuro al mondo. Hartrow pensò di chiudere il televisore, un vecchio modello sprovvisto di oloproiettore, quando, all'improvviso, notò una seconda kitsune – una tra le tante. A differenza delle altre sembrava preoccupata, un pesce fuor d'acqua. Cantava sommessamente, ignara di essere ripresa, intonava alcune dolci note per darsi coraggio. Hartrow ascoltò quella tenue melodia, la ascoltò con le corde del cuore. Se gli avessero chiesto cosa avesse detto Kiku, non avrebbe saputo rispondere: ad Hartrow era rimasta impressa solo quella kitsune intimorita ed il suo tentativo di riscaldare il proprio animo tramite la musica. Nessun altro al mondo ascoltò quelle poche note. C'è da chiedersi se fossero realmente udibili, se non fosse stato solo uno scherzo della sua mente, ma poco importa: Hartrow udì una melodia generarsi nei sui pensieri, una melodia nuova, di una delicatezza straordinaria.

Senza perdere tempo, trascrisse immediatamente la partitura, la armonizzò con la chitarra, aggiunse le parole, un testo scaturito dal profondo della sua essenza, progettò le tracce mancanti, completò la stesura in meno di un giorno. Intitolò la canzone The child behind your eyes e la registrò grazie all'aiuto di una sala prove automatizzata – di quelle con robot a gettone che gestiscono il mixer e suonano lo spartito fornitogli in formato digitale. Compilò anche un atto notarile che sancisse la sua paternità del pezzo, sua e di quella misteriosa kitsune che gli aveva fornito l'ispirazione. Nel documento, Hartrow fece riportare la sua descrizione fisica, tutti i singoli dettagli anatomici visibili attraverso un televisore da diciassette pollici e il numero di code.

Se una kitsune che corrisponde esattamente alle caratteristiche riportate su questo pezzo di carta venisse a chiedere informazioni in merito, dovrete registrarla come coautrice della composizione. Non rendete pubblico l'aspetto, valutate semplicemente se chi si presenta risponde alla descrizione.

Una volta terminate le formalità burocratiche, Hartrow inviò il suo pezzo ad un'unica casa discografica, contrariamente alle sue abitudini, la spedì ad una piccola azienda semisconosciuta che operava nel campo musicale da meno di dieci anni. L'aveva scelta per il nome, come attratto dalla forza irresistibile delle parole, dall'armonia del contrasto tra vocali e consonanti.

La Warm Heart Records ricevette la sua proposta, la analizzò in dettaglio. La direttrice del reparto inediti era una giovane priva di esperienza ma piena di vivace buona volontà. Sceglieva gli artisti da sovvenzionare basandosi unicamente sul suo istinto, dopo aver ascoltato completamente la demo del disco. Millia aveva già recensito un'opera di Hartrow, Black Horse Down, trovandolo nulla più che un'interessante miscuglio di country e blues, privo di qualunque elemento di novità. La società necessitava di emozioni forti e puntare su un prodotto così di nicchia sarebbe stato un suicidio economico, così Black Horse Down era finito nel dimenticatoio.

Alla vista di quel nuovo lavoro, di quell'anonimo file audio firmato dallo stesso autore, Millia non aveva provato alcuna sensazione. Era totalmente priva di aspettative e, per di più, si trattava di un singolo, un unico pezzo – non un album completo. Caricò la canzone sul computer ed avviò la riproduzione, un gesto automatico eseguito centinaia di volte. Una pioggia di suoni scintillanti si riversò nell'aria, deliziando il silenzio con assonanze sfumate. Il cuore di Millia accelerò bruscamente, i suoi occhi si chiusero, rapiti dalla forza del tema principale, dalla voce calda e rassicurante di Hartrow, dai cori operistici di apertura.

Hey, baby, I'm waiting here, waiting for you. / How long – oh, baby – how much time I spent thinking of you. / I've silently watched your soul, a gentle warm spark... / a sun which enlights your heart, so bright and yet calm. / Hey, baby, I can see the child behind your eyes./ Oh, baby, make your choices but – please – don't let she die.../'Cause that child is the truth / 'Cause that child is just you19.

Millia rinvenne solamente al termine del pezzo, la fronte madida di sudore, una tachicardia incessante. La fusione di musica e parole aveva fatto vibrare ogni corda del suo animo, lo aveva proiettato in una dimensione estranea, abbracciandolo ed accarezzandolo teneramente, lasciandolo a malincuore al termine della canzone. Ripresasi da quell'esperienza extracorporea, non ebbe più alcun dubbio e chiamò subito Hartrow, chiedendogli – quasi implorando – di raggiungerla alla casa discografica, il prima possibile.

Il resto è storia.

The child behind your eyes divenne il primo, unico grande successo di Hartrow, il brano che portò la Warm Hearth Records nell'olimpo delle case discografiche. Il pezzo fu rilasciato sotto lo pseudonimo di The Bluesman and the Tiny Fox, un omaggio alla fonte di ispirazione originaria, e vendette migliaia di copie, oscurando persino gruppi pop come i Soundstalkers o gli Schwarzenegger's Supremacy, famosi per i loro pezzi privi di un qualunque significato ma orecchiabili anche per chi non era in grado di comprendere la lingua inglese.

Grazie all'interesse suscitato nel pubblico e nei media, Hartrow riuscì a ripubblicare anche i suoi vecchi dischi, guadagnando il consenso di una critica più interessata a seguire la moda che a comprendere il reale significato delle canzoni. Black Horse Down – in cui il singolo era stato inserito grazie ad un sapiente remastering, scalò le classifiche piazzandosi al primo posto per cinque settimane consecutive e rimanendo tra i primi venti per tre mesi. Hartrow e Millia iniziarono ad uscire insieme, divennero una bella coppia. I proventi dei diritti furono più che sufficienti per comprare una piccola casa di campagna – la stessa in cui The child era stata concepita – e ritirarsi dalle scene in totale tranquillità, dopo un ultimo concerto.

Per una straordinaria coincidenza, la kitsune che aveva partorito la canzone disponeva proprio in quei giorni di uno dei suoi primi permessi premio. Incuriosita da quella canzone che sembrava essere ovunque, acquistò con i suoi pochi soldi un biglietto per il live e si intrufolò nello stadio gremito, camuffata da ragazza comune. La performance dal vivo di Hartrow fu fenomenale, le note, le armonie della canzone sembravano vivere di vita propria, risvegliando sensazioni dimenticate. Al termine della canzone, Hartrow parlò alla folla estasiata, comunicando la sua decisione di ritirarsi a vita privata assieme alla sua futura moglie e ringraziando pubblicamente la misteriosa kitsune a cui doveva la sua presenza su quel palco, invitandola a presentarsi a casa sua se fosse stata in ascolto.

La kitsune ascoltò per filo e per segno le sue parole, il racconto di com'era nata la canzone, di come la sua voce impercettibile aveva guidato i sensi dell'uomo, permettendogli di comporre il suo capolavoro.

Colpita da quelle parole di profonda gratitudine, si recò il giorno successivo alla sua residenza, mostrandosi nel suo vero aspetto, lo stesso che aveva sfoggiato il giorno del discorso di Kiku. Hartrow la riconobbe subito, non ebbe bisogno di ulteriori conferme, la accolse come la più cara delle amiche d'infanzia. E fu così che la coppia iniziò a frequentare la kitsune, durante i suoi brevi permessi, diventando il suo punto di riferimento nella società umana.

Soldi, amore, fama, amicizia. Hartrow e Millia avevano tutto ciò che avrebbero potuto desiderare... tranne una cosa. Un figlio. Come tutti gli esseri umani, erano affetti dal virus di Schweizz, per cui sarebbe stato impossibile per loro procreare. L'unica soluzione sembrava essere quella di affidarsi al Manto, in segreto, per evitare lo sguardo indiscreto delle telecamere. L'iscrizione nella lista d'attesa costò ben venticinquemila sterline, data la giovane età della coppia, assottigliando notevolmente il conto in banca di entrambi. La kitsune li aiutò ad espletare tutte le pratiche necessarie, sistemò alcuni documenti, permise loro di attendere solamente un anno dall'autenticazione della richiesta. Inoltre, svolse – per la prima volta – il ruolo di Genitrice del nascituro, accogliendo in sé il DNA di Millia e il seme di Hartrow, fondendoli in uno zigote immune all'autodistruzione virale. La cellula fu successivamente impiantata nell'utero della ragazza, permettendole di crescere il bambino nel suo ventre. Il piccolo nacque nel giugno dell'anno successivo, lontano dai riflettori e dalle scene. Un bel maschietto vispo, con dei bei occhi viola, gli stessi di sua madre.

Me lo hanno descritto così, ma io non l'ho mai potuto vedere.

Le leggi del Manto sono severe, ad una Genitrice è proibito incontrare i propri figliastri, per una questione di equilibrio mentale – dicono.

Non sono mai andata a trovarlo una volta, e di questo me ne dispiace profondamente.

Già, perché sono io la kitsune della canzone, la timida pentacoda che aveva intonato quelle note leggere per allontanare il timore, la stessa che ha fornito un suo ovulo per permettere la nascita di un nuovo essere vivente, frutto dell'amore dei suoi amici più cari. La stessa che ne ha cantato le lodi funebri all'ultima cerimonia, dopo l'incidente stradale.

Il notaio mi comunicò la decisione di Hartrow di rendermi erede di parte dei diritti della canzone – della nostra canzone – e di lasciare una modesta rendita mensile al figlio. Inoltre, mi disse che né lui, né lei avevano parenti in vita rintracciabili a cui affidare il piccolo. I genitori di entrambi erano morti da tempo ed erano figli unici. Così, il bambino venne lasciato in un orfanotrofio, senza che i media venissero a conoscenza della sua esistenza. L'autore di The child behind your eyes morì felicemente sposato ma senza figli, almeno ufficialmente. Io rinunciai a buona parte dei proventi in favore del piccolo, in modo da rendergli la vita più agiata – per quanto possibile.

Come prevedibile, alla notizia dell'incidente, le vendite di Black Horse Down decollarono disgustosamente ai massimi storici, superando quasi il numero di unità vendute all'apice del suo successo, ma non riuscii a curarmene.

Per la prima volta nella mia vita, stavo provando un dolore immenso, troppo grande da descrivere a parole. La loro scomparsa era stata una perdita incolmabile per me, ho pianto come una fontana per tre giorni, incapace di rassegnarmi all'evidenza. Hartrow e Millia non c'erano più. Il mio unico contatto col mondo esterno era svanito. Restava solo quel bambino a testimoniare la loro felicità, la lucentezza di quegli sguardi gentili, quella bellissima coppia a cui io – inconsapevolmente – avevo dato origine.

Ancora oggi, a ventiquattro anni di distanza, ascolto quel disco, quando mi sento sola o triste. Millia mi aveva donato la registrazione originale, quella che aveva ricevuto nel suo ufficio alla Warm Heart Records, col fruscio di fondo dovuto alla qualità scadente dei microfoni, i cori metallici dei MIDIrobot da sala, la voce calda e rassicurante di Hartrow, priva di quell'odioso autotuner, scevra di qualunque ipocrisia.

Questa è la verità dietro la foto. Questa è tutta la storia.

Hartrow Chill e Millia Aguero erano gli unici esseri umani di cui mi sia mai fidata.

Fa' che non mi penta di averli aiutati, Blyen.



EPILOGO

E, infine, mutò in farfalla



36. Investita dal bagliore del Sole accecante


Un mazzo di fiori enorme si fece strada lungo gli ampi corridoi dell'ospedale del Manto. Decine di rose, di ogni forma e colore, fasciate con un bel nastro azzurro, trattenute dalle mani sottili di una ragazza. Un rumore di passi alle spalle, passi nervosi, suole di gomma a contatto col mosaico del pavimento. La ragazza si fermò, in attesa. Ammirò le finestre colorate, in stile gotico, la sottile anima di piombo in cui erano incastonate preziose lastre di vetro policromo.

Dai, Blyen! La strada la conosci, perché ci metti tanto?”

Blyen allargò il colletto della camicia con l'indice, sbuffò contrariato.

Questo abito mi sta strozzando, fatico persino a respirare. Era proprio necessario?”

Questa è una visita importante, non potevi indossare il solito giaccone macchiato!”

Blyen non insistette, risistemò la giacchetta bianca, i pantaloni dello stesso colore.

Sarà... ma questi cosi non mi donano per niente. Sono stretti. E scomodi.”

Sèrina lo baciò sulla guancia.

Porta pazienza, devi resistere solo ancora un po'...”

Le porte delle camere si aprivano sulla parete, ognuna etichettata con un nome, le informazioni generali sull'orario di visita e lo stato generico del paziente. La monocromia delle porte stonava con il bricolage iridescente delle decorazioni, offrendo uno spettacolo dissonante e contrastato. Lo sguardo di Blyen si posò sull'esile corpo della sua compagna, sul ventre gravido di tre mesi, i primi segni della presenza del loro bimbo. Era vestita di un abito azzurro corto, dello stesso colore della fascia che cingeva il bouquet. I capelli castani, venati da sfumature più chiare, scendevano tranquillamente sino alla base della schiena, ondeggiando con tranquillità. Nessun tratto animalesco, nessuna estremità nascosta sotto il tessuto. Un'elegante giovane donna di diciannove anni.

E così, hai deciso di farti espiantare le code...”

Io preferisco chiamarla... donazione di materia caudale. Mi sottoporrò all'interveno dopo aver partorito. Sai? Non voglio che i miei bambini possano esserne scioccati. Figli di una kitsune... hai idea di quanto sarebbero presi di mira, a scuola? No, per loro sono disposta anche a questo sacrificio.”

Blyen scrollò le spalle.

Secondo me, dovresti ripensarci. Tre code possono sempre esseri utili. Tengono caldo, sono morbide... metti che ci tagliano il gas, almeno i nostri piccoli non soffriranno il freddo.”

Una tenera carezza sul viso irruvidito.

Cosa ne dici se non ne discuterne adesso? In fondo, hai ancora sei mesi di tempo per convincermi!”

Okay, okay... ma prima o poi dovremo affrontare l'argomento.”

Non oggi.”

Un sospiro di rassegnazione.

Non oggi.”

Alcune kitsune infermiere attraversarono il corridoio, vestite dei loro camici bianchi. Portavano cartelle cliniche o medicinali, ammassati su carrelli semilevitanti, parlando tra loro del più e del meno. Blyen si avvicinò per chiedere un'informazione.

Scusate, la stanza in cui è ricoverata...”

Le infermiere si allontanarono, ignorandolo completamente.

Che simpatia...”

Cosa ti aspettavi? Siamo nel loro regno, qui siamo visti solo come estranei.”

Certi pregiudizi sono duri a morire, eh? Pazienza, faremo da soli.”

Blyen si avvicinò alla parete, controllò ogni nome, ogni targhetta, sino ad imbattersi in quella giusta.

È qui.”

Posò le dita sul pannello, attivando il riconoscimento delle impronte digitali. Un bleep di conferma, il computer autorizzò l'accesso alla camera. La porta scivolò lungo la guida, scomparendo all'interno del muro. Blyen si allontanò di alcuni passi, lasciò che Sèrina entrasse prima di lui.

Permesso?”

Blyen la seguì a ruota, varcò la soglia della stanzetta. Pareti bianche, soffitto bianco, pavimento bianco, letto bianco, computer bianchi, tavoli bianchi, una kitsune dai capelli bianchi seduta su uno sgabello bianco, le code raccolte.

Dove sono finiti tutti i colori?

I capelli corvini, a caschetto, non più acconciati in una crocchia elegante, le iridi candide venate da lampi vermigli, le sette code arancioni, aperte come la corolla di un fiore, una camicetta blu sgargiante. Kiyoko emerse dall'uniforme assenza di tonalità come un Sole sul mare notturno, relegando ogni altro elemento allo sfondo. Dormiva profondamente, ancora sotto sedativi dopo l'operazione.

Sèrina! Blyen!”

Kaya si alzò dal seggiolino, venne loro incontro, gli occhi gonfi di lacrime. Portava una camicia bianca da uomo e un paio di pantaloni beige, corredati da un paio di comode scarpe da ginnastica. Abbracciò Sèrina, la strinse forte a sé, dissipando il dolore, la stanchezza, la tensione dell'attesa.

Non sapete quanto mi fa piacere rivedervi, in questo momento.”

Abbracciò anche Blyen, lo strinse tra le sue cinque code vaporose.

Ho vegliato tutta la notte su di lei, in attesa del risveglio. I medici hanno detto che ora va tutto bene, che i suoi organi interni sono a posto... che non morirà. Ha solo bisogno di riposo, tutto qui. Il suo cuore batte forte, l'ho ascoltato mentre risuonava lento nel silenzio notturno. Kiyoko... Kiyoko è salva. Sopravviverà. Questa mattina si è risvegliata per circa mezz'ora, le ho portato la colazione, abbiamo chiacchierato amabilmente. Ancora un poco e si riprenderà del tutto, è solo una questione di tempo.”

Sèrina posò il mazzo di fiori accanto al letto, sistemò il biglietto in bella vista.

Le abbiamo portato anche tre stecche di cioccolato fondente, so che ne va matta. Mi ha quasi svuotato il frigorifero, l'ultima volta che è passata a casa mia.”

Lasciò una busta di plastica accanto alle rose, un pacchetto infiocchettato incartato d'argento.

Blyen notò un oggetto scintillante posato sul tavolino.

A quanto vedo, lo porti ancora con te. Ti sei affezionata a quell'orecchino, eh?”

Kaya distolse lo guardo, scrollando goffamente le spalle.

Chissà...”

Sèrina accarezzò i capelli di Kiyoko, ammirò i lineamenti di quel volto addormentato.

Non credevo che l'avrei mai detto... ma le devo molto. Se non si fosse introdotta nel mio appartamento, quella sera, io avrei preso la pillola e... beh, la creaturina che riposa nel mio ventre non sarebbe mai venuta alla luce. Da un certo punto di vista... è tutto merito suo.”

Kaya si allontanò dal giaciglio, raggiungendo la porta.

Vorrei discutere con voi in privato, senza disturbare il riposo di Kiyoko. Potete seguirmi fuori?”

I tre si spostarono nel corridoio, lasciandosi alle spalle la stanza, camminarono in silenzio sino a raggiungere una sorta di sala d'attesa, completamente vuota. Alcune sedie di plastica rossa punteggiavano le pareti bianche, fresche d'intonaco. Stampe di ritratti famosi troneggiavano sui muri, quadri di Warhol, Goya, Manet, riproduzioni di Friedrich e Turner. Un vaso di fiori di croco era posato sul davanzale dell'unica finestra, irraggiato dalla calda luce del primo pomeriggio.

Qui non ci disturberà nessuno. Non ci sono interventi previsti per le prossime sei ore.”

Kaya inclinò il capo, una mano raccolta sul fianco.

Hai deciso cosa fare dell'archivio, Blyen? Pensavo che l'avresti diffuso il prima possibile...”

Blyen scosse la testa.

Sì, l'idea iniziale era proprio quella... poi ci ho pensato meglio. Io non voglio distruggere il Manto, non ancora. Sarebbe meglio se l'informazione diventasse di pubblico dominio in modo graduale, magari anche un po' romanzato. Sai, una cosa del tipo un finto articolo scientifico firmato da qualche luminare che riporti uno studio fittizio sulla struttura del lìpasma e sulla sua possibilità di generare ovuli umani sani. Non ci sarebbe nulla di male, il Manto continuerebbe ad esistere senza problemi. Semplicemente, inizierebbe a fornire anche il materiale per i trattamenti di inseminazione artificiale tradizionali. Anzi, secondo me sarebbe quasi meglio se lo pubblicaste direttamente voi. Non penso che Kiku si opporrebbe.”

No, neanche io.”

Kaya si accomodò su una seggiola, le code mollemente adagiate tutt'attorno.

Mi ha accolta senza riserve, come una sorella, senza farmi pesare il fatto che io sia fuggita. Non ha voluto nemmeno indietro il materiale trafugato, è stata stranamente gentile. Quasi... quasi come se avesse ritrovato una ragione per sorridere. È strano...”

Sèrina si sedette vicino a lei, aderì allo schienale con calma.

Comunque, abbiamo deciso che non riveleremo mai l'origine delle kitsune. Nessuno saprà di Schweizz e dei suoi collaboratori, nessuno saprà della prima Anser. Ufficialmente, non sarà mai esistita. In questo modo, il Manto potrà continuare a prosperare... e voi non dovrete per forza rinunciare a vivere.”

Piccola Sèrina...”

Un lungo sospiro, ad occhi chiusi.

... che senso avrebbe mantenere un'istituzione come il Manto, quando il virus di Schweizz sarà debellato? Che senso avremo noi, quando la fecondazione artificiale sarà nuovamente realtà? No, onestamente non vedo un ruolo per noi nel nuovo mondo, mi dispiace.”

Il tono scanzonato di Blyen alleggerì l'atmosfera cupa.

Potreste fare dell'altro.”

Per esempio?

Cantare.”

Eh?”

Ma sì, cantare! Nelle vostre melodie convogliate sentimenti, emozioni, immagini. Al mondo c'è sempre posto per l'arte. Le vostre voci potranno illuminare i cuori e le anime, così come hai fatto tu con... con mio padre. Scusa, faccio ancora fatica a chiamarlo così, dato che io non l'ho mai conosciuto... però ho ascoltato il suo pezzo, The child behind your eyes. La trascrizione delle poche note che hai intonato durante la cerimonia di insediamento lo hanno colpito proprio per bene. Avete un dono incredibile, non siete solo dei depuratori organici!”

Una risatina argentea, Kaya non riuscì a trattenersi.

Oppure, potremmo aprire un bordello. Sai quanta gente sarebbe disposta a pagare per fare esperienze di un certo tipo? Vedo già le locandine: un incontro galante con una ragazza formosa e le sue code! Dovremmo installare una macchinetta per gestire la folla!”

Blyen sgranò gli occhi, scandalizzato.

Spero seriamente che tu stia scherzando!”

La kitsune si chiuse tra le proprie braccia, lacrime agli occhi per il riso incontenibile.

Chi può dirlo? È pur sempre una possibilità.”

Una farfalla attirò la sua attenzione, le ali multicolori vibrarono nell'aria. Planò in silenzio sino al vaso di fiori, posandosi delicatamente sul croco. La proboscide si immerse nel cuore del fiore, ne assorbì il nettare, indugiando per un istante sul da farsi. Infine, si rialzò in volo, lasciò la stanza attraverso la finestra, diretta verso il cielo terso.

Kaya contemplò quella minuscola manifestazione di vita, il suo batter d'ali leggero, costante, quel corpicino diretto chissà dove. Una volta che l'ebbe persa di vista, tornò a concentrarsi sulla giovane coppia, su quella sua figlia che a sua volta si apprestava a diventare madre.

Ci sarà tempo per discutere i dettagli, adesso concentratevi sul vostro bambino, è a lui che dovete pensare adesso. Avete già deciso come chiamarlo?”

Sèrina sfoderò un sorriso a trentadue denti.

Come chiamarli, semmai! Sono due gemelli! Se saranno maschi, Damien e Krishian, se saranno femmine, Aurora e Leyla. Abbiamo scelto di non chiedere il sesso dei nascituri, per cui potrebbe anche darsi che siano un maschio e una femmina. Vogliamo che sia una sorpresa.”

Blyen strinse la sua piccola, la portò a sé.

Ora dobbiamo andare, purtroppo. Sto cercando un lavoro stabile, senza kitsune da cacciare sarà piuttosto dura con due piccole pesti a carico. Mi aspettano per un colloquio, meglio non fare tardi. Salutaci Kiyoko, quando si sveglia.”

Lo farò, state tranquilli. Ci vediamo!”

Blyen e Sèrina si diressero lentamente verso l'uscita, mano nella mano. Kaya li osservò ancora un po', fino a quando non furono troppo lontani dalla sua posizione. Si voltò indietro, tornò da Kiyoko, senza fretta. Giunta di fronte alla camera, si bloccò per un istante, sulla soglia. La porta era stranamente socchiusa.

Un momento... io non l'avevo lasciata così...

Premette il pulsante sul lato, causandone l'apertura istantanea, pronta ad affrontare un eventuale ospite sgradito.

Invano.

Nella stanza non c'era nessuno, oltre a Kiyoko.

Niente... è stato solo uno scherzo della stanchezza, forse.

Notò con sorpresa che le coperte erano rimboccate meglio di prima, ora coprivano quasi totalmente il corpo della kitsune addormentata. Un leggero sussulto sulla branda. Kaya si avvicinò al letto, con cautela. Le palpebre di Kiyoko si sollevarono leggermente, le labbra abbozzarono un sorriso.

... Kaya...”

Kiyoko! Come ti senti?”

... grazie per avermi sistemato le coperte. Avevo un po'... di freddo...”

Kaya scrollò il capo, incredula.

Io... io non ho fatto nulla. Ero fuori con Blyen e Sèrina, sono venuti a salutarti, sai? Ti hanno portato del cioccolato!”

Ah...”

La voce fievole si irrobustì di un velo, emerse dal silenzio.

... eppure, io ti ho visto... eri vestita di bianco, sai? Non avevi quei pantaloni... beige. Però... però ero ancora assopita... non ti ho vista bene in faccia...”

Kiyoko, cosa stai dicendo? Io...”

... poi, sei andata fino al tavolo, hai preso... hai preso qualcosa e sei uscita... chissà cosa dovevi fare, sembrava che fossi di fretta...”

Kaya si voltò di scatto, ruotò su se stessa, raggiunse il tavolino.

Non ci credo...

L'orecchino di perla era scomparso, al suo posto un pacchetto di sigarette da venti. Il logo della Exxon Blue spiccava attraverso l'incartato di plastica trasparente. Kaya si dimenticò di tutto, aprì freneticamente la porta, corse fuori, a più non posso, i muscoli in fiamme, il respiro mozzo. Percorse i corridoi alla massima velocità, evitò le infermiere, i carrelli, svoltò bruscamente a destra, a sinistra, di nuovo a destra. La luce, la luce, la luce!

Emerse dalla porta principale, investita dal bagliore del Sole accecante, si guardò attorno, trafelata, ruotò su se stessa più volte, fissò i volti dei passanti, delle kitsune, di qualunque altro essere vivente, senza successo. Il cuore si fermò per un istante, ricolmo di speranza. Alzò il capo, gli occhi fissi all'astro di fuoco. E rise, rise investita del vento tiepido, allargando le braccia, mostrando al cielo la sua camicia candida. Il pelo si tinse di bianco, le code fasciarono le sue gambe, ricoprendo il beige con il candore del manto immacolato, per riflettere la maggior quantità di luce possibile, ridurre al minimo l'assorbimento.

E scintillò come un fiocco di neve, offrendo al Sole la sua massima albedo.


37. Piccole perle scintillanti


Quanto manca ancora?”

Poco. Siamo quasi arrivate.”

Kiku si fece largo tra il fango, il terriccio appiccicoso, le erbacce rampicanti. I pantaloni erano completamente inzaccherati sino al ginocchio, il pesante zaino da campeggio cosparso di foglie e rametti. Aveva lasciato il kimono al Manto, optando per qualcosa di più adatto ad un'escursione – anche se non altrettanto elegante. Vestiva un paio di jeans lunghi, due stivali da trekking, un maglione viola che lasciava scoperte le spalle, evidenziando un tatuaggio a forma di fiore su quella destra. Il trucco sul volto era assente, gli occhi liberi dalle lacrime nere. Solo un velo leggero di rossetto ne evidenziava la vanità femminile.

Le erbacce sono aumentate, dall'ultima volta. Dovrò farglielo notare...”

Di chi stai parlando?”

Un po' di pazienza, Chiara.”

Chiara annuì, infangata quanto la madre. Indossava abiti simili a quelli abituali, jeans scuri, giacca di pelle, cintura con borchie, anfibi lucidi neri. I sottili capelli biondi erano scompigliati come non mai.

Va bene... mamma.”

Aveva pronunciato quella parola con difficoltà incredibile, come se non vi fosse più abituata. Quando Kiku le aveva chiesto di assentarsi con lei per un paio di giorni, non aveva saputo cosa pensare. Nei tre mesi precedenti aveva imparato a conoscere un po' di più quella figura così fragile ed autoritaria che aveva capeggiato il Manto sin dalla sua creazione, quella kitsune dai capelli bianchi che con una sua parola era in grado di guidare i cuori e le menti di tutte le sue simili. La passione per il gelato alla fragola, la fobia dei ragni, la paura dell'altezza... minuscole fratture nell'aura di perfezione che ne avevano fatto una leggenda vivente, piccole perle scintillanti nella definizione di un essere finito, quasi umano. E il senso di colpa. Un enorme senso di colpa, per motivi diversi. Le bugie sulla creazione del Manto, le bugie sull'origine delle kitsune, le bugie propinate a Ban per assicurarsene la fedeltà... sino alla fine.

Mi dispiace, Ban... avrei dovuto disilluderti subito. Tu non hai mai avuto una madre, mi faceva comodo che tu non lo sapessi con certezza. Sono stata un'ipocrita al tuo funerale, ho tenuto io l'orazione in tua memoria... anche se non provavo alcuna pietà per te, non ne ho provata nemmeno di fronte al tuo cadavere. I tuoi modi erano sin troppo sbrigativi e scorretti, per certi versi il tuo destino è stato segnato dalle tue azioni. Sì, a conti fatti, è stato meglio così. Il passero è calato sulla farfalla, ma è stato ghermito dal falco.

A cosa stai pensando?”

Kiku si scosse, ritornò al momento corrente.

A Ban. Alla sua morte. A come non me ne importi nulla, nonostante sia stato un membro del Concilio. Non riesco a provare dolore, Chiara. Nemmeno un po'.”

Avrebbe potuto mentire, chiudere la questione con un niente di particolare, ma non ne era stata in grado. Ora la mina era stata dissotterrata, il pericolo serio di causare un'esplosione. Chiara alzò gli occhi al cielo, incontrando solamente fronde e frasche, rami imbottiti di foglioline verdi, alcuni nidi di uccelli.

Detto tra noi, Ban non era visto così bene... forse per la sua scelta di genere maschile. Non lo so, era come un estraneo. Lo so, una kitsune non si giudica dal sesso, ma lui...”

Chiara scosse la testa, bloccò le parole alla fonte, cercò di riassumere il suo pensiero in poche parole.

... oh, in buona sostanza, non ne fregava niente a nessuno, figuriamoci a me che vivo a Roma. Persino Saku, che c'è andata a letto due volte, non ha pianto una lacrima.”

Kiku non rispose, contemplò l'ombra degli alberi, come a cercare la risposta ad una domanda mai fatta. Senza preavviso, riprese il cammino.

Seguimi, forza. Appena fuori da questa boscaglia, c'è lo chalet di cui ti ho parlato.”

Il cuore di Chiara accelerò, i battiti ritmati vibrarono nel petto. Poco per volta, gli alberi lasciarono spazio ad arbusti, gli arbusti a cespugli, i cespugli a ciuffi d'erba. Un'immensa spianata verde si aprì di fronte ai loro occhi, dominata da una baita col tetto spiovente. Le pareti erano fatte di legna e pietra, le tegole spioventi erano colorate di un bel rosso acceso che risaltava nella luce del giorno. Un uomo stempiato, il viso minato da rughe, uscì dalla porta principale, venne incontro alle due viaggiatrici. Doveva aver posseduto un fisico vigoroso, negli anni della giovinezza, il suo fascino non si era ancora estinto del tutto. Si sbracciò, esibendosi in un saluto caloroso.

Kiku rispose con un cenno della mano, invitò Chiara ad imitarla.

Ehi, Kiku! Ti stavamo aspettando! Quanto ci hai messo? Di solito, in un'ora sei qui.”

Le piante sono cresciute un po' troppo, Jugo. Dovresti dire ad Alan di occuparsene più spesso.”

L'uomo rise in modo sguaiato, mostrando una dentatura perfetta, artificiale.

Il vecchio Alan è quasi più acciaccato di me! Potremmo farlo fare alla Signorina, ma non sarebbe galante da parte nostra... anche se ci veniamo giusto una settimana all'anno, per il resto del tempo ci abita solo lei.”

Chiara socchiuse le palpebre, confusa.

La Signorina?”

Jugo si massaggiò il mento con calma.

Tu sei una nuova arrivata? Di solito Kiku non porta nessuno con sé. Come ti chiami?”

Chiara si esibì in un inchino rispettoso.

Ayumi Chiara, molto piacere. Sono una kitsune di seconda generazione, membro del Concilio del Manto Celeste e...”

Jugo sgranò gli occhi.

Calma, calma! Troppi titoli per i miei gusti! Troppi nomi, addirittura! Allora, piccolina, come devo chiamarti, Ayumi o Chiara? Scegline uno solo perché l'altro me lo scorderò subito.”

Beh, dovendo scegliere, preferirei Chiara ma...”

L'uomo allungò la mano, il palmo aperto in segno di socializzazione.

Io sono Jugo.... Jugo e basta. Benvenuta, Chiara.”

Chiara la afferrò, la strinse con forza.

Jugo... Hernanez, vero? E quell'Alan, quello di cui parlavi... è Alan Shimoda, giusto? I due assistenti di Philip Schweizz?”

Jugo scosse la testa.

Bah, il passato è passato. Io e Alan siamo in pensione, ormai. Ci godiamo qualche giorno di vacanza per ricordare ciò che abbiamo fatto... e per tentare di rispondere sempre alla stessa domanda.”

Sarebbe?”

Jugo scrollò le spalle.

Perché? Sì, insomma... perché vi abbiamo creato, bimba? Perché non ci siamo inventati qualche altro metodo per immunizzare l'uomo dal virus? Ogni anno torniamo qui, con questo quesito irrisolto nel cuore... ma non appena incontriamo Lei, la domanda lascia posto ad una certezza, la certezza di aver fatto la cosa giusta. Poi, torniamo a casa, contenti, e passiamo trecentosessanta giorni a farci venire nuovamente i dubbi. È un ciclo infinito, purtroppo. Inizia nel momento in cui finisce.”

Chiara inghiottì un boccone di saliva, una goccia di sudore attraverso la fronte.

Quindi... quando dici Lei, ti riferisci a...”

Jugo le scompigliò i capelli con la mano.

Sei sveglia, cucciola! Sì, mi riferisco alla nostra figliola, la nostra Signorina. Vi stava aspettando, cosa ne dite di andarla a trovare?”

Kiku avanzò di un passo, le iridi tremanti dall'emozione.

Posso... posso chiedervi un favore? Posso vederla un attimo... da sola?”

Chiara annuì con un cenno del capo, Jugo la imitò.

Nessun problema. È là dietro, nell'orto. Penso che stia irrigando.”

Kiku lasciò lo zaino a terra, si tolse gli scarponi, le calze, lasciò tutto vicino ai gradini di pietra, camminò a piedi nudi nell'erba alta, assaporando ogni istante, ogni momento trascorso, la fronte madida di sudore. La parete della baita lasciò spazio ad un piccolo appezzamento coltivato. Una figura snella si ergeva tra le pianticelle, un innaffiatoio nella mano destra, un abito corto, bianco e rosso, un paio di scarpe comode, un cappello di paglia dalla tesa larga. Una cascata di capelli bianchi, due ciuffi lunghi sino all'ombelico, iridi azzurre, un mare che rifletteva il cielo, la pelle perfetta, priva di rughe, come quella di un'adolescente, una coda sola, molto folta, del color della paglia. Si voltò, inquadrandola con fare benevolo, una voce squillante, allegra.

Bentornata, Kiku. Ti trovo bene.”

Kiku si inginocchiò al suo cospetto.

A... Anser...”

Lacrime di commozione rigarono le guance, gli occhi rossi tremarono.

È successo, Anser! Il lìpasma di molte Generatrici è pronto per deporre ovociti umani. Abbiamo... abbiamo raggiunto il nostro scopo, lo scopo per cui siamo state... create.”

Anser continuò ad irrigare, senza scomporsi. Kiku continuò, le parole pronunciate con voce rotta.

Presto... presto presenteremo un resoconto alle nazioni unite, spiegheremo come... come vincere la crisi demografica. Il nostro compito... è terminato.”

Anser chiuse gli occhi.

Se è solo questo che sei venuta a dirmi, potevi rimanere a Nerifumo. Notizie di questo genere erano attese da tempo, ma il loro esito era scontato. Mi sembrava di avertelo già detto una volta. Ora scusa, devo occuparmi dei fiori...”

Kiku rimase in silenzio, mortificata nell'animo.

No, io... io non sono venuta solo per questo...

Strinse il pugno, reagì con forza.

Hai ragione, non è questo il motivo... era solo... solo il pretesto. Sono giunta fin qui... per tutt'altro.”

Anser ruotò il collo, osservò quell'esile figura contornata da un mare di soffici capelli, candidi come la neve.

Ti ho portato mia figlia, la mia... Ayumi. La kitsune che ho partorito in segreto, la creatura che ha reso ogni mio giorno degno di essere vissuto. Volevo che la conoscessi, che conoscessi tua... nipote.”

Le iridi di Anser brillarono alla luce del Sole, la mano rimase ferma, l'acqua smise di scorrere.

La piccola Ayumi...”

Kiku si rialzò in piedi, lo sguardo perso nel mare infinito. Ammirò quel viso che popolava i suoi ricordi più antichi, persi nei meandri della memoria.

E... e vorrei chiederti un favore, Anser...”

Ingoiò la saliva, si fece forza, abbattendo la superbia, la sua finta indipendenza.

... posso... posso abbracciarti... mamma?”

Anser lasciò cadere il cappello, l'annaffiatoio, cinse le braccia attorno a quel corpo tremante. La coda si divise in tre, sei, dodici parti, formando altrettante strutture identiche alla prima, si avvolsero attorno a Kiku, riscaldandola in un dolce tepore.

Tutte le volte che vuoi, piccola mia....”

Una lacrima si fece strada sulle guance candide della Prima, fino al terriccio umido. Kiku si rannicchiò in posizione fetale, racchiusa nell'utero delle code, nel suo sacco amniotico a distanza di ventisei anni.

... erano anni che aspettavo che me lo chiedessi.”

Kiku sorrise felice, nuovamente partorita, libera dagli obblighi, dalle convenzioni, dalle regole, dal mondo. In quella libertà pensò a Chiara, al suo futuro, a quella giovane kitsune arrogante e inesperta che, come lei, aveva conosciuto la dolcezza di una madre, una timida dolcezza trasmessa da un gesto, un abbraccio, fugace come un respiro, la durata di un istante solo.

E pregò, in silenzio, che quell'istante non finisse mai.

Fine



1Vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo / perché il domani è oggi e l'oggi è già passato” - con la cortesia di SPECTRA Records, Copyright © - Illuminance – 2043. Riservato ogni diritto ed utilizzo.

2 (pr. shima) si traduce dal giapponese come isola.

3 Il primo ideogramma di Saku (佐久) si può tradurre con “aiuto”.

4Kimono con maniche lunghe in media tra i cento e i centosette centimetri. Letteralmente, significa maniche svolazzanti.

5Kiku () si traduce dal giapponese come crisantemo.

6 Acronimo di Mobile Communication Device.

7 “Quando osservi le tenebre / e non v'è segno di vita / guardati attentamente alle spalle: / è la notte del Coltello Caramello!” - con la cortesia di Cossack Limited, Copyright © - Eerie Fables – 2036. Riservato ogni diritto ed utilizzo.

8Sandali simili alle ciabatte infradito.

9Calze tipiche giapponesi che separano l'alluce dal resto delle dita.

10Kimono estivo tipico giapponese, generalmente utilizzato in occasioni informali.

*Venduto separatamente. Visita il sito www.appletree.eve.nfm/products per maggiori informazioni.

11Il mandala è un diagramma circolare costituito da figure geometriche. Nell'induismo e nel buddhismo ha un significato spirituale e rituale.

12Thaumoctopus mimicus, un mollusco che popola i mari tropicali del Sud-Est asiatico. È capace di variare la sua forma contorcendo il proprio corpo e cambiando il proprio colore nell'arco di pochi secondi, imitando diverse specie marine. Questa forma di mimetismo è utilizzata sia come strategia di sopravvivenza che di caccia.

13Letteralmente “la volpetta con l'anitra”. La stella Anser (α Vulpeculae) rappresenta l'anitra tra le fauci della volpe.

14con la cortesia di Cult Music, Copyright © – Soundstalkers – 2051. Riservato ogni diritto ed utilizzo. Il testo della canzone è composto interamente da parole prive di senso compiuto, generate da un computer.

15Committee for Medical Emergencies

16Tratto dalla Registrazione Ufficiale della 7a Conferenza Mondiale sulla Manipolazione del Genoma. Riproduzione riservata agli aventi diritto.

17Tratto dalla Registro Mnemonico dell'Università di Aubépine. Tutti i diritti riservati.

18 “Nove” in giapponese si pronuncia kyu, esattamente come la lettera Q in inglese. Le parole di Blyen sottintendono il fatto che Ban “Kyubi” (lett. dalle nove code) e Banquo si pronunciano quasi allo stesso modo.

19“Ehi, piccola, sto aspettando qui, sto aspettando te. / Quanto tempo – oh, piccola – quanto tempo ho passato a pensare a te! / Ho osservato in silenzio la tua anima, una scintilla gentile, calda... / un sole che rischiara il tuo cuore, così luminoso e tranquillo. / Ehi, piccola, posso vedere la bambina dietro i tuoi occhi./ Oh, piccola, fai le tue scelte ma – ti prego – non lasciarla morire... / Perché quella bambina è la verità. / Perché quella bambina è il tuo vero io.” - con la cortesia di Warm Heart Records, Copyright © – The Bluesman and the Tiny Fox – 2026. Riservato ogni diritto ed utilizzo.