Epiphania - Gott mit Uns (2012)

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Mentre ero in treno tra Pra e Pegli, ho immaginato una frattura nel cielo. Dalla frattura, emerge una creatura mostruousa, che afferma di essere Dio. Questa semplice idea mi ha portato a scrivere di getto il mio secondo romanzo completo - Epiphania. La storia di un Dio crudele, due soldati e degli angeli che tentano di guidarli... ma niente è ciò che sembra. Avevo provato a partecipare ad un concorso nel 2015 con questo racconto. Nonostante fosse riuscito ad entrare nei 300 finalisti, il risultato non fu esaltante. Molti mi avevano accusato di storpiare la religione Cristiana, probabilmente senza aver neppure finito il racconto. Nonostante il mio stile di scrittura fosse estremamente acerbo quando ho scritto questo racconto, rimane nel mio cuore come uno dei miei risultati più importanti.




Io sono il signore Dio tuo:

non avrai altro Dio al di fuori di me.



Frattura


“... e ancora auguri per la festa dell'Epifania, in questo sei gennaio che sta volgendo purtroppo a termine. Ora un breve stacco pubblicitario, ma prima... il segnale orario.

Si udì un breve jingle, poi una voce pacata lesse l'ora esatta.

“Sono le 18 in punto.

Ren spense la radio. Dodici ore chiuso in caserma a non fare nulla. Quella giornata era stata maledettamente tranquilla. Troppo, forse. Si era persino stancato di ascoltare la radio e giocare a carte con Isaac. Rivolse lo sguardo al cielo, fuori dalla finestra.

Nulla di nuovo... il Sole a ridosso dell'orizzonte, le nuvole alte nella stratosfera, qualche aereo di passaggio. Il solito panorama.

Sospirò.

Sembrava che l'intervento dell'esercito non fosse più minimamente richiesto da almeno un mese. E dire che si era arruolato per spezzare la monotonia delle sue giornate...

Tornò ad osservare svogliato il paesaggio. Ad un tratto si irrigidì. Qualcosa di strano attirò la sua attenzione.

Qualcosa che non avrebbe dovuto esistere.


**


Angel Falls, centro città.

Sei del pomeriggio.

Taxi, autobus, migliaia di macchine, migliaia di pedoni.

Vita.

Un uomo, seduto al bancone di un bar a bere un caffè, si rivolse al gestore.

“La gente è sempre troppo impegnata con se stessa per accorgersi degli altri, non è così? Guarda là fuori.”

Il barista lo squadrò senza prestare molta attenzione alle sue parole. Capelli neri, lisci, a formare una frangia. Quasi nessun segno di barba. Occhi verde acceso. Completamente anonimo. Nulla di particolare. Se ne sarebbe dimenticato entro la fine della giornata.

L'avventore si schiarì la voce, puntò l'indice verso i passanti, verso lo sciame di folla che transitava pigramante sul marciapiede antistante il locale.

“Ti sembra possibile che qualcuno di loro si fermi per un attimo ad osservare il cielo, ad ascoltare il fruscio delle fronde a Westside Park o il dolce rumore del vento? L'uomo ha perso veramente il contatto con il mondo. Questo è poco ma sicuro.”

“Per il caffè, mi devi un dollaro. Questo è poco ma sicuro.”

L'uomo estrasse il portafogli sospirando.

“Un dollaro, eh? Pensavo che un caffè costasse meno...”

“Se non ti va bene, ti faccio sbattere come un tappeto dall'addetto alla sicurezza, ok?

“Non ti agitare, era solo una battuta...

Prese una banconota e la porse al gestore del locale.

“Un dollaro, contento? Ecco a te!

Si voltò in direzione delle vetrate che si aprivano sulla strada.

“Puoi mica dirmi l'ora esatta?

Il barista guardò l'orologio da polso.

“Il mio fa le diciotto e due minuti. L'ho regolato poco fa sul segnale orario che passano alla radio...

“Perfetto. Grazie mille e arrivederci.

Uscì dal locale e si fermò di fronte all'ingresso. Osservò attentamente il cielo. Un crepitio sommesso scosse gli animi di ogni essere vivente nei paraggi.

Sorrise, quasi divertito.

Centinaia, migliaia di persone si fermarono all'improvviso e guardarono verso l'alto, come guidate da un istinto primordiale, da un timore innato. Il crepitio si fece più insistente. Si levarono le prima urla di terrore.


**


“Isaac, vieni qui, per favore! Svelto! Porta la macchina fotografica!

Ren scrollò le spalle di un ragazzo assopito sulla branda. Poca differenza di età, corporatura esile, capelli neri lisci - in netto contrasto con il tono rossiccio dei suoi. Il ragazzo si svegliò di colpo, agitando le braccia, tentando di reagire allo stimolo imprevisto, farfugliando qualcosa di incomprensibile.

"Isaac! Vuoi svegliarti?"

La voce di Ren lo riportò alla realtà.

“Uh? Cosa c'è? Che succede?”

“Dai, forza! Non ti far pregare! Guarda là fuori! Guarda il cielo!”

Isaac si stiracchiò e raggiunse il suo compagno di stanza.

“Cosa vuoi che sia? Un tramonto anticipato? Un'eclissi imprevista? E che cavolo, potevi lasciarmi dormire...

“Smettila di fare il disfattista e osserva bene!

“Dove?

“Là! Là! Guarda dove sto indicando!”

Isaac si stropicciò gli occhi, poi tentò di concentrarsi sul punto del cielo verso cui Ren stava attirando la sua attenzione.

“Ren, sei sicuro di sentirti bene? Io non ci vedo nulla di...

Isaac troncò la frase a metà, allibito.

“Cosa... cosa diavolo è? Sembra... sembra una frattura...”

Ren scosse il capo riccioluto, le iridi verdi calamitate dalla crepa.

“Lo penso anch'io, ma una spaccatura nel cielo... ha veramente poco senso, non trovi?

Si avvicinò alla finestra, tastando il vetro con la mano aperta.

“Eppure...

“La fotografo subito, allontanati da lì!”

Isaac impugnò la fotocamera digitale ed iniziò a premere il tasto di scatto in modo forsennato.

“Avevi ragione, Ren! Questo è un fenomeno unico!”

“Ehi, Isaac... forse ti sembrerò paranoico, ma...”

Ren aprì le imposte, si sporse dal davanzale.

“... ma non sembra anche a te che si stia allargando?

“Aspetta un attimo...

Il ragazzo premette un pulsante sul dorso della fotocamera e scorse rapidamente le immagini. Un pallore mortale si impossessò del suo volto.

"Mio Dio..."

“Isaac! Cosa...

“Hai... hai ragione Ren! Guarda... guarda queste foto!

Anche Ren impallidì. Non c'era ombra di dubbio. La crepa si stava lentamente allargando. La porta della loro camera si aprì all'improvviso. Il tenente Sanders irruppe nella stanza, visibilmente scosso.

“Driven! Rowler! Cosa ci fate ancora qui? Siamo subissati di telefonate! I centralini del 911 sono sovraccarichi!

Ren e Isaac tornarono con i piedi per terra.

“E... e quindi?

“Quindi, preparatevi a partire subito per il centro di Angel Falls. Immediatamente. Non ammetto repliche. È un ordine!”

I due si misero sull'attenti. Il tenente uscì dalla camera ed entrò in quella vicina. Stava facendo il giro del dipartimento. Ren sospirò rumorosamente. Chi gliel'aveva fatto fare di lamentarsi della monotonia di quella giornata? Avrebbe preferito osservare la frattura da lontano. Molto lontano.

“Gli ordini sono ordini. Coraggio, andiamo.

“Non possiamo proprio disertare? A me questo fenomeno fa paura.

“Anche a me, ma... devo ricordarti che l'alternativa è la fucilazione?”

Isaac lo guardò preoccupato.

“Ok, hai vinto. Andiamo.


**


La faglia si stava lentamente allargando. L'uomo del bar rimase fermo in mezzo alla strada, circondato dal nulla. Molti passanti avevano iniziato a fuggire in modo disordinato. Le auto erano state abbandonate in fretta e furia. Abbassò lo sguardo, si voltò a destra e a sinistra, con tranquillità quasi surreale. Non era l'unico, come aveva creduto in un primo momento. Attorno a lui, i volti spaventati e attoniti di molte altre persone. Sorrise.

“La prima reazione dell'uomo alla paura è veramente interessante. Può reagire in due modi, a quanto vedo. O fugge precipitosamente dal pericolo o rimane fermo in silenzio, sperando di non essere notato. È un retaggio antico, proviene dalla preistoria...”

Il barista fece capolino dall'interno del locale, un metro oltre l'ingresso, non di più.

“Cosa accidenti stai dicendo, amico? Non è che il caffè ti ha bruciato i neuroni? Io non rimarrò qui ad aspettare che il cielo ci crolli sulla testa! Mi rifugio nello scantinato! Anzi, ti consiglio di fare lo stesso!”

“Perché dovrei? Lo spettacolo è affascinante. Sul serio. Non penso di aver mai visto una crepa come quella...”

Il barista alzò gli occhi. Distolse lo sguardo, in preda al panico.

“Mio Dio...

La frattura si era allargata parecchio negli ultimi due minuti. Un varco di tenebra nell'azzurro del cielo, un foro dal contorno irregolare, una linea spezzata, una spaccatura nel tessuto della realtà. Nessuno ebbe tempo di curarsene, nessuno ci fece caso. Un enorme colonna grigiastra, una guglia abissale, incommensurabile, emerse dall'interno dell'apertura, un gigantesco indice, puntato verso un'umanità scossa e atterrita. Sì, era proprio un dito, non poteva sbagliarsi, solo... solo che era grigio... e mostruoso. Altre quattro estremità fecero la loro comparsa – medio, anulare, mignolo, pollice – centimetro dopo centimetro, passo dopo passo, falange dopo falange, fino a comporre una mano titanica, solcata da rughe, vene larghe come condutture, pulsanti, in moto continuo. L'arto afferrò il confine della frattura. Le poche persone rimaste fuggirono terrorizzate, urlando a squarciagola.

“Mio Dio!

“Esatto.

“Come, scusa? Che stai dicendo? Sei forse impazzito?!

“Tu dici?

Per un lungo attimo osservò il gestore del locale, un'espressione indecifrabile sul suo volto.

“Non esiste una creatura così grande! Non può esistere...”

I primi soldati in assetto antisommossa si disposero sulla strada principale, barricati dietro gli scudi. Puntarono i mitra e i lanciarazzi verso la frattura. L'ordine era di restare fermi ed aspettare. Un rombo di tuono, apocalittico, allucinante ed una seconda mano, del tutto simile alla prima, fece la sua comparsa. Il barista rimase imbambolato davanti quella visione. Il nervosismo serpeggiò tra i militari. Le due mani allargarono ulteriormente la faglia, sgombrando la strada ad un essere gigantesco. Alcuni soldati svennero dalla paura. Altri ruppero le righe, tentarono di darsi alla fuga, trattenuti a stento dalle urla degli ufficiali. Il barista si rifugiò sotto il bancone del suo locale. L'uomo del caffè si spostò semplicemente a bordo strada, con estrema calma. Ren lo fissò intensamente, come per distogliere l'attenzione dal bersaglio, regalare alla mente un istante di normalità.

Come fa ad essere così tranquillo?

Che fosse solo un altro modo per vivere la propria paura? Fare finta di niente?

Non ebbe tempo di terminare le sue conclusioni. Un altro tuono interruppe i suoi pensieri.

La creatura si era manifestata. Si ergeva dalla faglia fino alla base del tronco. Era una visione tremenda. Ad occhio e croce era grande come l'intera città – frazioni e sobborghi compresi. Una testa immensa, munita di due lunghe corna nere dritte, perfettamente perpendicolari alla fronte, ai lati opposti, quasi a partire dalle tempie. Quattro occhi, quattro fessure rosse prive di pupilla, due ulteriori fessure come narici. Non si distingueva un vero e proprio naso. La sua bocca assomigliava a quella di uno squalo, con denti affilati disposti su più file. La pelle era completamente grigia. Le braccia non avevano tutto sommato alcunché di anormale, eccetto le dimensioni e gli artigli con cui terminavano le dita. Dalla sua schiena si elevavano perpendicolarmente due strutture ossee simili a guglie, affiancate da sei protuberanze a tronco di cono, tre per lato, che sembravano essere aperte, quasi come vulcani.

L'uomo del bar guardò l'orologio, un fischio di ammirazione mascherato da colpo di tosse.

Erano le 18 e 06 in punto.

"Che precisione..."

L'essere rimase fermo, sospeso nel cielo, a metà della frattura. Si limitava ad osservare ciò che aveva intorno, senza compiere alcuna azione degna di nota. Respirava, o almeno così sembrava.

Ren asciugò il sudore dalla fronte, imprecò in silenzio pensando al plotone di esecuzione, alla fredda reazione di alcuni dei suoi colleghi. Era troppo tardi per tornare indietro. Se avesse tentato la fuga, una pioggia di piombo lo avrebbe consegnato alla terra.

Per l'eternità.

Notò il tremore nei muscoli di Isaac, nello sguardo attonito, vuoto. Un respiro, un lungo respiro, prima di parlare, di provare a sciogliere la tensione.

Sembra che abbiamo visite di un certo spessore, eh? Secondo te... cos'è?”

Isaac ingoiò un boccone di saliva, tentò di rispondere con un sorriso, di mascherare il terrore.

“Non me lo chiedere, Ren. Potrebbe essere un alieno, per quanto ne so. Questo proverebbe l'incidente di Roswell del '47 ma non ne sono così sicuro...”

“Illuminante come al solito.

“Quali sono gli ordini?

“Attendere. Attendere che faccia qualcosa. Che dica qualcosa. Insomma, che compia un qualsiasi genere di azione che possa farci comprendere le sue intenzioni! Non possiamo attaccarlo solo perché è brutto!”

Isaac rise nervosamente

“Brutto forte. Non pensavo che il Nostro Signore avesse simili incubi...

“Tu credi in Dio, Isaac?

“Proprio perché ci credo... non riesco a giustificarmi un simile orrore. Se tu ne avessi il potere, creeresti mai una cosa di questo genere?”

Ren osservò meglio la creatura. C'era qualcosa di stranamente affascinante in quell'essere anormale.

“Forse. Dipende dall'uso che conterei di farne.

Isaac non gli chiese quale utilizzo si potesse fare di una tale creatura. Aveva paura della risposta. Si fece il segno della croce. Ren restò in attesa. Dovevano aspettare un segnale. E il segnale arrivò.

Il mostro aprì la bocca ed iniziò a parlare in un idioma sconosciuto. Un torrente di suoni vocalici, consonantici, un eco sulla voce, sdoppiata, cupa, cavernosa, terrificante.

“Cosa sta dicendo? Non capis...

Improvvisamente divenne comprensibile a tutti quanti, una torre di Babele all'incontrario. Aveva pronunciato poche parole, ma erano bastate a scatenare il caos.

Solo tre parole.

Solo tre:

“Io sono Dio.

Dio



“... e sembra che la creatura sia visibile da ogni parte del mondo. Gli esperti pensano si tratti della stessa creatura, in quanto le sue azioni sono completamente sincrone. Nessuno sa come questo sia possibile, né da dove possa provenire un simile mostro e... un momento! Un momento! Ha iniziato a parlare! Sta dicendo qualcosa, anche se non riusciamo a comprend... no, aspettate... non può aver proprio detto... non è possibile!”

I normali programmi radio erano stati interrotti immediatamente per trasmettere speciali sul mostro comparso dal nulla e sulla faglia che aveva accompagnato la sua apparizione. Il barista era ancora rintanato sotto il bancone con le mani sulle orecchie. Non voleva sentire. Non voleva assolutamente ascoltare le parole della creatura. Ma gli era impossibile. Sembrava che quel suono non avesse ostacoli di tipo materiale, che nulla potesse fermarlo, attenuarlo, ridurlo, affievolirlo. Aveva udito benissimo le tre sole parole pronunciate dall'ospite inatteso, ma si rifiutava di crederci.

“... sembra... sembra che il messaggio sia stato reso... in qualche modo... comprensibile ad ogni essere umano in ascolto. Tutti hanno chiaramente udito... le prime dichiarazioni della creatura... che afferma nientemeno di essere...

Il barista balzò in piedi con un urlo animalesco e spense la radio. Non voleva sentirlo dire anche da loro, voleva illudersi di aver capito male. L'uomo del caffè entrò nuovamente nel locale. Il barista lo fissò con gli occhi sgranati, si piegò in ginocchio, le mani giunte in segno di preghiera.

“Tu! Per favore, portami un confessore, un prete, un parroco, qualunque persona che possa rimettere i miei peccati! Ho paura, non voglio uscire da qui! E se quel mostro fosse veramente... insomma, come posso chiamarti? Ho bisogno di te!

L'uomo dai capelli neri sorrise.

“Zackary. Mi chiamo Zackary. Ad ogni modo... dubito che qualche confessore sia disponibile in questo momento. Si staranno liberando a vicenda dei loro peccati...

“Lo vedi anche tu, vero? Non è una mia allucinazione?”

“No, non lo è. Tutti lo vedono.”

“Un incubo! Solo un incubo! Ora mi sveglio e...

“Rimani qui e cerca di calmarti. Io devo andare. Se troverò un parroco disponibile, te lo invierò, ma non ci contare...”

“Grazie! Grazie! Aspetterò!”

Zackary uscì dal bar e si allontanò rapidamente dal centro città. Aveva meno di un quarto d'ora per raggiungere il luogo dell'incontro. Gavrilo gli aveva raccomandato di essere puntuale. Puntò una moto abbandonata sull'asfalto, la posizionò sul cavalletto. Aveva ancora le chiavi nel quadro comandi. Senza perdere altro tempo, la accese e si diresse verso la periferia a tutta velocità.


**


Isaac si era accovacciato e aveva iniziato a piangere. Era terrorizzato. Erano bastate quelle tre parole a distruggerlo psicologicamente.

“Isaac, non crederai che questo essere sia veramente...

“Stai... stai zitto, Ren! Non hai sentito la radio? È ovunque! Ogni essere umano sulla faccia della terra ha udito le sue parole! Non uno solo, tutti, tutti quanti!”

“Tu credi alla Bibbia, Isaac?

Il ragazzo rialzò la testa. Aveva gli occhi rossi.

“Sì... beh, più o meno... diciamo che credo a buona parte delle cose che ci sono scritte...”

“Allora saprai che Egli ci ha creati a sua immagine e somiglianza."

Un cenno del capo, in direzione del cielo.

"Ti sembra di assomigliare a quel coso lassù?”

Il suo amico sembrò sollevato.

“No... hai.. hai perfettamente ragione... grazie, Ren...

“Di nulla. Ora calmati, ti prego...

Ren sollevò la testa.

“... abbiamo problemi più grossi.”

Il tenente Sanders si avvicinò ai due soldati.

“Abbiamo ordine di attendere. Non prendete iniziative personali. Potrebbe essere molto pericoloso.

“Tenente, lei crede veramente che...

“Io mi limito ad eseguire gli ordini, soldato. Non ho tempo per farmi un'opinione personale sull'accaduto.

Isaac sembrava leggermente più tranquillo, quasi sollevato. Trovò persino la forza di scherzare.

“Dai, fai la tua mossa, mostro! Facci vedere di cosa sei capace, coraggio...

La creatura si era chiusa in un silenzio di tomba dopo lo scioccante annuncio di alcuni minuti prima. Sanders fece un cenno con la testa ad un soldato in seconda lines, biascicò per qualche secondo prima di trovare le parole adatte.

“Sergente, accenda una radio, per favore...

“Su che frequenza?

“Una qualsiasi.

Il sergente sintonizzò l'apparecchio su una rete a caso.

“... le prime reazioni dal mondo sono discordanti. Le autorità religose islamiche di ogni stato stanno discutendo su come valutare l'entità autoproclamatasi Dio. La Chiesa romana non ha ancora una posizione ben definita. Aspettiamo dispacci dal Vaticano, ma dubitiamo in una risposta in tempi brevi. Il Pentagono non ha rilasciato dichiarazioni. L'unica certezza è che l'essere è visibile da ogni luogo allo stesso modo. Questo particolare inquietante ha convinto la maggior parte delle persone a riconoscere nella creatura...”

“Basta così, spegni pure. La situazione non è per niente buona. Rimanete in posizione e...”

Un rombo di tuono scosse l'aria. La creatura parlò nuovamente.

“Io sono colui che è, uomini. Sono il vostro unico Dio. Colui che ha creato il mondo di cui andate tanto fieri. Io vi ho generato dall'argilla, ho dato vita ad Adamo ed Eva. Io ho ordinato a Noè di costruire l'Arca. Io ho dettato i dieci comandamenti a Mosè. Io sono dovunque e sempre. Io sono in ogni tempo e luogo. Ora vi ho dato la prova della mia esistenza, uomini. Cosa farete, ora? Negherete ancora l'evidenza? Vi trincererete nelle vostre certezze? Atei, ditemi ora... avrebbe ancora senso la vostra posizione? Agnostici... avete avuto la vostra prova.”

Ad ogni parola di quell'essere, la fiducia di Ren si sgretolava sempre di più. Isaac cadde in ginocchio e alzò le braccia al cielo. Ren lanciò il mitra a terra, si voltò verso l'amico.

“Isaac! È... è una colossale presa in giro! Lui, esso, non... non è...”

“Io vi ho dato questo mondo, vi ho permesso di popolarlo...

I coni sulla sua schiena si illuminarono di luce rosso sangue.

“... e in cambio, cosa avete fatto? Mi avete sfidato più volte a comparire al vostro cospetto...”

I coni incominciarono a pulsare in modo frenetico.

“... voi, che avete sempre creduto di essere stati creati a mia immagine e somiglianza. Mai bugia peggiore fu detta! I vostri testi sacri mentono, uomini...

La pulsazione si fece più intensa.

“... ma ora che sono qui, cambierà tutto. Io veglierò sul mondo e su di voi...”

Le protuberanze espulsero numerose sfere di fango in rapide successione.

“... siccome sono buono e caritatevole, vi lascerò il libero arbitrio...”

Le sfere di fango assunsero una forma allungata, simile ad un lenzuolo grigio.

“... ma ora sapete tutti cosa vi spetta dopo la morte...

Dai lenzuoli si aprirono a scatto due ali membranose e squamate.

“... i peccatori saranno puniti come meritano, così come chi in terra...”

Due lumi giallastri si accesero all'improvviso nella parte superiore delle strutture di fango.

“... negherà ancora la mia esistenza...”

L'argilla assunse una forma quasi umana. Si riuscivano chiaramente a distinguere due braccia e una testa su cui si aprivano due fessure abbaglianti.

“... io sono il Signore degli Eserciti...

All'altezza del braccio destro delle creature si formò una sorta di spada.

“... ed eccolo, il mio esercito. Gli angeli puniranno i peccatori...

Gli esseri di fango ripresero quota e si fermarono in aria, a circa venti metri dal suolo.

“... che si ostineranno a non riconoscere la mia natura divina. Così ho deciso.”

Il tenente Sanders alzò il lanciarazzi.


**


Zackary abbandonò la moto. Aveva raggiunto le colline a tempo di record. Gavrilo lo stava aspettando, assieme ad altre quattro persone. Era un uomo altro, dai capelli castani, lunghi fino alla base del collo. I suoi occhi avevano lo stesso colore. Indossava un anonimo maglione verdastro e un paio di jeans.

“Temevo non arrivassi, Zackary.

“Diciamo che ho avuto da fare. Qual è il piano d'azione?”

“Attendere. Null'altro al momento. Presto dovremo agire, per cui preparati.

Una ragazza si avvicinò. Una zazzera di capelli ramati, mossi e vaporosi incorniciavano un volto sottile su cui si aprivano iridi glaciali.

“Gavrilo... sei stato tu a proporre questa soluzione?

L'uomo scosse la testa.

“No, Michelle. Comunque, non è il caso di parlarne ora. Sai qual è il nostro compito.”

La ragazza sbuffò.

“Sì, sì, stai tranquillo...”

Zackary si guardò intorno. Gavrilo, Michelle, un uomo dai capelli rossi vestito di un impermeabile color panna, una ragazza dalla pelle scura con i capelli raccolti in una coda di cavallo, un'altra giovane in tenuta casual con capelli lunghi fino alla base della schiena, a metà tra il biondo e il castano.

Sei persone, lui compreso.

“Ci siamo tutti?

“No. Manca ancora...

Il rombo di un motore ruppe il silenzio circostante. Una moto di grossa cilindrata si fermò a pochi metri da loro.

“Nessuno. È arrivato.”

Il guidatore indossava una tuta nera da motociclista e un casco con la visiera oscurata.

“Scusa il ritardo, mi sono fermato un attimo a dare un'occhiata. Certo che è pazzesco... non avrei mai detto che avremmo assistito ad una scena del genere.”

La ragazza dai capelli lunghi alzò lo sguardo al cielo. Le pupille vagavano senza meta nel mare bianco, segnate da una profonda inquietudine.

“N... non era prevista un'intromissione... divina. Non di questo calibro, almeno. Credevo che le regole del gioco fossero diverse. Pensate davvero che...

Gavrilo tagliò il discorso di netto, senza lasciarle il tempo di concludere la frase.

La situazione non cambia. Ci atterremo a quanto ci è stato richiesto.”

Il motociclista scrutò perplesso i presenti, analizzando gli sguardi senza svelare il proprio.

“Perché proprio qui? In questa città?”

“Una vale l'altra per iniziare. Sai benissimo qual è l'obiettivo, no?

“Sì, stai tranquillo.”

Michelle osservò divertita alcuni gruppi di persone fuggire nelle campagne.

“Non impareranno mai, Gavrilo...

“Noi siamo qui per questo. È la loro prova.”


**


Il tenente Sanders aveva alzato il lanciarazzi in direzione degli angeli di fango.

“Tenente! È impazzito? Cos'ha intenzione di fare?”

“Stai zitto, recluta! Quelli sono pericolosi! Non... non possiamo permettere loro di... di eliminarci!

“Ma non ha sentito la parola del Signore? Ha detto che solo chi ne negherà l'esistenza verrà punito!”

“Allora è così, eh? Avete paura?”

“Gli ordini sono di attendere, signore!

“Ma quali ordini?! Se quei così calano giù, di noi non resterà neanche il ricordo! Sono centinaia! Sono tutti armati!”

“Si calmi! Gli angeli di Dio hanno sempre colpito solo chi lo ha veramente meritato!

“E tu ne sei sicuro, Rowler? Eri sicuro anche che Egli ci avesse creato a sua immagine! No, io non ci sto!

Il tenente prese la mira. Alcuni dei soldati cercarono di fermarlo, ma altri erano dello stesso parere e armarono i loro lanciarazzi. Ren prese il mitra e lo strinse al petto. Quegli stupidi avrebbero causato la sua morte.

“Isaac! Abbassati, non farti vedere!

“Ren, non abbiamo nulla da temere! Se non gli faremo nulla, nessuno ci farà del male!”

“Pezzo di imbecille! Vuoi capirlo che Sanders è impazzito?! Tra meno di un minuto ci saranno addosso!”

“Signore! Sono arrivati gli ordini dal presidente. Non assumete atteggiamenti aggressivi. Ci è stato caldamente raccomandato di tornare alla caserma ed attendere nuove disposizioni...”

Il tenente si voltò verso il latore del messaggio.

“Ordini? Dal... dal presidente in persona? Okay... okay... li... li eseguiremo."

Abbassò l'arma.

“In fondo... siamo soldati e dobbiamo... dobbiamo eseguire gli ordini. Abbassate le armi.

Obbedirono tutti eccetto il sergente maggiore, il soldato che aveva in dotazione la radio.

“Sergente, vuole abbassare quel mitra?

“Ha sentito le notizie, tenente Sanders? Quel mostro è dappertutto! Io... io non voglio lasciargli la mia vita in mano senza reagire!”

“Ragazzo, calmati... ragiona a mente fredda... saresti da solo contro...

“Ehi tu, lassù! Io non ci credo! Tu non sei Dio! Tu...”

Il tenente impiegò un secondo prima di rendersi conto della situazione.

“Tu non esisti! Tu non esisti né esisterai mai!”

“Zitto! Fermati! Fermati!

Gli angeli si misero in formazione e scesero in caduta libera.

Aveva atteso un attimo di troppo.

Fango



“Cosa sta succedendo là in fondo?”

“Non riesco a capirlo, sinceramente. Mi è sembrato di sentire degli spari.”

“Qualcuno si è ribellato... non è ammirevole?”

Michelle assunse un'espressione divertita. Il ragazzo con i capelli corti rossi e il giaccone si fece avanti. Iridi color dell'argento scintillarono alla luce dei lampioni.

“Andrò a controllare io. Forse il nostro compito è già terminato.”

Gavrilo annuì, le palpebre serrate, come per riflettere meglio.

“Ti lascio carta bianca, Raffaele. Ma ricordati che non hai libero arbitrio sulla vicenda.

“Non ti preoccupare. È di qualcuno questa moto?”

“In effetti, sarebbe mi...

“Va bene, se non è di nessuno la prendo io. A dopo.”

Raffaele partì a tutta velocità verso il centro abitato, lasciando una nube di fumo acido a riempire le narici del motociclista. Un colpo di tosse, la visiera del casco sollevata. lacrime cristalline dagli occhi azzurri come il mare.

“Perché gliel'hai lasciato fare, Gavrilo? La moto era mia!”

“Può un veicolo aver importanza in un momento del genere, fratello? Ti sei già scordato il nostro compito?"

Un grugnito seccato, accompagnato da un gesto eloquente.

"Se vuoi bighellonare in sella a una due ruote, sei libero di farlo... ma non venire più a cercarmi nel momento del bisogno. È necessaria una completa collaborazione per arrivare fino in fondo.”

Il motociclista rimase in silenzio.

“Scusa per l'irruenza. Rimedierò. Il nostro scopo prima di ogni altra cosa.”

“Bene. Ora dobbiamo solo sperare che Raffaele abbia ragione...


**


Ren trascinò Isaac nei corridoi di un palazzo deserto. Era ferito ad una spalla. Tutta colpa di quei dannati angeli di fango.

Erano calati come uno stormo implacabile sui soldati, a velocità supersonica, fendendo l'aria con le loro spade. In quel momento, Ren aveva perso di vista tutti i suoi compagni. La sua visuale era stata totalmente occupata da creature grigie. In preda alla disperazione, aveva sfondato la porta di un palazzo vicino, già evacuato da almeno venti minuti. Da lì aveva visto il corpo di Isaac, steso a terra.

“Cosa posso fare? Non... non posso lasciarlo morire così... è pur sempre il mio miglior amico... ma non voglio essere ucciso... non ancora! Sono troppo giovane e...”

Gli angeli sembravano non badare al suo compagno. Erano troppo occupati ad accanirsi sui vivi, a massacrarli con le loro armi acuminate. Ren si era fatto coraggio, era scattato in avanti, si era portato nei pressi dell'amico ferito e lo aveva trascinato all'interno della costruzione. Purtroppo, la sua manovra non era passata inosservata. Due creature lo avevano seguito. Per sua fortuna, era riuscito a far perdere le sue tracce nei sotterranei dello stabile. Per il momento, erano al sicuro.

Per il momento.

“Forza, Isaac... ancora un paio di passi e potremo riposarci un attimo.

Ren aprì la porta del bunker di sicurezza dell'edificio, poi la richiuse sprangandola con tutto quello che poté trovare nella stanza. Coricò Isaac su una branda. Un debole sorriso di risposta, una scintilla di speranza negli occhi neri come l'ebano.

“Grazie, Ren... pensavo di essere finito... quando ho visto quegli angeli, io... ho davvero temuto il peggio.

“Come va la spalla? Ti fa molto male?

“No, no... mi hanno solo colpito di striscio con le loro lame. Nulla di cui preoccuparsi.

Ren esaminò la ferita. Era molto più simile ad una bruciatura da proiettile piuttosto che ad un taglio.

“Sei sicuro che non si stato un proiettile vagante? La tua ferita...

“Ho visto quel mostro con i miei occhi! Sono stato colpito da una lama!

“Va bene, va bene... non metto in dubbio la tua parola. Però a prima vista...”

Un rumore sordo in lontananza. Un rombo cupo, innaturale. Ren si interruppe.

"Maledizione..."

Ren, cosa...

“Zitto un attimo!

I sensi all'erta, l'adrenalina scorre, in attesa di un segnale. Istanti di nulla, il respiro condensato, pesante. Il cuore accelera, il battito impazzito. Isaac dimentica il dolore, dimentica tutto. Il dito sul grilletto, l'istinto di sopravvivenza a farla da padrone.

Un tonfo metallico, il rimbombo nel corridoio. Un sobbalzo nella mente e nell'anima.

“L'hai sentito anche tu?

“Sì.”

Silenzio. Un lungo, lunghissimo, interminabile silenzio.

“Se ne sono andati?

Un forte rumore, dall'esterno del bunker. Punte metalliche a graffiare l'acciaio, lo stridio di un secondo.

Poi, il vuoto.

Ren fece segno ad Isaac di non parlare. Si avvicinò al portellone, vi premette contro l'orecchio. Non sentì nulla. Rimase fermo per dieci minuti, senza risultato. Li stavano forse aspettando fuori?

“Così non risolviamo nulla, Isaac. Hai ancora munizioni?”

“Sì, un paio di caricatori. Per fortuna, sono riuscito a tenere il mitra. Cosa vuoi fare?”

“Tendere loro una trappola.

Isaac lo fissò negli occhi, il terrore disegnato sul volto cereo.

“Sei davvero sicuro di sapere cosa stai facendo? Vuoi veramente aprire il portellone?

“Non possiamo restare nascosti all'infinito... la nostra psiche non reggerebbe. Aiutami a spostare le panche che ho usato per sprangare l'accesso.

“Speriamo in bene...


**


Raffaele lasciò la moto in mezzo alla strada. Davanti a lui si estendeva una distesa di cadaveri. Soldati, a quanto pareva. Erano stati loro a sparare. Notò una radio per terra. La raccolse e la accese sull'ultima frequenza inserita.

“...dente ha comunicato che non sarà aperta alcuna ostilità verso l'entità, in quanto la sua presenza non è da considerarsi un pericolo ma una risorsa. Resta un mistero, invece, la morte di un centinaio di soldati ad Angel Falls. Secondo alcuni testimoni, i militari sarebbero stati attaccati dagli angeli del Signore, ma altre testimonianze portano a conclusioni diverse. Infatti pare che i soldati...”

Raffaele ascoltò la notizia fino in fondo, poi spense l'apparecchio. Era arrivato troppo tardi. Sicuramente, il militare che aveva scatenato la sparatoria era già morto. Aveva fatto un viaggio per nulla. Si era pure alzato il vento.

“Maledizione! Oggi non me ne va bene una!

Alzò il colletto della giacca per ripararsi dalla brezza. Osservò le foglie cadute formare mulinelli improvvisati e danzare nell'aria. La leggerezza di quei movimenti lo portò per un attimo a dimenticare il motivo della sua presenza in quel luogo. La brezza cessò così come era iniziata, lasciando ricadere a terra il proprio bottino. Si chinò e raccolse una delle foglie. Era gialla, secca e accartocciata. La srotolò con delicatezza, senza romperla. Fino a non molto tempo prima, quella foglia era stata parte di qualcosa di più grande, qualcosa di vivo. Ora era solo lo spettro di se stessa, pur conservando, orgogliosamente, un certo vigore. Raffaele la tenne sul palmo della mano. Una seconda folata di vento la riportò in volo, in alto nel cielo, diretta chissà dove. La osservò volteggiare fino a che non fu troppo lontana per essere seguita. Volare. Nel cielo. Completamente libero... un sogno. Un sogno ad occhi aperti. Un cigolio metallico lo riportò alla realtà. Una palazzina piuttosto moderna, l'edificio più vicino alla distesa di cadaveri. La porta dello stabile era stata sfondata di recente, il vento si stava divertendo a farla ruotare sui cardini divelti. Tracce di sangue verso l'interno, fresche.

Potevano esserci superstiti? Doveva tentare.

Controllò la planimetria appesa all'entrata. Il palazzo aveva dieci piani più tre interrati. Decise di iniziare a salire.


**


Il portellone si spalancò di colpo, i corpi di fango emersero dalle tenebre. Scintille di luce morta a vagare per la stanza intera, senza incrociare anima viva. Si guardarono perplessi, incerti sul da farsi. La porta era serrata dall'interno, non poteva essersi chiusa da sola.

“Ora!

Isaac e Ren comparvero all'improvviso, da dietro al portellone. Spararono due raffiche di mitra sovrapposte, sperando di fermarli. Il corpo delle creature crepitò, si inarcò, espulse fiotti di fango grigio. Grida sepolcrali, di rabbia. Gli angeli arretrarono doloranti, pur non sembrando feriti in modo grave. Ren corse fuori, Isaac afferrò la maniglia della porta, richiudendola dietro di sé. Le entità urlarono qualcosa di incomprensibile, si avventarono contro il portello, cercando di scardinarlo. Colpi pesanti contro il metallo, violenti, ripetuti.

“Ne avranno per un po', muoviamoci!

I due soldati corsero su per le scale, si diressero verso il magazzino provviste che si trovava al primo interrato. Lì avrebbero avuto più chance di sopravvivenza: il posto era particolarmente grande e i nascondigli abbondavano. Isaac si spostò sulla destra, Ren sulla sinistra. Li avrebbero presi con una manovra a tenaglia.

Aspettarono pazientemente.

Ren puntò il mitra verso l'entrata del magazzino. Un ingresso, un unico ingresso da sorvegliare. Sarebbero per forza dovuti passare da lì. Si sdraiò dietro alle casse di alimenti in scatola. L'arma era invisibile, nascosta in quel modo. Gocce di sudore, lente, inarrestabili, lungo il suo volto, lungo le sue guance. Un occhio chiuso, l'altro a mirare, un singolo punto su dieci metri quadrati di superficie, un uscio buio, non illuminato.

Dieci minuti di silenzio, di attesa febbrile.

“Ma quanto diavolo ci mettono? Non penso che siano rimasti bloccati, non abbiamo chiuso a chiave...

Altri dieci minuti. Un secolo. Un millennio. Un'era. Ren respirava affannosamente. Aveva perso di vista Isaac, ma era sicuro che fosse nascosto più o meno in una posizione simile alla sua.

“Sanno che siamo qui dentro... perché non arrivano? Forse ci aspettano fuori...”

Ren si sporse leggermente dalla sua roccaforte. Fu accolto da una raffica di proiettili.

“Isaac! Sono io! Che cosa...

“Dietro di te! Dietro di te, Ren!

Si voltò di scatto. Guardò a destra, a sinistra, come impazzito. Non vide assolutamente nulla.

“Isaac! Non c'è nulla dietro di me! Alzati un attimo!”

Il soldato fece un cenno con il braccio. Non fu l'unico movimento.

Un'ala membranosa sollevata, sbattuta. Fuochi fatui a risplendere nel buio.

Un angelo.

Uno solo.

Aveva approfittato del loro nervosismo per entrare nel magazzino.

Ma dov'era l'altro?

“Isaac! C'è n'è uno qui! Me ne occupo io, tu pensa all'altro!”

Ren iniziò a correre verso le cataste di cibi liofilizzati. La creatura lo seguì a distanza. Riusciva a vederla. Non sembrava aver intenzione di attaccare, per il momento. Muoveva le ali ritmicamente come una libellula. Uno spettacolo ripugnante. Mantenne il contatto visivo, non poteva permettersi di perderlo di vista. Sparò una raffica di proiettili. La creatura li evitò, lanciandosi a terra, rispose agitando la lama. Una miriade di dardi luminosi si levarono in volo, a velocità folle. Ren scartò di lato, si nascose dietro alle casse. Sentì il crepitio del legno perforato da quegli strani proiettili, una raffica di morte che non sembrava incontrare ostacoli sul suo cammino. Controllò con preoccupazione il suo corpo. Era illeso. Tirò un sospiro di sollievo.

Devo prenderlo alla sprovvista...

Non sembrava un bersaglio facile. Inspirò profondamente, poi si arrampicò su alcuni container. Da lì poteva tenere sotto controllo l'aberrazione senza essere scorto. Udì una raffica di mitra. Era Isaac. Ren sperò con tutto il cuore che stesse bene.

L'angelo continuava a guardarsi intorno, disorientato. Sparò una raffica di dardi luminosi. Poi un'altra, in direzione opposta. Patetico. Voleva fargli credere di averlo localizzato. Era una tattica banale. A dispetto delle apparenze, non sembrava avere molto sale in zucca.

Troppo facile, da quella posizione.

Ci sei, insetto della malora!

Ren prese la mira.


**


Dopo l'arrivo del primo angelo alle spalle di Ren, Isaac si era lasciato prendere dallo spavento e aveva iniziato a sparare alla cieca. Aveva perso di vista il suo amico ma, in compenso, poteva vedere benissimo la creatura. Lo stava osservando senza attaccare. Isaac si mosse verso le cataste di cibi liofilizzati. Era la mossa migliore, gli avrebbero coperto la visuale. All'improvviso, l'entità sfoderò la spada e menò un gran fendente, lanciando una raffica di dardi luminosi, come quelli che lo avevano colpito alla spalla. Il ragazzo si lanciò a terra, evitando i colpi, poi rispose premendo il grilletto del mitra. L'angelo si nascose dietro alcune casse di legno. Isaac lo perse di vista, non riusciva ad individuarlo. Rifletté un attimo. L'unico modo che aveva per stanarlo era provare a sparare in un paio di direzioni, per farlo uscire allo scoperto. Agitò il mitragliatore, sparando due o tre raffiche di proiettili. Niente. Nessuna risposta. Solo il rumore del metallo dei container accarezzati dai pallini di piombo.

"Dov'è?"

All'improvviso, ebbe come un presentimento. Si voltò verso la pila di casse alle sue spalle. L'angelo era in piedi, sopra di essa.

Uno scoppio di luce, una pioggia di dardi.

Isaac non riuscì neppure a gridare.

Cadde a terra rumorosamente, trafitto, il sangue a sgorgare copioso dalle ferite.

Sorrise. Per un istante gli era parso di vedere Ren.

Sperava che almeno lui si fosse salvato.


**


L'angelo sembrava seriamente disorientato. Ren si alzò dalla sua posizione. La creatura si voltò giusto in tempo per accorgersi di non avere scampo.

Ren premette il grilletto.


Punti di Vista



Non c'era traccia di vita nei dieci piani del palazzo. Aveva preso un abbaglio colossale. Di sicuro gli eventuali superstiti si erano rifugiati nel sotterraneo.

Che stupido, come ho fatto a non capirlo prima?

Gli spari provenivano dai piani interrati. Raffaele corse giù dalle scale. Quello stramaledetto palazzo non era dotato di ascensore. Doveva affrettarsi, non poteva permettersi di perderli. Si fermò per riprendere fiato.

Gavrilo non sarebbe stato d'accordo con lui... non avrebbe mai approvato il suo gesto. Scosse la testa.

È la mia scelta.

Lui se ne sarebbe accorto. Non gliel'avrebbe perdonata.

Stava osando troppo. Dentro di sé era sicuro di essere nel giusto.

Nessuno avrebbe potuto biasimarlo per quello che aveva intenzione di fare.

Si rimise in moto. Doveva ancora scendere cinque piani di scale.


**


Ren scese dai container per controllare che la sua vittima fosse realmente morta. Non la trovò.

"Che diavolo... ?"

Era sparita? Poteva benissimo esserlo. In fondo, non sapeva praticamente nulla di quella forma di vita – sempre che di vita si potesse parlare. Ren rimase in ascolto, i sensi all'erta.

L'aria era permeata da un silenzio irreale. Non percepiva alcun suono.

Neppure quello dei passi di Isaac.

“Isaac! Isaac!

Le sue grida si spensero nel vuoto. Ren si accovacciò a terra.

Forse... forse il suo migliore amico... non ce l'aveva fatta.

“Isaac! Isaaaaaaac! Rispondi, per favore!

All'improvviso udì un rumore. Che fosse... il secondo angelo?!

“Dannazione

Ren si era completamente dimenticato che i nemici erano due. Gridando aveva rivelato la sua posizione. Imbracciò il mitra e si preparò a fare fuoco. Camminò lentamente, rasentando il muro. Un attimo dopo cadde a terra, dolorante. Era inciampato in qualcosa, qualcosa di grosso. Lanciò una serie di insulti e improperi in silenzio, cercando di capire la natura dell'oggetto che gli aveva fatto perdere l'equilibrio. Si coprì la bocca con la mano per non gridare. Isaac giaceva in una pozza di sangue ai suoi piedi.

“I... Isaac! Isaac, svegliati, svegliati, ti prego!

“Ren...

Il ragazzo rispose con voce debole. Un sospiro di sollievo. Era ancora vivo.

“Ren... è finita. Non penso di poter continuare.”

“Non dire così, Isaac. Ti porterò fuori di qui. Tieni duro!”

Ren osservò le ferite. Il suo cuore ebbe un sussulto. Erano fori di proiettile, non poteva sbagliarsi questa volta. Possibile che i dardi di luce producessero ferite di quel genere?

“Come ti ha colpito? Dov'è ora?”

“Era... era in piedi, su quella pila di container... non sono stato abbastanza veloce. Mi ha sorpreso. Ho persino sparato alcune raffiche per stanarlo, ma... non è servito a nulla.”

“Riposati ora, vedrai che ne usciremo. Le tue ferite non sono gravissime... ti porterò all'ospedale! Lì ti salveranno, ne sono certo...”

Ren sentì qualcosa di indistinto, un suono ritmico, lento, impostato, ripetuto. Rumore di passi. Un altro essere umano? Tenne il dito sul grilletto, pronto a premerlo per ogni evenienza. Il secondo angelo sembrava scomparso. Dove diavolo era finito? Che si fosse spaventato dopo la morte del suo compagno?

I passi si facevano sempre più vicini.

Ren si concentrò. Una raffica di colpi in aria salutarono il nuovo arrivato.

L'intruso si lanciò a terra per evitare di essere colpito.


**


Raffaele si rialzò a fatica. Il soldato si avvicinò con l'arma alla mano.

“Calmati! Sono un essere umano! Umano, capito? Non voglio farti nulla! Cercavo i soldati superstiti...

L'uomo passò in rassegna l'aspetto del militare. Davanti a lui c'era un ragazzo di circa ventitré-venticinque anni con i capelli castani ricci e gli occhi verdi. Barba solo leggermente accennata, quasi inesistente.

Ren sollevò l'arma, la puntò al volto.

“Chi sei? Identificati!

“Mi chiamo Raffaele."

"Raffaele e... ?"

"Raffaele e basta. Sei solo?"

Il soldato indietreggiò.

“No. Qui c'è un altro sopravvissuto. È... è ferito. Non so quanto riuscirà ancora a resistere.”

“Ti do una mano a portarlo fuori, okay? Prima, però, devi ascoltarmi. Non ho molto tempo.”

Ren osservò lo sconosciuto, scrutando il suo volto nei dettagli. Aveva i capelli rossi lisci e gli occhi di un colore particolare - argenteo, avrebbe detto. Nessuna cicatrice o segni dsitintivi. Indossava un giaccone beige con il colletto alzato, come per proteggersi dal vento. Abbassò l'arma, inserì la sicura.

“Hai visto un angelo? Intendo dire uno di quegli schifosi cumuli di fango che sono stati generati da... da...

“... da Dio? Non riesci a pronunciare il suo nome?

Ren si mise la testa fra le mani.

“Aaaah! Basta! Lasciamo perdere questo discorso! Io devo salvare Isaac! Aiutami a portarlo all'ospedale, poi potrai dirmi quello che vuoi!

Raffaele si avvicinò. Il ragazzo versava in condizioni pietose.

“Non faremo in tempo. Portiamolo al bunker. Ci dovrebbe essere un punto di primo soccorso abbastanza fornito. Lì dovremmo poter fare qualcosa. In questo momento, dubito che ci sia un ospedale con posti disponibili.”

“Dici?

“Si parla di almeno mille persone morte d'infarto alla vista di Dio, soldato... ma scommetto che sono molti di più. Parecchi hanno tentato il suicidio, qualcuno c'è pure riuscito. Il pronto soccorso è congestionato. Credimi.”

“Io mi chiamo Ren, comunque.

“Va bene, Ren... ora, solleviamolo così, in questo modo... non dovremmo fargli troppo male...”

“Dobbiamo stare attenti. L'altro angelo potrebbe essere nei paraggi.

“Non credo proprio. Ad ogni modo, ne parleremo dopo.

Portarono a fatica Isaac fino alla stanza blindata, per poi coricarlo su una branda libera. Ren esaminò il luogo, richiamò alla mente le immagini della battaglia.

“Curioso... il portellone è ancora appoggiato... propio come lo abbiamo lasciato.”

“Non ti sfugge nulla, eh? Dai, non è il momento. Passami quella cassetta del pronto soccorso.”

“Subito.

Raffaele armeggiò con i dispositivi sanitari per almeno venti minuti. Iniettò qualcosa nelle vene di Isaac, poi lo sedò.

“Allora? C'è qualche speranza?”

“Forse. Non sono un medico, ho solo qualche rudimento di pronto soccorso avanzato. Non ti so fare un quadro clinico completo della situazione.

Ren si appoggiò ad un mobiletto. Tastando il legno di cui era costruito, si accorse dei fori che costellavano il top e i cassetti.

“Devono essere i proiettili che abbiamo sparato contro gli angeli qui. Però è strano... sembra quasi che ogni colpo li abbia trapassati.”

“Se come mi hai detto sono fatti di fango, non è del tutto plausibile, non trovi? Sarebbero dovuti rimanere conficcati nell'argilla...”

“Sono d'accordo. Ma cosa significa?

“Non lo immagini? Non hai veramente alcuna idea in proposito?

“Solo una... ma è talmente improbabile...”

“Parlamene.

Ren indietreggiò.

“Tutto questo non ha senso. Tu sai qualcosa che non vuoi dirmi.

Raffaele lo guardò negli occhi.

“Suppongo di non potertelo nascondere. Sì, so qualcosa.”

“Cosa? Per favore, non tenermi all'oscuro.

Raffaele sospirò.

“Ho fatto la mia scelta. Non posso tirarmi indietro, ormai. Risponderò alle tue domande. Non a tutte, sia chiaro. Solo a quelle a cui riterrò utile rispondere per guidarti.”

Ren raccolse le idee.

“Quella creatura è veramente Dio?”


**


“Gavrilo, tutto a posto? Mi sembri dolorante...

“Raffaele...

Michelle gli pose una mano sulla spalla, visibilmente preoccupata.

“Cosa ha combinato, questa volta?

“Sta infrangendo le regole degli Osservatori, Michelle.

La ragazza si irrigidì per un attimo.

“Cosa significa? Cosa dobbiamo fare?

“Ho ricevuto un messaggio. Raffaele è uscito dagli schemi. Sai benissimo qual è la pena per questo genere di infrazione.”

Il motociclista sembrò galvanizzato.

“La morte, non è così? Bene, era ora! Non ce la facevo più a stare con le mani in mano. D'altronde...”

“So benissimo dove vuoi arrivare. La tua presenza è stata richiesta proprio in caso si verificasse un avvenimento del genere. Devi occupartene tu.”

“Non posso dire di esserne felice... ma, almeno, recupererò la mia moto.”

“Michelle ti accompagnerà, per prevenire i tuoi soliti colpi di testa. Sai a cosa mi riferisco, vero?”

“Sì, sì, non ti preoccupare.”

Michelle si allontanò con lui, seguendolo ad alcuni passi di distanza. Una coppia dissonante. La t-shirt rosso fuoco della ragazza stonava sia col clima, sia con la tenuta scura del motociclista. Gavrilo alzò la voce, sovrastò il vento.

Attenderò qui con Uriah e Sami. Mi raccomando, dategli la possibilità di difendersi. Permettetegli di spiegare il motivo del suo gesto. E mi riferisco soprattutto a te, Azraiel.”

“Tranquillo, boss... a dopo!

Gavrilo li osservò allontanarsi. Azraiel era sicuramente il più adatto, ma era troppo, troppo, impulsivo...


**


Raffaele rimase a lungo in silenzio.

“Per favore, rispondimi! Quella creatura, quell'entità sospesa in cielo... è Dio?”

L'uomo non rispose, nemmeno una sillaba sfuggì alle sue labbra. Ren appoggiò la schiena al muro, deluso.

“Ho capito... non puoi dirmi nulla.

Si sedette su una branda, un sorrisetto rassegnato stampato sul viso

“Non sentirti in colpa, Raf. Sono un soldato, sono abituato a sentirmi negare delle risposte. Ero solo curioso, tutto qui. Non volevo metterti in imbarazzo.

Un grugnito a rompere il silenzio, gli occhi d'argento spalancati.

“Io ero contrario a questa prova.

“Come scusa?

“Che idea ti sei fatto sugli angeli?

Ren lo osservò sorpreso.

“Ti ho già detto che ho un ipotesi, ma è talmente assurda...”

“Parlamene, ti prego.

Ren spostò lo sguardo verso Isaac.

“I movimenti di Isaac... e quelli dell'angelo che ho attaccato...

Deglutì rumorosamente per il nervosismo.

“... sono stati grossomodo gli stessi. Ho... subito pensato... sì, insomma... che l'angelo fosse una sorta di illusione. Ne ho quasi avuto conferma... quando la seconda creatura è sparita. Non si è più fatta viva. Ma ora mi accorgo che è tutta una tremenda sciocchezza! I miei compagni sono stati uccisi da quelle creature. Questa è l'unica, vera realtà.”

“Questione di punti di vista. Come fai ad esserne così sicuro? Li hai visti in azione?”

“Sì.”

Raffaele annuì in silenzio.

“Bene, mi fido. Sei un testimone oculare del massacro. Non posso mettere in dubbio la tua parola.

Si alzò dalla branda.

“Ora seguimi. Porteremo Isaac all'ospedale. Le sue ferite non sono inguaribili. Sono sicuro che se la caverà.”

“Aspetta. Siediti ancora un attimo. Devo chiederti ancora una cosa.

Raffaele rimase immobile, al centro della stanza.

“Dimmi. Ti ascolto.

“Tu sei un essere umano comune, vero?

“Perché non dovrei esserlo? Ho ali, braccia o gambe in sovrannumero? Poteri paranormali? Qualcosa di strano?”

“Giusto, hai ragione. Me la sono cercat...

“Non lo sono. Il tuo intuito ha fatto centro.

Ren crollò sulla branda.

“Io so molte cose, Ren. Molte più di te. Io conosco la situazione. Non posso dirti nulla su Dio. Posso solo consigliarti di fidarti di più delle tue intuizioni. Cosa ti sta gridando la tua mente, ora?”

Ren si rialzò. Era scosso. Raffaele lo stava prendendo in giro? C'era qualcosa di strano in lui. Ogni sua parola aveva risvegliato in lui sensazioni ed immagini celate nel profondo della sua anima. Ora era ben conscio di quello che cercava di nascondere a se stesso. Ciò che prima non aveva coraggio di dire, uscì spontaneamente dalle sue labbra.

“Ho sparato io ad Isaac, non è così?”

Trame

Zackary era rimasto solo. Gavrilo si era ritirato per meditare sugli eventi.

Rivolse gli occhi al cielo.

Nonostante fossero le otto, Dio era ancora ben visibile, circondato da una luce fredda. Anche gli angeli, avvolti da un'aura opaca potevano essere distinti in modo preciso. Non pensava che quel giorno sarebbe mai potuto arrivare. Era finalmente al cospetto del Creatore. Egli si era mostrato in tutta la sua magnificenza e lo aveva designato come Osservatore. La sua mente era in diretto contatto con lui, come figlio prediletto.

Proprio per questo aveva ricevuto quel messaggio.

Ne era l'unico destinatario. Gavrilo non ne era a conoscenza. Il suo compito era il più importante di tutti, ma avrebbe dovuto agire nell'ombra. Sarebbe stato saggio coinvolgere anche Uriah e Sami? Già...

Uriah e Sami. Pedine di basso rango.

Come lui.

Forse anche peggio.

Sami era stata diffidata dal partecipare. Solo l'insistenza di Azraiel le aveva permesso di essere reintegrata nel progetto. Tra i più informati, si parlava di problemi di droga e antidepressivi. Molto sconveniente, nella sua posizione.

Azraiel aveva dovuto garantire per lei.

Con la propria vita.

Uriah, d'altro canto, era fin troppo anonima. Non l'aveva mai sentita esporre un pensiero originale, non riciclato dalle idee di altri. Un burattino i cui fili appartenevano un po' a chiunque.

Certo, Michelle e Gavrilo non godevano delle loro simpatie e Raffaele non sarebbe stato più un problema. L'unico ostacolo era rappresentato da Azraiel, il più difficile da inquadrare. Il fratello bastardo.

Ad un tratto, si irrigidì. Rimase fermo per una ventina di secondi. Un urlo mentale, parole a rimbombare nel cervello, lacerandolo nel profondo.

“No, non ho ancora trovato il modo... sì, ho già un'idea.”

Una fitta gli attraverso la testa da parte a parte.

“Mi impegnerò, lo giuro! Ce la farò! Ce la farò!”

Il dolore cessò di colpo.

Rumori di passi sull'erba, lo sguardo sollevato, ad incrociare occhi marroni, ben noti.

“Zack! Tutto bene? Ti ho sentito gridare.

Gavrilo. Zackary scrollò le spalle con finta noncuranza.

“No, no, tutto a posto, stai tranquillo. Ho solo rischiato di inciampare in una radice sporgente, tutto qui.

Gavrilo lo fissò a lungo, preoccupato, poi si tranquillizzò.

“Ok, se vedi qualcosa di strano, avvertimi. Io torno al motel, mi preparo per la partenza. Tra due giorni dobbiamo cambiare città, se non troviamo qualcosa di interessante. Dovresti farlo anche tu.

"Non aspetti che Raf sia di ritorno?"

Uno sguardo severo come risposta, nessuna parola necessaria. Zackary sospirò.

Capito. Provvederò. Rimaniamo in contatto. Ti chiamerò subito, in caso di sviluppi.”

“A dopo, Zackary.

Gavrilo lasciò la collina, diretto verso il centro città.

Zackary era rimasto solo. Sorrise in silenzio.

Aveva la situazione in pugno.


**


“Ma li hai visti quegli angeli, Michelle? Sono mostruosi! Non assomigliano minimamente alla mia visione personale. Sono dei mostri. E poi, non pensavo che Dio fosse... così.”

Azraiel stava osservando il cielo da un pezzo, senza quasi prestare attenzione a dove metteva i piedi.

“Tu cosa ne pensi? Te ne sarai fatta un'idea...

Michelle alzò lentamente lo sguardo. Asfalto, moto cadute, auto ferme, lampioni, alberi, palazzi, palazzi e ancora palazzi. Nient'altro.

“Oh, certo... hai perfettamente ragione. Chi si sarebbe mai aspettato di dover riconoscere Dio in una creatura del genere?

“Noto una certa ironia nelle tue parole.

“No, cosa te lo fa pensare?

Azraiel la guardò divertito.

“Il tuo tono di voce.

Michelle continuò ad osservare la volta celeste.

“Uhm... in effetti hai ragione. Non riesco ancora a modularla per bene ...

“Non è detto che sia un difetto. Almeno il tuo pensiero è chiaro.”

Michelle lo fissò negli occhi.

“Meno confidenze, Azraiel. Devo ricordarti che sei a tutti gli effetti sotto la mia responsabilità?”

“No, no! Lo so benissimo, scusa...

Michelle si guardò intorno. Nessun movimento. Tutte le persone erano barricate in casa, eccetto una sparuta minoranza di fedeli e fanatici, riversatisi in massa in alcune piazze poco distanti. L'eco delle voci, dei cori, li raggiunse, trasportata dal vento.

Michelle isolò la nenia in sottofondo, la escluse dai suoi sensi.

“Dove può essersi nascosto Raffaele? Il posto indicatoci da Zackary dovrebbe essere questo.”

Azraiel rise divertito.

“Non hai proprio spirito di osservazione.

Indicò qualcosa di fronte a sé.

“Non mi dirai che quella moto ti è nuova...”

Il volto di Michelle avvampò. Detestava essere contraddetta, specie da uno come Azraiel. Per quanto biondo e di bell'aspetto, era l'irritazione fatta a pesona. Il classico primo della classe sempre pronto a vantarsi delle sue capacità. Sempre pronto a prendere le parti della sorellina minore, anche se beccata a far uso di allucinogeni. Sospirò rumorosamente, tentando di ritrovare il controllo.

Azraiel osservò di nuovo la creatura sospesa in cielo.

“Certo che è veramente maestoso... e che luce! Dovremmo essergli grati per essersi mostrato a noi... il mondo sarà un posto migliore.”

“Tu credi? Mettiti nei panni di una persona comune. Come ti sentiresti a vivere sotto la minaccia di un essere così grande... e spaventoso?”

“Mi sentirei protetto. Come da un padre. Perché, in fondo, Egli è veramente nostro padre... ma è corretto dire Egli? Dio non ha sesso. È un ente al di sopra del mondo materiale. Queste distinzioni non funzionano...”

“Allora usa esso se proprio non sai dire niente di meglio.

“Lo terrò presente.”

Gli occhi di Michelle rimasero fissi sul terreno.

“Cos'hai? Ti fa paura? Non dovresti...

“Non sono affari tuoi. Ora portami da Raffaele. Più in fretta possibile.”

Azraiel si rassegnò. Con lei non c'era dialogo. Scrollò le spalle, poi diede un'occhiata ai dintorni. Un fischio di ammirazione sgorgò spontaneo dalle sue labbra.

“Ehi, hai notato? Ci sono molti cadaveri qui intorno... gli angeli si sono dati da fare.

La sua attenzione fu richiamata da un particolare, da un dettaglio fuori posto.

"... e non solo loro, a quanto pare."

Lo sguardo alla palazzina, ai cardini divelti.

“Quella porta è stata sfondata di recente... e ci sono tracce di sangue che portano verso l'interno. Forse ci siamo.”

Michelle non fece caso alle sue parole. Aveva notato qualcosa di più interessante. Una foglia secca. Non era accartocciata. Si chinò e la raccolse.

“Per te non c'è più tempo. Mi dispiace.”

Chiuse la mano.

Un fruscio sommesso e crepitante accompagnò quel gesto.

Il gemito di una vita spezzata.


**


“Sono stato io a sparare ad Isaac. Ne sono convinto.

Si sedette sulla branda. Raffaele si avvicinò.

“Per quale motivo ne sei così sicuro?”

“Non ne sono sicuro... ma sento che è così. Non ne capisco il motivo.”

“Ren... a volte non c'è bisogno di un motivo per essere sicuri di se stessi.”

Raffaele gli mise una mano sulla spalla.

“Devi fidarti delle tue intuizioni. Ci sono cose che la mente non può capire né conoscere. In fondo siamo animali, Ren. Siamo guidati dall'istinto prima che dalla ragione. E spesso questa è la giusta via da seguire.”

“Vuoi dirmi... vuoi forse dirmi che gli angeli... le creature che credevo di dover combattere... in realtà... erano solo immagini? Immagini sovrapposte ai miei compagni? E quindi... quindi... i miei compagni si sono uccisi a vicenda?”

“È una ricostruzione plausibile.”

“Cosa significa, Raffaele? Allora... gli angeli non esisto­no?!

“No, io non ne sono così convinto.”

Ren contrasse i muscoli, i denti premuti per la rabbia, quasi a ferire le labbra. Ogni sua certezza, ogni suo punto fisso era crollato nell'arco delle ultime... quante ore erano passate? Due? Tre? Quattro? Non aveva un orologio e aveva perso il cellulare nella fuga.

“Se sono solo illusioni...

“Poniamo per un solo momento che lo siano, Ren. Solo per un momento, okay? Ora dimmi... qual era lo scopo di quelle – per così dire – immagini?”

“Punire chi si fosse ribellato a... a...

La voce di Ren si bloccò in gola, incapace ancora una volta di pronunciare quella nome.

“Sì, insomma. Alla creatura.”

“Lo hanno raggiunto?

“Cosa?

“Hanno raggiunto il proprio scopo? Hanno causato la morte dei soldati?

Ren abbassò lo sguardo.

“Sì. Lo hanno fatto.”

Raffaele chiuse gli occhi.

“Vedo che cominci a ragionare. Anche se fossero solo immagini, sarebbero in grado di ricoprire il loro ruolo con efficacia, non trovi? Insomma, esistono.

“Mi sembra esagerato dire che...

“Svolgono il loro compito tremendamente bene, a mio parere... per cui è come se esistessero. Ma noi non possiamo essere sicuri che siano solo immagini. Forse quelli che ti hanno seguito. Ma gli altri? Puoi affermare lo stesso per loro? Ne hai qualche Prova?”

“In effetti... no.

Raffaele sorrise.

“Bene. Ora che abbiamo chiarito la questione, possiamo andare. Anzi, no... dobbiamo aspettare che Isaac si risvegli. Hai un cellulare per chiamare i soccorsi?

“L'ho perso. Tu?

“Non ne ho mai avuto bisogno. Isaac?

Ren frugò nelle tasche del suo amico. Tirò fuori un vecchio Nokia 3310. Lo schermo era incrinato, ma per il resto sembrava essere in ottime condizioni. Ren compose il 911, poi premette il tasto verde.


**


Azraiel sfondò la porta con un calcio. Si fece strada nel buio con la torcia.

“Nulla. Anche questo ufficio è vuoto. Perché non c'è nessuno?”

“Hai letto i cartelli, somaro? Questo palazzo sarà demolito tra una settimana. È logico che non ci sia anima viva!”

“Elegante e raffinata come sempre...

Azraiel aprì le ante di ogni armadio, Michelle controllò sotto la scrivania. Si rialzò sospirando.

“Neanche qui. Con questo fanno ventidue buchi nell'acqua...

“Te l'avevo detto di iniziare a controllare i sotterranei! È improbabile che si siano nascosti qui!”

“E perché, sapientone?”

“Di sotto ci sono dei magazzini e addirittura un bunker blindato antiatomico. Era il luogo migliore dove rifugiarsi. Se qualcuno è sopravvissuto a quei mostri, si è sicuramente rintanato là sotto!”

Michelle lanciò per terra un cassetto.

“Perché non l'hai detto subito?”

“Ho solo seguito gli ordini. Sei stata tu a dirmi di iniziare dai piani alti.

La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Azraiel capì che non era il caso di fare battute. Avrebbe solo peggiorato la propria situazione.

Michelle respirò profondamente, tentò di tranquillizzarsi, di non cedere all'ira.

“Va bene. Ponendo che si trovi laggiù, come lo avviciniamo? Dobbiamo assicurarci che non ci sfugga. Hai qualche idea?”

Azraiel abbassò lo sguardo.

“Forse... forse sì. Mi devi dare carta bianca, però.”

“Devo rifletterci. Non è una scelta facile, sei totalmente imprevedibile! Per quale motivo dovrei fidarmi di te?”

“Perché abbiamo lo stesso obiettivo. Noi siamo dalla stessa parte, no? Io... io sto solo cercando di essere d'aiuto. In fondo, sai bene da dove arrivo e qual era il mio compito.”

Una voce triste, irriconoscibile. Michelle rimuginò su quelle parole. Non aveva tutti i torti. Se avesse compiuto azioni avventate, sarebbe stato destinato ad altre mansioni.

Le vecchie mansioni. Aveva tutto da perdere.

Una garanzia sufficiente.

“Va bene. Ti lascio l'iniziativa. Scegli la prossima mossa.

“Per cominciare, raggiungiamo il bunker. Lì ti dirò come agire.”

I due scesero le scale più in fretta possibile. Scale, interminabili rampe di scale, corsa a perdifiato, senza nemmeno una pausa per rifiatare. Dopo pochi minuti si trovarono di fronte uno spesso portellone d'acciaio, al secondo piano sotterraneo. Azraiel fece segno a Michelle di restare in silenzio. Appoggiò l'orecchio al metallo, come per ascoltare meglio, sperando che non fosse insonorizzato. Udì distintamente una voce.

“... dannazione! Il telefono non prende!

“Già, dimenticavo... questo bunker è isolato. Dovremo uscire chiamare i soccorsi. Aspettiamo ancora mezz'ora. Magari ci troveranno prima loro.”

“Sono d'accordo. Ormai avranno fatto un censimento dei morti, si saranno accorti della nostra assenza.

Azraiel sollevò il pollice destro in segno di approvazione.

Era lui. Era Raffaele.

Parlò a voce molto bassa, in direzione di Michelle.

“Tra venti minuti. Non prima. Sarebbe sospetto se i soccorsi arrivassero proprio adesso. Dobbiamo aspettare.

Michelle lo fissò con disappunto, specchiandosi negli occhi di ghiaccio. Un sospiro pesante. Gli aveva concesso libertà di azione. Venir meno alla parola data non era nel suo stile. Abbassando lo sguardo, notò che il suo compagno aveva in mano qualcosa di strano, un piccolo oggetto di forma ellissoidale.

“Cos'è?”

“Un souvenir che ho preso là fuori. Non preoccuparti, è solo un lacrimogeno.”

Osservò l'orologio. Le otto e ventidue. Azraiel si preparò, concentrò la mente. Doveva essere rapido. Non avrebbe avuto molto tempo dopo l'apertura del portello: Raffaele l'avrebbe riconosciuto subito. Afferrò la spoletta con forza. Venti minuti. Solo venti minuti. Non erano un eternità. Doveva solo aspettare.

Michelle appoggiò la schiena alla parete, scalciando come una bambina. Un ostacolo imprevisto, nascosto dalla penombra, un secchio di metallo accatastato assieme a bastoni per le pulizie. Il rimbombo di un gong, il suono si dipana nell'aria immobile.

Azraiel imprecò in silenzio, i denti digrignati.

“Maledizione!

“Scusami, non...

“Chi è?”

“C'è qualcuno là fuori?”

Era saltato tutto. Doveva anticipare i tempi.

“Siamo i soccorsi! Apriteci!.

Fuga


“Per quale motivo mi hai chiamato, Zackary? Sai benissimo che questa non è la mia area di competenza.”

“E neppure la mia, se è per questo. Cosa ti è saltato in mente?”

L'uomo si trovò davanti due ragazze. Una, più giovane, aveva i capelli castani lunghi e gli occhi neri. L'altra portava i capelli raccolti in una treccia.

“Ho ricevuto un messaggio da Lui.

Zackary indicò il cielo, in direzione dell'entità sospesa.

“Vuole che eliminiamo coloro che l'hanno attaccato. Tutti.

“Cosa stai dicendo? Non ricordi il nostro compito?

“So benissimo cosa dobbiamo fare, Sami... ma so ancora meglio a chi dobbiamo obbedire. È o non è il nostro unico Dio?”

Sami scosse il capo, lasciando oscillare i lunghi capelli chiari.

“Non lo abbiamo mai incontrato... di persona. E se fosse solo... un sostituto?"

"Quale droga sta parlando per te, adesso?"

Sami rimase in silenzio, la mano contratta, scossa da tremiti.

"Ho smesso, altrimenti non sarei qui."

Zackary ignorò la risposta, portò lo sguardo al manto scuro della sera, intessuto di stelle.

“Egli è. Ce lo ha dimostrato, ha dato prova della propria onnipotenza. Ora spetta a noi ricambiare, compiere la Sua volontà.”

Uriah lo osservò perplessa.

“Che cosa dovremmo fare? Aspettare che Michelle torni con un superstite ed ucciderlo? Scusami, ma mi sembra una forzatura. Perché mai...”

“La prova. Non ve ne rendete conto? La prova sarebbe già superata se trovassimo qualcuno che...”

“Ho capito dove vuoi arrivare: dobbiamo prolungare i tempi di esposizione.

“Ma Gavrilo è d'accordo?”

Zackary sussultò per un istante.

“Non... non gliel'ho ancora detto. Non... non penso che capirebbe e...

“E tu vuoi davvero il nostro sostegno? Patetico.

“Agiremo solo quando avremo il benestare di Gavrilo, Michelle o Raffaele.

Zackary abbassò lo sguardo, titubante. Era già finita? Prima ancora di iniziare?

“Ascoltate, io...

Le sue parole furono oscurate dal rumore sordo simile a quello che preannuncia un terremoto. Istintivamente, portò gli occhi al cielo.


**


“... anche il Vaticano è ormai concorde nel riconoscere l'immensa creatura come Dio. La scienza non è in grado di fornire alcuna spiegazione sulla frattura celeste, né tantomeno sull'ubiquità dell'ente. Sembra che questo sia un giorno storico, amici telespettatori. Finalmente possiamo vedere il nostro creatore. Forse la sua presenza potrà portare alla rivelazione di segreti nascosti da millenni. Da oggi, la festa dell'epifania non celebrerà più solamente l'arrivo dei magi e la manifestazione del bambino Gesù. Da oggi, l'epifania sarà il giorno in cui Dio si è manifestato agli uomini in tutta la sua imponenza. Non ci sono più dubbi sull'identità della maestosa entità e...”

Gavrilo spense il televisore. Era particolarmente seccato.

"Bene, siamo a posto. Tutti felici, eh? Che bello..."

Nessuno aveva più dubbi. Senza dubbi, non esiste la conoscenza.

Senza dubbi, non si può raggiungere la consapevolezza.

Eppure...

Sospirò. La valigia era già pronta. La prossima meta sarebbe stata Los Angeles. Sperava di avere miglior fortuna.

Ripensò per un attimo a Raffaele. Era stata una buona idea mandare Michelle ed Azraiel a punirlo? Aveva infranto ogni regola presentandosi come Osservatore ad un'altra persona... però... poteva essere l'unico modo per guidarla... ed accompagnarla per mano, a superare la prova. Forse era lui ad aver sbagliato. Forse, infrangere le regole avrebbe portato un beneficio più grande di rispettarle ciecamente. Avrebbe creato dei dubbi nelle persone.

Si sedette sul letto.

Forse, Raffaele sarebbe riuscito dove lui aveva miseramente fallito. Forse, nella sua stupida, cieca ribellione aveva capito qual era la strada giusta da percorrere.

Ma ormai era troppo tardi. Non poteva annullare il suo ordine.

Non ne aveva alcuna intenzione.

Doveva prendersi le proprie responsabilità. Aveva garantito il rispetto delle regole. Venir meno alla sua promessa avrebbe potuto generare conseguenze spiacevoli.

Chiuse la valigia, si alzò dal letto, si avvicinò alla finestra. Alzò lo sguardo al cielo, alla Luna scintillante. La creatura era in silenzio da più di due ore. Avrebbe lanciato qualche altro proclama?

Un rombo di tuono scosse le fondamenta del palazzo.

Era la risposta.

L'essere era pronto a far sentire nuovamente la propria voce.


**


“Forza con quelle telecamere, Johnson! Non ti paghiamo per startene imbambolato!

“Ma... possiamo riprenderlo? Io ho paura... ho sinceramente paura che... sì, insomma... non sia giusto.”

“Johnson! Dio sta per parlare e tu... tu ti fai degli scrupoli? Fra pochi secondi siamo in diretta! Se vuoi guadagnarti lo stipendio, fai quello che ti dico!

Il tecnico fece segno che si poteva iniziare.

“Ok, pronti? Tre, due, uno... siamo in diretta!

“Buongiorno. Qui è Micheal Pistons della CNN che vi parla. Un rombo, un rumore sordo ha annunciato, come già due ore fa, che il Signore vuole mettersi in contatto con noi. Noi vi forniremo in anteprima e in diretta le immagini del discorso.”

“A cosa serve, idiota? Lo possono ascoltare tutti senza bisogno che noi trasmettiamo queste immagini! È onnipresente!”

“Johnson! Cosa stai dicendo? Stai rovinando il servizio e...

“Io ne ho abbastanza di questa situazione! Licenziatemi pure, io me ne vado!

“Johnson! Johnson! Torna qui! Dobbiamo portare a termine una diretta! Johnson!

“Umani...

La tremenda voce della creatura si fece strada nei cuori delle persone. Il giornalista si fermò come paralizzato.

“Vi ho dato tempo per riflettere... e noto con piacere che non vi è più alcun dubbio sulla mia identità. Ormai avete raggiunto la piena consapevolezza della situazione. Io sono il vostro padre onnipotente...”

Molte persone erano scese in strada per poter vedere ed ascoltare meglio la creatura. Alcuni si inginocchiarono e levarono le braccia al cielo.

“Ora che mi sono rivelato... rimarrò qui fino alla fine dei tempi. Sottoporrò il mondo al mio sguardo e al mio giudizio. Nessuno potrà sottrarsi a tale controllo. In ogni momento, sarò a conoscenza delle vostre azioni. Pensateci. Pensateci bene. L'ordine e la pace regneranno su questo pianeta... e non ci saranno più guerre. Non avrà più senso per voi disporre di un esercito. Io sarò la giustizia. Riflettete, umani. Io posso tutto, poiché io sono colui che è. Ora, porterò l'uomo ad un livello superiore persino a quello degli angeli. Avrete la possibilità di essere al mio cospetto già prima della vostra morte. Sarà come un eterno Paradiso, uomini, per chi sarà onesto e probo. Per i peccatori... sarà l'Inferno.”

L'entità rimase in silenzio.

Il suo messaggio era concluso.



**


Azraiel si guardò intorno preoccupato.

“Hai... hai sentito? Ha... ha parlato di nuovo! Ha detto cose tremende! Il libero arbitrio è finito! Finito!”

“Frasi scontate e senza effetto. Ora calmati. Dobbiamo aiutare i superstiti.

“Uh, cosa...

Michelle gli fece segno di stare in silenzio. Il portellone si aprì lentamente.

“Ci avete trovato, finalmente! Ci avete messo un po' troppo.

“Ren, non essere ingrato...

Raffaele aprì completamente la porta. Si irrigidì alla vista dei soccorritori.

“Voi! Ma...

Azraiel strappò la spoletta e lanciò il lacrimogeno verso l'interno del locale.

“Cos'è quella?”

Ren si lanciò a terra istintivamente. Una tremenda esplosione scosse le fondamenta del palazzo. L'onda d'urto scardinò il portone blindato. Fumo e calcinacci riempirono la stanza. Per molti, lunghissimi, secondi calò un silenzio irreale. Azraiel si rialzò a fatica. Era riuscito a ripararsi dietro alla porta, ma era stato scaraventato a terra dalla violenta deflagrazione. Si era procurato solo alcune ferite superficiali.

Ma era il suo spirito ad essersi infranto.

Si sentiva un perfetto idiota, aveva scambiato una granata per un fumogeno.

Cercò di localizzare le altre persone.

“Mi... Michelle? Ci sei? Puoi... puoi rispondermi?

Un rumore alle sue spalle, la lenta reazione di un corpo umano. La ragazza era riversa a terra, maglia e pantaloni ricoperti da strappi e tagli. Ferite superficiali, nulla di grave. In fondo, era alle sue spalle al momento della detonazione.

“Sono un imbecille! Ho commesso un errore tremendo. Me ne assumo la responsabilità e...”

“Stai... zitto...

La ragazza aprì gli occhi, li spalancò per un secondo.

“Occupati... occupati di Raffaele. Io sto bene.

Azraiel annuì con un cenno del capo, eseguì l'ordine.

Un passo, un altro passo. Una lenta progressione verso l'interno del rifugio. La granata era esplosa dietro ad una schiera di credenze di metallo, che aveva in parte assorbito l'onda d'urto. Una parete di cartongesso aggiunta in tempi recenti si era sgretolata, aprendo l'accesso ad un ampio locale. Un magazzino, probabilmente.

Lo sguardo vaga a destra, a sinistra, in cerca di segni di vita. Un brivido gelido lungo la schiena, una goccia di sudore freddo.

"Dimmi che non li ho ammazzati, ti prego..."

Un crepitio. Qualcosa si stava muovendo. Azraiel si voltò di scatto, la mano a cercare il coltello. Una figura fece capolino tra i calcinacci, scostando i frammenti caduti dal soffitto. Era un soldato, a giudicare dall'uniforme. Praticamente illeso.

Ren tossì più volte, liberandosi della polvere, impugnò il mitra, si nascose rapidamente dietro una seconda credenza, ancora parzialmente intatta.

Azraiel non badò a lui. Non era quello il motivo della sua presenza. Si chinò con calma sul pavimento, tastando i detriti con lentezza esasperante.

Rimosse alcune lastre di metallo accartocciate, nel silenzio più assoluto.

Percepì un respiro.

"È qui."

Iniziò a scavare con foga, a rimuovere i calcinacci, sperando nel miracolo.

Già, un miracolo. Nessun morto, solo feriti. Non poteva essere una coincidenza.

Lui era intervenuto.

"Raffaele!"

Il volto affiorò da sotto la catasta, ansimante, in cerca di ossigeno puro. Azraiel lo prese per mano, lo aiutò a rialzarsi. Raffaele incespicò, perse l'equilibrio, stabilizzò la posizione. Era visibilmente affaticato. Il suo corpo era coperto di tagli ed escoriazioni. Uno sguardo sbigottito ad accoglierlo, argento e zaffiro riflessi l'uno nell'altro.

“Tu... cosa vuoi da me? Perché hai lanciato quella bomba?”

“Ho sbagliato, dovevo solo stordirti, mi dispiace...

Raffaele piantò i piedi a terra, ripulì la giacca strappata, sollevando nubi di polvere biancastra.

“Ti manda Gavrilo, vero?

“Sì, esatto. Sai anche perché?”

Raffaele chiuse gli occhi.

“Ho infranto le regole. Ne sono cosciente. Ma è stato per una buona causa!”

“Lascia giudicare lui. Vieni con me, ti porterò al suo cospetto, così, se sei nel giusto, potrai chiarire la tua posizione...”

“Non mi muovo da qui. Ho trovato... un umano che potrebbe superare la prova. Devo solo condurlo sulla via giusta! È il nostro compito!”

“Il nostro compito era semplicemente controllare che tutto andasse come previsto. Non dovevamo interferire in alcun modo!

“Ha... ha capito! Lui... sta prendendo lentamente coscienza. Può raggiungere la consapevolezza, ma non da solo! Ha bisogno di una guida!”

“Raffaele, per favore... non fare storie... non costringermi a...

La voce tuonò nel bunker, il ruggito di un leone in gabbia.

“Fallo, allora! Forza, uccidimi! Ho infranto le regole degli Osservatori, no? Gli ho detto che noi non siamo esseri umani comuni, gli ho rivelato che siamo in sette! Inoltre, sa anche che possiamo metterci in contatto con Dio, che possiamo celare o schiudere selettivamente i nostri pensieri a ognuno di noi!

“Perché? Queste informazioni non... non hanno niente a che vedere con la prova! Niente!”

Ren ascoltò con attenzione, senza muovere un muscolo, il fucile in mano. Una strana tranquillità pervadeva il suo corpo, intorpidiva i suoi sensi, impedendogli di agire, di sparare allo sconosciuto. Di tentare la fuga.

Solo un pensiero attraversava la sua mente, una certezza impossibile da ignorare.

Raffaele stava mentendo. Non gli raccontato nulla di tutto ciò.

Azraiel scosse il capo, trattenne una lacrima, paralizzato dalla sorpresa.

“Per favore, Raffaele! Dimmi che almeno non gli hai rivelato...

“Come ucciderci? Sì, gli ho detto anche quello!”

“Allora... non mi lasci altra scelta. Mi dispiace, fratello...

Azraiel estrasse un coltello dalla giacca scura, puntò al cuore, un colpo preciso. Raffaele non ebbe il tempo di spostarsi, solo di sgranare gli occhi, di spalancare la bocca per la sorpresa. Il metallo si fece strada attraverso la carne, estirpando la vita dal corpo immobile. Azraiel rimase fermo per un secondo, la mano stretta attorno all'impugnatura.

"... non avrei voluto doverlo fare."

Uno scatto del polso, l'arma estratta con un gesto rapido. Fiumi di sangue sgorgarono dalla ferita, innaffiando il pavimento di rosso scarlatto. Raffaele crollò in ginocchio, prima di accasciarsi a terra.

E lì restare.

Ren trasalì, si voltò dall'altra parte, la calma interiore scomparsa, l'agitazione a farla da padrone, il dito tremante sul grilletto. Raffaele gli aveva dato un'altra informazione.

Forse era un bluff, forse era tutto falso.

Però, ora, i suoi avversari avrebbero dovuto giocare a carte scoperte.

Raffaele trovò la forza di sollevare il capo, di ruotarlo in direzione di Ren. Uno sguardo paterno, quasi sollevato, un'aura di pace serena.

Si spense sorridendo.

Ora Ren sapeva tutto quello di cui aveva bisogno.

Ostaggio


Non aveva ancora trovato una risposta al perché di quel gesto. Cosa lo aveva convinto ad entrare nel centro cittadino? I sensi di colpa? O, forse, la consapevolezza di aver sbagliato? Gavrilo si guardò intorno. I membri di una troupe televisiva stavano litigando in modo acceso.

“La mia diretta! Hai rovinato la mia diretta! Ma ti rendi conto di quello che hai fatto, pezzo di imbecille? Tu e la tua fede religiosa!

“Dio non ha bisogno di essere ripreso per parlare al mondo!

“Johnson! Fino a prova contraria, tu sei alle mie dipendenze, maledizione! Questa è l'ultima che combini!”

“Ho fatto ciò che mi suggeriva la mia coscienza. Sono solo coerente con me stesso!”

Si fermò ad ascoltarli. Era curioso di vedere come sarebbe andata a finire.

“Per me quello, prima di ogni altra cosa, è una notizia! Che sia una divinità o meno, ha poca importanza!”

“Dovresti avere più rispetto per chi ti ha creato!”

“Ho rispetto per mia madre, se può interessarti, non per quel mostro!”

“Quel mostro?! Stai bestemmiando! Spero che i suoi angeli ti puniscano!

“Come osi? Io...

Una forte esplosione interruppe i loro discorsi. Proveniva dal palazzo a fianco.

“Cosa succede? Che è accaduto?”

“Potrebbe essere un'altra notizia! Se mandi a monte anche questo scoop, è la volta che...”

“Allora sei proprio stupido! Potrebbero esserci dei feriti! Andiamo a controllare!

Gavrilo ebbe un sospetto. Non poteva permettere ai giornalisti di entrare in quel palazzo. C'era solo un modo per impedirlo.

In un istante, si frappose tra loro e l'ingresso, le braccia aperte, a mo' di croce.

“Aspettate! Sono un volontario di pronto soccorso. Vado avanti io. Se ci sono dei feriti gravi, non posso permettervi di accendere le telecamere. Potrebbe non essere un bello spettacolo...

“Cosa stai dicendo? Il diritto di cronaca prima di tutto e...

“Ha ragione. Rimaniamo fuori. Là sotto non possiamo fare nulla!”

“E il mio scoop da prima pagina?

“Aspetterà.”


**


Azraiel aiutò Michelle a rialzarsi. Il suo coltello cadde per terra.

Ho... eseguito l'ordine. Cosa dobbiamo fare, ora? Il nostro compito è terminato, vero? Possiamo tornare da Gavrilo?”

La ragazza riuscì a mantenere l'equilibrio. Camminava con le sue gambe.

“Non è finita. Voglio... voglio parlare con quel soldato, quello che Raffaele era venuto a cercare... è urgente.”

“Non ti affaticare, lo cerco io. Deve essere ancora in zona. L'ho visto nascondersi dietro ad una credenza.

Si voltò. Il pugnale era sparito.

“Maledetto!

Ren aveva approfittato di un momento di distrazione. Lo vide correre a perdifiato verso un'uscita secondaria che probabilmente si apriva su una rampa di scale per i piani superiori. Azraiel scattò in avanti, gettandosi all'inseguimento. Michelle lo seguì subito dopo. Ren correva, correva a più non posso. L'esplosione aveva rivelato la vera natura di quel posto, demolendo una parete divisoria che separava il locale da un vano posteriore. Forse il rifugio era caduto in disuso ed era stato riciclato come magazzino. O forse no. Ren non aveva tempo per rifletterci sopra, doveva studiare la situazione. Quanto diavolo era grande realmente quel bunker? Sembrava fatto per ospitare circa quaranta persone.

Questo giocava a suo favore. Avrebbe avuto più luoghi dove nascondersi.

Raggiunse una porta secondaria, la spalancò, assicurandosi di non essere nel campo visivo dei suoi inseguitori. Invano. Michelle udì distintamente il rumore della serratura.

“Ha aperto la porta, Azraiel! Fermalo! Se lo perdiamo adesso, ritrovarlo sarà impossibile!"

“Guarda che ci arrivo anche se non me lo dici tu!

Azraiel tentò di inquadrare il bersaglio. Aveva perso il contatto visivo. Era solo il rumore dei passi a guidarlo verso la preda. Raggiunse la maniglia, la premette con forza. Nessuna resistenza. La porta era solamente appoggiata. Azraiel la aprì con cautela.

"Ci siamo."

Un grido alle sue spalle. Si voltò all'improvviso.

“Eh?"

Michelle con un braccio attorno al collo, Ren deitro di lei, il coltello in mano. La punta a pochi centimetri dalla schiena della ragazza, all'altezza del cuore. Un'espressione soddisfatta sul viso del soldato.

Era riuscito a prenderli alla provvista. Aveva solo finto di salire le scale.

Non muoverti, ragazza. Posso ucciderti quando voglio. Metti le mani dietro la schiena e prometto che non ti farò assolutamente nulla. Lo giuro.”

“Michelle! Cosa...

“Stai zitto, Azraiel!

Azraiel rimase immobile come uno stoccafisso, incapace di reagire. Michelle abbassò le braccia, seguì gli ordini. Ren le legò i polsi con del nastro isolante, immobilizzandola.

Azraiel protese il braccio in avanti.

“Io..."

“Vattene. La lascerò libera quando sarò abbastanza lontano.”

“Non posso permetterti di...

"No!"

Il fuoco divampato nelle iridi, la voce di Michelle a spezzare il dialogo.

“Fai quello che dice!

“Come?

“Fai quello che dice. Ha vinto lui questa volta. Torna da Gavrilo e spiegagli la situazione. Non puoi combinare nulla di sensato, adesso.

Rassegnazione, vergogna, ira. Un crogiolo di emozioni e sentimenti ad avvampare il volto del giovane.

“Va bene.

Ren strinse la presa attorno al collo, fissò Azraiel negli occhi.

“Ora voltati e cammina. Ricordati che la tengo sotto tiro.

“Lo terrò presente.”

Venti, trenta secondi di attesa. Il tempo necessario per vederlo sparire, aldilà del muro, in direzione del bunker.

"Perfetto."

Un forte strattone, Michelle spinta con forza.

"Ehi! Cosa..."

"Tu vieni con me. Sei la mia garanzia sulla vita."

Prima che Michelle potesse obiettare, Ren la trascinò nel vano delle scale, diretto ai piani superiori.

Voleva abbandonare quella costruzione il prima possibile.


**


Gavrilo aveva ispezionato il magazzino provviste, senza alcun risultato. La bomba non era esplosa lì. Raccolse alcuni bossoli. C'era stata una sparatoria. Accese la torcia e illuminò la zona in corrispondenza dei reperti. Tracce di sangue. Come aveva fatto a non accorgersene? Le seguì. Forse, lo avrebbero portato a Raffaele. Azraiel aveva ordine di ascoltare le sue ragioni prima di eliminarlo, quindi era molto probabile che fosse ancora vivo. Doveva raggiungerlo per chiarire una volta per tutte la situazione. Aveva commesso un errore stupido e forse era già troppo tardi per rimediare... ma doveva tentare.

“D'altronde, nessuno è infallibile...”

Continuò a seguire le tracce ematiche. Portavano al piano di sotto. Scese le scale, la luce della torcia ad illuminare la via.

Strabuzzò gli occhi.

Un portellone blindato scardinato dall'onda d'urto, mattoni, calcinacci, polvere, lamiere accartocciate. Aveva trovato il luogo della deflagrazione.

Entrò. Altro sangue per terra. Molto sangue.

Troppo.

"No, no, no..."

Un istante di disperazione, la consapevolezza di essere arrivato troppo tardi.

E il volto senza vita di Raffaele a fissarlo negli occhi.

Uno sguardo inquisitore cementato dal rigor mortis.

Gavrilo ingoiò un boccone di saliva, respirò profondamente, ritrovò se stesso.

"Tutto... come previsto."

Sopra le brande erano ammassati cumuli di macerie. Li smosse con entrambe le mani, la torcia appoggiata ad un mobile intatto. Caddero a terra con un frastuono indescrivibile. La prima branda era vuota.

Passò in rassegna la seconda, prestando attenzione a non guardare verso il cadavere.

Verso le sue iridi d'argento, cariche di indignazione. E il ghigno animalesco disegnato tra le labbra violacee.

Notò una mano spuntare dai calcinacci. Li smosse delicatamente, con prudenza, sperando che chiunque fosse, stesse bene. Dopo un paziente lavoro, osservò la vittima. Era un ragazzo, aveva circa vent'anni. Aveva i capelli neri come l'ebano e la pelle chiara. Era ferito gravemente, necessitava di cure al più presto. Ma respirava ancora? Gavrilo avvicinò l'orecchio al petto. La risposta era evidente.

Sorrise.

Ora era il suo turno di fare qualcosa. Non poteva lasciarlo solo.

Un'eco di grida lontane spezzò la magia del momento. Le urla di una ragazza.

"Michelle?!"

Si alzò, superò di gran carriera la parete divisoria, in un vano tentativo di raggiungerla. Prima di incontrare un ragazzo biondo, dagli occhi d'oceano.

“Azraiel! Cosa significa tutto questo? Dov'è Michelle?”

“Ga... Gavrilo! Beh, vedi, io, insomma... un soldato l'ha presa in ostaggio e lei... lei mi ha ordinato di andarmene, di seguire i suoi ordini.

“Era il soldato che ha parlato con Raffaele, vero?

“Esatto.”

“Capisco. L'esplosione... a chi è saltato in mente di far saltare in aria questo posto? A lui?”

Azraiel abbassò lo sguardo.

“No. È stato un mio errore. Ho scambiato una granata per un lacrimogeno.”

Uno schiaffo a mano aperta sulla sua guancia, le cinque dita impresse con furore sulla pelle diafana.

“Un errore del genere... da te, poi! Non me lo sarei mai aspettato. Mi hai deluso, Azraiel.

Parole di ghiaccio, più dolorose di una lama nel cuore, dello schiaffo stesso. Azraiel si massaggiò il volto, smarrito. Terrorizzato.

“Immagino... immagino che dovrò tornare alle mie vecchie mansioni, vero?”

Gavrilo lo fissò negli occhi. La sua espressione era severa e non dava adito a repliche.

“Non ancora. Voglio darti un'ultima possibilità. Vedi questo ragazzo, Azraiel?”

“Sì. Non mi sembra in buone condizioni...”

“Voglio guidarlo verso la comprensione. Lui è un altro candidato valido.”

Azraiel lo squadrò con perplessità.

“Gavrilo! Questa è un'infrazione bella e buona. È la stessa ragione per cui ho dovuto uccidere Raffaele! Non mi costringere a fare la stessa cosa con te!”

“Raffaele aveva ragione. Non dovevo darti quell'ordine, me ne sono reso conto troppo tardi... ma ora è tempo di rimediare. Intraprenderemo la stessa strada. Spesso è necessario allontanarsi dalle regole per capire quanto esse siano sbagliate...”

Eh, no! Non funziona così."

Un coltello estratto dalla tasca, il manico impugnato nella mano sinistra, la lama a tre centimetri dal mento di Gavrilo.

"Facciamo un patto. Tu lo guiderai senza infrangere le regole ed io ti seguirò, okay? Se dirai qualcosa che non sei tenuto a rivelare... sai cosa ti aspetta.”

“Va bene. È giusto che sia così.”

Azraiel ripose il coltello, abbozzò un ghigno compiaciuto.

"Andata. Diamoci da fare."

Svitò le gambe della branda per formare una rudimentale barella, aiutando Gavrilo a sollevarla. Prima di lasciare lo stabile, dedicò ancora uno sguardo a Raffaele, al suo viso angelico. Al sorriso pacifico reso immortale dal trapasso.


**


“Zackary... sei sicuro di quello che mi stai dicendo?

“Sì. È un'ordine dall'alto. Non metterei mai in dubbio la parola del Signore.”

“Ma... arrivare fino al punto di tradire Gavrilo..."

La ragazza racchiuse la testa tra le braccia, tentando di non impazzire.

"No, non me la sento! Non... non posso!

“Non abbiamo tempo per farci degli scrupoli. Se qualche essere umano superasse già la prova... noi a cosa serviremmo? Dobbiamo aspettare ancora un po', dar loro tempo di redimersi, di affrontare la situazione da un altro punto di vista. Non possiamo permettere che, a meno di tre ore dalla Sua comparsa, qualcuno sia già in grado di vedere le cose come stanno. La consapevolezza deve essere raggiunta poco per volta.”

La seconda ragazza intervenne.

“Su questo potrei anche essere d'accordo, Zackary. In effetti, sarebbe troppo semplice se qualcuno ne venisse a capo in così poco tempo. Hai ragione. Ti aiuterò a portare a termine il tuo piano.”

“Voi due siete completamente pazzi! Dobbiamo agire come squadra, non come singoli. Non è una partita di calcio. Il nostro scopo è ben più elevato. Non riesco proprio a capirvi... se qualcuno superasse la prova adesso, non sarebbe meglio per tutti?”

Zackary la fissò negli occhi.

“Assolutamente no. Non per Lui, almeno.

“Devi scegliere. O sei con noi, o sei con Gavrilo.

La ragazza indietreggiò. Erano in un luogo isolato. Nessuno avrebbe potuto sentirla gridare. Però poteva scappare. Poteva sfruttare il fattore sorpresa, non si sarebbero resi conto subito della cosa.

“Zackary... cosa ti è successo? Non eri stato tu a proporre una rapida soluzione per...”

“Ho cambiato idea. Ora voglio sapere cosa ne pensi tu.

Doveva riflettere, e in fretta.

“Sei con noi o contro di noi?

La seconda donna la aggredì con una domanda diretta.

“Io... io...

“Con noi o contro di noi? Rispondi!

“Io... io non so se...

“Devi solo dire o no. Non mi sembra difficile.”

Zackary si era portato in una posizione tale da prevenire una sua possibile fuga. Era braccata. Si fece coraggio. Ormai non aveva più nulla da perdere.

“Io sono... contro di voi. La mia fedeltà a Gavrilo non si discute.”

"E la tua fedeltà a Michelle? Anche quella è fuori discussione?"

Un brivido gelido,

“Ho capito. D'altronde, sei sempre stata così. Era prevedibile. Una stupida senza spina dorsale. L'erede di Azraiel, ti chiamavano. Quanta fiducia malriposta."

"Io, io..."

"Bene, nessun problema. Rifugiati nei tuoi begli antidepressivi in pillole, quelli che prendi ogni volta che ci affidano un incarico del genere! Sei solo un'idiota, ti hanno sempre usata! Quante volte sei stata svilita, umiliata per lasciare spazio al magnifico Gavrilo? E alla reginetta Michelle? Devo mostrarti l'elenco completo o lo capisci da sola che sei nel torto?

La ragazza rimase in silenzio, sull'orlo di una crisi di nervi. Zackary rincarò la dose, con un tono – se possibile – più gelido.

“Vorrà dire che il nostro numero si ridurrà ulteriormente di un'unità... se parlerai.”

Si avvicinò, la tirò per i capelli, obbligandola a fissarlo dritto negli occhi.

“Uno di noi seguirà il superstite, ammesso che ce ne sia uno, e lo eliminerà. Sono stato chiaro? In caso questo piccolo particolare ti sfugga con Gavrilo o chi per lui... beh, ti lascio immaginare le conseguenze. Pensaci bene.”

Zackary e la donna si allontanarono. Avevano notato una nuvola di polvere in avvicinamento. Era Azraiel, sulla sua stramaledetta moto. Si fermò a pochi metri da loro, sollevando la visiera del casco.

“Ehi, Zack! Uriah! Sami! C'è bisogno di voi, là in centro. Gavrilo ha trovato un altro possibile candidato e... oh, insomma, mi ha ordinato di venirvi a chiamare. Tutti. Presto, non c'è tempo da perdere!”

Egoismo



Il palazzo disponeva di un'uscita sul retro. Ren era stato particolarmente fortunato, dopotutto. Il suo ostaggio si era chiuso in un silenzio ostinatodal momento della cattura. Non aveva detto più nulla.

“Il tuo nome è Michelle, vero? Ho sentito il tuo amico chiamarti così...”

Non rispose. Con lei non c'era dialogo.

“Senti, io non ho nulla contro di te, ma devo pensare a sopravvivere, non so se puoi capirmi. Essere sventrato come Raffaele non rientra nei miei piani.

“Sei così sicuro di te stesso... e così egoista allo stesso tempo.”

“Preferivo quando non parlavi...

“Le parole possono fare più male del coltello che tieni in mano. Sono un'arma affilata.”

Ren non fece caso a ciò che diceva. Stava solo cercando di trovare la strada più semplice per tornare alla caserma a piedi.

“Non hai dimenticato proprio nulla nel bunker?

“Perché questa domanda?”

“No, niente, voglio solo vedere se sei veramente così egocentrico da esserti dimenticato di qualcuno...”

“E di chi dovrei essermi...

Ren si fermò di colpo.

“No, non è possibile... non è vero! Non... non posso...”

“Fattene una ragione. L'hai lasciato morire sotto le macerie.

“E tu come fai a saperlo? Potevo benissimo essere solo.

“Non puoi ingannarmi, Ren. Là sotto hai lasciato qualcuno che si fidava ciecamente di te.”

La voce di Michelle assunse quasi un tono crudele. Sorrise compiaciuta, era riuscita a modularlo alla grande, in quell'occasione.

Ren si coprì il volto con una mano.

“Isaac.

“Come dici? Ti è tornato in mente?”

“Il mio migliore amico. Era con me, prima dell'esplosione. Come ho potuto... dimenticarmene?

“Penso si chiami istinto di sopravvivenza... un retaggio del mondo animale. È ovvio, hai dato precedenza alla tua incolumità e così...”

“Stai zitta! Zitta!

“La verità è scomoda, a quanto pare.”

Ren rimase in silenzio. Riprese il cammino, senza voltarsi indietro.

“Dove stiamo andando? Dove mi vuoi portare?

Il ragazzo lo osservò. Capelli ondulati ramati, occhi verdi, freddi. voleva ricordarsene bene il volto. In caso fosse fuggita, l'avrebbe potuta ritrovare con facilità.

“Non te lo dirò fino a quando non saremo arrivati. Se, come mi ha detto Raffaele, voi siete in contatto con l'entità ed essa è in contatto con voi... è ovvio che se ti dico qualcosa, tutti gli altri lo sapranno.”

“Raffaele ti ha detto un mucchio di bugie. Noi siamo persone normali. Abbiamo solo uno scopo in comune.

“Sarà... comunque sono dell'idea che la prudenza non sia mai troppa.”

Ren la trascinò per vie secondarie. Dopo il secondo discorso di Dio, la gente era tornata a chiudersi in casa. Non c'era nessuno in giro.

“Ehi, è ancora molto lontano?”

“Non posso dirti nulla. Hai forse paura?

Michelle sembrava ansiosa. C'era qualcosa che la turbava.

“Non vuoi stuprarmi, vero? Per favore, dimmi che non sei quel tipo di persona...

“Non ne ho la minima intenzione, se è questo che ti preoccupa. Ho dato la mia parola che non ti avrei fatto nulla. Ti avrei anche già lasciata andare, se non fosse che temo per la mia salute, in questo caso. Il tuo amico, Azraiel, mi ha dato idea di essere un tipo che non si arrende. Di sicuro si sarà messo sulle nostre tracce.”

“Raffaele ti ha davvero rivelato come uccidermi?

“Sì.”

Un tremito malcelato, terrore viscerale venuto allo scoperto, una breccia nel controllo emotivo. Ren mantenne un'espressione seria, senza lasciar trapelare la soddisfazione

Ottimo bluff, Ren... congratulazioni!

Ora era certo che l'uomo gli aveva detto la verità, sotto un certo punto di vista. Michelle sembrava veramente preoccupata. Temeva per la propria vita. Solo questo la teneva legata a lui.

“Sono già le nove e mezza, pensi di proseguire anche col buio?”

“Non penso che ti possa interessare.

“Mi fa male una gamba. Sono rimasta ferita nell'esplosione, non ho avuto ancora tempo di controllare se è grave.”

“Non è un mio problema. Se tu non avessi cercato di uccidermi, non saresti in questa situazione. Lo sai.”

Si era fatta catturare come una stupida, con un trucco vecchio come il mondo. Come era stato possibile?

Ren sbuffò indispettito, rimase immobile per un istante.

“Stai cercando di rallentarmi, vero? In realtà non hai neanche una sbucciatura al ginocchio. Quale sarebbe la gamba che ti fa male?”

“La destra... ti prego, fermiamoci un attimo, non ce la faccio più!”

“Dove saresti ferita?

“Penso... penso al ginocchio... non ho avuto tempo di...

Ren si avvicinò, si chinò, le strappò i pantaloni all'altezza del ginocchio destro. Neppure un'escoriazione.

“Come sospettavo. Solo una farsa. Se volevi farmi perdere tempo, ci sei riuscita.

“Non è come pensi... il mio compito è...”

“Guidarmi? No, quello era il compito di Raffaele. E ci stava riuscendo benissimo. Grazie a lui ho compreso molte cose. Ho iniziato a rendermi conto di come gli angeli fossero solo illusioni. I miei compagni si sono uccisi a vicenda, credendo di sparare a quelle creature. Un trucco. Solo uno sporco trucco. In meno di un'ora... beh, ho raggiunto una consapevolezza maggiore di quanto io non abbia fatto in ventiquattro anni di vita.

Michelle divenne rossa in volto. Un colpo diretto alla sua autostima.

“Tu non ne sei capace. Se c'è qualche egoista qui... non sono io, Michelle. Trai le conclusioni.”

La ragazza rimase in silenzio. Imbarazzo, vergogna, senso di inadeguatezza. Un blocco psicologico impossibile da aggirare.

Lo sguardo di Ren fu attirato da una jeep abbandonata al lato della strada. Le chiavi erano ancora inserite nel quadro comandi. Doveva essere uno dei veicoli abbandonati al momento della comparsa di Dio.

“Penso che la prenderò in prestito...”

Ren obbligò Michelle a salire, poi si mise al posto di guida. Accese il motore. Un rombo familiare lo accolse con calore.

“Finalmente qualcosa che va per il verso giusto...

Ingranò la retromarcia, si immise sulla strada principale, poi premette l'acceleratore e partì.


**


Isaac aprì gli occhi. Si sentiva bene. Non avvertiva più alcun dolore.

“Dove... dove sono? Ren? Raffaele?

“Rilassati... è tutto a posto. Sei tra amici.”

Un uomo alto, dai capelli castani, emerse dal nulla, dominando il suo campo visivo.

“Immagino che tu ti stia ponendo molte domande... io sono qui per rispondere.

“Chi sei?

“Mi chiamo Gavrilo. Non è importante sapere altro di me.”

Il ragazzo annuì, si mise a sedere, tentò di alzarsi dal letto. Sembrava che tutte le sue ferite fossero state risanate. Controllò il suo corpo, tentando di venire a capo dell'enigma.

“Che posto è questo? Non mi sembra un ospedale...”

“Non lo è, infatti.”

Isaac scrutò con attenzione l'ambiente circostante. Era in una camera completamente bianca. Le pareti erano spoglie. Non sembravano esserci finestre. Solo una porta, alle spalle dell'uomo presentatosi come Gavrilo.

“Non ci capisco più niente... Ren dov'è? È vivo vero?”

“Sì, te lo garantisco. Non gli è stato torto un capello."

"È qui?"

"No."

Gavrilo gli pose una mano sulla spalla, le iridi scure sollevate al soffitto.

"Cosa ne pensi degli angeli?”

Isaac tremò, per un unico istante. Raccolse i suoi pensieri, tentò di riformularli in modo coerente.

“Esistono.

“Solo questo?

“È la cosa più importante.”

“Ne hai avuto prova?

Gavrilo iniziò a camminare all'interno della stanza, muovendosi avanti e indietro senza una meta precisa.

“Intendi dire... i mostri di fango? No. Quelli non sono stati una prova per me. Anzi.

Gli occhi dell'uomo si illuminarono.

“Ho idea che siano solo illusioni. Non ne ho prova, intendiamoci... ma prima di essere colpito da uno di loro... ho visto Ren. Al posto suo. Non ci ho fatto caso, inizialmente... ma mentre dormivo ho fatto un sogno.

“Vuoi descrivermelo?

“No, perderebbe solo di significato. L'unica cosa importante... è che nel sogno mi sono reso conto... di aver sparato al mio miglior amico. Inizialmente pensavo che fosse solo una farsa, un gioco malato creato dalla mia mente... però, riflettendoci, ho capito che era andata veramente così. Non so perché... ma ne sono convinto.”

“Fidarsi del proprio intuito è pericoloso, Isaac. Porta a conclusioni sbagliate. È la ragione la via per la comprensione.”

“Non ne sono così sicuro. Ora mi sento come se tutto mi fosse chiarissimo, non so perché... è come se fossi in grado di comprendere ogni cosa. È una sensazione... difficile da descrivere”

Seguimi, allora.

Isaac camminò verso di lui, tentando di colmare la distanza. Gavrilo aprì la porta. La stanza assomigliava ad una sorta di magazzino seminterrato.

Un'espressione indecifrabile si formò sul suo volto.

“E così... ti è tutto più chiaro?”

“Sì. Riesco a distinguere il vero ed il falso, senza alcun problema. Non riesco a capire come sia possibile.”

“È per questo motivo che ti fidi di me? Perché sei sicuro che io non ti abbia raccontato menzogne?”

“Sì, esatto.”

Gavrilo percorse un lungo corridoio, che terminava con un ascensore.

“Vuoi passare dalle scale o utilizzare quello? Ti avverto che dobbiamo salire parecchio.

“Quanti piani?

“Dieci, per ora.

“Ascensore. Senza ombra di dubbio.

“Come desideri.

Entrarono nella cabina. Gavrilo premette il pulsante del decimo piano. Le porte si chiusero. Un ronzio metallico accompagnò la salita del macchinario. Isaac rimase in silenzio in un angolo. Dopo circa un minuto, sentì il campanello.

Erano arrivati.

Le porte si aprirono. La stanza era completamente buia.

“Che scherzo è questo, Gavrilo?”

“Nessuno scherzo. Te lo garantisco.

Isaac lasciò la cabina, immergendosi nelle tenebre.

Un ronzio elettrico, le porte dell'ascensore si richiusero. Gavrilo era rimasto all'interno.

“Ehi, cosa significa questo? Perché mi hai lasciato solo?”

“Non sei solo...

Una voce sconosciuta dalle tenebre.

Una voce inumana.

"Cosa..."

Le luci si accesero improvvisamente. Un grido di orrore.

Dieci angeli di fango, le spade scintillanti, lo sguardo omicida. Isaac crollò a terra per lo spavento, gattonò all'indietro. La mano colpì un oggetto metallico, a pochi centimetri di distanza. Il suo mitra. Gavrilo doveva averlo raccolto e averlo lasciato nella stanza. Imbracciò l'arma, i nervi tesi, la mente pronta ad un'ultima, disperata, difesa. Scaricò una sventagliata di proiettili verso le creature, sperando di spaventarle, di farle arretrare.

Il risultato fu esattamente l'opposto.

Gli angeli lo imitarono. Sguainarono la spada, liberando una miriade di dardi luminosi. Isaac non riuscì ad evitarli tutti. Braccia, gambe e torso furono attraversati dai dardi, macchie rosse sui muri candidi, un urlo di dolore. Isaac rimase in piedi, arretrò solo di un passo. Le ferite erano marginali, nulla di serio.

"Non... non avete una bella mira, eh?"

Gli angeli seguivano i suoi movimenti con lo sguardo, spostandosi in modo speculare. Ad ogni suo movimento, le creature rispondevano, senza sparare.

Erano come in attesa di un segnale.

In attesa di finirlo.

Un tremore improvviso della mano, l'indice preme il grilletto. Una raffica scaricata a terra, sul pavimento.

Una pioggia di dardi in risposta, angolata allo stesso modo, a forare le piastrelle. Uno sguardo di scherno nelle orbite vuote.

Isaac trattenne un urlo, tentò di fermare la paura. Lo stavano provocando. Stavano cercando di fargli perdere la pazienza. Esseri di fango ripugnanti, capaci solo di ripetere...

Ripetere.

Ripetere.

Ri...

All'improvviso, tutto fu chiaro.

Sparò alcuni colpi in aria. I mostri brandirono la spada nella stessa direzione.

Isaac spalancò la bocca, meravigliato.

Lo imitavano. Lo stavano solamente imitando.

La mente prese il controllo, eliminò le reazioni dall'equazione. La verità a portata di mano. L'intuito come unica guida.

Isaac lanciò l'arma a terra, rimase immobile.

Le creature vibrarono, si contorsero, tentennarono per un istante. Un istante solo. Una nuova ondata di vigore, i corpi pulsanti di rosso sanguigno, le ali membranose estese. Movimenti coordinati, dieci copie dello stesso modello, le lame sguainate, pronte a calare su di lui come ghigliottine.

Ma non aveva importanza.

Lui era pronto.

Si disposero in cerchio attorno al ragazzo ed alzarono le spade.

Isaac chiuse gli occhi ed attese.

Non tentò nemmeno di evitarle.


**


“Sei in silenzio da oltre mezz'ora... è un evento di portata storica, questo. Vuoi forse farmi credere che sono riuscito a zittirti?”

Michelle non rispose. Ren si concentrò sulla strada. Non mancava molto ormai. Altri venticinque minuti e sarebbe arrivato a destinazione. Lì avrebbe potuto liberarsi di lei senza troppi problemi. Non sarebbe mai riuscita a ricordarsi la strada. Per precauzione, stava passando solo per vie secondarie. In realtà, il tragitto era molto più breve. Sarebbe bastato seguire la strada principale per meno di un quarto d'ora. La jeep aveva ancora benzina sufficiente. Un brutto rumore proveniente dalla posteriore sinistra lo costrinse a decelerare. Uno schiocco inatteso, una sbandata improvvisa. Ren controsterzò, spinse con forza il pedale del freno, bloccò la corsa del veicolo.

“Che diavolo...

Scese a controllare. Il semiasse posteriore era andato. Aperto a metà.

“Ora capisco perché era abbandonata! Altro che comparsa di Dio... era da rottamare! È già tanto che non si sia rotta prima."

Un sospiro rassegnato.

"Ci toccherà farcela a piedi.”

Michelle scese dal sedile del passeggero, senza proferire sillaba.

“Vedo che hai capito. Muoviamoci, ora. La strada è ancora lunga. Temo che dovremo accamparci.”


Frontiera



Una moto sfrecciava velocemente per le strade della città. La traccia era ancora fresca, Michelle doveva essere nei paraggi. Il motociclista si fermò ad esaminare la situazione. Si tolse il casco. Una marea di capelli castani si riverso sulle sue spalle.

Sami sospirò.

Non era semplice individuare il fuggiasco, neppure per una come lei. L'esperto era Azraiel, ma, per qualche motivo, Gavrilo lo aveva voluto tenere con sé, al palazzo bianco. Anche Uriah era rimasta lì. Zackary, invece, si era reso irreperibile. Nessuno sapeva dove fosse. Aveva isolato la sua traccia, eliminato ogni collegamento. Non sarebbero riusciti a trovarlo contro la sua volontà.

Senza Raffaele e Michelle si era generato il caos: Gavrilo era rimasto da solo a gestire la situazione. Per questo motivo era così importante ritrovare il sequestratore e liberare l'ostaggio.

Indossò nuovamente il casco. Aveva trovato delle tracce fresche di pneumatici. Per fortuna, la moto di Azraiel era particolarmente veloce. Era stato gentile a prestargli anche la sua tuta. Almeno, se fosse caduta, non si sarebbe fatta troppo male.

Scrollò le spalle.

In fondo, Azraiel era l'unico a cui sembrava importare qualcosa di lei. L'unico ad averla difesa dalle accuse di Michelle. L'unico ad averla aiutata ad uscire dalla sua tossicodipendenza.

Allacciò il casco, ruotò l'acceleratore due o tre volte, lasciando ruggire il motore. Le impronte portavano verso un dedalo di vie e viuzze secondarie.

Il fuggitivo sapeva come nascondersi, poco ma sicuro.

Abbassò la visiera e partì a tutta velocità.


**


“Dai, su, dì qualcosa... mi dispiace averti zittito così.”

“Tu credi in Dio?

Ren fu colto alla sprovvista.

“Forse.

Forse non è una risposta. Questa domanda ammette solo un sì o un no.”

“Diciamo che ero agnostico, ok? Prima delle diciotto di oggi ero completamente, perfettamente agnostico. Ma ora, se dovessi dirti... non so più a cosa credere. Passami quel picchetto per favore.”

La ragazza glielo porse.

“Siamo stati fortunati. Siamo in una zona collinare e abbiamo trovato uno spiazzo erboso dove fermarci. Inoltre, in quella jeep mezza scassata c'era una tenda da campeggio. Almeno non dormiremo all'aperto.

“Così da non vederlo anche di notte?”

“Pungente come al solito, eh? Spero di avere ancora un po' di nastro isolante...

“Perché non proseguiamo? Hai detto che manca poco.”

“Poco se hai quattro ruote, un volante ed un motore a disposizione. Ho paura di perdermi, ora come ora. La mia torcia non fa luce a sufficienza.

Michelle si sedette per terra. Aspettò che Ren finisse di montare la tenda. Dopo dieci minuti, l'opera era compiuta.

“Finito. Abbiamo un riparo per la notte. Entra dentro, forza.

La ragazza eseguì l'ordine e si sistemò nella tenda. Si sdraiò su un materasso ad aria, prima che Ren le legasse nuovamente i polsi. Poi, si sentì afferrare la caviglia.

“Ehi, cosa stai facendo?

“Prendo precauzioni. Potresti tentare la fuga, non posso permettertelo.

Ren le legò assieme le caviglie con il nastro isolante. Non sarebbe riuscita ad alzarsi in questo modo.

“Sai proprio come trattare una ragazza, non c'è che dire. Dove la porti la tua fidanzata, quando uscite assieme? Alla discarica?”

Il soldato si fece serio.

“Non sono stato io a chiedere di essere coinvolto in questa storia. In quel bunker ho perso il mio miglior amico per mano tua e di quell'altro svitato con i capelli biondi. Ti sembra veramente così strano che io cerchi di impedirti di scappare o, peggio, di accoltellarmi nel sonno? Ora cerca di dormire. Domani mattina ti slegherò i piedi, così potrai camminare liberamente.”

Michelle rimase in silenzio. Ren entrò nella tenda e chiuse la porta con le cerniere, assicurandole con un lucchetto trovato assieme all'attrezzatura. Si sdraiò sul secondo materassino. La ragazza tentò inutilmente di trovare una posizione comoda per la notte. Invano.

"Se ti promettessi di non fuggire, mi libereresti almeno le mani?"

"Con le mani libere, potresti staccare il nastro dai piedi. Non sono così stupido."

"Ma io voglio... aiutarti."

"Sì, come no? Notte."

“Il mio compito ora è guidarti come avrebbe fatto Raffaele. Ne sono cosciente. Lui avrebbe voluto così.”

“Tu dici... gliel'hai forse chiesto?

“No, ma se eri importante per lui, allora lo sei anche per me. Il nostro obiettivo era lo stesso.

“Può darsi, ma non mi sembra che tu sia in grado di reggere il confronto. Anzi, mi sembri particolarmente poco adatta allo scopo. La tua presenza non mi ha portato alcun beneficio, per ora. Solo seccature.”

“Se lo dici tu... comunque, secondo me hai paura della creatura. Paura di proseguire a piedi sotto il suo sguardo, vero?

“Incute timore. Anche se c'è qualcosa che non mi convince... un particolare che non riesco a focalizzare. Ho come l'impressione che mi sfugga qualcosa.”

“Prima o poi riuscirai a capire cos'è che non va. Non farti troppi problemi.”

“Ne riparliamo domani. Buonanotte.

Ren chiuse la mente. Non voleva più pensare, per il momento. Prima di chiudere anche gli occhi pronunciò alcune parole sottovoce.

“Buona notte, Isaac.


**


Zackary raggiunse la periferia. Era riuscito a sfuggire al suo inseguitore. Si fermò per riprendere fiato. Non sarebbe stato facile far perdere le proprie tracce. L'aveva veramente seminato? Poteva esserne così sicuro? Osservò il cielo. Dio si ergeva maestoso sopra la sua testa. Avrebbe potuto aiutarlo questa volta?

Come per risposta, un fremito percorse tutto il suo corpo.

“Aaaah! No, non ho ancora fallito! Il mio piano procede perfettamente!

Si inginocchiò, la testa stretta tra le mani.

“Sì, lo so, non avrei dovuto allontanarmi, ma Gavrilo... avrebbe potuto sondare le mie intenzioni non potevo permetterlo, capisci?”

La sua testa pulsava in una maniera tremenda. Il dolore si stava lentamente impadronendo di lui.

“È tutto pronto! Tutto! Devo... devo solo attendere il momento adatto. Però... però prima devo liberarmi... di Azraiel. Mi sta inseguendo! Non so per quanto tempo riuscirò a sfuggirgli!”

Il suo volto si contrasse in una smorfia di dolore.

“Aaaah! Va bene, va bene! Mi fido! Continuerò a fuggire!”

Si accasciò a terra. Dopo una decina di secondi, si rialzò a fatica. La situazione era chiarissima. Doveva agire... e in fretta. Ogni minuto che passava, si faceva sempre più concreto il rischio di una sconfitta. Iniziò a correre, senza una meta precisa. Si sarebbe nascosto da qualche parte, il dove non era importante. Era fondamentale riuscire a confondere il suo inseguitore ed ostacolarne il percorso in ogni modo. Egli aveva bisogno lui. Ne era sicuro. Era il solo a conoscere il Suo segreto. Lo aveva capito. Lo aveva estrapolato dal discorso di Raffaele. Non era stato semplice, ma tassello dopo tassello aveva ricostruito il puzzle. Ormai la sua collaborazione e il suo silenzio erano indispensabili.

“La prima parte dell'operazione è riuscita perfettamente. Ora devo completare l'opera.”

Sentì un rumore di passi, insistente, ravvicinato. Alle sue spalle.

“Dannazione!

Zackary si mise a correre più rapidamente possibile.

Azraiel.

“Zackary! Perché fuggi?”

“Stai lottando dalla parte sbagliata, fratello!

No, no! Stupido! Non sprecare fiato, pensa a fuggire!

Azraiel era molto più allenato di lui. Aveva ridotto significativamente la distanza che li separava.

Perché mi sono fermato? Avrei dovuto continuare la mia corsa!

Solo cinquanta metri impedivano all'inseguitore di raggiungere la preda.

Non posso farmi catturare proprio adesso! Non ora! Aiutami, ti prego!

Un rombo di tuono squarciò il silenzio della notte. Una voce millenaria aveva risposto all'appello.

“Così sia.”

I coni sulla schiena della creatura si illuminarono ed iniziarono a pulsare in modo continuato. Una decina di sfere di fango precipitarono sul terreno, alle spalle di Zackary.

“Cosa diavolo... perché questa reazione? Tu ne sai qualcosa, vero Zack?”

Non si voltò per rispondere. Continuò a correre, correre quasi senza respirare. Le sfere di fango presero forma di angeli e sbarrarono la strada ad Azraiel. Sguainarono le spade.

“Ehi! Questo non era previsto! Cosa significa?

Gli angeli si avvicinarono minacciosi. Le loro lame brillavano in modo sinistro, così come loro, circondati da una fredda aura bianca che risplendeva nelle tenebre della notte. Azraiel gettò il giaccone a terra ed estrasse il coltello dal fodero. Non lo avrebbero fermato così facilmente.


**


Isaac attese. Attese per molto tempo. Ma non successe nulla.

Riaprì gli occhi.

Gli angeli erano scomparsi. Si guardò intorno. Non c'era più alcuna traccia di loro.

Era confuso, disorientato.

Non aveva la minima idea di cosa potesse essere successo. Le porte dell'ascensore si aprirono con estrema lentezza. Gavrilo varcò la soglia, un accenno di sorriso sul volto impassibile.

“A quanto pare, hai superato la prima prova. Ne sono contento. Vuol dire che ho visto giusto.

Isaac strinse il pugno, i muscoli contratti, i denti digrignati

“Perché mi hai lasciato da solo con quei mostri? Perché?”

“Dovevo essere sicuro che tu fossi adatto. Evidentemente, la tua comprensione ha superato le mie aspettative. E pensare che eri partito così male...”

Gavrilo si avvicinò, lo fissò intensamente.

“Dimmi... li vedi?

“No. Siamo soli.

“Non è esatto. Loro sono ancora tra noi.”

Isaac arretrò di un passo.

“Cosa significa? Non riesco a capire...

“Ti ripeto che loro sono ancora qui, vicino a noi, e ti stanno ferendo con le loro lame.

Isaac si guardò nuovamente intorno.

“Uno di loro ti ha appena colpito al cuore.

Il ragazzo si allontanò, terrorizzato.

"C... cosa..."

Buio in sala, una luce rossa penetrante, il bianco spazzato via, cancellato. Gli angeli ricomparsi, in cerchio, le spade affondano nella carne, a più riprese, squarciando la pelle, le ossa. Urla di dolore, di panico. Isaac chiuse gli occhi.

Li riaprì.

Erano spariti.

E lui era illeso.

“La paura in effetti può allontanarci dalla consapevolezza, ma sembra che tu l'abbia superata con successo. Complimenti.”

Isaac scosse il capo, tastò incredulo il proprio corpo. Nessun taglio, nessun graffio. Nemmeno una goccia di sangue.

“Gavrilo... cosa significa? Devo saperlo!

“Sei sicuro di non conoscere già la risposta, dentro di te?”

Isaac si appoggiò al muro, tremante, la psiche a pezzi. Si tastò la spalla ferita dai dardi degli angeli. Non vi era il minimo segno di bruciatura.

"Iiiisaaaaaac!!!!"

Una voce stridula, inumana. Isaac alzò lo sguardo.

Una schiera di angeli, le spade vermiglie, le piaghe riaperte, gli arti spezzati.

Abbassò lo sguardo.

Le tracce ematiche erano sparite, le ferite sanate, le gambe ben salde.

All'improvviso, le sentì cedere, il pavimento si tinse di rosso, risate di scherno, grida rauche di giubilo.

Alzò gli occhi. Gli angeli erano scomparsi.

Li abbassò. Le sue gambe erano illese.

Poco per volta mise a fuoco i dettagli, tentando di ritrovare la logica.

Invano.

“Allora, hai capito, finalmente?

“No. È tutto così... strano.”

“Che spiegazione ti sei dato?

Isaac si sedette per terra, la schiena adagiata sul muro candido.

“Gli angeli... non esistono, vero? O meglio, lascia che mi spieghi... possono ucciderti solo se non li consideri come illusioni, giusto?

“Sii più preciso.”

“Quando ho chiuso gli occhi, la prima volta, ero sicuro che fossero solamente illusioni, così come quelle del magazzino. Per questo sono scomparsi. Poi sei arrivato tu, dicendomi che in realtà mi stavano massacrando. Mi sono spaventato e ho assistito esattamente alla scena che mi avevi descritto. Quando mi sono convinto che non era possibile, che era solo un gioco malato della mia mente, sono scomparsi di nuovo. Ho come l'impressione che perdano la loro consistenza, che non possano più nuocerti in alcun modo, se riesci a comprendere la loro vera natura...”

“Può darsi... prenditi ancora un po' di tempo per riflettere. Ora dobbiamo salire di altri dieci piani. Scale o ascensore?”

“Scale.

Gavrilo sorrise.

Finzione


Angeli di fango smembrati, sparpagliati sull'asfalto. Lame spezzate, ali strappate. Nessuna luce nelle orbite vuote. Azraiel rinfoderò il coltello, la rabbia prese possesso del suo corpo.

Zackary era riuscito a fuggire.

Chiuse gli occhi. Doveva riuscire ad isolare la sua traccia, tra i milioni, miliardi di segnali che intasavano la sua mente.

Un giramento di testa, la mano portata alla fronte.

C'era una sorta di rumore di fondo, un fastidioso ronzio sensoriale che gli impediva di concentrarsi. Il suo intuito stava lavorando di nascosto, tentando disperatamente di dirgli qualcosa.

Ma cosa? E a che proposito?

Un rumore improvviso lo ridestò.

Gli angeli.

Integri.

Pronti ad ucciderlo.

“Non è possibile...”

Non diede loro tempo di riorganizzarsi. Le lame balenarono nel buio, aprendosi la strada nel fango secco. Le creature stramazzarono a terra, prima di poter sollevare la spada.

“Mi stanno facendo perdere troppo tempo. Zackary ormai sarà lontano e... ehi!”

Gli scarti di fango si raddensarono, gorgogliando, assumendo nuovamente una forma compatta.

“Nessuna creatura può ristabilirsi così in fretta. C'è qualcosa che non va...”

Osservò il terreno. Ogni traccia di terra o sabbia era scomparsa. Ogni frammento, ogni singolo pezzo strappato a quei mostri.

"Non posso ucciderli all'infinito..."

Doveva ripiegare. Da predatore era dunque divenuto preda. Era lui a dover fuggire ora. Incominciò a correre. Le creature urlarono in coro, si alzarono in volo, si misero in formazione.

Prima di calare su di lui, come uno stormo di corvi affamati.


**


Ren non riusciva a dormire. La sua mente era affollata da troppi pensieri. Isaac, Raffaele, Dio, gli angeli, Michelle... qual era il nesso che li univa?

Doveva essercene uno

La ragazza si era assopita abbastanza in fretta. Avrebbe potuto ucciderla nel sonno o andarsene lasciandola lì, ma aveva dato la sua parola. Strinse il pugnale che aveva rubato ad Azraiel. Era quello l'unico modo per ucciderla? Se sì, in che modo? Il suo compagno lo aveva utilizzato per trafiggere il cuore di Raffaele. Di sicuro, quel metodo avrebbe funzionato... ma ne esistevano altri? Ren osservò attentamente l'arma. Sembrava un normalissimo coltello da sopravvivenza. Nulla di eccezionale, nulla di esotico.

“Non potrebbe essere tutta una farsa? Forse era solo un modo per confondermi. Magari sono persone comuni che stanno giocando ad interpretare i Cavalieri dell'Apocalisse... ma nel loro macabro gioco hanno coinvolto anche me. Non so cosa pensare...

Si concentrò sui rumori lontani della città. Non doveva esserci molta gente in giro. La paura del Signore aveva imposto una sorta di coprifuoco spontaneo.

Un suono più forte si impose sugli altri.

Un suono regolare, ripetuto, graffiante.

Ascoltò meglio.

Udì distintamente il motore di un veicolo, forse una moto. Si stava avvicinando.

Troppo velocemente.

Afferrò il mitra, controllò i proiettili. Se fossero stati individui ostili, avrebbe dato loro filo da torcere. Gli erano rimasti tre caricatori e mezzo. Il veicolo era sempre più vicino.

Ren appoggiò il dito sul grilletto.

Improvvisamente, tutto tacque.

Ren attese per un qualche minuto, senza muovere un muscolo.

Silenzio assoluto.

Guardò l'ora. Le quattro di notte. Decise di non aspettare oltre.

“Svegliati, Michelle. Si parte. Forse siamo seguiti... e non ho intenzione di dare nessun vantaggio a chi mi sta cercando.

Le liberò le caviglie con il taglierino. La ragazza rispose con un sonoro sbadiglio.

“Chi ti dice che io non voglia essere raggiunta? Liberami e fuggi, se vuoi.

“Ho ancora bisogno di un ostaggio.

"Tu ne hai bisogno. Non io."

Le puntò il coltello al cuore, arrivando quasi a sfiorare la pelle. Michelle sgranò gli occhi, spaventata.

“... hai vinto. Ti seguo.

Si alzò svogliata dal materassino. Non aveva altra scelta.

“Dobbiamo fare in fretta.

“E come, se hai a disposizione solo una torcia?

“Me la farò bastare. Forza, in marcia. Lasceremo la tenda montata, così chiunque sia sulle nostre tracce perderà un po' di tempo ad ispezionarla.”

Michelle nascose un sorriso compiaciuto.

Non dovevi dirmelo, Ren... ora lo sanno tutti. Nessuno si fermerà a controllarla.

“Va bene. Fai strada, allora.

Iniziarono a farsi strada nel buio. Il cielo era illuminato dalla luce della Luna e dall'aura del Signore, in confronto alla quale l'astro d'argento risultava oscurato. Ren aveva una vaga idea di dove fosse la caserma. Avrebbe dovuto proseguire verso nord per almeno sei, sette chilometri, prima di trovare una strada carrabile. Avrebbe potuto fare l'autostop a quel punto. In questo modo, Michelle sarebbe rimasta all'oscuro di tutto fino alla fine. Non sarebbe potuta risalire alla loro destinazione. Accelerò l'andatura. Chiunque li stesse inseguendo, possedeva un mezzo di locomozione. Per fortuna, la zona era parecchio accidentata. Avrebbe dovuto seguire il percorso stradale ordinario, mentre a piedi loro avrebbero potuto tagliare più di metà del percorso. Se la sorte fosse stata dalla loro parte, non sarebbe mai riuscito a raggiungerli.


**


“Scale? Per quale motivo?

“Mi sono reso conto di essere salito troppo in fretta. Se avessi percorso un piano per volta, forse... forse non mi sarei trovato in quella situazione, giusto?

“Esatto. Impari in fretta. Effettivamente... al primo piano avresti incontrato un solo angelo, al secondo due, e così via. Per questo ho storto il naso quando hai scelto di utilizzare l'ascensore. Temevo non saresti sopravvissuto.”

Gavrilo aprì la porta, iniziò a salire i gradini.

“Ehi, un momento! Prima questa porta non c'era! Da dove...

“Troppe domande. Risponderai poco per volta.

Una persona li attendeva ferma sul pianerottolo successivo. Era una ragazza.

Pelle mulatta, tratti europei. Capelli neri acconciati in una coda. Camicia bianca, gonna nera. Un'espressione seria sul viso

“Gavrilo, non ti aspettavo così presto. Hai fatto in fretta.”

“Uriah... Isaac ha già raggiunto un buon grado di comprensione. Ormai non manca molto. Presto capirà tutto.”

“Ne sei sicuro? Potresti anche esserti sbagliato.

“Infatti. Il prossimo piano tocca a te. Non deludermi.

Isaac non riusciva ad afferrare l'argomento della conversazione.

Cosa avrebbe dovuto capire? E chi era quella donna?

Uriah si produsse in un inchino servile.

“Il mio compito è guidarti, Isaac. Noi sappiamo tutto di te. Fidati di noi.”

Il ragazzo sembrava disorientato.

“Che posto è questo? Non ho mai visto un luogo del genere...”

Gavrilo rimase in silenzio. Non aveva senso rispondere a quella domanda, in quel momento. Doveva arrivarci da solo.

“Segui Uriah all'undicesimo piano. Ricordati che devi attraversarne altri nove, dopo. Io ti aspetterò al tredicesimo. Ci vediamo più tardi.”

“Aspetta! Cosa dovrei fare ora?

“Quello che ti dirà Uriah.”

La ragazza sorrise.

“Bene. Ora sei sotto la mia tutela. Avanti, non aver paura.

Isaac raggiunse il pianerottolo. Uriah aprì una porta.

“Entra. Non chiedermi cosa ti aspetta, perché non so risponderti. L'unico che ne è a conoscenza...”

Il ragazzo varcò l'uscio.

“... sei tu.

La porta si richiuse alle sue spalle. La stanza era vuota e spoglia, come la precedente. Al suo interno si trovava solamente una persona. Aveva qualcosa di familiare. Era un uomo dai capelli rossi. Portava un giaccone beige con il collo alto. Si voltò verso Isaac. Le sue iridi avevano lo stesso colore dell'argento.

“Così, mi hai raggiunto. Strano che tu in questa stanza abbia incontrato proprio me. Chissà per quale motivo, poi... non mi aspettavo di poterti parlare.”

“Chi sei? Io ti ho già visto.”

“Sono quello che ti ha salvato nel magazzino provviste. Forse mi ricorderai... mi chiamo Raffaele.

Isaac lo osservò con attenzione. Era lui, non c'erano dubbi.

“Se sei qui, comunque, vuol dire che abbiamo qualcosa in comune.

“Ren.

Raffaele sorrise.

“Può darsi.”

“Come sta? Ne sai qualcosa?

“L'ho perso di vista, ma dovrebbe essere vivo e in buona salute. Sta seguendo il tuo stesso percorso, Isaac, solo... in modo diverso.

La sua voce infondeva tranquillità. Era come aver incontrato un amico di vecchia data. Raffaele si esibì in un ampio gesto, accarezzando l'aria immobile, senza seguire un percorso preciso.

"Alla fine, hai capito tutto. Ora sai cosa sono gli angeli.”

“No, non è vero. Mi sono solo fatto un'idea.”

“Un'idea corretta, a quanto pare.

“Non sono esseri viventi, vero?

Raffaele si fece scuro in volto.

“Mi aspettavo una conclusione più profonda. È una domanda o un'affermazione?”

“Una domanda. Insomma... sono solo immagini? Oppure sono esseri più complessi?”

“Sono sicuro che tu sia arrivato a comprendere la natura del problema, ma non riesca a trovare le parole per dirlo.

Isaac abbassò lo sguardo.

“In effetti, penso sia così.”

“Prova ad esternare le tue supposizioni.

“Loro... loro vivono solo fino a quando noi crediamo che siano esseri viventi. Altrimenti diventano invisibili e non possono ferirci in alcun modo. È come se fossero... se rappresentassero le nostre paure. Fino a quando non le superi, continuano a tormentarti. Ecco, ci sono riuscito.”

“Ora posso essere d'accordo con te. Esatto. Hai fatto il primo passo.

“Vuoi dire che ci ho azzeccato?

“Non ci sei andato distante."

Raffaele respirò profondamente, gli occhi d'argento fissi sul ragazzo.

"Voglio rivelarti una cosa. Io non li vedo, né li ho mai visti. Dall'inizio, intendo. Ho osservato il cielo curioso, seguendo lo sguardo degli altri. Ma non ho visto assolutamente nulla. Nessun angelo di fango, nessuna creatura del genere.”

“Allucinazione collettiva?

“Qualcosa di più profondo. Solo chi è venuto a conoscenza della verità non li vede. È una sorta di percorso di purificazione, non so se capisci cosa intendo.”

“Forse... forse adesso sì.”

“Bene. Il nostro dialogo può considerarsi concluso. Passa pure al piano superiore. Non ho altro da dirti.”

“Ma non mi sembra di aver fatto nulla.

“Tu non vedrai più gli angeli. Questo ti sembra poco? Ora... solo ora questo è vero. Prima ne eri quasi conscio, ma quasi non era abbastanza. Sarebbero potuti apparire per brevi istanti. Ora non più. Sono definitivamente scomparsi. La tua vista è libera dalla loro presenza.”

Raffaele si mosse verso di lui. Il giaccone si scostò. Isaac non riuscì a credere a quello che stava vedendo. Il suo cuore era trafitto da un coltello. Dalla ferita aperta continuava a sgorgare sangue. Il ragazzo impallidì.

“Raffaele! Il tuo...

Il suo interlocutore proseguì, imperturbabile.

“Non è importante.”

“Ma come...

Raffaele alzò la voce.

“Non sento dolore, fidati di me. Piuttosto, chiediti fino a dove puoi arrivare a dubitare. Pensa in grande... e tutto ti sarà chiaro.”

“Cosa intendi dire? Per favore, sii più preciso! Non lasciarmi nel dubbio!”

“Devi cercare di non dare nulla per scontato. Devi distaccarti dai luoghi comuni e dalle certezze assolute. Crea il tuo personale punto di vista... e fidati di te stesso. Fidati del tuo intuito, più di ogni altra cosa.”

“Gavrilo mi ha raccomandato di fare il contrario.

Raffaele rise.

“Gavrilo non sarà mai in grado di capire quanto meraviglioso possa essere l'istinto! È il suo limite. Non l'unico, ma forse il più importante. A questo proposito, devo chiederti un favore.”

“Dimmi... se posso fare qualcosa...

“Cerca di guidarlo, di portarlo al superamento di questo suo difetto. Te ne sarà grato, forse non subito, però...”

“Prometto che ce la metterò tutta, ma tu... stai morendo, non è vero? Nessuno può sopravvivere a lungo nelle tue condizioni!”

“Non ti preoccupare per me, per il mio cuore...

Fece ancora qualche passò, aprì la porta, invitando il ragazzo ad uscire.

“Io sono già morto.”

La porta si chiuse alle sue spalle.

Raffaele era sparito, lasciando in Isaac un enorme senso di vuoto.

Realtà


Non li vedeva più. Erano spariti, completamente. Come se non fossero mai esistiti. Era effettivamente così? Aveva combattuto delle illusioni?

Tutto ciò era un illusione?

Gli angeli, le spade, il fango... tutto?

“Calma... cerchiamo di ragionare. Dopo che mi sono detto ehi, Azraiel, nessuna creatura può agire in questo modo, lo sai... loro sono spariti dalla mia vista, ma non subito... solo quando me ne sono effettivamente convinto. Ho visto il mio coltello passarlo da parte a parte senza la minima reazione... e ora questo... cosa significa? Allora... questo vuol dire che...

Azraiel alzò gli occhi al cielo. Non vedeva più alcuna delle creature di fango. Non vedeva più nulla. Assolutamente nulla.

“... non è possibile... sono... scomparsi. Tutti.”

Si fermò, appoggiandosi al muro.

“No, non ha assolutamente senso! Gavrilo... mi ha forse preso in giro? Devo chiederglielo... è di vitale importanza! Anzi, no...”

Strinse il pugno, i muscoli contratti in uno sforzo tremendo.

“Devo trovare Zackary, altrimenti sarò condannato a tornare ai miei vecchi incarichi... e non voglio che ciò accada. Voglio voltare pagina.”

Si concentrò sulla traccia del fuggitivo, con esito negativo. Qualcosa, o qualcuno, la stava nascondendo ai suoi sensi.

Non sapeva dove andare.

Scrollò il capo.

“A questo punto, tanto vale tornare da Gavrilo e spiegargli tutto. Coraggio...


**


Sami si fermò per fare il punto della situazione. Li aveva persi. Non riusciva più a rintracciare Michelle. Il collegamento era costante, ma non riusciva ad estrapolare nulla di interessante dalle sue parole. Aveva trovato una jeep abbandonata e una tenda, ma nessuna indicazione su dove i due potessero essere diretti. Se non li avesse trovati, Gavrilo l'avrebbe probabilmente punita. In fondo, lei era una figura minore nel panorama complesso degli Osservatori. Era solo una sorta di pedina, da muovere solo in caso di necessità. Era considerata così da tutti. Solo Azraiel la rispettava. Era di gran lunga più importante di lei, ma pur sempre agli ordini di Michelle, Gavrilo e Raffaele. Quei tre potevano fare il bello e il cattivo tempo.

Scosse la testa.

Ormai erano solo in due.

Raffaele era stato ucciso. Per ordine di Gavrilo.

Si rimise il casco. Considerava Azraiel come una sorta di fratello maggiore, in virtù della loro somiglianza, dei loro compiti. Azraiel. L'unico ad averla aiutata. Ad averla sostenuta.

Il mostro, il demone - come lo chiamava Michelle. Negli altri incuteva timore. In fondo era...

Prese la cartina. Non era il caso di ricordare un passato che voleva lasciarsi alle spalle. Cercò di ricostruire il percorso del soldato. L'unica meta plausibile sembrava essere la caserma. Si trovava ad una quarantina di chilometri da lì.

Abbassò la visiera.

Se perdi l'orientamento, ogni possibilità va valutata.

Inforcò la moto. Doveva provare.

Accese il motore. Era l'unica possibilità e...

Girò la chiave.

No, a ben vedere, ce n'era un'altra.

Doveva solo cambiare mezzo di trasporto.

Era un'idea folle, ma il gioco valeva la candela.

Anche perché a piedi non avrebbero mai raggiunto quel centro di addestramento.

“Che stupida! Come ho fatto a non pensarci? Ora è tutto chiaro. Devono per forza agire in questo modo, se vogliono arrivare lì.”

Riaccese la moto e si diresse verso il centro cittadino a tutta velocità. Aveva una pista da seguire.


**


“Manca ancora molto?

“Non posso dirti nulla.

Michelle si muoveva a fatica tra i cespugli e i rovi.

“Non c'era una strada più agevole?”

“Anche se ci fosse stata, non l'avremmo seguita. Comunque, non lamentarti. Fra poco raggiungeremo la strada carrabile, poi vedremo cosa fare.

“Tanto sai che sono sulle mie tracce, vero?

“Sì, ma finché non ti rivelo nulla, sono sicuro che non avranno alcun indizio sulla mia meta.”

Michelle sorrise in silenzio. Stava imparando in fretta. Forse Raffaele aveva veramente trovato il modo di guidarlo prima della sua scomparsa. Lei non poteva essere da meno. Era al suo stesso livello nella gerarchia degli Osservatori, se non più in alto. Doveva riuscire dove lui aveva fallito, altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato. Chiuse gli occhi. E se qualcun altro l'avesse preceduta? Qualcuno come Azraiel? La sua autorità sarebbe stata messa fortemente in discussione.

Azraiel.

Un brivido di freddo le attraversò la schiena.

“No, lui... lui no... per favore...

“Cosa stai farneticando? Che vuoi dire?

La ragazza si riprese.

“Uh? No, nulla, nulla... sono problemi miei. Non ti impicciare. Piuttosto...

Alzò lo sguardo al cielo. Una Luna spettacolare illuminava il loro cammino. Era al massimo del suo splendore, piena come non mai.

“... hai notato com'è bella la Luna, questa notte?”

“Vuoi prendermi in giro? Cosa pensi che mi importi della...

Anche Ren alzò lo sguardo. Il sangue gli si gelò nelle vene.

“Cosa diavolo...

L'astro d'argento era completamente oscurato dall'imponenza di Dio.

Non era visibile dalla loro posizione.

“Per un momento ci ho quasi creduto. Volevi solamente distrarmi.

“Pensala come vuoi...

Sorrise di nascosto. Aveva gettato il primo seme. Ora la pianta doveva germogliare.

“E smettila di sorridere! Mi metti ansia...

Camminarono in silenzio per più di mezz'ora. Finalmente, Ren udì il confortevole rumore dei motori delle auto che percorrevano una strada asfaltata. Erano le cinque e ventidue del mattino. E l'uomo iniziava faticosamente a riprendersi il mondo, nonostante la presenza del Creatore.

“Ci siamo.

“Cosa intendi fare, ora? Non abbiamo un veicolo!

“Non ancora.

“Non vorrai...

“Niente di così drastico.”

Tagliò il nastro che legava i suoi polsi.

“Per quale motivo mi hai liberato?

“Non posso fare l'autostop insieme ad una ragazza ammanettata. Come minimo, ci prenderebbero per evasi. Ho il documento che attesta la mia appartenenza all'esercito, ma sai com'è... nessuno farebbe salti di gioia a dare un passaggio ad un carcerato.”

“Cosa ti fa pensare che io non cerchi di fuggire?

Il tono di voce di Ren si fece cupo.

“Se tu ci provassi, ti ucciderei prima.

Osservò la strada.

“Forza, vai là sul ciglio della carreggiata e metti bene in mostra quel pollice.”

“Perché dovrei farlo io?”

“Devo ricordarti chi è l'ostaggio?”

Sospirò. Non poteva farci nulla. Doveva eseguire i suoi ordini.

La sorte era evidentemente dalla loro parte: dopo neanche dieci minuti, un'utilitaria guidata da una ragazza si fermò.

Ren si fece avanti.

"Scusi, avremmo bisogno di un passaggio, se per lei non è un disturbo."

“Dove siete diretti?

Il ragazzo mostrò il tesserino di riconoscimento.

“Alla caserma che si trova a circa trenta chilometri da qui, in direzione nord. Sono un soldato. Devo rientrare il più presto possibile, ma sfortunatamente il mio veicolo è in panne e così...”

“... e così hai cercato di passare il tempo con qualche ragazza di facili costumi...”

Michelle la fissò con lo sguardo più truce possibile.

“Ah, scusami, non è così? Perdonami, allora... solo che hai i capelli completamente in disordine e gli abiti strappati. Ho tratto le conclusioni sbagliate, capita.”

Ren sorrise.

Ben ti sta.

“Ad ogni modo, posso aiutarvi. Io sto andando proprio in quella direzione... solo che non potrò lasciarvi lì davanti. Mi fermerò alcuni chilometri prima.”

“Nessun problema, chiederemo un altro passaggio.

Ren salì al posto del passeggero. Volse lo sguardo verso il cielo. La Luna era completamente oscurata dal Signore. Michelle non avrebbe mai potuto vederla. Cosa significava?

Il rombo del motore interruppe il flusso dei suoi pensieri e lo riportò alla realtà.


**


“Come sarebbe a dire l'ho perso? Non ti avevo raccomandato di...

“Sì, Gavrilo, sì. Ma non sono riuscito a seguirlo. Alcuni angeli mi hanno sbarrato la strada.”

Gavrilo scrollò il capo, incredulità negli occhi marroni.

“Com'è possibile? Sai benissimo che...”

Si fermò. No, non era esatto. Lui sapeva benissimo. Azraiel era all'oscuro di tutto. Doveva rimanerlo, per il bene degli Osservatori.

“... che sono solo illusioni? L'ho scoperto da solo. Giusto mezz'ora fa. Per quanto volevi tenermelo ancora nascosto?

Gavrilo fu colto di sorpresa.

Questo non era previsto...

Scrollò il capo, nervoso come non mai.

“Ho colto nel segno, vero? Ma aspetta, non è ancora finita. Il peggio deve ancora arrivare, fratello. Vuoi sentire cos'altro ho scoperto? Non puoi più nascondermi nulla. Ho raggiunto la piena comprensione. Ora so.”

“Ne hai fatto parola con qualcuno?

“No. Solo con te.

“Tieni la bocca chiusa, allora!

Gavrilo lo fissò negli occhi.

“Sto guidando un ragazzo per permettergli di tagliare lo stesso traguardo. Non accennare a ciò che pensi di sapere. Potresti traviarlo!”

Lo sguardo di Azraiel era tagliente come una lama di ghiaccio.

“Perché nascondermi la verità? Non ero degno forse di essere considerato al tuo livello? Solamente per il mio ruolo scomodo? In fondo, mi avete fatto entrare negli Osservatori solo per questo. Per non avermi come nemico.”

“Calmati, non è assolutamente vero! Io ho sempre avuto un profondo rispetto per...”

“Solo belle parole, Gavrilo. Avevo il diritto di conoscere ogni dettaglio prima dell'inizio della prova. Chi altro era a conoscenza di tutto ciò? Parla!”

“Solo io, Raffaele e Michelle. Nessun altro. Uriah, Sami e Zackary non erano tenuti a sapere...

“Come immaginavo.

Azrael sfoderò due coltelli e gliene puntò uno al cuore. I suoi occhi azzurri ribollivano di collera.

“Non è una situazione piacevole, vero? Non avrei mai pensato di doverlo fare, fratello. Mi hai profondamente deluso.”

Gavrilo si appiattì alla parete. Azraiel lo aveva messo con le spalle al muro.

“Spesso sono stato considerato una seconda scelta. Troppo spesso. Nonostante ciò, nessuno ha mai cercato di eliminarmi. Sono una figura scomoda, te lo concedo. Ma sono l'unico che ha accettato di svolgere l'ingrato compito che tutti gli altri hanno rifiutato. Questo è il ringraziamento? Bene.”

Lasciò cadere a terra le armi. Gavrilo tirò un sospiro di sollievo. Uno schiaffo sulla guancia destra, improvviso.

“Ecco la mia risposta."

Azraiel distolse lo sguardo, nascondendo le lacrime rabbiose.

"Ora siamo pari. Ma non nascondermi altro.

Gavrilo si massaggiò il volto.

Dovrò scendere a patti...

La porta si aprì.

“Signore?

“Sì, Uriah? Isaac ha già raggiunto il tredicesimo piano?”

“No, ma sarebbe opportuna la sua presenza. Abbiamo un problema.

Quanto servilismo...

“Va bene, arrivo.

“Ti seguo, fratello. Potresti avere bisogno d'aiuto.

Gli occhi di Uriah si illuminarono.

“Azraiel! Non sapevo fossi coinvolto anche tu in questo... ramo dell'operazione.

Il ragazzo non rispose. Si limito a prodursi in un cenno del capo.

“Silenzioso come sempre, eh? Cosa mi dici di Zackary? L'hai trovato?

Azraiel rispose con un secondo cenno del capo.

“Capisco.

“Qual è il problema? Non riesci a gestire il dodicesimo piano da sola?”

La voce di Gavrilo si era fatta fiera ed autoritaria.

“No, si tratta di Isaac. Ha incontrato...

Uriah deglutì nervosamente.

“Raffaele.

Gli occhi sgranati, sorpresa sprizzata da ogni poro della pelle.

“Te lo ha detto lui?

“Sì.”

“Curioso, davvero curioso... io mi aspettavo che incontrasse...

“Forse è il caso di andare a controllare. Anche da morto, Raffaele è pericolosamente efficace. Può darsi che sia riuscito a risvegliare il suo inconscio e a guidarlo verso la piena comprensione, fratello.”

Gavrilo rimase in silenzio, per qualche secondo, il viso crucciato. Un attimo di esitazione, prima di ritrovare la sua consueta flemma.

“Ne dubito, Azraiel. Ne dubito fortemente.

Buio



Zackary guardò il suo orologio. Erano le sei e mezza del mattino. Erano trascorse poco più di dodici ore dalla comparsa di Dio. Si appoggiò al muro. Era sfinito. La fuga lo aveva completamente sfiancato, ma era riuscito a seminare Azraiel. Questa era l'unica cosa importante. Si guardò intorno.

Era a qualche chilometro dal centro città.

Le strade iniziavano a popolarsi di pendolari, di persone comuni che tentavano di tornare alla vita, incuranti della presenza divina. Gli inviti alla calma erano serviti allo scopo. I servizi basilari erano stati ripristinati a tempo di record. E la gente aveva incominciato nuovamente a sciamare per i sobborghi cittadini.

Meglio, passerò inosservato.

Si sedette su un muretto a ridosso del marciapiede ed iniziò ad osservare i passanti. Non aveva fretta. Il suo piano sarebbe andato in porto presto. Sarebbe bastato aspettare ancora un po'. Sorrise. Di sicuro sarebbe stato premiato per la sua fedeltà.

Si concentrò nuovamente sulle persone che gli stavano intorno. Molti guardavano per terra, camminando. Alcuni portavano occhiali molto scuri, una sciarpa a nascondere il viso, un cappello a tesa larga in modo da non poter essere visti. Solo i bambini guardavano verso l'alto, in stato di contemplazione.

Zackary rise. Ai loro occhi, la creatura sospesa in cielo poteva benissimo assomigliare al malvagio di qualche racconto o cartone animato. Nella loro semplicità non avevano alcun motivo per distogliere lo sguardo.

Nessuno camminava guardando dritto davanti a sé.

Nessuno, eccetto una ragazza.

La osservò meglio, incuriosito.

Statura media, corporatura snella. Capelli biondi lunghi. Portava uno zaino sulle spalle.

Doveva frequentare ancora le scuole superiori, a prima vista. Stava portando a passeggio un cane di grossa taglia, un pastore tedesco. Nell'altra mano teneva un bastone.

A cosa diavolo può servire un bastone da passeggio ad una studentessa?

Il suo sguardo sembrava perso nel vuoto. Zackary fece due più due.

Era cieca.

Ora tutto aveva un senso.

Zackary fu calamitato da quella visione. Pur nella loro inespressività, quegli occhi lasciavano trasparire un senso di pace interiore e tranquillità che sembrava essere sparita dal mondo, dopo che Dio si era manifestato. Si alzò e le andò incontro. Voleva scambiare due parole, aveva uno strano presentimento. La urtò, in modo da avere un pretesto per attaccare bottone.

“Ehi, cosa...

“Scusi, non l'ho fatto apposta. Sono inciampato nel marciapiede e...

“Capisco. Non sai quante volte mi è successo. Non è nulla, davvero. Ora devo andare, però, altrimenti perdo l'autobus.”

“Posso accompagnarti? Per scusarmi, intendo. Così almeno sarai sicura di salire sul bus giusto.”

La ragazza rise.

“Non penso di averne bisogno... me la cavo da sola, come ogni giorno. Esco di casa verso le sei, faccio una passeggiata a Westside Park, poi verso le sette e venti mi faccio trovare dalla fermata. L'autista mi conosce, ormai. Sono in grado di raggiungere la mia meta anche da sola. Sai, dopo diciotto anni di buio assoluto, ci fai l'abitudine.

Si rimise in movimento scortata dal suo cane guida.

“Come fai ad essere così tranquilla?”

“Perché non dovrei esserlo?”

“Come? Non hai sentito la voce di Dio? Non lo hai sentito parlare al mondo? Si è manifestato!”

“Ah, davvero?

Sorrise.

“Io non me n'ero accorta. Sul serio.

Il volto di Zackary sbiancò.

“Ma... come sarebbe a dire? Insomma... almeno la voce...

“Nemmeno quella. Pensavo fosse una trovata pubblicitaria televisiva, sinceramente. E lo penso ancora.

Qualcosa non torna.

“Insomma... tu... tu non l'hai... visto né udito? Quindi per te... è solo un'illusione, un'allucinazione collettiva?”

“No, no... sono dell'idea che Egli, ammesso che esista, non abbia bisogno di manifestarsi per essere reale. È una sorta di contraddizione, capisci? Se qualcuno mi dicesse che si è finalmente mostrato all'uomo... beh, non gli crederei, neanche se sentissi chiaramente la Sua voce. Per me sarebbe solo una finzione. Comunque grazie per l'informazione... e grazie della compagnia. Nessuno si ferma mai a fare due parole con me. Sono tutti troppo impegnati con se stessi per accorgersi degli altri.”

“Quindi... tu non credi che sia Dio? Pensi davvero che ogni sua manifestazione visibile sia un'illusione?

La voce di Zackary tremò, titubò nervosamente per un lungo istante.

“Dico solo che se per convincere gli uomini della sua esistenza avesse deciso di manifestarsi, non sarebbe certamente il Dio in cui credo. Una sua comparsa eliminerebbe ogni libero arbitrio. Non sarebbe da lui.

La ragazza si interruppe.

“Ho detto qualcosa che non va?

“No... nulla... assolutamente nulla.

Era pallido. Il suo volto tradiva tensione, ansia, angoscia. Terrore.

“Come... come ti chiami?

“Corinne.

“Corinne?

“Sì, esatto. Segnatelo perché non te lo ripeto.”

Corinne aveva ragione. E ne era consapevole.

Zackary sorrise a malincuore.

Per uno stupido scherzo del destino, proprio una ragazza cieca aveva visto più lontano di tutti gli altri. Anche se il suo progetto fosse andato in porto, tutto sarebbe stato perduto. Aveva solo un'unica, estrema possibilità. Lo avrebbe dovuto fare?

“E tu? Qual è il tuo nome?”

“Zachariel. Io mi chiamo Zachariel, però se vuoi puoi abbreviarlo con Zackary.”

“Oh, Zachariel andrà benissimo.”

Era visibilmente divertita.

“Sembra il nome di un angelo.


**


“Io vi lascio qui. La caserma è a meno di tre chilometri.”

“Grazie, è stata davvero molto gentile, signorina...”

“Sami.

Gli occhi di Michelle si illuminarono. Aveva fatto finta di non riconoscerla per tutto il viaggio. Ora era il momento di agire. Prima che potesse pensare, Ren si allontanò dall'auto, trascinandola via di forza.

“Ehi, piano! Non sono un sacco di patate!

“Seguimi senza fiatare.

Sospirò.

Quanto ci mette quella stordita a salvarmi?

L'autista aprì il cruscotto, estrasse una pistola. Scese dal veicolo, piantò i piedi per terra, la puntò in direzione di Ren. Michelle si voltò indietro, cercando di incrociare il suo sguardo.

La fissò inorridita.

“No! Cosa...

Prese la mira con cura. Il soldato non si era ancora accorto di nulla.

“Fermati! Fermati! Non premere quel grilletto!

Ren si voltò di scatto. Impugnò il mitra.

Uno scoppio tremendo, l'impatto, il volo.

“Troppo tardi!

Sami aveva già sparato.


**


Isaac era fermo davanti alla porta del dodicesimo piano. Uriah gli aveva ordinato di attendere lì davanti fino al suo ritorno. Erano già trascorsi venti minuti. La donna era rimasta sorpresa quando lui aveva pronunciato il nome di Raffaele. Voleva chiederle spiegazioni, ma lei era scomparsa prima che potesse fare qualsiasi cosa.

Strano personaggio.

Adatto al contesto, dopotutto.

Gavrilo, Uriah, gli angeli di fango, Raffaele, Ren, il palazzo dalle stanze bianche... sembrava un sogno improbabile. Anzi, doveva essere per forza un sogno. Si diede un pizzicotto sulla mano. Niente. Era ancora lì.

Desiderò ardentemente di svegliarsi.

Nulla. Non era cambiato nulla. Era la realtà, allora. Si portò una mano alla fronte.

Non era febbricitante, anzi.

Escluse l'ipotesi delle allucinazioni. Doveva ammettere che però la situazione era tutt'altro che normale ed ordinaria. I suoi sensi sembravano come intorpiditi. Si sentiva leggero come non mai. Scosse la testa. Era solo una sensazione o in lui c'era qualcosa di strano? Cosa lo avrebbe atteso al tredicesimo piano?

Chiuse gli occhi.

Per rispondere a queste domande avrebbe solo dovuto aspettare.

Sì, aspettare. Non aveva altra scelta.

Sospirò e rimase in attesa.


**


Ren era sicuramente morto. Il suo mitra e il pugnale erano accanto al suo corpo. Sami aveva mirato al cuore, poi aveva premuto il grilletto. Sul suo volto si disegnò un'espressione di trionfo.

“Ho portato a termine l'opera, Signore! Michelle, stai be...

Cercò la ragazza con lo sguardo. Fu colta da un attacco di panico. Michelle era riversa a terra, sanguinante. Ren era illeso.

“Sorellina! Cosa... come...

“Sei un'idiota, Sami! Non... devi ucciderlo. Lui... lui può arrivare alla comprensione...”

“Ma... me l'ha ordinato Dio! Egli... Egli mi ha dato questo compito! Dovevo eliminare il superstite!

Michelle si rialzò a fatica. Aveva una ferita profonda al fianco destro. Il proiettile aveva colpito lei.

“Sei stata utilizzata come una pedina un'altra volta! Non lo capisci? Sai benissimo qual è il nostro compito. Non ti sei resa conto delle conseguenze a cui poteva portare il tuo gesto?”

“Ma Zackary... era convinto che dovessimo prolungare i tempi della prova, e...

Michelle sospirò.

“Sei proprio senza speranza. Siete stati manipolati come burattini...

“Non è vero!”

Sami sparò un altro colpo. La colpì al torace, all'altezza del polmone sinistro. La ragazza crollò a terra per il dolore.

“Sono stanca di essere presa in giro! Stanca! Tu, Gavrilo, Raffaele... mi avete usata troppo a lungo, sorellina! Io... io non ci sto! Non ce la faccio più! Zackary ha creduto in me! Ha creduto in me! E Azraiel ha creduto in lui, lasciandolo fuggire. Io farei qualunque cosa, per Azraiel. Qualunque!”

Un altro sparo. Il proiettile penetrò nell'avambraccio destro di Michelle. Lacrime amare sgorgarono dagli occhi della ragazza, lacrime di dolore.

“Per favore, Sami... non mi costringere... non mi costringere a farti del male...

Sami premette nuovamente il grilletto. L'orecchio sinistro di Michelle saltò in aria, strappato di netto. La mano tamponò la ferita,

“Tu non sai come uccidermi... o - semplicemente - non vuoi farlo?

Sami si fermò un attimo.

“Non... non voglio doverlo fare. Per favore, arrenditi!

“Comprendo il tuo... rammarico... ma io... io devo portarlo alla consapevolezza. Non posso fermarmi ora ad un passo dalla meta.

Ren si era rialzato, aveva guadagnato una posizione stabile.

Michelle lo aveva salvato.

Michelle lo stava proteggendo a prezzo della sua stessa vita.

Imbracciò il mitra, il dito premuto sul grilletto, una pioggia di piombo concentrata su Sami, sul sul suo fragile corpo, sulla sua ancor più fragile mente.

La carne trafitta, sventrata, rauche urla di dolore, la pistola a terra.

Un lamento d'inferno, un nome gridato al cielo, come per chiedere aiuto.

"A... Azrai..."

Subito dopo, la ragazza si accasciò, esanime. Ren inserì la sicura, ingoiò un boccone di saliva.

“Non volevo farlo, ma...

Un tremito. Uno spasmo.

La fiducia di Ren vacillò. Pallore mortale sul viso, le mani strette attorno all'arma.

Sami era ancora viva. E si stava rialzando.

“Non deve finire così... Zackary... Zackary ha fiducia in me... non posso tradirlo... è stato il primo a darmi fiducia... io non ero d'accordo, all'inizio... ma Dio mi ha chiamato, come un padre, e mi ha ordinato di aiutarlo.”

La sua voce era flebile, debole. Il corpo versava in uno stato pietoso.

Michelle puntò le mani a terra, si mise in ginocchio, incrociò uno sguardo smarrito, spaventato.

“Ti ha solo usata, Sami! Ha fatto leva sui tuoi sentimenti! Azraiel non ha mai, mai aiutato Zachary! Azraiel non sarebbe mai stato d'accordo con questo assurdo, stupido piano!

“Non... non è vero... Io...”

“Mi dispiace, non ho altra scelta, allora.

Michelle fece appello a tutte le sue forze residue. Afferrò il coltello di Ren, saltò in piedi, si lanciò contro la ragazza. Sami non riuscì a rendersi conto della situazione in tempo.

In un istante, si trovò un pugnale conficcato nel cuore.

Il terrore concretizzato in un grido, in un'implorazione piagnucolante.

“Michelle... no... ti prego... non estrarlo... lascialo lì dov'è... non voglio morire! Non farlo, per favore...”

“Mi dispiace... sorellina.

Michelle estrasse l'arma. Il cuore di Sami smise di battere. Crollò a terra morta.

Ren lasciò cadere il mitra, corse verso la ragazza, le afferrò le spalle.

“Tutto bene, Michelle? Devo chiamare un'ambulanza?

“Lasciami sola un paio di minuti. Per favore... vai in macchina. Ti... ti raggiungo fra poco... solo due minuti.

Il soldato non disse nulla. Salì al posto del guidatore e si mise in attesa.

Michelle pianse a lungo sul cadavere di Sami. Le accarezzò la fronte e i lunghi capelli castani. Guardò per l'ultima volta i suoi occhi spaventati, prima di chiuderli.

“Sami... è stata solo colpa mia... non avrei dovuto... trattarti così. Spero... spero che potrai perdonarmi. Buon riposo, sorellina...”

Lentamente si diresse verso la macchina, trascinandosi in lacrime.

Se aveva commesso qualche errore, era stata punita.

Per tutto il dolore che aveva provocato.

Luce



Zackary non sapeva come comportarsi. I dubbi assalirono la sua mente, divorandola, massacrandola con violenza. Se non avesse eliminato la ragazza, il piano sarebbe miseramente fallito. Ma qualcosa lo tratteneva.

Forse, il sorriso che illuminava il viso di Corinne. Un sorriso rivolto a lui.

“Cos'hai? Sei silenzioso... eppure hai dimostrato di avere la lingua lunga.

“Pensavo...

“A cosa?

“Nulla di cui preoccuparsi... stavo solo cercando di ricordare quali commissioni devo svolgere oggi.

“Che lavoro fai?

Zackary si fermò un attimo a riflettere.

“Diciamo... nessuno e tutti. Allo stesso momento.

“In pratica, sei disoccupato...

“Non esattamente.

Si guardò attorno. Alberi, arbusti, cespugli, prati, pochi passanti, qualche fontana. Quel posto ispirava serenità e pace, ma non abbastanza per tranquillizzarlo. Presto Egli lo avrebbe contattato per dargli un ordine. Un ordine che non avrebbe voluto dover eseguire.

Sospirò.

Non c'era nessun'altra possibilità. Doveva farlo. Ne andava della sua vita.

“Dimmi, Corinne... che scuola frequenti?

“Ultimo anno di college. L'anno prossimo passerò all'Università.”

Zackary diede una rapida occhiata in giro. Non c'era nessuno. Sarebbe stato il momento adatto...

“Cosa vuoi fare?

La ragazza sospirò malinconicamente.

“Non è che io abbia molta scelta. Ovviamente, non posso iscrivermi né a medicina, né ad ingegneria, arte, architettura... in pratica, non posso scegliere nulla in cui gli occhi siano fondamentali. Forse sceglierò filosofia o storia... devo ancora decidere. Per fortuna esistono supporti didattici anche per gente come me.”

Zachary tentò di esaminare i suoi pensieri, di trovare una traccia di manipolazione. No, ancora nulla. Ancora nessun ordine.

“Sei cieca dalla nascita?

“Sì. Non ho mai visto i colori, non mi sono mai vista allo specchio, non ho alcuna idea del mio aspetto. Non so se sono bella, brutta o nessuna delle due cose. Non ho idea di come siano fatti i miei genitori. Addirittura, faccio fatica a ricostruire esattamente la forma di un corpo umano. Se avessi potuto vedere per almeno un paio d'anni... il mio mondo avrebbe più senso.”

Zackary controllò l'ora. Erano le sette. Perché non gli era ancora stato imposto di ucciderla? Cosa diavolo stava succedendo lassù? Non avrebbe agito per conto suo.

Poco ma sicuro.

“Non posso capirti, solo compatirti. Qualcuno ha mai provato a descriverti i colori? Il rosso? Il blu?

“Nessuno. È impossibile richiamarli alla mente senza utilizzare delle immagini.”

“Beh, quello che vedi è il nero. Questo mi sembra un punto di partenza.”

“Tu dici? Il nero è l'assenza di tutti i colori. Questo lo so anch'io. Non è un buon modo per iniziare. E non dire cose del genere il bianco è il contrario del nero! Io non riesco ad immaginarlo. I concetti di chiaro, scuro, luce, ombra mi sono completamente estranei! È impossibile...”

La sua voce era venata da una sorta di invidia profonda, sviluppata in anni di solitudine.

“Potresti avere ragione. Okay, tenterò una strada secondaria. Ti sei mai arrabbiata?”

La ragazza rise.

“E me lo domandi? Solo gli eremiti non perdono mai la calma, anzi, forse nemmeno loro!

“Bene, perfetto. Ti è mai capitato di amare una persona?”

“Sì. Solo che non sono stata ricambiata. Non è stata una bella sensazione...”

“Focalizza la tua passione in quel momento.

“Fatto. Ora?

“Pensa ad un'occasione in cui hai provato vergogna.

“Il mio primo giorno di scuola.

Una lacrima le rigò il volto. Zackary si rese conto all'improvviso di quante sofferenze avesse dovuto patire la ragazza che si trovava di fronte a lui, in quel momento. Si era evidentemente creata una corazza nel tempo, ma era rimasta segnata dal dolore che aveva provato.

Cambiò argomento.

“Scusami, non volevo toccare un tasto così doloroso. Sono stato uno stupido. Va bene, okay... riesci a pensare al fuoco, al calore del fuoco?”

“Sì, certo... ma dove vuoi arrivare?”

“Hai appena conosciuto il rosso.

“Cosa?

“Il rosso è tutto questo, forse qualcosa di più. Non è detto che i colori debbano solamente essere sensazioni visive. A mio avviso, sono molto di più.”

Corinne rise.

“Sei completamente pazzo! Sei il primo che prova a dare una spiegazione così bizzarra...”

Corinne tastò il suo volto. Cercò la guancia destra, poi gli diede un bacio.

“Grazie mille. Non avevo mai parlato così tanto con qualcuno.”

Zackary abbassò lo sguardo. L'ordine sarebbe arrivato. Se lo sentiva. Prima o poi sarebbe arrivato. Era solo questione di minuti. Presto o tardi avrebbe dovuto assassinarla per il bene comune. Una simile ipotesi stava facendo vacillare la sua fiducia nell'ADeus. Le sue promesse erano chiare, ma forse il prezzo da pagare era esagerato. Non si poteva essere perdonati in caso di omicidio. La sua anima sarebbe stata macchiata per sempre dalla vergogna. Avrebbe dovuto uccidere un'innocente.

Scosse la testa.

Non era come progettare la morte di Gavrilo. Era un suo pari, non era la stessa cosa. Non era indifeso. Non era cieco. Non si fidava di lui. Non gli aveva mai fatto un complimento.

Eppure era suo fratello. Un ronzio di sottofondo iniziò a penetrare nella sua mente, inizialmente impercettibile, poi sempre più forte. Si mise la testa fra le mani. Il dolore si propagò al resto del corpo.

Egli lo stava chiamando.

"Nnnngg..."

Crollò in ginocchio.

“Zackary? Tutto a posto? Cosa...

Le sue pupille si assottigliarono. Urlò disperato.

“Zackary! Zackary! Rispondimi, per favore! Rispondimi! Za...

“Eccomi. Ci sono.

“Meno male! Mi hai fatto prendere uno spavento... cosa...

“Sono pronto ad eseguire l'ordine.


**


Isaac sentì un rumore di passi alle sue spalle. Si voltò. Era Gavrilo, seguito da Uriah e da un ragazzo alto e biondo che non ricordava di aver mai visto prima.

“A cosa devo il comitato di accoglienza, Gavrilo? Non doveva guidarmi Uriah fino al tredicesimo piano?

“Sembra che abbia avuto dei problemi. Sono qui per risolverli.

Gavrilo si distaccò dal gruppo e camminò verso di lui.

“Isaac... è vero che hai incontrato Raffaele?”

“Sì, ho effettivamente parlato con un uomo che rispondeva a quel nome.”

Un sospiro infastidito.

“Allora è così. Io ero certo che in quella stanza avresti trovato tuo padre, Isaac.”

Isaac indietreggiò, il volto pallido, cereo.

“Cosa significa? Mi stai prendendo in giro? Mio padre è morto tre anni fa!”

“Proprio per questo pensavo che... ma non fa niente. Nulla è ancora stato scritto.”

Isaac tremava come una foglia, il corpo incapace di sostenere lo stress.

“Non... non ci capisco più nulla...”

Cadde in ginocchio.

“Cosa... cosa mi sta succedendo? Cosa mi avete fatto? Perché mi avete portato qui?”

Gavrilo gli pose una mano sulla spalla.

“Presto capirai. Ragionando a mente lucida, risolverai ogni problema. Scioglierai ogni nodo.

Il ragazzo respirava affannosamente. La mente... la sua mente... cosa gli stava dicendo? Stava disperatamente cercando un appiglio sicuro, qualcosa di solido su cui appoggiarsi per darsi una spinta e risalire. Ma non lo trovava. Vagava come un animale in gabbia, senza possibilità di fuga. Nessuna idea, nessuna possibilità di trovare una scappatoia. Era completamente privo di punti di riferimento.

Cosa poteva fare?

Si rifugiò nel proprio istinto. La sua ultima speranza.

Cosa gli stava gridando il suo intuito?

Da quando aveva messo piede in quel palazzo, si era sentito diverso.

C'era qualcosa che non funzionava, qualcosa che non riusciva a mettere a fuoco.

“Tutto a posto, Isaac? Ho detto qualcosa che non va?

Il ragazzo alzò lo sguardo. Gavrilo era chino su di lui, lo sconosciuto era appoggiato al muro, pensieroso. Aveva gli occhi chiusi. Il volto di Uriah aveva un'espressione strana, molto strana. Quasi malvagia. Risoluta, senza ombra di dubbio. Isaac fu scosso da un brivido freddo. Il suo istinto lo stava guidando verso l'unica conclusione possibile.

“Gavrilo! Dietro di te!

L'uomo si voltò di scatto, il coltello nella mano di Uriah, sollevato in aria, pronto a colpire. La donna si fermò, incredula. Il grido di Isaac l'aveva colta alla sprovvista. Come poteva averla vista?

“Cosa... come hai...

“Uriah! Cosa significa questo? Cosa vuol dire?

“Io... io...

Lo sconosciuto era rimasto fermo adagiato al muro. Non si era mosso di un millimetro.

“Devo farlo! Me lo ha chiesto... me lo ha chiesto Dio!

Gavrilo era disarmato. Sarebbe stato troppo facile per lei ucciderlo. Mancavano solo venti centimetri scarsi. Solo venti centimetri tra la lama e il cuore dell'uomo. Si avvicinò ulteriormente. Gavrilo si frappose tra lei ed Isaac.

“Non farlo, Uriah! Deve ancora raggiungere la comprensione!

“Proprio per questo devo eliminarvi! Egli non vuole! Non possiamo permettere che qualcuno capisca... che qualcuno comprenda... non ora... non così presto.”

“Come preferisci. Fai quello che ritieni giusto, allora.

Gavrilo chiuse gli occhi. Isaac non riusciva a distogliere lo sguardo dalla scena, i suoi muscoli non rispondevano più agli ordini.

Uriah prese la rincorsa.

Lo sconosciuto sorrise.

“Sembra proprio che tu ti sia dimenticata di qualcuno.

Uriah si fermò nuovamente. La voce di Azraiel l'aveva folgorata, come un fulmine.

“Un errore, senza dubbio. Ora devi rimediare. Uccidimi, forza.

“C... cosa?

“Se non te ne sei accorta, ti sto dando una possibilità. Anch'io sono disarmato, ma sappi che se non mi ucciderai tu, allora lo farò io.”

Uriah era agitata. Non riusciva a ragionare con lucidità. Quello di Azraiel era sicuramente un bluff. Come avrebbe potuto eliminarla?

“Stai solo cercando di guadagnare tempo per salvare Gavrilo, non è così?”

Azraiel sorrise nuovamente.

“Forse non ci siamo capiti, sorellina.

Isaac non riuscì a credere ai suoi occhi. I movimenti dello sconosciuto erano stati troppo veloci per essere seguiti con lo sguardo.


**


Ren spense il motore. Ormai erano arrivati alla caserma. Osservò Michelle. Aveva perso molto sangue, eppure sembrava in buone condizioni. Se fosse stato per lui, si sarebbero diretti verso l'ospedale più vicino, ma lei aveva insistito, chiedendogli di procedere. Ormai era ovvio che era umana solamente nell'aspetto. Una persona normale non sarebbe sopravvissuta a lungo in quelle condizioni. Per tutto il viaggio, lei non aveva smesso di piangere. Per non farsi notare, aveva rivolto lo sguardo verso l'esterno dell'autovettura. Non era servito a molto. Ren aveva udito distintamente i suoi singhiozzi sommessi. Sospirò. Il suo stato d'animo era comprensibile.

Aveva appena ucciso sua sorella.

“Ehi, siamo arrivati. La mia caserma è proprio qui davanti.”

“Bene. Portami dentro.

Ren scese dal veicolo e aprì la porta del passeggero. Prese Michelle tra le braccia e la posò delicatamente a terra, poi l'aiutò a rialzarsi. Non riusciva a camminare bene a causa delle ferite. Il ragazzo la sorresse.

“Coraggio, ancora una paio di minuti e saremo al sicuro.

Nessuna risposta. Michelle era visibilmente sotto shock.

"Ehi, tutto a posto?"

“Una finestra.

“Come, scusa?

“Portami in una camera con una finestra. Per favore. Ne ho bisogno.

Verità


Un calcio sotto il mento, uno al ginocchio destro, una gomitata nello sterno. Uriah perse l'equilibrio, crollò a terra. Non era nemmeno riuscita a vederlo. Azraiel si chinò su di lei.

“Sei stata troppo lenta. Io ti avevo avvertito.

La donna si rialzò a fatica. Aveva ancora il coltello in mano. Azraiel la colpì al torace con un pugno, ruotò su se stesso, menò un colpo di taglio alla base del collo.

La donna barcollò, ma riuscì a trattenere l'arma.

“Se... se sei contro di me, sei... sei contro...

Un altro calcio, alla bocca dello stomaco.

“Volevi forse dire Dio? Allora sei proprio cieca.

Uriah rimase a terra. Non riuscì a rialzarsi.

“Basta così, Azraiel.”

Era la voce di Gavrilo.

“L'hai resa inoffensiva. Non è necessario proseguire.”

Il ragazzo si voltò.

“Forse non hai capito, fratello! Voleva uccidere te... e forse anche Isaac!

“Ne sono perfettamente consapevole.

Azraiel assunse un'espressione stupita.

“Devo seguire le tue direttive, immagino...

Uriah riaprì gli occhi, si mise a sedere. Si massaggiò il mento. Il colpo ricevuto era stato tremendo, ma doveva reagire. Zackary contava su di lei. Strinse il coltello. Per portare a termine il proprio compito avrebbe dovuto prima eliminare Azraiel.

E, in quel momento, le stava voltando le spalle.

“Non capisco, Gavrilo! Cosa ti fa pensare che non tenterà di nuovo di assalirti?

“Semplice. Basta ragionare un attimo. Se fossi in lei, dopo una batosta del genere, non avrei dubbi sulla mia inferiorità e...”

Gavrilo fu bruscamente interrotto da Isaac, che lo spinse a terra. L'uomo cercò di mantenere l'equilibrio, senza successo. Crollò sul pavimento, puntò le mani, si rialzò a fatica.

“Ma cosa diavolo stai facendo? Sei completamente impazzito? Che bisogno c'era di...

Gavrilo alzò lo sguardo. Strabuzzò gli occhi, inorridito. Azraiel era stato pugnalato alla schiena da Uriah e si era accasciato al suolo, urlando per il dolore.

“Uriah! Perché...”

“Lo vuole Dio, non capisci? Se non vuoi morire... permettimi di uccidere almeno lui, il ragazzo! Lasciamelo eliminare! Non... non deve raggiungere la comprensione!

Isaac rotolò in un angolo, piegò le ginocchia, assunse posizione eretta.

Fissò la donna negli occhi, nel vano tentativo di comunicare con la sua mente.

“Perché non lo hai fatto quando ne hai avuto occasione, allora?”

Una risata in risposta.

Sono stata stupida, vero? Il piano originale prevedeva sia la tua morte... sia quella di Gavrilo. Se io ti avessi ucciso prima di lui... beh, di sicuro mio fratello avrebbe smesso di fidarsi di me e sarebbe fuggito o, peggio, mi avrebbe pugnalato prima che avessi potuto reagire.

Gavrilo era allibito. Non riusciva a pensare ad una via di fuga. La sua mente si perse nei conti e nelle valutazioni. Non aveva la minima idea su come comportarsi. Quella situazione non era prevista. Uriah si leccò le labbra, il coltello scintillò nella luce fioca dei neon.

“Allora? Quali sono le tue ultime parole, fratello?

Gavrilo chiuse gli occhi, si mise la testa fra le mani. Aveva fallito. Aveva miseramente fallito. Si era fidato ciecamente della sua ragione, ignorando l'urlo del suo istinto. Si sentiva uno stupido. Dopo di lui, sarebbe toccato ad Isaac.

Non era riuscito nemmeno a proteggerlo. Tutta colpa della sua superbia.

Sentì il respiro affannoso di Uriah.

Si preparava a trafiggerlo al cuore, senza che lui potesse difendersi in alcun modo.

“Con quali parole vuoi essere ricordato?

Isaac era immobile, incapace di reagire. Aveva gli occhi sbarrati. Uriah prese la rincorsa. In pochi secondi sarebbe finita.

La lama trafisse la carne, le costole. Il coltello affondò nel cuore.

Ma non in quello di Gavrilo.

Azraiel si era parato davanti al fratello.

Uriah arretrò di un passo.

“Ma... perché... come...”

“Uriah. Sai benissimo perché ho accettato questo incarico. Alla fine, la mia anima sarebbe stata liberata dal compito assegnatomi ormai troppi anni fa. Sarei morto comunque, ma ho deciso di uscire di scena nel modo più spettacolare, comprendi?”

“Non... non sei ancora morto?! Perché?”

“Non lo sai? Strano, pensavo di avertene parlato. Devi estrarlo il coltello, dopo averlo conficcato nel cuore di uno come noi. Altrimenti, non succede nulla.

Nessuno si mosse. Un istante cristallizzato nel tempo. Gavrilo paralizzato dalla sua stessa ragione. Isaac continuava a fissare la scena. Uriah con la mano ferma sull'impugnatura.

Azraiel ruppe gli indugi, la colpì con un calcio.

La donna atterrò malamente vicino al muro. Il ragazzo si avvicinò. Dalla ferita non sgorgava sangue.

“Io sono sempre stato l'angelo della morte, Uriah. Un ruolo particolarmente ingrato, cosa ne pensi?

La donna si appoggiò alla parete per recuperare l'equilibrio.

“Ho ucciso molti innocenti, rispondendo ad ordini precisi. Ho compiuto dei veri e propri massacri! Pensi che questo non mi abbia segnato? Voglio rimediare. Per tutte le sofferenze che ho provocato.

Uriah alzò lo sguardo, lo fissò negli occhi.

“Ma allora... per quale motivo mi stai ostacolando? Io...

“La nostra missione era quella di portare gli uomini alla piena comprensione delle cose. Sei tu che stai sbagliando, ora.

La donna indietreggiò, fino a trovarsi a ridosso della parete. Azraiel le stava chiudendo ogni via di fuga. Non poteva scappare in alcun modo. Si avvicinava sempre di più, con esasperante lentezza.

“Fermati! Non fare un altro passo! Stai lontano da me!

“È troppo tardi.”

“No, ti prego! Cerca di ragionare! Io sono nel giusto! Io...

Azraiel estrasse il coltello dal proprio petto e, con un ultimo sforzo, lo rivoltò verso la donna, trafiggendola. Uriah emise un tremendo grido di dolore. Il ragazzo afferrò l'arma con entrambe le mani, la tirò verso di sé. Un fiume scarlatto scaturì dalla ferita. Uriah ebbe solamente il tempo di incrociare lo sguardo triste del fratello. Anche la sua ferita stava sanguinando.

Si era sacrificato per proteggere Gavrilo.

Presto si sarebbero spenti entrambi.

La donna chiuse gli occhi. Per l'ultima volta.

Mi dispiace, Zackary. Non ce l'ho fatta. Dove ho sbagliato?

Azraiel cadde in ginocchio, si accasciò a terra. Sorrideva malinconicamente, verso i due attoniti spettatori di quella carneficina.

Aveva ucciso per l'ultima volta.

“Mi sono riscattato, fratello. Ora... ora posso lasciarti. Non ho alcun rimorso...

Gavrilo corse verso il suo corpo esanime. Si chinò su di lui.

“Azraiel! Resisti! Forse posso ancora...

“... io ho fatto tutto il possibile... ora... ora tocca a te...

La sua voce si fece sempre più flebile, fino a svanire in un sussurro.

Gavrilo si chiuse in un silenzio addolorato. Il suo volto era completamente impassibile.

Isaac lo aiutò a rimettersi in piedi.

“È finita... in tutti i sensi. Sono morti.”

“No...

Isaac sospirò.

“Devi guardare in faccia alla realtà. Tuo fratello ha ucciso tua sorella per salvarti, Gavrilo... non puoi farci più nulla...”

“Io...

L'uomo era sconvolto. Aveva gli occhi sbarrati.

“Io... volevo... credevo che...

“Ti sei fidato troppo della tua ragione... probabilmente non hai voluto ascoltare il tuo istinto...

“Sì, credo di sì... in effetti... in ultima analisi... è vero? Sì... o forse no? Non c'è più tempo... devo... non ho più tempo da perdere. Ora... il tuo percorso... sì, devo agire così.”

Si incamminò verso la porta della stanza.

“Seguimi, Isaac. Presto tutto ti sarà chiaro... e il mio compito sarà terminato.”


**


“Zackary, cosa vuol dire? Quale ordine?

L'uomo si rialzò. Il suo volto era inespressivo. Il suo sguardo era glaciale. Ma Corinne non poteva accorgersene.

“Mi dispiace, Corinne... devo farlo...

La voce con cui aveva pronunciato quella parole era piatta e monotona. La ragazza indietreggiò.

“Cosa? Cosa devi...

“Lo vuole... l'ADeus... io devo...

Zackary cadde nuovamente in ginocchio.

“No! Non posso farlo! Non posso macchiarmi di un crimine così orrendo! No! Eppure devo...”

Cercò di rialzarsi, ma qualcosa lo trattenne.

“No! Non sono disposto a pagare un prezzo così alto! Io... non lo farò!”

Si contorse dal dolore. La creatura che era in collegamento con lui lo stava torturando. Chiuse gli occhi. Li riaprì. Le pupille si erano assottigliate.

“Sì, lo farò. È per il bene dell'uomo...”

Le palpebre si abbassarono.

“Non è vero! Non cercare di convincermi! Io ho già scelto!”

Alzò lo sguardo al cielo. L'ADeus troneggiava su tutto e su tutti. Corinne era rimasta immobile, come paralizzata.

“Zackary... cosa ti sta succedendo? Posso fare qualcosa?

“Sì. Muori.”

Scrollò la testa.

“No, non mi ascoltare! Scappa! Non voglio...

Le pupille si restrinsero.

“... lasciarti viva...

“Io non me ne vado.

Si rialzò a fatica. Era in piedi davanti a lei. Sul suo viso si disegnò un ghigno malefico.

“Perfetto. Mi renderai il compito più semplice. Ora...”

Si bloccò.

“... fuggi, ti prego! Non so per quanto tempo riuscirò ancora ad escludere l'ADeus! Sei in pericolo e...”

Emise un urlo straziante e crollò a terra. Si dimenava come in preda alle convulsioni.

“Hai... hai perso! Io...

Un altro urlo.

“... farò quello che vuo... no! No! Io so tutto! Tu non esisti! Tu non esistiiii!”

Corinne si chinò, cercando di non perdere l'equilibrio. Non riusciva a comprendere la situazione. Non poteva vedere nulla.

“Chi non esiste? Chi...

“L'ADeus! Lui non esiste! È solo... no, lui c'è e... solo un'immagine... è reale, ci guarda dall'alto... ora so, non mi fermerai... io seguirò i tuoi ordini... hai fatto un errore! Mi hai fornito troppi dettagli! Ora ci sono! Ora so! Ora ne sono consapevole!”

“Zachariel... per favore...

Si sentì attraversare da una sorta di scossa elettrica. La voce nella sua mente si faceva sempre più flebile. Stava forse vincendo? Un'altra scossa. Il suo corpo non avrebbe ancora retto a lungo. Aprì gli occhi. Sì, era vero. Gli angeli erano spariti. Non li vedeva più. Allora aveva ragione.

Sorrise.

Il suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Sentì il suo cuore impazzire. Il battito non era più regolare. Di lì a poco sarebbe collassato, se non avesse ucciso la ragazza.

Doveva resistere solo ancora un po'. Se fosse morto, lei si sarebbe salvata.

Cercò di collegarsi mentalmente ad Uriah e Sami, ma qualcosa glielo impedì. Voleva sovrastare i pensieri dell'ADeus, riprendere il controllo della sua mente.

Niente. Non rispondevano.

C'era una sola spiegazione. Erano state eliminate.

Per colpa sua.

Il suo corpo si contorse in maniera anomala. Urlò nuovamente per il dolore. Uriah... Sami... morte a causa della creatura che ora si stagliava sopra di lui.

Perché dotarla di una mente propria?

“Zachariel...

“Io... io ci sono! Ci sono! Sono libero!

La voce nella sua mente era quasi svanita, ma le scosse non terminavano.

“Io so che non sei Dio!

Era convinto di ciò che diceva. Lo era sul serio. Corinne gli aveva aperto gli occhi, confermando i suoi sospetti. Ricollegò i frammenti di pensiero raccolti nelle ultime ore. I discorsi di Raffaele, la fiera ragione di Gavrilo, la frustrazione di Azraiel, il terrore controllato di Michelle, la fierezza cieca di Uriah, la tristezza mascherata di Sami... la sua mente era quasi libera. Tentò disperatamente di deviarla, si concentrò sui discorsi di Ren, sui dubbi di Isaac, sul loro percorso, registrato dalle menti dei suoi fratelli. Ogni secondo, ogni parola, qualunque distrazione che potesse alleviare il suo dolore. Le convulsioni continuavano a straziare il suo corpo.

Si accorse che stavano diminuendo in intensità, ma il suo cuore ormai era al limite.

All'improvviso, rammentò una frase che uno dei soldati aveva pronunciato parlando con Michelle. Una frase completamente priva di senso, priva di importanza. Lasceremo la tenda montata, così chiunque sia sulle nostre tracce perderà un po' di tempo ad ispezionarla. No, non così priva di importanza. Solo un'idiota non avrebbe capito che il suo ostaggio era in contatto con gli altri... voleva forse lasciare un messaggio?

Si concentrò nuovamente, tornò al momento attuale.

Forse se si fosse riuscito a convincere...

Le scariche elettriche cessarono improvvisamente.

Aprì gli occhi.

“Corinne... dov'è?”

“Zackary! Cosa...

“Dov'è Egli? Non lo vedo più...”

Occhi



Gavrilo era sconvolto. Annientato. Aveva perso tutto. Azraiel, Raffaele, Uriah, forse anche Sami, non aveva ancora avuto il coraggio di collegarsi a lei. Temeva di non trovarla in vita. Tutto questo perché non aveva seguito il suo intuito e si era scioccamente affidato alla sola ragione. Era a pezzi, ma ormai il traguardo era vicino. Doveva portare a termine il suo compito, anche se fosse stato l'ultimo Osservatore rimasto. Doveva condurre Isaac verso la piena comprensione.

“Dove stiamo andando, Gavrilo? Abbiamo superato il tredicesimo piano da un pezzo... ormai siamo almeno al sedicesimo.

“Sul tetto. Stiamo andando sul tetto... forse... credo...

Isaac rimase in silenzio. Non riusciva più a riconoscere in quella fragile creatura indecisa e timorosa il Gavrilo che aveva conosciuto. La sua sicurezza si era sciolta come neve al Sole.

“Seguimi... senza fare domande... devi sapere, ora devi sapere...

“Ma perché sul tetto?”

“Ho detto sul tetto? No, devo essermi sbagliato, torniamo giù, al tredicesimo piano... mi sono dimenticato di una cosa, sì, come ho fatto a dimenticarmene?”

L'uomo stava lentamente tornando padrone di se stesso. Il tono di voce si era fatto quasi autoritario.

“Scusami, ero in stato di shock. Ora sono lucido.

Era vero? O stava solo cercando di autoconvincersi? Isaac abbassò lo sguardo.

“Gavrilo, tutto okay? Capisco che la situazione ti abbia sconvolto, ma...

“Fidati di me... ancora per un po'. Ti prometto che si risolverà tutto. Seguimi, e tutto ti sarà chiaro.”

Tredicesimo piano. Una porta chiusa li attendeva. L'uomo prese una chiave e armeggiò con la serratura. Il chiavistello cedette con un rumore metallico. Varcò l'uscio per primo, poi diede un'occhiata in giro. Doveva essere il posto giusto. La sua attenzione fu attirata da un lettino posto al centro della stanza. Sospirò. Non c'erano dubbi. Era la loro meta.

“Entra, Isaac.

Il ragazzo lo seguì. Il locale era privo di finestre. Le pareti erano completamente pitturate di bianco. Anche il pavimento era di un colore spettrale. Sembrava di essere entrati in un luogo fuori dal tempo. Non sembrava esserci nulla all'interno, eccetto una sorta di branda su cui era adagiato un corpo.

“Chi è?”

“Lo conosci.

Un brivido percorse il suo corpo. Aveva riconosciuto l'uniforme. Era un soldato, come lui. Il suo volto era nascosto da un telo candido come la neve.

“Sta... sta dormendo?

“In un certo senso.

Isaac si avvicinò. Non osservò alcun movimento. Non avvertì alcun respiro. Non era assopito.

“Chi è, Gavrilo? Non dirmi... per favore... non dirmi che è...”

Non riuscì a completare la frase. Il nome del suo amico gli morì in gola. Non voleva pronunciarlo, voleva illudersi che non fosse lui.

“Ren? No, lui sta bene.

Isaac lo squadrò perplesso.

“Allora, cosa...

“Lui è vivo. Non devi preoccuparti.”

“Posso... posso scoprire il suo volto?

“Solo se ti senti pronto.

Il ragazzo rise.

“Pronto? Pronto a cosa? Ho assistito alla comparsa di Dio, affrontato angeli, visto persone morire davanti ai miei occhi, sono stato ferito gravemente per ben due volte... di cosa potrei avere ancora paura?

“Della verità, per esempio.”

Isaac scrollò le spalle.

“Penso che non ci siano problemi.

“Allora procedi.

Il ragazzo afferrò il sudario con una mano e lo fece scivolare delicatamente dal volto dello sconosciuto. Il volto di Isaac perse colore.

“Non... non è possibile... dimmi che non è vero...”


**


“A cosa ti serve una finestra?

“Devo farti vedere una cosa. Devo portare a termine il mio compito.

Ren sospirò. Forse era meglio assecondarla. In fondo, gli aveva salvato la vita. Il soldato aprì la porta della caserma ed entrò con circospezione. Puntò la torcia verso l'interno dell'edificio. Nessun movimento. Si avvicinò all'interruttore generale ed aprì la luce. La sala era completamente vuota. Non riusciva ad udire alcun rumore eccetto il suo respiro e quello di Michelle. Si guardò intorno. Erano partiti tutti per il centro città la sera precedente. Non era tornato nessuno. Neanche un superstite. Solo lui. Si mosse con cautela all'interno della struttura, fino a raggiungere le camere dei soldati. Trovò la porta contrassegnata dal numero uno. Doveva raggiungere la stanza ventritré. Uno, due, tre... Michelle lo seguì incuriosito con lo sguardo. Viveva lì? Era uno strano posto. Tutto ordinato, senza un minimo di varietà. Blocchi a forma di parallelepipedo o cubo, intonacato di fresco. Sembrava una sorta di prigione. Chi avrebbe mai potuto abitare in un luogo del genere? ...sedici, diciassette, diciotto... Non immaginava che potesse esistere un locale così spoglio e triste. Troppo monotono. Modulare. Simmetrico. venti, ventuno, ventidue...

Ren si fermò.

“Ventitré! Eccoci!”

Aprì la porta. Fu pervaso da un forte sentimento di nostalgia. Fino a dodici ore prima, era stata come una casa per lui. Evitò di rivolgere lo sguardo verso la branda vuota del suo migliore amico.

“Tu abiti qui?

“In un certo senso.

La ragazza si avvicinò zoppicando alla parete che dava sull'esterno. Si appoggiò al davanzale.

“Ho notato che da tutte le finestre dell'edificio si può vedere Dio.”

“Se mi hai fatto venire qui solo per questo...

Rise.

“No, no... fidati di me. Me lo devi.

Prese fiato.

“Tu credi che quella creatura sia veramente Dio?

“Non riesco a negare un'evidenza simile... per di più, è circondato dai suoi ang...”

Ren ruotò la maniglia e si sporse per vedere meglio.

“Non è possibile! Dove sono spariti? Eppure fino a quando non sono entrato nel bunker... ma allora... allora erano veramente immagini?”

“Questo sta a te. Io non li ho mai visti. Me li puoi descrivere?

“Demoni di fango con ali da insetto.

“Poco poetico. Immaginavo qualcosa di meglio.

Si voltò verso di lei.

“Ma cosa stai dicendo? Come puoi non averli visti?

“Io vedo solo la Luna, Ren, anche se il Sole è già sorto. Nient'altro.”

“Non può essere! È coperta da... un momento... questo... vuol dire...”

Cercò di mettere a fuoco l'immagine. Non ci riuscì. La creatura stava lentamente svanendo davanti ai suoi occhi.

“Come ho fatto a non capirlo prima? Gli angeli... erano parte di esso... fatti della Sua stessa sostanza. Se loro non esistono, allora... allora neanche Lui...

Michelle sorrise.

“Sì, esatto. Ci sei arrivato.”

Ren strabuzzò gli occhi. Il mostro era sempre meno nitido. Iniziò a scorgere il profilo dell'astro d'argento.

“... non esiste! È solo... una proiezione dei miei pensieri!”

Nel momento stesso in cui terminò la frase, la Luna riprese il suo spazio vitale nel cielo. L'astro d'argento si mostrava timidamente alle prime luci del giorno.

“Cosa significa? Chi sei realmente tu?

“Beh, vedi... forse potresti definirmi come angelo, un angelo vero intendo, non uno di quei mostri che mi hai descritto. Io e gli altri sei eravamo... Osservatori. Il nostro compito era trovare persone capaci di dubitare delle loro percezioni... e guidarle fino alla comprensione.

“Eravate solo sette?

“Non esattamente. Eravamo divisi in piccoli gruppi, in tutto il mondo. Ci saremmo dovuti occupare di una città per volta. Sei stato fortunato, Ren.”

“Era... era una sorta di prova?

Michelle sospirò.

“Più o meno..."

Il capo chinato, gli occhi a scrutare la placide quiete dell'aurora.

"Vedi, la tua realtà è come questa finestra, Ren. Sei convinto di conoscerla, di viverla, ti fidi di ciò che vedi attraverso il vetro. Ma, aprendola, ti rendi conto di quanto questo sia illusorio. Non tutti riescono a farlo. Tu sei uno dei primi.”

Il ragazzo si sedette sulla sua branda.

“Un angelo, hai detto... e dove sarebbero le tue ali?

“Non è detto che io le abbia. Scusami, ma pensi veramente che le immagini che ci descrivono siano corrette? Se volessimo essere precisi, il mio nome è Mikael. Secondo la tua religione, dovrei assomigliare ad un uomo e trafiggere Lucifero con la mia spada... ma sai com'è, tutte le fedi sono misogine e pretendono di mostrare i propri eroi come maschi. Dà fastidio...”

“Ma allora... ti ha inviato Dio? Quello vero, intendo?

“A questa domanda... beh, dovrai rispondere da solo. Ora tu non vedrai più l'ADeus, a differenza degli altri esseri umani. Cerca di fare buon uso di questo dono... e trova la via per la verità.”

Abbassò lo sguardo. Una lacrima le solcò il viso.

“Buffo. Non pensavo che mi sarei commossa. Il mio compito è terminato, Ren. È il momento dei saluti, torno a casa.”

“Ci rivedremo?

La ragazza rise, poi si sedette sul davanzale della finestra.

“Chi può dirlo?”

“Allora... addio...

“A presto!

Un lampo di luce bianca accecò momentaneamente Ren e illuminò la notte a giorno. Riaprì gli occhi. Lei era scomparsa. Come lo aveva salutato? Ah, sì... A presto!

Ren si sporse dalla finestra e osservò l'alba. Il cielo terso e libero da ogni interferenza di natura divina accarezzò il suo sguardo. Un nuovo giorno stava iniziando.


**


Il Sole. Finalmente riusciva a vedere il Sole. L'ADeus era scomparso.

“Zackary! Tutto a posto?

“Sì, Corinne, tutto a posto. Sono libero, libero come te. Ascolta... devi... devi farmi un favore. Fuori città... sulla strada per le colline... a lato, troverai una tenda. Dentro c'è qualcosa, ne sono sicuro. Trovalo...”

“Ma... ma io non so nemmeno come... io non posso... cosa vuoi...

“Calmati... vedrai che non sarà difficile.”

Sentì un forte dolore al braccio sinistro. Poteva significare soltanto una cosa.

“Non ho molto tempo. Avvicinati, ti prego. Avvicinati... e chiudi gli occhi.

Si chinò su di lui. Le portò la mano tremante agli occhi.

“Cosa vuoi fare?

“Fidati... di... me...

Le sfiorò le palpebre con delicatezza. Si bloccò di colpo. Le dita si irrigidirono. Le pupille si contrassero. Emise un gemito strozzato. Il braccio cadde a terra a peso morto. I suoi occhi rimasero fissi a guardare il cielo. Il cuore aveva smesso di battere.

Per sempre.

“Zackary? Cosa... cosa è successo? Perché non parli? Zackary?”

Si sentì strana. Era accaduto qualcosa. Un cambiamento radicale, nel bene o nel male. Il suo cane era rimasto in silenzio fino a quel momento, ma, quando l'uomo aveva alzato la mano, aveva iniziato ad abbaiargli come un forsennato.

“Buono, Carl, buono! Non è successo nulla.”

Sentì una sorta di prurito alle palpebre. Istintivamente le aprì. Non sarebbe cambiato niente per lei.

Crollò a terra, come folgorata.

“Aiuto! Cosa... cosa sono tutte queste cose? Dov'è il nero? Dov'è finito?”

Si girò verso il luogo dove presumibilmente si trovava il suo cane. Scorse un oggetto di medie dimensioni, in parte nero, con sei escrescenze, quattro in un verso, due opposte. Su quella più grande c'erano due punti neri e altre forme strane.

“Carl?

Lo strano oggetto si avvicinò a lei. Qualcosa si aprì. Sentì abbaiare. Sì, quello era il suo cane. Spostò lo sguardo verso la propria mano. Vide una sorta di di forma piatta con cinque prolungamenti. Le dita. La avvicinò a Carl e lo accarezzò.

“Ho capito, è una sorta di incubo. Ora mi sveglio ed è di nuovo tutto nero. Un nero rassicurante.”

Ma il sogno non sembrava voler terminare.

Coscienza



Dopo venti minuti si convinse di essere sveglia. Dopo mezz'ora capì che gli strani oggetti con quattro arti e un ovale su un corpo rigido e squadrato non erano ostili. Poco alla volta, li collegò alla sua concezione di essere umano. Alla fine si convinse di essere una di loro. Prese famigliarità con il proprio corpo. Mosse le sue braccia, poi le gambe. Collegò le immagini alle sensazioni tattili che aveva raccolto per una vita. Era così diverso...

Si guardò attorno con curiosità. Stava esplorando un mondo completamente nuovo. Fissò qualcosa, fermo davanti a lei. Un corpo, presumibilmente un uomo, se era riuscita a collegare i concetti. Non respirava. Era accasciato sull'asfalto.

Zackary... non mi puoi più ascoltare, vero?

Una lacrima rigò il suo volto. Era morto, anche se non avrebbe saputo dire come.

Si avvicinò gattonando. Era completamente disorientata, ma era riuscita a comprendere alcuni movimenti di base. Carl la osservava perplesso, accucciato accanto a lei. Passò la mano sul volto dell'uomo, sperando che riprendesse coscienza. Occhi, naso, bocca, capelli, orecchie. Stava iniziando a collegare ogni parte anatomica alla sua visione interiore. Le ci sarebbe voluto molto tempo per abituarsi. Nel frattempo, avrebbe dovuto raccontarlo a qualcuno? Alzò gli occhi per vedere quel famoso Dio che Zackary aveva nominato. Vide una specie di disco luminoso, molto piccolo, sopra la sua testa. Era forse quello? No, non aveva le braccia, come le era stato detto. Delusa, abbassò lo sguardo. Osservò il bizzarro animale che la accompagnava. Non pensava che in realtà un cane fosse fatto in quel modo. Sospirò. Qualcuno avrebbe dovuto insegnarle a distinguere i colori e le forme. Non era facile associarle in quel modo. Rimase ferma, seduta per terra accanto a Zackary. Non sapeva cosa fare. Di certo avrebbe marinato le lezioni. Si trovava in una situazione straordinaria. Si voltò nuovamente verso il corpo dell'uomo. Un bagliore accecante la sorprese. Si portò istintivamente una mano al volto. La abbassò. Era scomparso. Il cadavere aveva cessato di esistere.

Al suo posto, un lumino fluttuante. Corinne si alzò a fatica, prese Carl al guinzaglio. Il lumino incominciò a muoversi.

Rapita da quella visione, iniziò a seguirlo.


**


Ren prese un furgone dall'autorimessa. Aveva raccolto in uno zaino tutte le sue cose e si apprestava a lasciare la base. Avrebbe percorso la strada al contrario. Voleva tornare dalla tenda, almeno per recuperare il registratore che aveva lasciato prima di rimettersi in marcia. Accese il motore. Voleva anche ritrovare il cadavere di Isaac, per donargli degna sepoltura. Guardò l'orologio. Erano le dieci e diciotto. Aveva dormito qualche ora, giusto per non assopirsi alla guida del veicolo. Premette l'acceleratore dopo aver innestato la prima. Mentre si allontanava dalla caserma, osservava il suo mondo, la sua vita, nello specchio retrovisore del veicolo. Si faceva sempre più piccolo. Distolse lo sguardo in modo nostalgico. Con quel mondo aveva chiuso. Si sarebbe congedato il prima possibile. Non voleva più avere a che fare con le armi. L'ultima esperienza era stata particolarmente scioccante. Cercò di ricordare cosa avesse inciso sul lettore mp3 con registratore vocale che aveva lasciato all'accampamento, in modo che qualcuno lo trovasse e venisse a conoscenza della situazione. Doveva suonare più o meno come:

Mi chiamo Ren Driven. Sono un soldato del settimo dipartimento in stanza ad Angel Falls. Non è uno scherzo, sto registrando queste parole mentre sono braccato da strani individui che vogliono farmi fuori. Ne ho preso uno in ostaggio, una ragazza di nome Michelle. Non sono per niente sicuro che sia un essere umano. Ho fatto alcune scoperte in queste ore. Gli angeli non sono altro che immagini che si sovrappongono alle persone, in modo che si uccidano a vicenda. È per questo che nel conflitto a fuoco siamo sopravvissuti solo in due. Chiunque trovasse questo registratore, lo porti in qualche caserma, lo consegni ad un generale, perlomeno. Sono informazioni importanti e riservate. Devono essere messe a conoscenza di tutti i militari per evitare ulteriori carneficine. Ripeto, il mio nome è Ren Driven. Spero che le mie parole possano aiutarvi...


**


Isaac era steso a terra, tremante. Era come se avesse visto un fantasma. Il corpo steso sul tavolino presentava numerose ferite, nella quasi totalità dovute a proiettili. Doveva essere morto da poco. Sembrava addormentato, ma non vi erano dubbi sulle sue condizioni di salute.

“Abbiamo provato in ogni modo a salvarlo, ma non ci siamo riusciti. Avrebbe avuto bisogno di una trasfusione di sangue, ma non siamo stati in grado di portarlo all'ospedale. Troppo poco tempo. Azraiel era disperato. In fondo, era stato lui a lanciare la granata, credendola un fumogeno. Si sentiva in colpa per quanto era accaduto. Avrebbe fatto qualunque cosa per porre rimedio al suo errore. Il suo sacrificio non è stato vano. La sua anima sarà giudicata, ma penso che non sia ancora finita...”

Gavrilo si avvicinò ed aiutò il ragazzo a rialzarsi. Ora era perfettamente lucido. Completamente in possesso delle sue facoltà mentali.

“Quando siamo arrivati qui, era già troppo tardi. Abbiamo cercato di rendergli il trapasso meno doloroso possibile.”

“Non... non capisco... come è potuto accadere?”

“Non ti preoccupare, non te ne saresti potuto accorgere. In ogni caso, non avresti potuto farci nulla. Ti garantisco che non ha sofferto.

Isaac si avvicinò al cadavere.

“Nessuno può saperlo meglio di me, Gavrilo... visto che questo è il mio corpo.”

Un silenzio pesante pervase la stanza.

“Quindi... non ce l'ho fatta. È questo che vuoi dirmi?”

Gavrilo annuì.

“Splendido. Ehi, ragazzi, sono morto! Che bella sensazione...

“Non c'è bisogno di fare del sarcasmo.”

“No, è superfluo, hai ragione.”

Si sedette per terra. Il suo volto era pallido.

“Dove sono?

“Non ha molta importanza. Questo luogo esiste. Ti basti sapere questo. Non è un sogno, io posso vederti, ma nessun altro gode di questo privilegio. Isaac... tu non appartieni più a questo mondo, che ti piaccia o no.”

“Ma perché nascondermi tutto?”

“Mi avresti creduto?

Il ragazzo abbassò lo sguardo.

“No, decisamente no. Anche ora, davanti al fatto compiuto, non riesco a farmene una ragione.

“Comprensibile. Se devo esprimere un giudizio, mi aspettavo una reazione più intensa. Ti sei chiuso in un silenzio... quasi normale.”

“Il tuo intuito cosa dice, Gavrilo?

Il suo intuito... se si fosse fidato delle sue intuizioni, forse Azraiel ed Uriah...

No, non era il momento di ripensare a loro. Avrebbe chiarito in seguito la situazione. Cosa gli suggeriva l'istinto in quel momento?

“Mi sta dicendo di portarti con me. Il mio compito non è ancora terminato. Hai superato lo shock?”

“Più o meno... diciamo che qualcosa già sospettavo. Ma speravo di aver torto. Quando mi hai detto che avrei dovuto incontrare mio padre, ho iniziato a tirare le somme...”

“Perfetto.

“E ora? Cosa... cosa devo fare?

“Seguimi sul tetto. Devo mostrarti una cosa.

Gavrilo lo prese per mano e lo guidò fuori dalla stanza.


**


Corinne si trovava su una sorta di parallelepipedo appoggiato su quattro cilindri. Aveva colori diversi. I colori. Quel nuovo mondo che si era aperto davanti a lei le piaceva. Era bizzarro, strano, completamente diverso da come se l'era immaginato. Continuava a guardarsi intorno divertita.

“Allora è fatto così un autobus...”

La luce l'aveva guidata verso la fermata e le aveva consigliato di salire sul numero 74. Sorrise. Si sentiva frastornata e disorientata, ma tutto questo non le importava minimamente. Anche la strana creatura che l'accompagnava era felice. Carl... il suo fedele cane guida. Un oggetto bizzarro, così come l'uomo. Sul finestrino vide un'immagine che non riusciva a collegare a nulla. Si guardò intorno. Era uguale a ciò che vedeva alle sue spalle, però era al contrario.

“Deve essere questo il riflesso... allora... quella sono io.

Osservò la figura. Per la prima volta, poteva ammirare un'immagine di se stessa.

“Io... non avrei mai pensato di potermi vedere!

Era al settimo cielo. Gli altri passeggeri pensavano che fosse una ragazza singolare, forse con qualche problema mentale. Non faceva altro che guardarsi intorno e lanciare gridolini di gioia o stupore per ogni cosa su cui concentrava la propria attenzione. All'improvviso, la luce si spostò su un rettangolo colorato. Corinne lo premette. Aveva prenotato la fermata. Rimase in piedi vicino alle porte. L'autobus si fermò. Era una zona collinare, la strada era tortuosa. In lontananza, la ragazza scorse un oggetto massiccio e colorato. Era forse la tenda di cui le aveva parlato Zackary? Il lumino la guidò all'interno della strana struttura ed indicò un oggetto di piccole dimensioni. Corinne lo raccolse, coordinando i suoi goffi movimenti. Lo osservò da ogni angolo possibile. Cosa poteva essere? Le sue dita incontrarono un rilievo. Lo premette inavvertitamente. Una voce si diffuse nell'aria. Corinne la ascoltò rapita.

Il lumino si era spento. Aveva portato a termine il suo compito.

La registrazione raccontava gli avvenimenti del giorno precedente, narrati da una voce maschile.

Come aveva detto di chiamarsi la persona che aveva parlato?

La risposta non si fece attendere.

...sere messe a conoscenza di tutti i militari per evitare ulteriori carneficine. Ripeto, il mio nome è Ren Driven. Spero che le mie parole possano aiutarvi...

“Ren Driven? Un nome curioso...

Un rumore attirò la sua attenzione. Sembrava quello di un motore. Un veicolo si era fermato proprio lì davanti. Corinne uscì dalla tenda. Dal furgone scese un ragazzo dai capelli castani, anche se lei non avrebbe potuto dire nulla se non che fossero colorati in modo diverso rispetto ai suoi. Si fermò stupito. Qualcuno aveva forse trovato il suo messaggio?

“Chi sei? Sì, insomma, voglio dire... cosa ci fai qui, nella mia tenda?”

“Sei Ren Driven?

“Uh? Sì, esatto.”

“Ho ascoltato la tua registrazione.


**


Dal tetto del palazzo aveva una visione magnifica dell'alba. Un disco rosso stava facendo capolino dietro i palazzi. Isaac non avrebbe saputo dire dove si trovasse.

“Ora dimmi, Isaac, lo vedi ancora? Sei ancora convinto che lui sia Dio?

“Io non vedo nulla. Comunque, ho smesso di crederlo dopo aver parlato con Raffaele.

Dubita di tutto, spingiti oltre.

Gavrilo si incupì. Azraiel aveva avuto ragione ancora una volta.

“Mi ha aperto gli occhi, mi ha portato a collegare l'essenza degli angeli a quella della creatura.

“Esatto. Vedo che hai capito, alla fine. Osserva.

Indicò la città che si stagliava davanti a loro.

“Nessuno degli esseri umani che popola questi luoghi ha ancora raggiunto una tale consapevolezza. Per loro, l'ADeus è una realtà.”

“ADeus?

“La creatura. Una proiezione sgradevole e lontana da qualsiasi concetto di Dio buono e misericordioso, dotata, malauguratamente, di una sorta di autocoscienza.

“In pratica, era consapevole di essere solo un'illusione?

“Sì. Per questo ha manipolato i miei fratelli. Voleva che nessun essere umano lo capisse.”

“Non riesco a seguirti.

“L'ADeus sarebbe diventato reale se e solo se nessuno si fosse accorto della sua vera natura. Nel momento stesso in cui tu, Isaac, hai capito come stavano le cose, hai pregiudicato la sua piena realizzazione. L'unica possibilità che gli rimaneva per evitarlo, era trovare un pretesto per farti uccidere dagli Osservatori. Per tua e nostra fortuna, non ce l'ha fatta.”

"Come? Sì, insomma, come poteva sperare di avere successo? Su questo pianeta vivono oltre sei miliardi di persone! Era ovvio che prima o poi qualcuno se ne sarebbe accorto, anche senza il vostro aiuto!"

Gavrilo chiuse le palpebre, lasciò che il vento accarezzasse la sua pelle.

"Come ti ho detto, era autocosciente. Sicuramente, era consapevole di non avere alcuna possibilità di mantenere l'illusione per sempre... ma ha avuto la forza, la risoluzione di scegliere. Ha tentato l'impossibile, pur di mantenere stabile la propria essenza. Ha scelto di sperare. E nessuno può biasimarlo, per questo."

Isaac afferrò il corrimano, lo sguardo diretto all'orizzonte, agli strali del Sole nascente.

“Ma... per gli altri sarà reale? Voglio dire, ho superato la prova, ma non l'ho superata per tutti... giusto?”

“Esatto. Ognuno deve riuscirci per conto proprio, senza una guida, possibilmente. Gli Osservatori hanno il compito di saggiare il terreno e trovare individui meritevoli. Anche il tuo amico Ren ha raggiunto lo scopo prefissato. Ho notizie anche su una ragazza cieca. Almeno tre persone sanno. Devo ammettere che questo va oltre le mie più rosee aspettative.”

Isaac scosse il capo, malinconicamente.

“Ora... cosa ne sarà di me? In che luogo riposerà la mia anima?”

Gavrilo lo guardò negli occhi.

“Non so. Non mi è dato saperlo. Azraiel era l'unico ad avere accesso a queste informazioni.”

“Splendido...

“Ciononostante, non è detto che sia per forza negativo. Ti piacciono le sorprese?”

“Non quando mi riguardano direttamente... comunque, suppongo di non avere altra scelta.

Gavrilo lo prese per mano, un sorriso disteso stampato sul viso.

Poi, svanì insieme a lui, in un lampo di luce bianca.


Colori

Il mulinello ronzò con un rumore assordante, poi il galleggiante effettuò il suo spettacolare tuffo nelle fredde acque del lago.

“Secondo me dovrebbe far riparare quella canna da pesca... cigola troppo.

“Già, è un po' vecchia, ma ci sono affezionato.”

L'uomo si mise in attesa. Alzò lo sguardo al cielo.

“Comunque, dopo un anno, trovo che la Sua presenza lassù non sia poi così inquietante. Ti fa sentire... al sicuro, ecco.”

“Sono le stesse cose che si dicono di un dittatore che può sentirti in qualunque momento, il padre della patria e altre espressioni di questo genere.

Il ragazzo scostò leggermente il cappello di paglia. Il suo galleggiante era poco lontano da quello del suo vicino di pesca. L'uomo riprese la parola.

“Sai, io gestisco un bar ad Angel Falls. Ricordo perfettamente ogni attimo del giorno dell'Epifania. Ricordo addirittura l'ultimo cliente della giornata, un uomo con i capelli neri e gli occhi verdi. Pensavo che avrei rimosso il suo volto dopo una decina di minuti, ma che dire? Potenza della paura.

Il ragazzo si guardò intorno. Perché si era seduto lì? Non poteva spostarsi qualche metro più in là?

“E tu? Qual è la tua occupazione?”

“Diciamo che sono stato congedato con onore. I miei superiori sono stati molto contenti del mio operato e hanno deciso di darmi una seconda opportunità, liberandomi dal mio ingrato incarico.”

L'uomo lo osservò stupito.

“Hai si e no venticinque anni. È impossibile che tu sia già in pensione?”

Il ragazzo sentì uno strattone alla lenza ed iniziò a riavvolgere il mulinello con foga.

“Dipende dai punti di vista. Ho svolto il mio lavoro per troppo tempo.

Il barista si ritenne soddisfatto. Dopotutto, lui era abituato a capire la gente.

“E... come hai detto di chiamarti?

“Non l'ho detto.

Il galleggiante si avvicinava velocemente alla riva. Doveva aver agganciato un pesce di notevoli dimensioni.

“Okay, va bene, cambiamo argomento. Tu conosci quei due laggiù in riva?”

Il ragazzo si concentrò sulla lenza.

“Forse... intendi dire Ren e Corinne? Quei due turisti che sono arrivati cinque giorni fa?

“Sì, loro esatto! Non sono una coppia strana? Lui passa la metà del tempo a indicarle gli oggetti e a dire nomi di colori strani, cosa ne so, blu oltremare... terra di Siena...”

“Allora non leggi i giornali. Quella ragazza era cieca dalla nascita. Sembra sia stata miracolata il giorno dopo l'epifania dell'anno scorso.

Il ragazzo tirò l'ultimo strattone e raccolse il frutto delle sue fatiche. Una carpa. Era già la terza. Il barista li osservò incuriosito.

“Davvero? Ma guarda un po' te... e come si sono conosciuti?

“Ah, non lo so. Non seguo la cronaca rosa. Da quando vivo qui, non ho questo genere di interessi.

L'uomo cercò di squadrare il pescatore alla sua destra. Giovane. Biondo. Occhi azzurri. Ne aveva visti molti, ma questo aveva qualcosa di particolare. I suoi tratti gli ricordavano molto quelli del cliente con cui aveva parlato giusto un anno prima. Una coincidenza enigmatica.

“Vivi qui? Da solo?

“No, con mia sorella. Ha avuto qualche guaio con i nostri superiori, ma ho interceduto per lei. In fondo, è stata raggirata. Non era completamente colpa sua. Ho fatto in modo che le venisse abbuonato il suo errore. L'unica punizione a cui è andata incontro, se così possiamo chiamarla, è dover condividere l'abitazione con me, qui sul lago.”

“Se fossi in lei non mi lamenterei.

“Già, già... è quello che penso anch'io.”

Il ragazzo agitò la canna da pesca, lanciando l'amo nell'acqua cristallina. Il barista fu colto da invidia. In tre ore non era ancora riuscito a prendere neanche un misero pesce rosso.

“Ehi, ehiii! È pronta la cena, fratello!”

Una voce femminile richiamò il ragazzo all'ordine. Riavvolse la lenza malvolentieri, poi si rialzò.

“Te ne vai così? Ma dai, rimani ancora un po'”

“Fidati, non è il caso di far arrabbiare Sami.”

“Almeno dimmi come ti chiami.

“Oh, beh... vediamo... Diciamo che può chiamarmi... uhm, Zeralai? Sì, così va bene.”

“Zeralai? Ma che razza di... sì, insomma, da dove è spuntato fuori?”

Il ragazzo rise.

“Beh, è un anagramma. Non uso più il mio nome da circa un anno. Diciamo che è stata un'idea di Sami. Sai, volevo tagliare con il passato. Ora, con permesso...”


**


“E quello? È azzurro, vero?”

Ren si portò una mano alla fronte.

“Corinne, mi stai prendendo in giro, vero? Tu sai già benissimo che è azzurro.

“Mi piace avere delle conferme.

La ragazza era visibilmente divertita.

“Questo posto è bellissimo! Come l'hai scoperto?”

“Ho trovato un dépliant turistico nella cassetta delle lettere, con mittente anonimo. Mi domando chi possa avermelo inviato.”

Volse lo sguardo verso i due pescatori che si trovavano sulla riva accanto. Uno dei due aveva qualcosa di familiare.

“Cosa c'è?”

“Niente, niente...

Corinne si aggrappò al suo braccio sinistro.

“Ren, puoi farmi un favore?

“Quale?

Il tono era preoccupato. In un anno aveva imparato quanto fosse imprevedibile quella ragazza.

“Puoi descrivermi Dio? O meglio, quello che gli altri chiamavano così?”

“Non era un bello spettacolo, te l'assicuro. Molto meglio veder tramontare il Sole. Guarda che bei colori!

“Non hai risposto alla mia domanda... e poi...

Si fermò. Non aveva mai visto il tramonto su un lago. L'acqua aveva assunto diverse gradazioni di colore, tra l'arancione, il rosso e il rosa. Era incredibilmente bello. Corinne era rimasta senza parole. Ren per un attimo rabbrividì. Era veramente... no, solo la sua immaginazione. Però non gli sarebbe costato nulla. Si distese e fece un cenno di saluto verso l'astro luminoso.

Corinne lo osservò perplessa.

“Hai visto qualcuno che conosci? Non mi sembra che ci siano altre persone sull'altra sponda...

“No, no, stai tranquilla...

Voleva credere ai suoi occhi. Non potevano averlo ingannato in quel modo.

Fu preso dalla commozione.

“ ...è che per un attimo...”

Chiuse le palpebre. Doveva riuscire a fermare le lacrime.

“... mi è parso di vedere Isaac... che mi salutava.”

Il Sole sembrò scomparire nelle fredde acque del lago, senza che nessuna creatura ostacolasse il suo percorso.

Senza che nessun falso Dio impedisse loro di contemplare quello spettacolo.


Fine