Distortionverse: Chapter 3A - Sabbie (2014)
Tra il 2014 e il 2015 ho scritto sei romanzi brevi che assieme formano il ciclo di Distortionverse, raccogliendo storie, spunti e personaggi da giochi e altri racconti mai completati. Per molto tempo, questi romanzi brevi sono rimasti disponibili solo su Amazon Kindle e tramite Createspace come copie fisiche. Dieci anni dopo, voglio archiviarli sul mio sito personale per evitare che vengano perduti per sempre. "Sabbie" è la prima parte di Luci dalla Cenere e, sfortunatamente, una delle storie che mi piace di meno per alcune derive un po' troppo fantasiose – anche se mostra l'origine degli emofagi e considerato che adoro ancora Ezequiel come personaggio (lo stesso di Neonlight!). È comunque parte dell'universo narrativo, lasciarla da parte mi metterebbe a disagio.
2038 – Terra di Nessuno, Zona Morta
1. Solitudine
Il sole delle tre, scintille di sabbia ruvida. Ghiaia e terriccio, rocce asimmetriche, bruciate, inaridite. Poche piante, secche, prive di vita. Verde pallido, smorto, foglie agonizzanti nella torrida estate. Nuvole di polvere, guidate dal vento come una mandria indisciplinata, cumuli vorticanti senza capo né coda. Un motore borbottante, una jeep coperta, i fari spenti, pneumatici spessi, tassellati. Altri veicoli, una carovana.
Diretta verso il nulla.
**
Ci siamo lasciati St. Patrick alle spalle da un paio d'ore, stiamo procedendo nella terra di nessuno, poco alla volta. Il panorama è monotono, nessuna strada asfaltata, nessun distributore di carburante nell'arco di cento chilometri. Sembra quasi di trovarsi a Mosca, dopo il bombardamento. Mancano solo i superstiti disperati che vagano come zombie.
No, meglio così: uno spettacolo del genere non lo auguro a nessuno, eh?
E dire che ho viaggiato molto.
Iberia, Concordato, Britannia, Sahariana, Ellenica... ho girato mezzo mondo, assistito ad ogni genere di orrore e assurdità.
Ma nulla come il bombardamento di Mosca.
Cancellare una città dalla cartina solo per installare una stupida centrale a distorsione.
Mi vengono i brividi solo a pensarci.
**
Note allegre dalla radio, un vecchio successo della Khatorzion Orchestra. L'autista alza il volume, sovrasta il silenzio della solitudine, il rombo del quattro cilindri. Pensieri leggeri nella sua mente, giardini fioriti, acqua, tanta acqua. Niente a che vedere con gli arbusti rinsecchiti e le pozze di fango a vista.
Gocce di sudore sulla fronte, sugli occhiali scuri, indispensabili per guidare sotto i raggi della fornace. Il passeggero fischietta, segue il motivetto della radio, una melodia appena accennata, sufficiente a rallegrare gli animi, non ad allontanare il timore.
Il timore di trovarsi circondati.
**
Certo, non ho urlato di gioia quando ho scoperto dove mi avrebbero spedito questa volta, ma non ho alcun diritto di lamentarmi. In fondo, è anche un po' colpa mia: se solo avessi richiesto esplicitamente di non essere inviato a Mosca e nella zona morta, mi sarei risparmiato una buona dose di problemi.
Bah, meglio lasciar correre.
Ho più di quarant'anni e una figlia a carico, non posso permettermi di rifiutare un impiego ben pagato.
Anche se offerto da loro.
Molti avrebbero rifiutato, al mio posto. Avrebbero rifiutato sedicimila sterline nette, soldi macchiati dal sangue di migliaia di persone.
No, non è il caso di essere schizzinosi. Finché il sangue non è il mio, posso tranquillamente chiudere un occhio.
Non avete idea di quanto costino i pannolini.
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Il veicolo incespica, taglia tra le dune artificiali. Cactus sintetici impiantati dopo l'operazione, sparsi qua e là, senza un progetto preciso. Il set ideale per un film d'azione post-apocalittico.
Costruito ad arte.
Una pista tracciata, fumo in lontananza, l'accampamento. Le auto accelerano, un filo di speranza, gli pneumatici aggrediscono il fondo sconnesso, lo trattengono, vi si aggrappano con tutte le forze, strappando brandelli di polvere. Un guizzo al lato della strada, imprecazioni, bestemmie.
Sterzata brusca, improvvisa, per evitare il contatto.
Invano.
Uno stridio acuto, urlo di dolore inumano.
Poi, il silenzio.
**
Detto fra noi, non li posso proprio sopportare, anche se mi pagano. Zecche attaccate al profitto, prive di un qualsiasi brandello di umanità. Se questo schifo di pianeta è così incasinato, lo si deve anche e soprattutto a loro.
Immensi figli di puttana.
No, no, ho usato un termine infelice: non è il caso di reagire in questo modo, devo controllarmi di più. Quando torno a casa, voglio dedicarmi al mio scricciolo, solo a lei. Non posso certo farmi scappare delle parolacce, altrimenti sai che educazione...
Comunque, ora devo concentrarmi, trovare punti di riferimento.
Da qualche parte dovrò pure incominciare, no?
**
La portiera si apre, passi lenti, pesanti verso il corpo esanime. Scarponi da montagna, pantaloni antistrappo rinforzati, divisa da lavoro, mantellaccio blu, occhialoni da deserto. Un intrico di tatuaggi scuri domina il viso squadrato, completato da iridi chiare, pupille minuscole, capelli appuntiti azzurro elettrico. Rughe attorno al naso, sulla fronte, agli angoli della bocca.
Si china sul cadavere della creatura, controlla le pulsazioni. Quattro zampe sgraziate, pelle vermiglia, spessa, bande verdastre sulla schiena, bioluminescenti, occhi gialli.
Spenti.
Un sospiro di sollievo.
“Tutto a posto. È morto possiamo procedere.”
L'uomo alla guida si esibisce in un cenno di assenso. Wentzel Herzog riprende posto sulla macchina, richiude lo sportello.
“Ci è andata bene. L'ultima cosa di cui avevamo bisogno era un incontro ravvicinato con un emofago.”
2. Accampamento
Gli scarponi tastano il terreno compatto tra le tende. Decine di operai, insetti brulicanti indaffarati, i picconi in mano. Un uomo in piedi, al centro, i pugni chiusi sui fianchi, il volto imbronciato. Stivali neri lucidi, pantaloni di pelle pregiati, giaccone refrigerante rosso con colletto in pelliccia di visone, camicia bianca con bottoni in madreperla, collana d'oro, viso allungato, capelli neri lunghi, treccine rasta sulla fronte, un paio di occhiali scuri di marca.
“Ce ne avete messo di tempo! Siete venuti a dorso di lumaca?”
“Buongiorno signor Kramers. Anch'io sono molto felice di vederla.”
Wentzel si allontana dalla jeep, altri veicoli in arrivo, annunciati da coltri di polvere.
“Comunque sia, abbiamo avuto un piccolo contrattempo, nulla di grave. Un emofago ci ha tagliato la strada.”
Espressione di rabbia, un volto contratto, rigido, tono di voce isterico, da prima donna.
“Non mi interessano i dettagli. Voi siete qui perché dobbiamo rispettare delle scadenze e siamo a corto di personale. Entro settembre deve essere tutto pronto, mi sono spiegato?”
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Egon Kramers è un perfetto imbecille, capace solo di dare ordini e tessere le lodi del “suo” operato. Tra tutti i dirigenti della RealLifeAnime è forse il più spocchioso e insopportabile. Sinceramente, non capisco perché gli abbiano affidato la direzione del progetto Renaissance.
Forse per tenerlo impegnato ed evitare che causasse danni in qualche altro settore?
Mah, è un'ipotesi plausibile.
Ad ogni modo, che il direttore dei lavori sia lui o un altro, per me non fa alcuna differenza: qualunque sia il risultato, io avrò la mia paga e me ne andrò con le tasche piene.
Il problema sarà sopportarlo per tre settimane, tutto qui.
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“In pratica, dobbiamo preparare il set per il vostro spettacolino.”
Un urlo lancinante, odio allo stato puro.
“Non lo chiami così! Sarà il nostro capolavoro!”
“Si tratta pur sempre di uno spettacolo televisivo, no?”
Kramers si sfila gli occhiali, li ripone nella tasca della giacca.
“Forse lei non ha chiaro il motivo per cui noi stiamo portando avanti questo progetto. La gente ha bisogno di qualcosa che la distragga, una storia che convogli le emozioni e le incanali verso un nemico immaginario! Questo è da sempre lo scopo della ditta che rappresento, signor Herzog.”
“Che bisogno c'è di distrarre la gente, in questo momento?”
“Lei è stato a Mosca, signor Herzog?”
“Purtroppo sì.”
“Allora sa perfettamente a cosa mi riferisco.”
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Il nuovo arrivato fa storie, si è reso conto che qui si produce aria fritta. Non dev'essere una situazione semplice da gestire per Kramers. Secondo le mie stime, ha meno del venti per cento di possibilità di riuscita. Convincere Herzog non dev'essere facile, è uno abituato ad agire di testa sua. Se mi paga abbastanza, posso occuparmene io.
Tanto, per me non fa alcuna differenza.
È fastidioso, mi diranno. Fastidioso, huh?
Emozioni, sentimenti.
Questa roba non fa per me.
Non più, almeno.
**
Un uomo vestito di nero, alto, sulla quarantina. Cappellaccio da cowboy calato sul volto, capelli castani lunghi fino al collo, occhi nascosti dall'ombra del copricapo, uno stuzzicadenti tra le labbra.
Il fucile in braccio.
Se ne sta fermo, immobile accanto alla tenda di Kramers.
Impassibile.
“Chi sarebbe quello spaventapasseri, signor Kramers?”
“Si auguri di non doverlo scoprire mai, Herzog. È per il suo bene.”
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Inutile discutere, tanto vale mettersi all'opera. Gli ordini sono ordini, il contratto è il contratto. E non se ne esce, in nessun modo.
Peggio che vendere l'anima al diavolo.
Per fortuna, il resto dei miei colleghi sembra gente alla mano, non ho ancora individuato teste calde. Può darsi che sia solo questione di tempo, siamo arrivati tutti da meno di tre ore e... no, voglio essere ottimista.
Okay, quali sono le alternative per ravvivare la serata?
È tardi per raggiungere l'area di scavo, dopo le sette è pericoloso addentrarsi nella zona morta. Avremmo bisogno di visori ad infrarossi ed armi, molte armi. Roba costosa e non utilizzabile per rassettare un po' di terra.
In tre parole: ne siamo sprovvisti.
Meglio così, avrò l'occasione di far due parole con i miei compagni di sventura.
Magari potremmo accendere un falò ed intonare tutti insieme qualche vecchia canzone con una sei corde, giusto per allontanare la malinconia.
Una buona idea, dovrei proporla agli altri.
Così potremmo conoscerci un po', rompere la cappa di silenzio irreale che circonda l'accampamento, scherzare forse.
E poi, vuoi mettere la soddisfazione di togliere il sonno a Kramers?
3. Zona Morta
I resti di un focolare spento, minuscole braci, tenui scintille di vita nella cenere. Wentzel ripone le immagini nei cassetti della memoria. Bella serata, bella davvero. Utile, soprattutto. Comunicare, creare una rete di relazioni con i tuoi colleghi. Davvero un'ottima idea.
Solo il corvaccio è rimasto in disparte, immobile, col suo canne mozze in bella mostra.
Il motore della jeep sovrasta i pensieri, confonde la mente.
Al resto, pensa l'autista.
“Hai già dato un'occhiata al prospetto? Dovremo darci dentro per costruire tutto quello che ci è stato chiesto.”
“Non ne ho ancora avuto il piacere, Victor.”
Victor von Kreen, ventitré anni. Capelli chiari, occhi marroni. Un giovane al suo primo scavo. Arruolato per mancanza di personale.
“Vogliono che recintiamo il canyon, impiantiamo circa milleduecento telecamere, spianiamo una montagna per costruirci un bunker militare diroccato...”
“Ancora qualcosa? Cosa ne so, una bella base spaziale con tanto di shuttle?”
“Si stanno attrezzando anche per quella.”
**
Andrà tutto bene. Tutto. Nulla può andare storto.
Proprio.
Nulla.
Il set – l'intero set – sarà completato nei tempi prestabiliti e a nessuno verrà in mente di proporre l'altro progetto, quell'insulso la principessa dei petali di luce che dovrebbe assicurare uno share dell'ottanta percento. Ma figuriamoci! Chi mai rimarrebbe incollato al televisore per una fiction del genere? Il pubblico vuole mostri, sangue, sparatorie, effetti reali! I mostri ce li abbiamo già, che male c'è se li sfruttiamo? Si riproducono a velocità folle, sono tanti, brutti, cattivi! Il pubblico stravede per le apocalissi! Sì, sì! Renaissance sarà un successo, me lo sento, anzi... ne sono sicuro! Sicuro al cento – anzi, no – al duecento per cento! Se insorgessero problemi, ho il mio soldatino di piombo pronto a premere il grilletto.
Trovarne altri come quell'Ezequiel!
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Gli apparecchi per il monitoraggio installati, come da progetto. Tecnici specializzati ovunque, a distanza considerevole l'uno dall'altro. Wentzel cammina con prudenza, scende lungo la china accidentata. Victor raccoglie una manciata di sabbia, la lascia scorrere tra le dita. Wentzel sorride divertito.
“Hanno fatto le cose in grande, eh?”
“In che senso?”
“Questa sabbia è finta: fa parte dello spettacolo. Hanno triturato ghiaia per un anno prima di ottenerne abbastanza da ricoprire quest'area. Non penserai davvero che possa esistere un deserto simile al Sahara nel cuore dell'Irlanda?”
“Non ci avevo pensato, in effetti.”
**
Che io lo voglia o no, questo è l'unico luogo al mondo in cui quei porci potevano allestire uno spettacolino del genere.
I miei colleghi hanno già iniziato a scavare, seguendo le mie direttive. Kramers può lamentarsi quanto gli pare, ma io qui sono il più esperto.
E so quello che faccio.
Comunque sia, Victor è piuttosto simpatico. Fa discorsi strani sulle intelligenze artificiali e sui robot, però sembra un tipo a posto. Ieri sera ha raccontato alcune storielle divertenti, attorno al fuoco. Qualcuna me la sono pure segnata, così magari la faccio sentire alla mia bimba quando torno a casa.
I lavori sono iniziati stamattina, abbiamo già recintato l'area e piazzato gli strumenti di misura. Se tutto va come previsto, oggi pomeriggio inizieremo a scavare la grotta naturale, come richiesto esplicitamente dalla schedula ufficiale.
Mi auguro solo che non si verifichino contrattempi.
**
Una sedia imbottita, celata da un immenso telone bianco. Quattro pali a sostenerlo, a mo' di gazebo. Kramers semisdraiato sul suo trono, il frigobar a portata di mano, una bibita fredda appoggiata su un tavolino. Osserva il teatro della rivincita, l'immensa spianata di terra rossa e rocce, il nastro giallo di contenimento, gli operai al lavoro, Wentzel lì in mezzo, a snocciolare ordini.
Dovrei esserci io lì... ma perché faticare? Lasciamo fare ad Herzog. L'ho assunto per questo, no?
Una risatina stridula, compiaciuta. Il Sole alto nel cielo, a sancire il suo dominio sulla terra di nessuno.
Solo per un attimo.
Una visione fugace, distorta dalla calura estiva.
Una macchia sugli occhiali, senza dubbio.
Pulisce le lenti con un panno, li indossa nuovamente. Ma l'immagine non cambia.
“Guarda, guarda...”
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Wentzel alza lo sguardo, gli occhi puntati verso le alture confinanti.
“Speriamo solo che gli emofagi se ne stiano nelle loro tane. Non siamo attrezzati per fronteggiare un attacco massiccio.”
Victor lo imita, osserva con calma, senza fretta.
“Siamo piuttosto in basso. Da qui sarà dura notarli...”
Un luccichio in lontananza. Occhi sgranati, sorpresi. Victor lascia cadere la pala, la mano a schermare il Sole, per capire.
“E quella che diavolo è?”
Un'espressione crucciata sul volto di Wentzel.
“Qualcosa che non dovrebbe esistere.”
4. Rovine
Resti di una strada asfaltata, le linee bianche ancora tracciate. Strisce pedonali, pali della luce ripiegati su se stessi. Palazzi in rovina, una torre campanaria costellata di crepe, affiancata da cumuli di macerie. Il tutto, nel bel mezzo della zona morta. Wentzel abbassa il binocolo.
“Sembra una città... o quello che ne resta.”
Una torre di metallo corroso, sfavillante sotto i raggi del Sole.
“Se non fosse stato per quella struttura, non ce ne saremmo mai accorti.”
Kramers strepita, sbraita come una scimmia.
“Non è un problema nostro! Noi dobbiamo preparare il set per Renaissance, costruire tutto quello che è riportato sulla lista, capito? Chi se ne importa di due sassi messi in croce!”
“Secondo me, sarebbe opportuno dare un'occhiata. Potrebbe nascondere dei nidi di emofagi non segnalati sulle carte.”
“Che vadano al diavolo, pure loro!”
Wentzel scrolla il capo.
La fronte madida di sudore, nervosismo a mille.
Ci vuole un'idea.
“Se quelle rovine fossero agibili, avrebbe una buona location a costo zero. Potrebbe addirittura anticipare la messa in onda del programma a fine agosto.”
Kramers in silenzio, raccolto in se stesso. Pensieri in movimento rapido, calcoli di convenienza, il tasto del subtotale premuto.
Ed ecco il risultato.
“Che cosa stiamo aspettando, allora? Mandiamo qualcuno in avanscoperta.”
**
Raggirare Kramers è fin troppo semplice. Dopotutto, è un affarista. Sa riconoscere un'occasione di guadagno alla prima occhiata: la possibilità di disporre di un nuovo set gratuito lo ha mandato letteralmente in visibilio.
Ora che ci penso, sono stato parecchio stupido.
È vero, sono curioso di scoprire qualcosa di più su quei frammenti di civiltà, ma, ad una attenta analisi, mi sono giocato il compenso: a chi serve una squadra di costruzione se l'ambiente scenico è già bello che pronto?
No, adesso non è importante, in qualche modo risolverò anche questo problema. Il punto ora è raggiungere la città, prima che tramonti il Sole.
E trovare un modo per trascinare Kramers con noi, giusto per fargli abbassare un po' la cresta.
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Meno di venti minuti per organizzare la spedizione, quattro persone in tutto. Un'avanguardia ridotta, un unico fuoristrada. Wentzel Herzog, Victor von Kreen, Egon Kramers.
Ed Ezequiel.
Victor ingrana la prima, il veicolo si muove alla volta del traliccio, addenta gli accumuli di materiale sabbioso artificiale. Respiri affannati, le mani strette attorno al volante. Wentzel lo conforta, una pacca amichevole sulla spalla.
“Ti vedo nervoso, Victor.”
L'autista scuote il capo, parole biascicate, masticate, un tono a metà tra il piagnucolante e l'ansioso.
“Perché mi hai voluto con te?”
“Hai dei buoni occhi. Sei stato il primo a scorgere la struttura metallica.”
“Questa non è una risposta.”
Una risata divertita.
“Racconti storie simpatiche. In caso ci fosse bisogno di tirar su il morale della truppa, sapresti cavartela egregiamente.”
“Certo, come no? Potrei provare a raccontarle agli emofagi e vedere come reagiscono.”
**
Non credo che quelle rovine siano pericolose, ma non ho dati sufficienti a riguardo. Non mi sembra logico inviare un'avanguardia così sparuta in piena zona morta, chiunque potrebbe accorgersene con un dettagliato bilancio costi-benefici. La densità di popolazione degli emofagi ha un picco in questa regione, non è pensabile addentrarsi per più di venti chilometri al suo interno. Ad ogni modo, sono pagato per proteggere la vita del mio facoltoso cliente. Inutile dire che in qualunque momento il rischio superasse il compenso, agirei di testa mia, seguendo l'alternativa più logica.
Qualunque essa sia.
**
Silenzio assoluto, la polvere sospesa, cristallizzata Una brezza immobile accarezza le dune, un istante congelato nel tempo. Visione a lungo raggio, valica i confini dello sguardo, supera l'anello di sabbia, risale la china, si inerpica tra le rocce frantumate, un serpente di coscienza tra gli speroni di pietra. Striscia sull'asfalto, si attorciglia ai lampioni, ricade, risale i palazzi diroccati, un salto fino al traliccio, in un respiro. Gruppi di emofagi vaganti, in caccia.
No, non sono loro.
Un nuovo segnale, più potente, inaspettato. Decine di linee vitali, a pochi chilometri. Inoffensive? Impossibile valutarlo da quella distanza. Esseri in movimento, indaffarati. Accampati dall'altro lato del canyon, poco lontani da casa. Una minaccia per la madre?
Forse.
O forse no.
Quattro tracciati in moto rapido, nel tempo reale, congelati anche loro dalla visione istantanea. Un veicolo, quattro ruote, motore a scoppio – benzina. Difficile leggerli nel profondo, sono ancora troppo distanti. La visione si sposta all'indietro, sul gruppo di emofagi. Estrapola la traiettoria, la incrocia con i dati in suo possesso, rileva la collisione.
Riapre gli occhi.
Cosa devo fare? Lasciare che siano attaccati dalle creature?
Un sorriso forzato.
A pensarci bene, la risposta è ovvia.
5. Contatto
“La temperatura è più bassa qui. Che strano...”
La pistola in mano, puntata a destra, a sinistra, un passo dopo l'altro, gli occhialoni calati. Wentzel si gratta nervosamente i tatuaggi sul viso, senza un evidente motivo. Una nebbiolina incolore tutto attorno a loro, appiccicosa, irritante. Le suole delle scarpe mordono l'asfalto, centimetro dopo centimetro. Victor a pochi metri, il taccuino in mano per annotare, schizzare mappe improvvisate. Ezequiel immobile, il fucile in spalla, carico.
Kramers aggrappato al suo braccio, esitante. Un filo di voce, appesantito dalla nebbia umida.
“Mai quanto quello in cui ci siamo imbattuti un'ora fa.”
“Intende i cadaveri di quegli emofagi?”
“Esatto.”
Dieci creature squartate, le pance aperte, interiora in bella mostra. Una mano dal cielo, un aiuto insperato.
“Se fossero stati ancora in vita, dubito che saremmo giunti fin qui interi.”
Victor si massaggia il mento, la penna posizionata dietro l'orecchio.
“Che io sappia, quei mostri non sono né cannibali né necrofagi, ma sono estremamente territoriali. Può essere che si siano ammazzati a vicenda per contendersi una preda o una zona di caccia. Quelli in cui ci siamo imbattuti potrebbero essere ciò che resta della fazione perdente.”
Wentzel annusa l'aria, lo sguardo vaga in moto continuo, mai fermo.
Uno stuzzicadenti in movimento, Ezequiel in attesa, una tranquillità disarmante, inumana.
“Speriamo solo di non essere le prossime prede.”
Kramers prende coraggio, si allontana dalla sua guardia, analizza l'ambiente. Vecchi palazzi sofferenti, crepe ramificate, asfalto frantumato, tombini esplosi, la luce del Sole attenuata dalla foschia, il cielo immerso in una tonalità bluastra. Un'atmosfera perfetta, il relitto abbandonato di una società evoluta, pronto ad essere riadattato per intrattenere milioni di persone.
“Bene, bene. Direi che siamo a cavallo. A questo punto gli scavi possono anche andare a farsi friggere!”
**
Questo posto mi mette ansia, è troppo, troppo silenzioso. Non un animale, non una creatura. Se non avessi la mia pistola personale modificata... già, prima o poi dovrò brevettarla. Potrei chiamarla Wentzel Sandstorm o qualcosa del genere. Non sono molto portato per i nomi, lo so. È l'unico a cui sono riuscito a pensare.
Per fortuna, il nome di mia figlia non l'ho scelto io. Sua madre ha avuto veramente buon gusto, davvero.
Peccato che poi abbia cercato di liberarsene.
No, forse dovrei smetterla. Sto semplicemente cercando di non concentrarmi sul momento corrente. Temo un attacco a sorpresa, tutto qui, i miei sensi sono all'erta, ma la mia mente... insomma, devo impegnarla, in modo che non interferisca. Così, il mio istinto sarà libero di agire e di tirarmi fuori dai guai.
In fondo, nello Czarato sono sopravvissuto così.
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“Signor Kramers, io e Victor ci dirigiamo verso il centro cittadino. Non ha senso rimanere qui ad ammirare il cielo.”
“Non è logico spostarsi. Il rischio di essere attaccati da piccoli gruppi di emofagi è molto elevato.”
“Nessuno ha chiesto il tuo parere, Ezequiel.”
Il cappello nero calato sul viso, non un accenno di fastidio, di sorpresa.
“Siete liberi di morire allora. Io non verrò ad aiutarvi.”
“Signor Kramers?”
Un gesto eloquente della mano, sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
“Sì, sì, andate pure. Io rimarrò qui a passare in rivista la via principale. Potrebbe essere un'ottima location.”
Ezequiel solleva la tesa. Occhi di ghiaccio, fissi, privi di sentimento. Tono di voce piatto, inespressivo.
“Non è conveniente. Separati avremo meno possibilità di sopravvivenza, in caso di attacco.”
Un bip ripetuto, ritmico, a basso volume. Victor si avvicina, un minuscolo congegno luminoso stretto nella mano sinistra.
“Ho attivato un biorivelatore. Ci avvertirà dell'eventuale presenza di emofagi nel raggio di duecento metri. Direi che è un intervallo spaziale sufficientemente ampio da permetterci di tornare indietro, in caso di pericolo.”
“Allora fate come vi pare, ma non contate su di me.”
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Sono vicini, madre. Ho permesso loro di raggiungere il nostro rifugio, di attraversare indenni il deserto... ma solo perché me l'hai chiesto tu, madre. Sono esseri umani, vero? Sono creature come noi! Non ne ho mai viste, da quando sono nato. Credevo non ne esistessero più, madre. Cosa è successo? Il mondo è forse rinato?
Cercherò di contattarli, di scoprire le loro intenzioni.
Certo, sono strani, credono di essere invincibili, è palese. Nelle loro menti non vi è altro che il desiderio di conoscenza e di successo. Non pensano minimamente a sopravvivere.
Sai, madre? Proprio non li capisco. Non si rendono conto di quanto questo posto sia ostile? Dei pericoli che nasconde? Forse non sono proprio esseri umani, forse sono solo macchine.
Questo spiegherebbe molte cose, certo.
Dopotutto, come possono essere sopravvissuti gli uomini all'avvento degli emofagi, senza le nostre facoltà?
**
“Secondo te dove siamo finiti, Wentzel? Che io sappia, non esistono città nel raggio di cento chilometri da St. Patrick, se si esclude lo scudo gemello di Correa, al confine con la zona morta.”
“È il motivo per cui ho lasciato Kramers a marcire all'ingresso. Non avremmo mai scoperto nulla, rimanendo là a giocare alle belle statuine. Io voglio delle risposte.”
Il brusio tranquillo del rivelatore, un ronzio elettronico famigliare, rassicurante.
Procedono lenti come ombre tra le macerie, attenti ad ogni movimento. Bruma sottile, azzurrina, a bassa quota. Cielo invernale in piena estate.
“Entriamo in qualche edificio?”
“Per dirla alla Ezequiel... non sarebbe prudente. Mi dispiace ammetterlo, ma il corvaccio ha ragione. Non siamo attrezzati per affrontare eventuali emergenze. E io devo tornare a casa, altrimenti la mia piccola mi odierà per tutta la vita.”
Un grattacielo diroccato, dodici piani. Finestre divelte, vetri in frantumi.
L'occhio non riesce a raggiungerne la sommità, complice la foschia, non percepisce la figura rannicchiata là in alto.
Non può incrociarne lo sguardo.
6. Jeno
“Secondo la storia ufficiale, questo posto non dovrebbe esistere.”
“Da quando credi alla storia ufficiale, Ezequiel? Ma che importa! È il set ideale per la mia creatura. Mi costerò molto meno che adattare una porzione di deserto!”
Kramers giubila, si agita come un ossesso, osserva, annota, si stupisce per ogni scoperta.
Questo palazzo qui lo usiamo per la sede del comune, quest'altro per la scena dell'attacco al supermercato, questo per la centrale elettrica...
“Una manna dal cielo, Ezequiel! Una manna! Peccato che tu sia così sepolcrale! Dovresti essere eccitato quanto me!”
“Non mi interessa.”
Kramers parla troppo, se continua così non mi permetterà di tenere i sensi in guardia, provocando indirettamente una mia vulnerabilità ad eventuali sortite. In prima approssimazione, allontanandomi da lui di circa dieci metri dovrei essere in grado di ignorare la sua voce.
Stivalacci neri, muniti di speroni, in moto verso un punto preciso, la torcia in mano. Un luccichio tra i cumuli di ghiaia.
Un segnale stradale accartocciato.
Si china sul metallo contorto, lo analizza con meticolosità e precisione. Si rialza, lascia cadere la piastra scrostata.
“Signor Kramers... lei è proprio sicuro di non sapere dove ci troviamo?”
**
“Che genere di robot vorresti costruire, Victor?”
“Androidi. O, preferibilmente, ginoidi. Mi ispirano più simpatia.”
Un sorrisetto malizioso sulle labbra di Wentzel.
“Sì, certo, simpatia...”
Victor sistema le lenti, stringe il laccio degli occhiali.
“Ad ogni modo, il problema principale è l'alimentazione. Con i sistemi propulsivi che abbiamo a disposizione, non siamo ancora in grado di realizzare un umanoide soddisfacente. La SPECTRA Robotics ha brevettato il suo primo prototipo di VORS a motore atomico. Il punto è che per mantenere attiva una intelligenza artificiale più articolata non sarebbe sufficiente. Se volessimo emulare il cervello umano...”
La luce sul rivelatore scintilla, bagliore verde intenso ad intermittenza, il volume del segnale aumenta.
“Ma che diav...”
Wentzel toglie la sicura, il proiettile in canna, desideroso di prendere una boccata d'aria. Victor carica la calibro sette e sessantacinque.
“A che distanza sono?”
“Quaranta metri... sopra di noi?!”
**
Questi simulacri non sembrano molto svegli, sono sicuramente dei replicanti. Chissà, forse il loro scopo è esplorare questa zona per conto di qualche popolazione aliena. Che siano macchine è indubbio, non c'è altra possibilità. Se così non fosse, si sarebbero accorti prima della mia presenza. I loro sensi devono essere particolarmente limitati.
Niente a che vedere con i miei.
Potrei ucciderli in qualunque momento, ma perché dovrei farlo? Prima voglio parlarci: anche se fossero solamente creature artificiali, potrei ricavare informazioni utili.
Ad esempio, capire chi li ha costruiti.
E perché.
**
Mirini laser a perforare la bruma, diretti verso la sommità dei palazzi, in moto febbrile, mai fermi.
“Gli emofagi non volano ma sanno arrampicarsi. Forse...”
“Spariamo qualche colpo di avvertimento? Magari così Ezequiel e Kramers...”
“Non ha senso. Hai già dimenticato quello che ci ha detto lo spaventapasseri?”
Il rivelatore trilla, come impazzito.
“Quanti sono?”
“Uno solo. Sta scendendo lentamente.”
Un cenno del capo ad indicare il portone.
“Si trova in quel palazzo.”
Pistole puntate verso la serratura, nervi tesi.
“Dieci metri. Circa tre piani.”
“Tieni ferma la sputafuoco. Se è all'esterno, lo freddiamo prima che possa avvicinarsi.”
Il rivelatore sul punto di scoppiare, un bip forsennato, inarrestabile.
“Tre metri. Ci siamo quasi.”
Sudore freddo, l'indice trema sul grilletto.
Un cigolio nel silenzio, la maniglia si abbassa, la porta cede.
Ed ecco l'ingresso trionfale.
“Ma porca...”
Una bestemmia trattenuta a malapena, gli occhi sgranati, incapaci di accettare la realtà.
Una figura umana, un giovane alto, vestito di nero, viso affilato, i capelli bianchi, lunghi fino alla base del collo, occhi verdi, freddi, pupille filiformi, una bandana scura a coprire la fronte.
“Vengo in pace, macchinette. Non ho intenzione di distruggervi.”
Un sorriso forzato, i denti digrignati.
“Non ancora, almeno.”
**
“Cosa vuoi dire, Ezequiel?”
“Questa città era abitata, Kramers. E aveva un nome.”
La canna del fucile alzata, all'altezza del volto.
“Un nome che conosce molto bene.”
**
“Chi sei?”
Lo sconosciuto con le braccia conserte, giacca da motociclista, guanti pesanti, allacciati con più fibbie. Scrolla le spalle, con noncuranza.
“Un essere umano. So che per voi androidi questo può sembrare assurdo, ma...”
Victor abbassa l'arma, confuso.
“Noi non siamo artificiali.”
Ira nelle pupille sottili, un ghigno in sottofondo. Si siede sulle macerie, con noncuranza, l'elsa di una spada in bella mostra sul suo fianco destro, le gambe incrociate.
“Non raccontatemi storie. È impossibile. Gli esseri umani si sono estinti più di venticinque anni fa, a seguito della comparsa degli emofagi.”
Posa plateale, studiata per stupire.
“Io sono Jeno. L'ultimo rimasto. Ora, potreste essere così gentili da rivelarmi i vostri codici di identificazione?”
7. Apocalisse
Tre presenze. No, quattro. Una non riesco a percepirla perfettamente... è come se il suo tracciato mentale fosse gravemente alterato. Esseri umani, non posso sbagliarmi. Strano, molto strano. Non pensavo sarebbero tornati dopo aver generato questo inferno, credevo ci avessero dimenticato. E se fossero venuti a salvarci?
No, inutile farsi illusioni. Gli uomini non agiscono secondo carità, neppure quando ne sono convinti. In realtà, cercano il bene degli altri per sentirsi in pace con se stessi o per ottenere qualcosa. Nessun gesto altruistico, nessuna vera e propria tensione al bene comune. L'ho imparato a mie spese, mie... e di Jeno.
Cosa nascondete nelle vostre menti?
Vediamo un po', sono curiosa...
Ecco il primo. Un sabbionaio, esploratore con il gusto per il viaggio. Ha una figlia, nata a seguito di un rapporto occasionale. La madre ha fatto perdere le sue tracce. Strambo ma non troppo.
Il secondo è più giovane, un idealista. Vede un mondo popolato da macchine senzienti. Non è un pericolo.
Il terzo è più interessante, pensa solo ai soldi, al successo personale, alla fama. È accecato dal potere, dalla sua stessa brama. Fatico a definirlo un essere umano.
Il quarto invece... no, niente. È come se non esistesse.
È come se non provasse nulla.
Assolutamente nulla.
**
“Sono stufo di aspettare. Se non rispondete, sarò costretto a distruggervi, il che è un vero peccato. Sapete? È la prima volta che sostengo una conversazione con qualcuno che non sia la madre. Comunque, se voi siete qui... vuol dire che esiste ancora un mondo, là fuori. Ditemi, sono forse atterrati gli alieni? La ripopolazione del pianeta dopo la Grande Crisi è dovuta a loro?”
Wentzel si avvicina, un passo dopo l'altro.
“Non so di cosa tu stia parlando. Non è esistita alcuna Grande Crisi, che io sappia. Io e Victor siamo esseri umani, esattamente come te.”
Jeno si massaggia il mento, lentezza esasperante nei gesti.
“Eh, sì. Siete proprio scatole di latta. Vi ripetete troppo velocemente. Peccato, speravo di poter interloquire con creature senzienti e dotate di raziocinio.”
Wentzel si accomoda sulle macerie, rinfodera l'arma.
“Ascolta, Jeno. Noi lavoriamo per conto di una ditta, la RealLifeAnime. Stiamo preparando il set per il loro nuovo spettacolo, Renaissance. Se non mi credi, vieni con noi al campo base. Ti convincerai che siamo tutti esseri umani.”
Risponde a cenni, scuote la testa, il collo scatta, un attacco epilettico.
“N... no. Non è vero... gli uomini sono morti tutti. Tutti. È stata un'apocalisse, sono stati massacrati dagli emofagi! Solo la madre si è salvata, solo lei! È lei che mi ha dato i natali, che mi ha generato! Io sono l'ultimo! Io sono l'unico!”
**
“A... abbassa quel fucile, Ezequiel! Io ti pago per proteggermi!”
“Lo so.”
Uno sparo nel silenzio, esplosione fragorosa, l'eco si propaga tra le rovine, gli occhiali di Kramers in volo. Un corpo morto si infrange sul manto stradale, un tonfo sordo, pesante.
Il cadavere di un emofago, sventrato dai proiettili.
“È quello che sto facendo.”
Ezequiel abbassa l'arma. Kramers tremante, rannicchiato sull'asfalto. Tenta di raccogliere i suoi effetti personali, gli arti dominati da un Parkinson fulminante, istantaneo.
Un morbo chiamato paura.
“Pezzo di cretino! A momenti muoio d'infarto!”
Ezequiel apre la canna del fucile, rimuove i bossoli, carica i pallettoni, richiude l'arma, inserisce la sicura.
“Non è un mio problema.”
**
Jeno sta parlando con due di loro, è probabile che la verità venga a galla. Oh, Jeno! Spero tu possa perdonarmi, spero che tu possa capire... non potevo comportarmi in modo diverso, non avevo alternative. Per favore, Jeno, ascoltali. Ascoltali ed entra in contatto con la realtà, con il mondo vero. Usciamo insieme da questa illusione, figlio mio, torniamo a vivere. È giunto il momento di rinunciare all'isolamento, di abbandonare questa valle di morte. Questo incontro non è stato casuale, vedo un burattinaio nell'ombra, qualcuno che ha manovrato i fili... ma chi?
**
Victor si defila, si allontana dal giovane con i capelli bianchi.
“Secondo me, questo è pazzo! Io me la batto!”
“Calmati. Lascia parlare me.”
Wentzel schiarisce la voce, due colpetti di tosse.
“Allora, Jeno... mettiamola così. Tu sei nato qui, tra queste rovine, giusto?”
“Sì.”
“E non ne sei mai uscito.”
“A che pro? Se non esiste nulla al di fuori della città...”
“Grazie, molto gentile. Ora ho le idee un po' più chiare.”
Incrocia le braccia, gli occhi chiusi.
“Ora dimmi... come si chiama questa città?”
Jeno sorride divertito. Un profondo inchino, senza distogliere lo sguardo.
“Benvenuti a St. Patrick, teste di latta!”
8. Passato
“Stevan, qui è tutto a posto. Stiamo eseguendo gli ultimi controlli, ma il sistema dovrebbe funzionare alla perfezione. Jackson e Lejarme hanno già dato il via libera.”
“Non ne sono molto sicuro, Egon. C'è qualcosa che non mi convince...”
“Oh, andiamo! Sarà un successo! Con questa produzione la RealLifeAnime farà il salto di qualità! Un survival horror reale! Con mostri veri ed eroi in carne ed ossa! Non ti sembra un'idea magnifica?”
“Se devo essere sincero fino in fondo, sono preoccupato. Se la situazione ci sfuggisse di mano?”
“Non succederà. I calcoli di Jackson sono perfetti. La velocità di riproduzione delle creature è stata simulata minuziosamente decine, centinaia di volte. Non corriamo assolutamente rischi... e anche se succedesse qualcosa, non sarebbe colpa nostra. In più, pensa ai vantaggi per St. Patrick! Diventerà meta di turismo, sai che business! Gadget, statuine dei protagonisti, videogiochi, merchandising! In poche parole... soldi! Soldi! Soldi!”
“Certe volte mi fai paura, Egon. Sembri quasi Dkrav'lest, hai presente? Quel lucertolone che lavora come ambasciatore per EXODUS...”
“Non mi paragonare a quel rettile schifoso!”
“Scusa, Egon... è che sono un po' nervoso, tutto qui. In fondo, stiamo organizzando una specie di lotta per la vita tra cinque adolescenti e quegli orribili quadrupedi. Non sarà esagerato?”
“No, per niente. È tutto già scritto. Gli abitanti della città non correranno alcun rischio, anzi!”
Una pacca amichevole sulla spalla.
“Secondo me ti fai troppi problemi, Stevan.”
**
Alla fine del 2013, St. Patrick era una città come tutte le altre. Caotica, certo, ma piena di vita, mode e tendenze. Niente di più, niente di meno.
Gli emofagi sono emersi dal nulla, come un fulmine a ciel sereno. Decine, centinaia, migliaia di creature che sciamavano tra le vie, sbranando tutto ciò che incontravano sul loro cammino.
Uno spettacolo terrificante, orribile, i militari in fuga, le forze dell'ordine allo sbando, una carneficina.
Anziani, donne, bambini uccisi senza pietà da aberrazioni bramose di carne umana.
I superstiti ammassati nei piani alti dei grattacieli, nella vana attesa di un aiuto dall'alto – aerei, elicotteri, qualunque mezzo in grado di volare – a morire di fame e di stenti.
All'improvviso, ecco cinque luci scintillanti, in lontananza. Gli emofagi arretravano, sbigottiti.
Esplosioni di energia, le creature saltavano in aria, fuggivano a gambe levate, tentavano inutilmente di nascondersi.
Quelle cinque figure, quei cinque angeli avrebbero salvato la città, le vite di tutti gli abitanti.
Avrebbero combattuto le creature fino ad annientarle.
**
“Hai già provveduto al casting, Stevan? Lo sai quali sono le linee guida. Età compresa tra i quindici e i diciassette anni. Due femmine e tre maschi, meglio se sterili. Posso lasciar fare a te?”
“Egon, non puoi far sbrigare questa incombenza a Lejarme? Sto ricontrollando i modelli di simulazione di Jackson. C'è qualche parametro che non mi convince, secondo me è necessario rifare tutto da zero.”
“Stevan Schneider! Non abbiamo più tempo! Il lancio della puntata pilota di Bloodsuckerz Slayers< è previsto tra un mese. Non possiamo permetterci di rimandarlo!”
“Ma se qualcosa andasse storto...”
“Ci rimetterà Jackson. Qual è il problema? Piuttosto... io mi sto occupando del lancio pubblicitario. Se la puntata pilota avrà l'esito previsto, dovremmo intervenire con una massiccia campagna promozionale. Dobbiamo incollare al video milioni di spettatori. Ho qualche idea ma devo ancora lavorarci. A dopo, Stevan. Non deludermi.”
**
I cinque ragazzi avanzavano tra le rovine, distruggendo i mostri con poteri straordinari: chi governava il fuoco, chi l'elettricità, chi sapeva rendersi invisibile, chi curare le ferite. Una di loro era rimasta leggermente in disparte. Aveva il dono della preveggenza a breve termine, vedeva molto più in là di chiunque altro... ed era preoccupata.
Molto preoccupata.
I suoi compagni non condividevano il suo stato d'animo, avanzavano senza timore, uccidendo creature in serie, causando il panico tra gli emofagi e l'esultanza della gente comune. Erano scintille di speranza nel buio, bagliori di rinascita e ricostruzione. Tutta St. Patrick era in festa, i sopravvissuti scendevano in strada ad acclamarli come eroi. Sembrava che la minaccia fosse sventata, che i mostri fossero in rotta. Insomma, cosa poteva accadere?
Era tutto meravigliosamente perfetto, quasi finto.
I cinque giovani erano il futuro della città, l'unica protezione dalle creature.
Purtroppo le loro fiamme si sono spente troppo presto.
9. Madre
“Perché lo stiamo seguendo? Potrebbe essere una trappola!”
“Lascia giudicare me. Possiamo fidarci di lui.”
“Chi te lo dice?”
“Secondo te, chi e perché ha squartato quegli emofagi là fuori? È chiaro che qualcuno desidera incontrarci. Jeno è solamente il tramite.”
“Sarà...”
Passi lenti, a seguire il giovane tra rottami e lastre di cemento.
“Sei sveglio per essere una macchina, Tatuato. Agisco per volontà della madre.”
“Evita di usare quel soprannome, per favore. Io mi chiamo Wentzel, Wentzel Herzog.”
“Strano codice per un robot.”
Un palazzo ancora in buono stato, quattro piani di vetro e calcestruzzo, la facciata leggermente scrostata. Jeno si avvicina alla porta, preme la maniglia, la spalanca. Un cenno con la mano. I due uomini lo seguono, le armi in pugno.
“Attenti a non rompervi. Queste scale sono pericolanti.”
Discesa al buio, corridoi stretti. Le luci spente, collegamenti corrosi. Assenza di elettricità.
E silenzio, rotto solo dai respiri affannati di Victor, dai passi decisi di Jeno.
Il giovane prosegue, non si lascia intimorire, ci ha fatto l'abitudine. Il percorso si restringe, passaggio claustrofobico in fila indiana, rumori sospetti nelle tubature, irregolari. Movimenti impercettibili, tachicardia impazzita.
“Io... io torno indietro. Non...”
“Calmati, Victor. Non farti prendere dal panico.”
Un chiarore soffuso, una lampada forse?
No, non è possibile.
Jeno sorride, chiude le palpebre allarga le braccia in segno di saluto, nello spazio angusto del corridoio. Assapora ogni frammento di luce, lo accoglie in sé, irradiato da quel pallido bagliore.
“Madre, eccomi! Sono di nuovo a casa!”
**
“Tornando alla mia affermazione precedente, lei conosce questo posto signor Kramers. Non ricordavo quale fosse la sua posizione sulla carta geografica – l'ho rimossa assieme a molte altre nozioni – ma non posso sbagliarmi.”
Kramers si alza in piedi, spolvera il suo abito firmato.
“Cosa diamine stai farfugliando, Ezequiel? Io so solo che questo sarà il set perfetto per la nostra serie!”
“Signor Kramers, non menta a se stesso. Posso ipotizzare che per lo shock lei abbia perso alcuni ricordi legati a questo posto, ma non credo che lei possa essersene dimenticato del tutto.”
Kramers digrigna i denti, urla, insulta. Alza un dito in segno di ammonimento, il volto contratto in una smorfia di disapprovazione.
“Brutto spaventapasseri! Come osi contraddirmi?!”
Il fucile puntato al viso, la sicura sganciata.
“Le dice niente il nome Bloodsuckerz Slayers?”
**
Finalmente vedo. Jeno ha percepito la mia volontà, l'ha assimilata e ora sta portando gli ospiti da me. Forse, dopo venticinque anni questo incubo potrà terminare. Ma cosa posso fare? Non lo so, ho perso i contatti con il mondo, non ho idea di cosa ci sia al di fuori di queste mura. Jeno è tutto ciò che mi è rimasto, il mio unico contatto con la vita. Un bel respiro, un lungo, profondo respiro. Devo prepararmi. Fra poco non sarò più sola.
Mi sento emozionata, stranamente nervosa. Eccitata, forse.
Da quanto tempo non ricevo visite? A momenti non ricordo neanche più il mio vero nome! No, devo stare tranquilla, mostrare superiorità. Ai loro occhi sarò un mostro... o forse una dea.
L'importante è che lo credano veramente.
Almeno per i primi dieci minuti.
**
Il chiarore sempre più avvolgente, ad ogni passo, un bagliore accecante, concentrato in un unico punto. Una luce bianca, tiepida, attraversa le fessure della porta, si staglia sul corridoio, intensa, ineguagliabile. Jeno preme la maniglia. Un attimo di attesa, fermo davanti all'uscio, le palpebre calate.
Si fa forza, alza lo sguardo, spinge con decisione, verso l'interno.
La luce irrora le pareti scure, crea scintille, vortici abbaglianti, correnti ipnotiche.
Wentzel si stropiccia gli occhi, non crede ai suoi sensi, diffida di se stesso. Victor appiattito al muro, terrorizzato.
Benvenuti. Vi stavo aspettando.
Jeno si inginocchia, in contemplazione, un tremito nelle iridi fiere.
Una figura femminile, nuda, scintillante, la pelle luminosa. Levita a dieci centimetri dal terreno, le gambe unite, i piedi distesi, le braccia aperte in segno di invito. Capelli bianchi lunghi, in volo, onde in moto continuo, sfidano la legge di gravità. Occhi rossi luminescenti, vivi come non mai.
Solo il numero è sbagliato.
Una terza pupilla, in mezzo alla fronte, dello stesso colore delle altre due.
Un viso splendente, il volto di una ragazza di vent'anni, circondato da un'aura abbagliante.
Io sono la madre.
10. Dolore
“Tranquilli, andrà tutto bene! Sarà una passeggiata!”
“Avrete a disposizione poteri incredibili! Le telecamere saranno tutte per voi!”
“Pensate! Centinaia, migliaia di creature da sconfiggere in diretta mondiale! Diventerete degli eroi, tutti vorranno imitarvi!”
Belle frasi, ma le parole volano. Solo il dolore rimane. Quante persone saranno rimaste chiuse nei palazzi? Mille? Diecimila? Non lo so, non ne ho idea. Spero solo che siano riusciti ad evacuarli in tempo! Mio Dio, St. Patrick aveva seicentomila abitanti, ora sembra una città fantasma! Auto ferme agli incroci con le chiavi nel quadro, moto riverse a terra, i motori ancora caldi. Non c'è anima viva in giro, sono sola, sola! Devo fermarmi, devo fermarmi un attimo, mi manca l'aria! Devo respirare... e pensare. Pensare a come fuggire da questo inferno.
Rumori alle mie spalle?!
Sopravvissuti? No, non è possibile. I passi sono troppo irregolari, i versi non hanno nulla di umano!
Emofagi!
Hanno fiutato la mia presenza, il fetore del sangue coagulato attorno alle mie ferite!
No, no! Non proprio ora!
Riprendo a correre, mi nascondo dietro le lamiere, le carcasse dei veicoli. Fiamme, fiamme ovunque, tombini saltati, nubi di vapore. Oh mio Dio, è l'apocalisse, davvero! Mancano solo le trombe del giudizio!
Eccoli! Ecco che arrivano!
Oddio, cosa faccio? Se mi trovano mi uccidono, mi divorano! E io non posso respingerli, non ho i poteri di Fray o Jared! Io posso solo prevedere il futuro a breve termine, brevissimo! Calma, calma e sangue freddo! Se mi concentro posso vedere se e da dove arriveranno.
Un attimo, il tempo di un battito di ciglia.
E tutto mi è chiaro.
**
“Vivrete un'esperienza unica! Dimenticate i Power Rangers, Dragon Ball e Sailor Moon! Noi della RealLifeAnime siamo in grado di trasformare la fiction in realtà!”
“Grazie alla biotecnologia saremo in grado di fornirvi facoltà reali che si attivino solo sul set, in modo da non causare problemi di ordine pubblico. Non c'è assolutamente alcun pericolo, i nostri scienziati lavorano a questo progetto da anni, i conti sono stati fatti e rifatti un centinaio di volte!”
“Ovviamente, differenzieremo i vostri ruoli. Avrete un copione molto vago da rispettare, ma sarete liberi di fare le vostre scelte. Per esempio, se uno di voi, una volta finite le creature, volesse rivoltarsi contro gli altri per diventare il capo, sarebbe ottimo! Lo share volerebbe alle stelle!”
Mi sono barricata dentro un palazzo, li sento, sono là fuori. Annusano la porta, la graffiano, emettono versi atroci. Se riescono ad entrare, sono spacciata! Jared... perché non sei qui con me?
Un tonfo secco, latrati orribili. Stanno cercando di sfondare la porta!
Li sento, li sento mentre si lanciano contro il legno, uno dopo l'altro, il rimbombo è tremendo!
Mio Dio, se i cardini cedono, quelli mi sbranano!
No, non voglio morire! Non voglio! No!
Ogni colpo scuote il palazzo fino alle fondamenta. Potrei salire al piano di sopra? Sì, così non mi trovano! Però se mi raggiungono, dovrò salire di nuovo. E salire. E salire, su fino al tetto.
E poi?
Sarei in trappola.
L'unica via d'uscita?
Un suicidio plateale. Un volo d'angelo.
Bello, no?
No, per niente!
Io devo sopravvivere! Sono l'ultima rimasta, l'ultima... ma non sono sola. Non è per me che devo resistere, ma per il mio bambino, per la creatura che sta crescendo nel mio ventre! Jared... metterò alla luce tuo figlio, non permetterò loro di ucciderlo!
E, se sarà un maschietto, lo chiamerò Hojeno, come volevi tu!
**
“In pratica, per i primi sei giorni vi terremo d'occhio. Sapete, dobbiamo costruire la puntata pilota, se ci fossero delle parti... sconvenienti – voi capite – dovremmo tagliarle. Le regole sono semplici. Andate là, massacrate le creature, senza bestemmiare o imprecare, utilizzando un linguaggio corretto. Nelle prime puntate non vi è permesso avere rapporti sessuali di alcun tipo, ricordate che dobbiamo trasmettere in fascia protetta. A seconda di come andranno gli ascolti, si vedrà.”
Noi non gli abbiamo dato retta, vero Jared? In un momento di tregua, eravamo rimasti soli, io e te... prima che morissero tutti.
Prima che morissi anche tu, facendomi scudo col tuo corpo.
È successo tutto in fretta, troppo, troppo in fretta!
Emofagi ovunque, da ogni parte! Per due giorni li abbiamo tenuti a bada, Fray li ha inceneriti, Agnese li ha folgorati, tu li hai disgregati, comprimendoli, mentre Zyer curava le nostre ferite. Io cosa facevo, Jared? Me ne stavo in un angolo, a contemplare il futuro, a sbirciare tra le maglie del tempo, osservando quei momenti che avremmo trascorso assieme. Un destino radioso, scintillante. Poi, giorno dopo giorno, un cambiamento graduale, i toni sempre più cupi, emofagi, emofagi ovunque!
Non prestavo molta attenzione, non volevo farlo. Preferivo concentrarmi sul frutto del nostro amore, Jared. Sono stata proprio stupida, avrei potuto avvertirvi di quello che stava succedendo, dei segnali che avevo scelto di ignorare.
Forse, così, Zyer non sarebbe morto.
Se mi fossi concentrata solo sul momento corrente, avrei visto le creature nascoste dentro quel furgone, gli avrei impedito di aprire quel portello.
Forse Fray sarebbe riuscito a salvarlo, se lo avessi ammonito in tempo.
Tutta colpa mia, solo colpa mia!
Senza Zyer a sanare le piaghe sul nostro corpo, a lenire il dolore e la fatica... come avremmo potuto sopravvivere? Ma forse, anche se non fosse morto, non saremmo durati a lungo. Gli emofagi si riproducono troppo velocemente, per ogni creatura uccisa ne spuntano fuori quattro.
No, chi voglio prendere in giro?
Prima o poi ci avrebbero sicuramente sopraffatto.
Ora sono rimasta sola, con un bambino in grembo.
Non devo arrendermi, devo riuscire a resistere.
Devo farlo per lui.
11. Dea
“Cosa... chi diavolo...”
“Calmati, Victor. Lascia parlare me. Sei troppo scosso per mettere due parole in fila.”
Wentzel avanza, pochi passi, lenti e ben studiati.
“Io mi chiamo Wentzel Herzog e gestisco una campagna di scavi per conto di una multinazionale. Il mio collega è Victor von Kreen, un ingegnere robotico che si occupa della manutenzione dei macchinari da scavo. Per caso ci siamo imbattuti in queste rovine e abbiamo deciso di ispezionarle. Non credevamo di imbatterci in altri esseri umani.”
Una vibrazione nell'aria, la voce permea l'atmosfera, ne diventa parte, si riversa nei padiglioni auricolari.
Non ho paura. Vi ho già scandagliato, tramite Jeno. Voi siete innocui.
Jeno si inginocchia di fronte alla figura illuminata, gli occhi fissi, incredulità nello sguardo.
“Madre... hai letto nelle loro menti? Ma com'è possibile, se sono androidi?”
Non sono androidi, Jeno. Sono esseri umani...
Un battito di ciglia, le palpebre ricoprono le iridi scarlatte.
...i primi che incontro da venticinque anni a questa parte.
**
“Abbassa il fucile, Ezequiel! Abbassa quello stramaledetto fucile! Io ti pago! Sono io quello che ci mette i soldi!”
“Soldi ne posso guadagnare quanti ne voglio, Kramers.”
Kramers appiattito al muro, la fronte imperlata di sudore.
“Cosa ti ho fatto? Perché ce l'hai con me?!”
La mano sinistra afferra il cappello, lo sposta con un gesto automatico. Una cascata di capelli castani emerge dalla tesa, ricade sulle spalle, rivelando una placca metallica sull'emisfero destro.
“Che cosa...”
“Lasci che le spieghi. Questa placca copre il foro di entrata di un proiettile. Un proiettile che non è mai uscito.”
L'indice massaggia il titanio, con noncuranza.
“Lo sparo ha reciso parte delle mie connessioni neurali, distruggendo completamente la sfera sensitiva. In pratica, non posso più provare emozioni. Vuole sapere chi devo ringraziare per tutto questo?”
Un finto sorriso sul volto inespressivo.
“Lei.”
**
“Come posso chiamarti? Madre è un appellativo che lascio volentieri a Jeno, Dea mi sembra un po' troppo altisonante.”
Ho faticato a ricordare il mio nome, non lo usavo da troppo tempo.
Una scintilla di vita nello sguardo.
Io sono Lylie. Lylie Xeraphim. Sono un essere umano come voi... solo un po' diverso. Tutto qui.
“Se ti vedessero quelli della RealLifeAnime, ti scritturerebbero subito per girare uno dei loro stupidi programmi.”
La RealLifeAnime?!
“La conosci?”
Un cenno di assenso, occhi rivolti a terra.
Certo che la conosco. È colpa loro se sono qui.
**
“Egon, qui sta succedendo il finimondo! Sono morte almeno tremila persone nelle ultime due ore! Abbiamo sbagliato i conti!”
“Ma che vadano al diavolo! Ora dobbiamo riuscire a salvarci!”
“A quei ragazzi non pensi? Abbiamo promesso loro un sogno, li abbiamo catapultati in un incubo!”
“Non ne siamo responsabili. Hanno firmato un contratto che...”
“Cazzo, Egon! Ce l'hai un cuore?”
“Io...”
“Chi se ne frega, non è il momento! Hai dato l'ordine di evacuazione generale? Dimmi che l'hai dato, ti prego!”
“E perdere le immagini delle telecamere? Questi filmati valgono oro, Stevan! Oro!”
“Maledetto bastardo! Io renderò tutto pubblico, capito? Ti faranno la pelle!”
“Se la metti così...”
Una pistola puntata, lo scatto del grilletto, la deflagrazione. Stevan riverso a terra, sangue a fiumi dalla scatola cranica.
“Sei un idiota, Stevan, solo un idiota. Se provi pietà, compassione... allora sei un debole. È l'obiettivo ciò che conta davvero.”
**
Eravamo in cinque. Dovevamo recitare il ruolo di eroi uccidendo gli emofagi. Purtroppo, qualcosa è andato storto. Dopo una settimana, il loro numero è cresciuto così tanto da rendere la situazione ingestibile. Sono sopravvissuta solo io.
Wentzel squadra la figura sospesa, ne analizza ogni dettaglio anatomico anomalo.
“Come mai hai assunto questo aspetto?”
Posso solo immaginarlo. I proiettori che rendono vivi i nostri poteri – quelli che sono ancora in funzione, almeno – sono tarati per gestire cinque persone. All'improvviso, si sono trovati ad incanalare tutto all'interno di un singolo corpo, il mio. È questa la ragione della mutazione.
Victor si fa avanti, i timori dissolti.
“Se hai tutto questo potere... perché non sei fuggita con Jeno? Sapevi benissimo che c'era un mondo fuori da St. Patrick! Perché gli hai nascosto la verità? Perché gli hai raccontato di questa fantomatica apocalisse?”
“Cosa significa, madre? Come sarebbe a dire? Non c'è niente oltre St. Patrick, niente! Sono morti tutti per colpa degli emofagi! Come possono essere sopravvissuti?! Come?!”
Mi dispiace Jeno...
Una lacrima di cristallo.
L'ho fatto per proteggerti.
12. Figlio
Ora sono sola, tranquilla, qui all'ultimo piano. Non mi troveranno, non possono farlo. So come muovermi, so come sincronizzare la mia mente.
Loro non mi troveranno.
Sono stanca, stanca ma felice. Ho trovato questo vecchio magazzino, pieno di derrate alimentari a lunga conservazione. Qui posso aspettare in pace che Hojeno nasca. Non ci disturberà nessuno. Ti metterò al mondo, te lo prometto! Jared... nostro figlio crescerà sano e forte, lui sopravviverà anche per te. Lo terrò con me, lo proteggerò da quei bastardi che ci hanno condannato, quelle creature orribili che per soldi hanno filmato la nostra morte! Lo partorirò, gli insegnerò a leggere, gli darò il bacio della buonanotte... e quando sarà abbastanza grande, fuggiremo da queste rovine, torneremo alla vita, lontano da tutto e da tutti, senza che i mostri se ne accorgano.
Non le creature infernali, quelle non le temo più.
Ho più paura degli uomini che degli emofagi.
**
Se la RealLifeAnime ti avesse trovato, ti avrebbe utilizzato subito in uno show simile, mettendo a repentaglio la tua vita... dopo avermi uccisa. Io so troppo, Jeno. Mi avrebbero eliminato senza remore.
“Madre...”
Wentzel si strappa gli occhialoni, le pupille dilatate, i lineamenti contratti.
“Aspetta un attimo. Fammi capire... gli emofagi, quelle bestie schifose che hanno costretto mio padre e la sua squadra a costruire lo SHIELD a prezzo della vita... sono stati creati da quei bastardi per cui lavoro? Erano i personaggi di uno stupido spettacolo da prima serata? Tu mi stai dicendo questo? È questo il motivo per cui mezza Irlanda è sotto corpifuoco? La ragione per cui St. Patrick, la nuova St. Patrick non può ammirare la luce del Sole?”
Sì. È proprio come ha detto tu.
Cade in ginocchio, sbatte il pugno contro le assi pavimento. Victor paralizzato dal terrore.
“Io a quei bastardi la faccio pagare! Non possono passarla liscia!”
Il legno scheggiato, le nocche sanguinanti, i denti digrignati.
“E pensare che per tutto questo tempo ci hanno propinato la favoletta dell'esperimento scientifico andato storto! Una bufala! Una stronzata per coprire la verità, per permettere alla RealLifeAnime di non chiudere i battenti!”
Wentzel alza lo sguardo, il sangue ribolle nelle vene.
“Tu devi venire con noi. Devi rivelare tutto quello che sai!”
La dea si stringe in se stessa, gli occhi chiusi, un aura di tristezza e rammarico.
Mi dispiace... ma non posso.
**
“Ho trovato un ferito! È qui, il respiro è flebile ma continuo!”
“Presto, presto! Possiamo ancora salvarlo!”
“Ci sono creature in giro?”
“Non nel raggio di cento metri! Forza, è l'ultimo che possiamo prendere, non abbiamo più posto!”
“Gli hanno sparato! Ha un foro di proiettile nel cranio!”
“Cosa stiamo aspettando, allora? Via, via! Non abbiamo più tempo!”
**
“Non... non puoi?”
Da più di vent'anni sono l'unico bersaglio dei ripetitori. Una volta uscita da St. Patrick, il mio corpo smetterà di ricevere gli impulsi. Temo che le mie cellule si siano assuefatte, per cui, molto probabilmente, mi dissolverò non appena fuori dalla portata degli apparecchi. È l'unico motivo per cui non sono ancora fuggita con Jeno.
Wentzel si rialza, ritrova il contegno, si spolvera il mantello con calma innaturale.
“Va bene così. Non voglio averti sulla coscienza.”
“Madre...”
Jeno afferra la bandana, la scioglie, liberando la fronte.
Mostrando il suo terzo occhio.
“...tu sopravviverai. Ne sono sicuro.”
**
“Io... io non ti ho mai visto! Io non ho mai incontrato nessun Ezequiel prima d'ora!”
“Le do un indizio, signor Kramers: ha perfettamente ragione.”
Le mani di Kramers sul capo, a scombinare i capelli, gli occhiali da sole appannati dal sudore.
“A... aspetta! Vuoi dire che usi un nome falso?”
“A che pro? Non ho alcun motivo per nascondere la mia identità. È lei che ha iniziato a chiamarmi utilizzando il mio secondo nome. Probabilmente, una sorta di autodifesa psicologica. In fondo, il mio curriculum deve pur averlo letto, prima di assumermi. Se si trova in questa situazione, è solalemente colpa sua.”
“Un... un momento! Tu non puoi essere...”
**
Il quadro clinico è piuttosto complesso. Il paziente ha un'ogiva calibro sette e sessantacinque incastrata nel tessuto neurale. È fuori luogo che si riesca ad estrarlo. È presto per stabilire i danni alle facoltà mentali, ma posso confermare la perdita totale della vista e di parte dell'udito. Fortunatamente, abbiamo sviluppato alcune protesi avanzate che possono supplire a queste mancanze. Si proceda il prima possibile all'impianto, previa identificazione del paziente.
(documento firmato)
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“Non so come, ma anch'io ho iniziato a prevedere il futuro a medio termine. Purtroppo, le immagini sono molto sfocate, e quelle poche che riesco a distinguere riguardano solo la madre. E in una di queste l'ho vista. L'ho vista attraversare il perimetro della città, abbandonare queste rovine, viva. Sì, tu sopravviverai, non ho dubbi. E io sarò con te, madre.”
13. Fuga
“Ste... Stevan? Stevan Ezequiel Schneider? No, no! Tu sei morto! Ti ho ucciso io!”
“Così aggrava solamente la sua posizione, signor Kramers.”
Kramers barcolla, cade rovinosamente a terra, si rialza, gattona, cade di nuovo, si siede, le braccia a proteggere il volto.
“Non può essere! Ti ho sparato più di vent'anni fa! Come... come hai fatto a nasconderti per così tanto tempo?!”
Un sorriso malevolo sul suo volto, il tremore svanito in un attimo.
“No. È solo un bluff. Non sei tu. Se Stevan fosse vivo, mi avrebbe già denunciato. Io sono ancora a piede libero, quindi...”
Kramers assume posizione eretta, si appoggia al muro con la mano destra, uno sguardo di sfida nascosto dagli occhiali da Sole.
“Un'ottima interpretazione, amico. Sul serio. Mi hai fatto prendere un bello spavento.”
“Denunciarla non sarebbe stato conveniente, signor Kramers.”
“Cosa...?!”
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Se ci muoviamo con calma, possiamo raggiungere il confine di St. Patrick senza incontrare emofagi. Wentzel ha dimostrato di saperci fare con le pistole, mentre Victor è un vero incapace. Siamo in due a saper maneggiare le armi, il che è ottimo. Dopo venticinque anni, potrò finalmente scoprire cosa c'è dall'altra parte. Sto tremando come una foglia... ma forse è naturale. È come se all'improvviso fossero crollate le pareti della mia gabbia. Mia madre ha cercato di proteggermi fino alla fine, mi ha cresciuto, mi ha salvato dalle creature e dalla RealLifeAnime.
Ora tocca a me.
Chissà cosa farò, una volta fuori. Certo, con tre occhi è difficile passare inosservati, ma...
No, sono uno stupido. Devo solamente concentrarmi sul momento corrente.
Non ci sarà alcun futuro, se prima non usciamo da qui.
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“Rifletta solo per un attimo. Dopo il disastro, la RealLifeAnime ne è uscita pulita, con la scusa dell'esperimento scientifico andato storto. L'unica sanzione vera e propria è stata l'obbligo di costruire gli SHIELD e monitorare lo sviluppo della situazione a tempo indeterminato. Se avessi denunciato la RealLifeAnime, sarebbe scoppiato un caso internazionale. La verità sarebbe emersa, così come il giro di tangenti e la catena di corruzione. Nella migliore delle ipotesi, due o tre dirigenti si sarebbero suicidati, i governanti avrebbero gridato allo scandalo, si sarebbero verificati disordini e manifestazioni, scontri a fuoco forse. Il popolo avrebbe voluto lo sterminio degli emofagi, così sarebbe scoppiato un conflitto in cui sarebbero morte migliaia, milioni di persone. Grazie all'istituzione delle città scudo, il numero di morti è stato ridotto ad alcune centinaia di unità, trascurando gli abitanti di St. Patrick.”
“Solo... solo un mostro ragionerebbe così...”
La voce attraversata da un brivido, uno stridore acuto, al limite dell'isterico.
“P... perché ti sei fatto assumere, allora? Perché non hai rifiutato quando hai scoperto l'identità del tuo committente? Ti eri dimenticato di me?!”
Lo sguardo fisso, inespressivo, le pupille immobili.
“Ho accettato l'incarico per soldi. È il comportamento più logico, se non hai altri mezzi di sostentamento. Ad ogni modo, l'ho riconosciuta sin dal primo momento, signor Kramers. Semplicemente, non avevo motivo di nuocerle.”
“Perché...? Ora ne hai uno?!”
“Ho avuto la prova di quanto lei sia pericoloso. Lei è una minaccia per la società. Pur sapendo cosa è successo tra queste rovine, ha finto di non esserne a conoscenza, recitando la parte alla perfezione. In realtà, desiderava solamente sincerarsi che il numero di emofagi si fosse ridotto in modo sufficiente. Anzi, se vogliamo essere precisi, lo scopo di questa campagna di scavi era verificare che St. Patrick fosse nuovamente agibile. Ci sono arrivato poco per volta, ragionando con la mia testa.”
Un profondo respiro, l'imitazione perfetta di uno sbuffo sconsolato.
“Ora mi dica... come valuterebbe lei un uomo che, pur avendo causato indirettamente la morte di quattrocentomila persone, è in procinto di ripetere lo stesso errore?”
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Ancora una volta per le vie della città, correndo tra le carcasse degli autoveicoli, radenti ai palazzi, pronti ad uccidere gli emofagi. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. Certo, questa volta siamo in quattro e siamo tutti adulti... ma ormai è fatta. Questo è il mio riscatto, il riscatto di Jared, di Fray, di Agnese, di Zyer. Sto lasciando questo posto anche per loro, soprattutto per loro... e anche un po' per me.
Qualche soddisfazione dovrò pur togliermela, no?
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“N... no! Fermati! Sei completamente pazzo! Uccidendomi ora, avresti solo delle grane! La tua logica perfetta non ti dice nulla a proposito? Non cerca di fermarti?! Finirai in carcere! Non è conveniente per te!”
“La mia vita contro quella di qualche milione di persone. Non potrei agire in modo più logico.”
Indossa il cappello, arma il proiettile.
“Ungh!”
“Se crede in un Dio, raccomandi la sua anima. Le servirà.”
Kramers strepita, grida come un ossesso, una scimmia in preda alle convulsioni.
“No! Non farlo! Non farlo! Pietà! Ti scongiuro, abbi pietà!”
Una punta di divertimento nella voce, la prima dopo un tempo immemorabile.
“Sei un idiota, Egon, solo un idiota. Se provi pietà, compassione... allora sei un debole. È l'obiettivo ciò che conta davvero.”
14. Casa
“Ma che diavolo...?”
Victor si copre la bocca con la mano, trattiene un conato di vomito. Un corpo esanime, ricoperto di sangue, irriconoscibile. È rimasto qualcosa della testa, ma non molto. Wentzel si avvicina, le gambe tremanti, si china accanto al cadavere.
“Non posso sbagliarmi, è Kramers. Lo riconosco dalla giacca.”
Jeno si distacca dal gruppo, raggiunge i poveri resti dell'uomo.
“Lo hanno ucciso gli emofagi?”
“Dubito che quei quadrupedi sappiano maneggiare un cannemozze Sachson. No, questa è opera di uno spaventapasseri nero, poco ma sicuro.”
Si alza, scuote il capo.
“Temo che dovremo portare il corpo con noi, altrimenti saremo incriminati per la sua morte.”
**
Eccomi, solo a vagare per questa città spettrale.
St. Patrick...
Qui c'era il cinema dove ho visto per la prima volta Epiphania e Neonlight, qui il fruttivendolo, qui c'era casa mia.
Eppure, avevo dimenticato quasi tutto.
Colpa di quel proiettile.
Vorrei provare un po' di nostalgia, ora, vorrei commuovermi e cadere in ginocchio in lacrime, come un bambino... ma non posso farlo.
Non sono in grado di provare nulla, neanche la più stupida delle emozioni.
Sarebbe frustrante, se il mio cervello conoscesse il significato di questo termine.
Non importa.
In quei ricordi, nei miei ricordi, io sono felice. Riesco quasi ad assaporare di nuovo quei momenti, le uscite con gli amici, le chiacchiere con le ragazze...
Strano, molto strano. È come se provassi ancora quelle sensazioni, anche se è evidentemente impossibile.
Comunque, ora ho un problema più urgente di cui occuparmi: ho sparato ad un uomo, da meno di un metro di distanza. Per sicurezza, gli ho scaricato addosso entrambi i proiettili in canna.
Sono un ricercato, rischio la pena di morte... ma ho agito nel modo più logico.
No, chi voglio prendere in giro?
Me stesso, forse.
Il fatto che io riesca a rivivere i miei ricordi, almeno in parte, denota la sopravvivenza di una tenue linea emotiva.
È stata quella a farmi premere il grilletto, il mio ultimo guizzo di umanità.
Ad ogni modo, ho preso la mia decisione. Mi nasconderò qui, da qualche parte, nella mia città, nella mia casa.
C'è una remota possibilità che la convivenza con un ambiente famigliare stimoli ciò che resta della mia sfera sensibile.
Magari, prima o poi, sarò in grado di sorridere di nuovo.
E tornerò ad essere felice.
**
Quattro figure in piedi, sulle dune, a due passi della depressione in cui sorge la città fantasma. Wentzel si asciuga il sudore dalla fronte, ripone la pistola nella fondina.
“Utile la telecinesi. Se avessi dovuto trasportare il corpo di Kramers in spalla, non sarei mai arrivato qui.”
Era il minimo che potessi fare.
Lylie luccica, sfavilla come una stella, lo sguardo perso, in direzione di St. Patrick. Jeno la abbraccia, i suoi tre occhi fissano i palazzi, gli incroci, le automobili arrugginite.
Casa.
“Per venticinque anni, questo è stato tutto il mio mondo, tutta la mia vita...”
Scrolla la testa, i capelli danzano come forsennati.
“È ... è difficile abituarsi all'idea di aver vissuto in una specie di acquario. Un acquario infestato da squali.”
Wentzel sistema il corpo sulla jeep, lo fascia in una coperta per evitare di ammirare il macabro spettacolo.
“Vi mancherà? Non credo. Ogni giorno, ogni ora rischiavate di essere divorati da quei mostri. Credetemi, ora inizia la vostra vera esistenza. Certo, non sarà semplice, visto che Lylie brilla come una stella ed entrambi avete tre occhi, ma...”
Scintille a intermittenza dall'aura della ragazza, la luminosità varia rapidamente, si affievolisce, il corpo trema, come attraversato da una scarica elettrica, smette di levitare.
“Lylie!”
“Madre!”
Je... Jeno...
Jeno corre, si china su di lei, la abbraccia in lacrime.
“No, mamma! Non puoi andartene ora! Ti prego! Abbiamo fatto tutta questa strada insieme...”
Una carezza affettuosa sulla guancia, con le ultime forze.
Jeno... io sarò sempre con te. Te lo prometto.
Victor abbassa lo sguardo per rispetto, Wentzel inforca gli occhiali, vi si nasconde.
La dea chiude le palpebre, si rannicchia in posizione fetale, le convulsioni si placano, il vento si arresta come per ammirarla nel suo splendore.
Candidi strali avvolgono completamente le sue membra, chiarore scintillante verso il cielo, verso le nubi.
Un dolce tepore nell'aria, il calore di una madre.
Una luce che non si può spegnere.
15. Futuro
“...quindi Ezequiel è dato per disperso?”
“Precisamente. Non lo hanno visto nemmeno tornare al campo base. Brutta storia.”
“Intanto hanno interrotto i lavori.”
“Con Kramers morto, cos'altro avrebbero potuto fare? Anzi, dobbiamo sbrigarci a chiamare il medico legale, altrimenti sai che grane?”
“E così ce ne torniamo a casa senza aver visto l'ombra di un quattrino...”
“Non farla tanto drammatica, Victor. Hai idea di quanto ci pagheranno per tenere la bocca chiusa? Con quei soldi potrei quasi fondare una ditta mia”
“E la tua sete di verità?”
“Estinta. È triste dirlo, ma con la verità non compri i pannolini.”
Serata attorno al fuoco, una chitarra, poche note allegre per riscaldare gli animi. Jeno canta a squarciagola, senza conoscere le parole. Una fascia nera gli copre la fronte, il terzo occhio.
“Sembra piuttosto su di giri, l'amico.”
“Chi non lo sarebbe, al suo posto?”
Wentzel suona l'armonica a bocca, accompagna le stonature di Jeno, vira sul malinconico.
Jeno abbraccia una bambina, la pelle bianca come il latte, capelli a caschetto dello stesso colore, iridi scarlatte ricolme di gioia.
Victor sorride divertito.
“Alla fine aveva ragione. Non è morta... si è solo ristretta. E pensare che per un momento abbiamo temuto il peggio...”
“Qualcosa doveva pur succedere, no? Erano venticinque anni che intercettava il segnale delle antenne. Liberarla di colpo dalla loro influenza...”
“Già, già...”
Uno shock.
Appena fuori dal confine, Lylie si era spenta come una lampadina scarica, poi aveva iniziato a rimpicciolirsi, fino ad assumere un'età apparente di sette, otto anni. Aveva perso il suo fascino, certo... ma non le sue doti divinatorie.
Purtroppo.
**
“Ecco fatto. Così dovresti essere a posto per un po'. Se hai freddo, dimmelo subito”
Una bambina fasciata in un mantellaccio impolverato, i piedi nudi sulla sabbia asciutta, tre occhi fissi nei suoi. Il Sole delle sei, scintille di luce sui tralicci arrugginiti. Jeno e Victor lontani, a discutere tra loro sul funzionamento del motore della jeep.
La piccola sospira, una voce triste, non più trasmessa mentalmente.
“Wentzel Herzog... devo ringraziarti. Se tu e Victor non ci aveste trovato, io e Jeno non saremmo qui, di nuovo tra la gente, di nuovo al mondo. Sarà dura, certo. Dovremo essere cauti, stare attenti ad ogni movimento... ma siamo liberi, è questo quello che conta. Mi dispiace solo di non poter fare nulla per te... e per il tuo futuro.”
“Il mio futuro?”
La bambina inghiotte un grumo di saliva, la voce rotta, incerta.
“M... morirai di arresto cardiaco tra due anni. Non potrai impedirlo, sarà un evento inatteso ed imprevedibile. E... e la piccola Sapphire rimarrà orfana.”
“Stai scherzando, vero?”
“Mi dispiace, Wentzel. È la verità.”
Le mani tremano, lacrime represse sui tatuaggi.
“Perché me l'hai detto? Anche potendo, non avrei mai voluto saperlo.”
“L... l'ho fatto per tua figlia.”
“Cosa?”
“Vivi al meglio quanto ti resta, non sprecare un solo giorno, insegnale tutto quello che puoi. Lasciale dei bei ricordi, Wentzel, così che lei non si dimentichi mai di te...”
Un sorriso, una carezza affettuosa sul volto.
“... e abbia sempre qualcuno a cui fare riferimento, una volta che non ci sarai più.”
**
“Ehi, terra chiama Wentzel! Terra chiama Wentzel! Tutto a posto?”
Victor gli scuote la spalla, dà uno scossone all'amico.
“Era entrato lo screensaver?”
“Può darsi.”
Una foto nella mano sinistra, una bambina dalla pelle scura, i capelli biondi appena sbocciati.
“È tua figlia?”
“Sì, assomiglia tutta a sua madre. Stesso colore della pelle, stessi capelli dorati. Domani torno subito da lei. Non vedo l'ora di riabbracciarla.”
Victor si siede al suo fianco, contempla la volta celeste.
“Sai, Wen? Lylie mi ha fatto una predizione. Mi ha detto che riuscirò a progettare dei robot intelligenti, alimentati dall'yrite!”
Fruga nella tasca, ne estrae una roccia arancione.
“Questa yrite! Sì, proprio quel minerale che abbiamo sempre considerato inutile! Capisci?”
“Uh, uh.”
“Non mi sembri molto convinto.”
Un lungo sospiro malinconico.
“Victor... pensi che sia un bene conoscere il proprio futuro?”
“Be', non vedo cosa ci sia di male. In fondo, so solo quale sarà il punto di arrivo.”
“Il punto di arrivo, eh?”
Lo sguardo rivolto alle stelle, verso le profondità astrali.
“Hai ragione Victor. Forse, il nostro destino può essere già deciso...”
Un timido sorriso sul suo volto, le dite serrate attorno al frammento.
“... ma il percorso... be', quello è ancora tutto da scrivere. Lasciami carta bianca e vedrai che campagna di scavi ti organizzo!”