Distortionverse: Chapter 1 - La Notte che Cammina (2014)
Tra il 2014 e il 2015 ho scritto sei romanzi brevi che assieme formano il ciclo di Distortionverse, raccogliendo storie, spunti e personaggi da giochi e altri racconti mai completati. Per molto tempo, questi romanzi brevi sono rimasti disponibili solo su Amazon Kindle e tramite Createspace come copie fisiche. Dieci anni dopo, voglio archiviarli sul mio sito personale per evitare che vengano perduti per sempre. "La Notte che Cammina" riporta Veckert Rainer (da Tryadine Effect) and EiN (da Uptune!) insieme, sullo stesso palco, alla ricerca di un misterioso assassino che si comporta come un moderno Jack lo Squartatore. Le vie fumose e neo-vittoriane di New Langdon sono un personaggio a sé stante, in questo inizio di qualcosa di più grande che porterà nientepopodimeno che alla storia di Schwarzerblitz ed alle sue espansioni.
2062 – New Langdon, Britannia
1. EiN
Un bancone di legno, mogano massiccio.
Resistente, certo.
Intarsi di fine ebanisteria sulle fiancate, sui bordi, impreziositi da foglia d'oro cesellata.
Bellissimo, senza ombra di dubbio.
Quattro fiancate, accarezzate da un morbido strato di materiale antirumore.
Esteticamente perfette.
Sedici viti, quattro per lato, a fissarlo al pavimento.
Ancora per poco.
**
Qual è la merce più preziosa al mondo? Pensateci bene, prendete tempo. La risposta, a ben vedere, non è così scontata. Oro? Petrolio? Vite umane? Begli esempi, belli davvero... ma non ci siamo. Per niente.
Informazioni? Chi lo ha detto? Ho udito distintamente questa parola, questo soave agglomerato di lettere...
Informazioni, eh?
Bello, bello. Sicuramente meglio delle risposte precedenti.
Ma non ci siamo, non ancora. Bene o male, un contrabbando, un commercio di informazioni genera un discreto potere in chi lo gestisce... ma non è così influente. Al giorno d'oggi è semplice ottenere informazioni.
Ciò che è veramente difficile è mantenere la propria sanità mentale, una volta venuti a conoscenza di certi segreti. Ed ecco la risposta alla mia domanda.
Stupiti, non è così?
Beh, se dieci – o anche cinque – anni fa qualcuno mi avesse detto la merce più preziosa è l'equilibrio mentale, forse – anzi, sicuramente – lo avrei schernito, umiliato.
Ora no.
Intendiamoci, non è che la gente perda il lume della ragione spesso – tipo tre volte al giorno. Il mercato, in effetti, non è molto proficuo, da questo punto di vista... ma si sa: prima o poi accade un bell'evento catastrofico, uno di quelli che distruggono la psiche di migliaia – milioni? – di persone nello stesso momento.
O anche di una sola.
Ma cosa potrebbe mai accadere, di così scioccante, da causare la perdita della propria integrità di pensiero?
Un incontro ravvicinato del terzo tipo?
No, è passato di moda. Non si spaventa più nessuno per una banalità del genere.
Se non mi credete, rivolgetevi al proprietario del night club all'angolo e poi ne riparliamo, d'accordo?
No, proprio non ci siamo, non è questo il genere di eventi a cui faccio riferimento.
Esistono traumi molto più tremendi dell'incontro con un alieno vivo.
Ad esempio, l'incontro con un essere umano morto.
Specie se l'hai ucciso tu.
**
Quando un mobile di due quintali in legno massello inizia a roteare in aria, pensi immediatamente che non è giornata. Se poi il mobile in oggetto è ricoperto da una moltitudine di bicchieri e bottiglie, beh – si capisce – è ancora peggio.
Quando l'urlo assordante del vetro in frantumi raggiunge i tuoi timpani, frammisto a non meglio precisate grida – forse è proprio il momento giusto per iniziare a imprecare.
Se è stato il cliente a cui hai rifiutato di dare informazioni a provocare tutto questo, può essere il caso di rivedere la tua posizione.
D'altronde, se è stato in grado di estirpare sedici tasselli torx da 55 per uno scatto d'ira, cosa pensi che possa fare con il tuo collo?
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Forse ho un po' esagerato. Diciamo che credevo di averlo ucciso, di averlo mandato all'altro mondo in pezzi piccoli come coriandoli... ma questo non cambia la sostanza.
Inseguire un morto è frustrante, in effetti. Meglio avere a che fare con i vivi. Ti accolgono con più calore, parlano, discutono con te senza problemi, dialogano del più e del meno. Tutto a posto, fin qui.
Poi, ad un certo punto, scatta la molla.
E ricevi una rispostaccia.
Io proprio non la sopporto, la mancanza di educazione.
Proprio per niente.
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Cocci ovunque, schegge di legno come proiettili, bicchieri catapultati a destra e a manca. Liquori di ogni genere, mescolati a pece e polistirolo, versati sul pavimento, quasi a formare un lago multicolore. Bottiglie frastagliate, vetri verdi con le etichette ancora appiccicate. Rhum, vodka, gin, amari di pregio, sottomarche di birra.
Il bancone rivoltato, i tasselli ancorati al parquet, monchi, divelti. Un uomo, in piedi. Stivalacci neri, pantaloni grigi, strappati, cintura di cuoio, fibbia dorata a forma di uno, giaccone nero di pelle, da motociclista, mani nelle tasche – guanti di pelle nera borchiati. Capelli castani, lunghi fino alla base del collo, lisci, appuntiti – forse fissati con la lacca, bocca chiusa, ruminante, a masticare qualcosa di simile ad un chewing gum, occhi sottili, fissi, felini. Pupille strette, aghi di tenebra immersi in un oceano plumbeo. Si abbassa, piega le ginocchia, afferra l'estremità destra del mobile, la sposta, in modo da poter osservare il volto del barista.
“Puoi cortesemente ripetere l'ultima risposta? Credo di aver sentito male. Mi sembra che tu abbia detto qualcosa tipo... fottiti. Sappiamo entrambi che non è possibile, dico bene?”
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È consuetudine pensare al tizio noioso – sì, proprio quello che ti trovi davanti una sera di inizio estate, quello che si lamenta continuamente del freddo e del mondo in genere – come ad un innocuo spostato – un sempliciotto, per capirci.
Beh, sì, suppongo che sia il modo migliore per rubricare il problema come non tuo... ma vedi, spesso le apparenze ingannano. Se – per esempio – il tizio in questione sono io, ti conviene starmi ad ascoltare, annuire e concordare con me che le stagioni non sono più quelle di una volta e il mondo va proprio alla rovescia. Credimi, ti conviene. Se sei della mia stessa idea, mi viene più difficile farti del male, quando rifiuti in modo poco cortese di darmi informazioni. Potrei offendermi, dopotutto.
In fondo, il fatto che prima abbia parlato di sanità mentale, di controllo emotivo... beh non significa che io ne sia provvisto. Anzi, se vogliamo metterla su questo piano, io sono pazzo.
Meglio non raccontarvi cosa è uscito fuori dal test delle macchie di Rorschach – potrebbe rovinare la vostra giornata.
E comunque, fidatevi: ho buone – anzi, ottime – ragioni per essere fuori di testa.
D'altronde, se uno si trova nella mia situazione, non può permettersi il lusso di vivere nella razionalità.
**
“Non so nulla, ti prego! Non so niente!”
Un sorriso, le labbra ferme, non mastica più. Immobile, rannicchiato, osserva divertito. Un velo di tristezza, ben celato dalle palpebre. La gomma crepita, scoppietta, rompe il silenzio.
“Non sai niente?”
“No, te lo assicuro!”
“Come ti chiami?”
“Gio... Giovanni.”
“Allora sei un bugiardo.”
Il corpo vola, rotea in aria, si schianta contro la credenza, frantumandola. Ripiani interi di alcolici crollano a terra, alimentando il lago di vodka e birra che già lambiva i frammenti del bancone.
Le mani sempre in tasca, rovistano, senza fretta.
E l'uomo contro il muro.
“Qualcosa sai.”
**
Un'altra cosa che mi irrita è dover ricavare informazioni in questo modo.
Da quando è iniziata la mia caccia, non ho avuto un attimo di tregua, sapete? Perché Lui fugge, ed è veloce. Ma non fugge da me, no. Non sa neanche che gli sono alle calcagna, se vogliamo essere onesti. La sta semplicemente seguendo. Sì, fa di tutto per starle dietro.
Cammina – o levita? – ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo.
Inseguirlo è difficile.
E irritante.
Devo trovarmi un divertimento, altrimenti finisce che perdo anche quell'ultimo barlume di ragione che mi è rimasto.
Intendiamoci, massacrare poveracci fino a far sputare loro il rospo non è un passatempo coinvolgente.
Dura sempre troppo poco.
**
“Ti giuro che non l'ho mai visto! Non ho mai incontrato questo tipo! Qui non è mai entrato!”
Un menu in mano, sfogliato lentamente, senza quasi pensarci. E i denti continuano a masticare la gomma, con tranquillità disarmante.
“Avrei dovuto capirlo prima. I tuoi prezzi parlano per te.”
Scrolla le spalle.
“Scusa per il disturbo.”
Un cliente si alza dal tavolino. Poi due. Ora tre.
Lo guardano storto. Ira repressa nelle iridi.
“Sentite, non voglio rogne. Il distretto rimborserà tutto, okay? Ora lasciatemi andare. Non vorrei dover mandare qualcuno di voi al pronto soccorso.”
“Brutto stronzo, ti sembra il modo di fare?”
Mani sulle spalle, spintoni.
Un luccichio nell'occhio, un sorriso divertito.
**
Come mi sembra di aver già detto, se c'è una cosa che non sopporto è la mancanza di educazione.
Ora, se vi sentiste chiamare stronzo da qualcuno che neanche conoscete, prima ancora di essere salutati... come pensate che reagireste?
Pensate, pensateci bene, prendetevi tutto il tempo che vi serve.
Tanto, sono sicuro che nessuna delle vostre risposte sarà quella corretta.
Per me, almeno.
**
Legno impregnato di liquori, succhi di frutta, bibite gassate, vino. Tavoli rovesciati, sedie a pezzi, le assi del parquet divelte. Il barista rannicchiato, nascosto dietro il bancone. Uomini accartocciati sul pavimento, sui muri, uno con la testa nel water.
Uno con un water sulla testa.
Nessuna vittima, comunque.
Una rissa seria, di quelle in cui ci si fa un po' di male ma si torna a casa tutti interi.
O quasi.
Squarci sulle pareti, quadri crollati al suolo, le cornici graffiate. Luci al neon spente, altalenanti. Un ventilatore oscillante, a mo' di pendolo, le pale ben larghe, immobili.
Un uomo sul ventilatore, probabilmente svenuto.
EiN sorride, si siede sulle assi di legno, raccoglie un bicchiere incrinato, lo intinge in una delle pozze di alcool misto.
“Non preoccuparti, oste. Il distretto pagherà tutti i danni, ho un'assicurazione apposta. Quando uno dei tizi riapre gli occhi, dagli qualcosa di forte, ti va? Così magari si riprende prima.”
Alza lo sguardo.
“Magari, quello lassù puoi riportarlo a terra con una scala. Non mi piacerebbe risvegliarmi a tre metri dal pavimento.”
Una banconota da cinquanta lasciata con noncuranza.
“Il giro lo offro io.”
Avvicina il bicchiere alle labbra, prestando attenzione a non ferirsi con i vetri aguzzi.
“Alla tua salute, oste.”
2. Night Club
Guadagnare non è solo indispensabile per sopravvivere.
È un piacere, una missione.
Il fruscio dei verdoni, il dolce tintinnio delle monete! La cassa che si riempie di denaro, denaro a fiumi, ogni sera! Ah! Che piacere! Che godimento!
Ma non sono abbottonato, no. Io pago bene i miei collaboratori, li copro di denaro io!
È logico, più ti fanno guadagnare, più devi aumentargli la busta paga.
Io, comunque, non ci rimetto mai. Ho fiuto per gli affari... e non solo!
Io capisco le persone, riesco ad analizzarle con una sola occhiata, distinguo subito un cliente da uno scocciatore e uno scocciatore da uno sbirro.
Questo, di solito.
Il tizio al bancone è un po' strano, in effetti – non riesco ad inquadrarlo bene.
Che sia per via della maschera?
**
Luci stroboscopiche, lampeggianti, ritmo serrato. Musica a palla tra laser e neon multicolori. Drink posati malamente sui tavolini, cameriere in top e calzoncini, ballerine di lap dance, spogliarelliste.
Decine e decine di uomini eccitati, molti ubriachi, qualche drogato.
Un rumore in sottofondo, quello del registratore di cassa.
Biglietti, interminabili file di biglietti staccati con imbarazzante regolarità.
Sono le tre di notte, ma nessuno sembra volersene andare.
Anzi.
Un flusso interminabile di depravati o semplici consumatori, in ingresso e in uscita.
Un menu aperto, occhi verdi, mai fermi. Un verde intenso, profondo. Un verde acceso.
Triste.
“I prezzi sono buoni, in fondo.”
Voce metallica, distorta. Ricreata artificialmente.
Metallo sul volto, ovunque tranne che sugli occhi, liberi di vedere, liberi di muoversi.
Ciocche azzurre qua e là, capelli lunghi.
Alza la mano, per attirare l'attenzione.
Le cameriere osservano, intimorite, si passano la palla, chi ha il bastoncino più corto lo serve.
Estrazione avvenuta.
Una ragazza dai capelli biondi si avvicina, lentamente, pesando ogni passo.
Il cuore a mille, occhi sbarrati.
“Desidera?”
**
Un tizio così non passa certo inosservato. Devo averlo già visto da qualche parte.
Non vorrei che mi rovinasse la serata. I clienti potrebbero essere disturbati alla vista di quella maschera...
Ma no, cosa vado a pensare! Quelli sono tutti concentrati sulle tette delle spogliarelliste!
No, no, sono timori infondati... però, ora che ci penso...
No, eh? Non ditemi che uno di quei cagnacci di Yard!
Io sono un Daevka serio! Pago regolarmente le tasse, compilo ogni anno la dichiarazione dei redditi, non faccio nero – uno scontrino ogni tanto, okay, ma niente di così grave!
Quindi, se è qui per multarmi, casca male.
A meno che...
Beh, sì, potrebbe essere qui per indagare su quell'altro caso, quello che è su tutte le prime pagine dei giornali.
Io problemi di questo genere non ne ho ancora avuti – e spero di non averne! – ma forse è proprio per questo che lo hanno mandato qui.
Sperano che accada qualcosa.
**
“Mi scuso in anticipo per la voce. Mi dispiace, ma le mie corde vocali sono lesionate e devo ricorrere a questo orribile sintetizzatore.”
Un respiro profondo, amplificato dalla ventola.
“Comunque sia, gradirei un cocktail... analcolico, però. L'alcool potrebbe causare seri problemi al mio sistema di respirazione.”
Un inchino, un'annotazione rapida, poi via, di corsa, verso le cucine.
“Ancora una cosa.”
Si volta. Ferma, immobile, incapace di sottrarsi a quello guardo, a quegli occhi magnetici.
Sudorazione improvvisa, battito accelerato – è questa che chiamano paura?
Un cenno di scusa, si accorge del disagio provocato. Chiude gli occhi, per un attimo.
È gentile, in fondo. Forse è solo l'aspetto, il problema.
Li riapre, le iridi fisse, non più in moto.
“Dovrei parlare con il proprietario.”
**
Lo sapevo. È uno sbirro. Ma non uno sbirro qualunque, no.
È un cagnaccio, uno di quei segugi che agiscono al di sopra delle regole e che vengono sguinzagliati solo quando succede qualcosa di grosso.
Sta' a vedere che ne è morta un'altra.
Bah, inutile elaborare congetture.
Meglio affrontare il problema di petto, così magari mi fa le sue domande, ottiene le sue risposte... e magari se ne va.
**
Un lucertolone bipede, palestrato. Pelle bianca, coda lunga. Completo azzurro, di sartoria. Testa rossa, dal capo fino all'attaccatura del muso. Pupille invisibili, dietro le spesse lenti nere.
Occhiali da Sole alle tre di notte, a prima vista.
In realtà, un dispositivo a realtà aumentata, in grado di riconoscere potenziali seccature.
Barba grigia, piuttosto folta. Braccia conserte dietro la schiena, piegato leggermente in avanti.
Ed ecco che il re dell'Happy Cock fa la sua comparsa.
Gli occhi verdi lo fissano, inquieti, nessuna traccia di terrore, di sorpresa.
La creatura osserva con curiosità il viso inespressivo, la maschera di metallo lucido irrorata dallo splendore delle lampade arcobaleniche, ricambia lo sguardo di quegli occhi così vivi, così sicuri.
Devono essere abituati a ben altro.
“Milly mi ha detto che volevate parlarmi, signor...”
“Veckert Rainer.”
La lucertola porge la mano, larga, artigliata.
“Dkrav'lest Daevka.”
Rainer sorseggia un cocktail con la cannuccia. Entra direttamente nella maschera, da un apertura sopra al mento. L'unico modo per bere.
“A cosa devo l'onore?”
“Il vostro locale non ha ancora avuto problemi, vedo.”
Tombola.
“Se si riferisce a chi-sappiamo-noi, direi proprio di no. Tutto a posto.”
“Ho ricevuto l'incarico di vigilare sul posto, almeno tre volte alla settimana. Spero che per lei non sia un disturbo.”
Sguardo di sdegno, celato dalle lenti.
Uno così mi fa perdere clienti, maledizione!
“Ma si figuri, signore mio!”
Il segugio si ferma, solo per un secondo.
“So che per lei è un problema – non creda che non sia cosciente del mio aspetto – ma queste sono le direttive di Yard. E comunque... eviti di chiamarmi signore. Detesto questo appellativo.”
**
Ora, ditemi voi cosa dovrei fare. Gli affari vanno bene, tutti sono contenti, la nuova insegna con i neon e i led fa luce fino a Carringhton Road, la mia ragazza migliore attira clienti dai quattro angoli di New Langdon, guadagno più di quattromila sterline a notte e la seconda attività del mio locale – quella... ehm... non proprio legale ma su cui il governo chiude un occhio – porta altri quattrini, molti altri quattrini. Posso persino permettermi di lasciarne la metà alle ragazze come mancia.
Sono un imprenditore serio, io, non come quel buffone di J.J.!
Ora, però, mi devo accollare questo sbirro sfregio-mascherato che non posso nemmeno chiamare signore, solo perché qualche criminale si diverte a fare il diavolo a quattro in giro!
Ho sentito parlare di Veckert Rainer prima d'oggi, ma ne so veramente poco.
Magari mando una ragazza al tavolo, così si distrae, si eccita un po' come tutti gli altri e mi lascia in pace.
Io non ho mai chiesto di essere protetto, non ne ho la minima intenzione!
Io, le mie pupe, le gestisco da solo!
**
Paga il conto, si alza dal tavolo, riporta il bicchiere al bancone.
Osserva il proprietario con la coda dell'occhio, lui e i suoi finti Ray Ban di marca.
Bagliori abbacinanti, flash scintillanti, figure in movimento, a scatti, fotogrammi fissi per un paio di secondi.
Corpi sinuosi, inarrestabili, una danza frenetica.
Si dirige verso il centro della sala, le iridi in moto perpetuo, a seguire quelle sagome scure, ombre tra i colori multiformi.
Una ragazza sul palco, capelli rosa lunghi, canottiera arancione, guanti di pelle, minigonna, stivali neri.
Braccia e gambe in pose coreografiche, palpebre chiuse, sognanti, sottili crini fucsia in rotazione, scarmigliati, gocce di sudore sulla fronte, su un corpo perfetto, imprigionato dai laser, dal buio.
Rapide istantanee, scandite dallo stroboscopio, immagini impresse nella mente, difficili da cancellare, impossibili da allontanare.
La pupilla di Dkrav'lest.
Sguardo rapito, sotto il metallo, emozioni che si risvegliano.
E la consapevolezza di non volersene più andare.
3. Metodi
Sai quanto ci è costato 'sto scherzo?
Abbiamo dovuto risarcire quindici persone!
Avremmo dovuto arrestarti!
Parole nel vuoto. Yard ha bisogno di me. Certo, i miei metodi sono un po' spicci – negarlo è impossibile – ma tant'è.
Volete un segugio che vi dia meno problemi? Mandateci Rainer, allora, non venite a rompere le scatole a me!
Certo che anche Veckert ha le sue belle turbe psichiche – non è mica a posto di mente – quindi non so quanto vi conviene. Forse è meglio se mi sopportate ancora per un po'.
Lo ammetto, non ho un carattere semplice da gestire, ma – ehi! – io sono così, nel bene e nel male, e non ho assolutamente intenzione di cambiare.
Il giro di locali di stamattina non ha dato buoni frutti.
Magari, adesso che è notte, ho più possibilità di successo.
Vediamo... dov'è che non ho ancora causato danni oggi?
**
Un locale notturno. Edificio squadrato, tetto piatto, anonimo. Invisibile, tra i palazzi vittoriani.
Se non fosse per l'insegna.
E le luci.
Ed il caos.
Già, l'insegna... un galletto stilizzato – una sfera con tre ogive a simboleggiare la coda, due triangoli per il becco, altri tre per la cresta, un paio di zampe a forma di lambda – in mezzo a due parole.
Il nome del locale.
Un doppio senso osceno.
Un night club – wine bar – casinò/o. Sala giochi più bordello.
Giovani vocianti fuori dalla porta.
Dev'essere il momento.
L'orologio gigante, la torre che svetta sulla città, segna le tre in punto.
Sonoro rumore di campane, rintocchi magnifici, baritonali, profondi.
Peccato che la musica li sovrasti.
**
The Happy Cock. Il gallo felice.
O meglio, qualcos'altro felice.
Un organo sessuale maschile.
Perché sono qui? Me lo chiedo anch'io. Ma forse la risposta l'ho trovata due minuti fa. Ed è quella ragazza che si sta scatenando sul palco.
Ho smesso di frequentare localacci da due anni, ma penso che dovrò ricredermi. Quanto costerà un abbonamento mensile?
Dkrav'lest Daevka è veramente un intenditore.
A questo punto, forse, dovrei ringraziare chi mi ha chiamato qui per mettere un po' d'ordine.
Treno diretto, sei ore di viaggio da Clover Station a Old Ben's Square.
In effetti, EiN ha combinato un bel disastro: non c'era alcun bisogno di ridurre un bar ad un campo di battaglia.
Non penso che gliela faranno passare liscia, ma non spetta a me giudicare.
Ho avuto solo il tempo di scendere dal convoglio e tuffarmi in questa maledetta metropoli, la città dei contrasti, come la chiamano.
Sta di fatto che New Langdon non mi piace per niente.
I neon e lo stile di inizio novecento non stanno bene assieme, almeno a mio avviso.
I neon ed il corpo di quella ballerina invece...
Meglio lasciar perdere, sono in servizio.
E poi, che speranze potrei avere con questa orribile maschera sul viso?
**
Passi veloci, un tizio vestito malissimo. Pantaloni strappati, giacca di pelle nera. Un sorrisetto infame.
Si dirige verso la cassa, compra un biglietto.
Venti sterline? Le sembra onesto? Guardi che è il prezzo. Ma con venti sterline mi compro il locale. Abbiamo le ragazze più belle di tutta la città. Sì, però venti sterline...
Discussione animata, la calca preme per entrare.
A che pro perdere tempo? Una banconota grigia, monete tintinnanti come resto. Saluti di circostanza, un portafogli vuoto.
Vuoto pneumatico.
Mostrare il tesserino la prossima volta? No, no. Nessuno sconto per militari o forze dell'ordine, nemmeno in servizio.
Gestione Dkrav'lest Daevka.
Puzza di marcio fino al Tamigi. Tanfo di rettile. Un vecchio bastardo usuraio, un residuo fossile.
No, sauri e leoni non possono andare d'accordo.
Proprio per niente.
**
Ed ecco l'altro! Maledizione, me lo aveva detto Giovanni che sarebbe arrivato! Gli ha distrutto completamente la bottiglieria, oggi pomeriggio!
Se pensa di cercar grane qui...
No! Ha già pagato! Perché non l'hanno fermato alla cassa? La foto segnaletica a cosa l'ho data a fare, maledizione? Io a quella stupida le dimezzo la paga!
Ed eccolo che entra, con quei suoi sudici abiti da accattone! D'accordo che se rompe qualcosa mi ripaga Yard, però se mi devasta il locale dovrò chiudere in anticipo di tre ore!
Spero solo che si comporti bene, che non mi crei qualche problema...
Maledetti sbirri, sempre tra le palle!
Cos'altro deve sopportare questo povero vecchio diavolo per guadagnarsi (quasi) onestamente la pagnotta?!
Magari mando tre-quattro cameriere a servirlo e coccolarlo, così non va in giro a fare troppe domande. Anzi, gli faccio avere un buon gratis per il dopocena.
Non ho bisogno di altre complicazioni: ci ha già pensato Mascherina a farmi saltare i nervi!
**
Occhi puntati sul palco, immobili. Un passo verso l'interno, in cerca di informazioni.
O di qualcos'altro?
Esalazioni di fumo dolciastro, miste ad odore d'alcool. Uomini e donne, pressati come in una scatoletta di acciughe. Cocktail che si rovesciano per terra, fiatelle di vino, mani ovunque.
Difficile farsi strada tra la gente, ma lo spettacolo vale la pena di essere ammirato.
Movimenti rapidi, nella folla, per raggiungere il cuore del locale.
Poi, la sorpresa che non ti aspetti.
Capelli azzurri, lunghi fino alla base della schiena, frastagliati, appuntiti. Divisa nera, piuttosto larga, su un corpo esile. Pura abnegazione, compressa in un metro e sessantacinque per cinquantotto chili di peso.
Un passo indietro.
“Non possono aver chiamato veramente...”
“Un altro sbirro? Non erano contenti a Yard?”
L'uomo si volta, la lucertola saluta educatamente. Due metri e due di altezza. Centoquattordici chili.
Una smorfia di disgusto.
Mio Dio, è proprio lui! Devo trovare un modo per mandarlo via! Non bastava Mascherina?!
“C'è già l'agente Rainer ad occuparsi della sicurezza del locale. La sua presenza qui non è gradita.”
“Solo perché ho fatto a pezzi una decina di pub negli ultimi due giorni?”
“Può darsi.”
EiN ride, ride di gusto.
“Okay, okay, ammetto di aver esagerato. Ora, posso scambiare due parole con Rainer? In fondo, lavoriamo nella stessa squadra.”
“Ma prego, si figuri. Basta che non sfondi il soffitto del locale. Sa com'è, l'ho appena fatto riparare.”
“Stia tranquillo...”
Allunga la gamba, si lancia nella folla.
“...prima ci sono le pareti.”
**
Lampioni che si spengono, uno ad uno. Il gas perde la sua forza vitale, soffocato dalle tenebre. E il buio diventa padrone della strada. Mulinelli d'aria, foglie secche, la danza del vento, vortici di polvere, di cartacce, sigarette. Frammenti d'autunno, frammisti a caligine, fumi, vapori di condensa. L'odore di fritto del ristorante all'angolo, il vapore delle cucine.
Un tutt'uno, inscindibile.
Non un'anima viva, solo il silenzio del vuoto, il cigolio degli impianti di ventilazione. I motori delle auto, in lontananza, un suono ovattato, tenue. Le foglie ricadono a terra, una dopo l'altra, fragili, secche, irrigidite.
Passi lenti, nella polvere.
Scricchiolii tetri, ogni foglia calpestata sussulta, urla, grida di dolore.
Ma egli è sordo alle loro invocazioni di pietà, sordo al pianto muto di ciò che un tempo era materia vivente. Ciò che è veramente importante è aprirLe la strada, ricreare le condizioni necessarie alla Sua venuta, come ogni sera, come ad ogni tramonto.
E attendere – oh, sì – attendere! Perché è capricciosa, non rispetta gli orari, fa quello che vuole, non quello che deve!
Ed è un peccato, un peccato!
Ma stasera verrà – oh, sì!
La testa ruotata sul collo, a destra, a sinistra, sotto la maschera di porcellana bianca. E le lacrime nere? Si stanno sciogliendo, perdono vigore.
D'altronde, la morte è solo un passaggio obbligato per il ritorno.
Nessuno in strada, nessuno in vista. Ed è un bene.
Non tutti sono pronti ad accettare.
Non molti sono in grado di vedere.
Nessuno è realmente capace di non impazzire, dopo averLa vista.
Visto... chi?
Ma è ovvio, no?
Dopo i dodici rintocchi
Eccola che si avvicina!
Puoi ammirarla coi tuoi occhi:
è la Notte che Cammina!
1. Nel Buio
Il locale si svuota, dopo una certa ora. Si chiude alle sei, ma verso le quattro la gente inizia a sparire. Un po' in strada, un po' nelle camere al secondo piano, assieme alle ragazze.
In qualche modo, devono guadagnarsi le mance. Triste, da un certo punto di vista. Davvero triste. Giovani che si vendono per denaro, non per amore.
Ed ecco il motivo per cui ho smesso di frequentare questi club.
Però questa è diversa, davvero. Forse Dkrav'lest ci tiene parecchio. Si chiama – o meglio, si fa chiamare – Kari.
Ed è bellissima.
Il rosa non è il colore naturale dei suoi capelli, ma poco importa. È il modo in cui si muove, il modo in cui si dimena, la sua frenesia a contagiarmi. Mi dispiacerebbe davvero se le accadesse qualcosa.
Ho deciso, il locale è a posto, non serve che io lo tenga sotto controllo per tutta la notte.
La riaccompagno a casa – ecco cosa posso fare e poi... no, no! Sono in servizio, se succedesse qualcosa nel frattempo...
Devo trovare un compromesso. Voglio trovare un compromesso.
Non che sia semplice, intendiamoci.
Ma a chi piacciono le cose semplici?
**
Due figure, nel buio. Bagliori sfrigolanti, intermittenti. Lampade a gas, aloni sfumati, infestati da nugoli di mosche. Neon bianchi sulle facciate dei palazzi, l'insegna di una lavanderia cinese.
“La ringrazio per la premura, detective Rainer.”
“Dammi pure del tu.”
“Beh, allora... grazie,Veckert.”
A passo lento, tra le viuzze della periferia, lontani dall'ombra dell'Old Ben, il vecchio orologio a campanile. Cielo senza stelle, offuscate dalle luci della città. Sera di luna piena, scintillante. Bidoni di immondizia rovesciati ai margini della strada, miagolii solitari. Piastrelle illuminate, lastre di ogni forma e dimensione a costruire un enorme mosaico privo di significato, generando ombre e figure stilizzate. Una vecchia radio a valvole, gracchiante, dal terrazzo di un appartamento al quinto piano. Note tranquille, pacate. Un blues anni '30, con le sue tinte leggere e malinconiche.
Veckert scuote il capo, gli occhi chiusi per un istante.
“Sono io che sembro una radio, con questa voce...”
Timbro metallico, finto, impersonale.
“Ma no, è solo... solo...”
“Non voglio metterti in imbarazzo. So che è così. Diciamo che lo accetto.”
Una raffica di vento, sibilante, penetrante. I capelli rosa si agitano ribelli, danzano nell'aria.
Kari solleva il bavero del cappotto.
Un sospiro artificiale, il rumore bianco del sintetizzatore.
“Il tuo capo è stato contento della mia scelta. Penso che la mia presenza lo infastidisse, in qualche modo.”
Un sorrisetto malizioso.
“Qualunque cosa lo infastidisce. È burbero, ma non è cattivo. Mi tratta come una figlia.”
“È per questo che non ti fa prostituire?”
Rossore sul viso, gli occhi evitano il contatto.
“Quella è una scelta mia. Non ci obbliga. Per niente. Chi vuole un'extra in busta paga, va su, al secondo piano, e si intrattiene con i clienti.”
“Chiaro.”
Silenzio imbarazzato, pesante.
Nessuno dei due nota il lampione che si spegne, i mulinello di polvere scura, il vortice di foglie accartocciate, falene impazzite nell'aria cupa.
Nessuno dei due può vedere l'uomo in fondo alla strada.
Un uomo senza volto.
**
“Spiegamelo ancora una volta. Perché Rainer ha lasciato te qui, al suo posto?!”
“Ma come? Non sei sollevato? Non eri tu che ti lamentavi del danno di immagine che quella specie di spaventapasseri poteva causare al tuo locale?”
EiN scrolla le spalle, senza un particolare motivo.
“Ad ogni modo, la salute della ragazza è prioritaria. Se l'analisi che abbiamo effettuato è corretta, il rischio che venga aggredita è piuttosto elevato. Sai chi sono state le ultime vittime, no?”
Un pugno sul bancone, la plastica luccicante trema, sussulta.
“Questo non risponde alla mia domanda!”
“Andiamo, vecchio diavolo... avresti preferito che fossi io ad accompagnarla a casa?”
Un sorriso forzato sulle labbra squamose.
“Forse no. Da te ci si può aspettare qualunque cosa.”
EiN si allontana, verso il cuore del locale.
“Con permesso.”
Di nuovo immerso nella folla, lontano dagli occhi del sauro. Meno gente di prima – logico, sono le quattro e mezza – ma sufficiente a nasconderlo. Ragazze che ballano in modo osceno, schifosi pervertiti con la lingua di fuori.
La festa non è ancora finita.
Passo sicuro, rapido, verso il secondo piano.
Verso il girone dei lussuriosi.
**
“Come mai quella maschera?”
“Un incidente sul lavoro. Preferisco non scendere nei dettagli.”
“Okay, come vuoi.”
“Quanti anni hai?”
Kari inarca un sopracciglio.
“Da quand'è che si chiede l'età ad una ragazza?”
“Che io sappia, da sempre.”
Un sospiro.
“Venticinque. Faccio questo lavoro da sei anni. Mi piace, prima che tu me lo chieda.”
Si volta, fissa le iridi verdi, si perde nel colore smeraldo, vivo, in contrasto col metallo grigio, morto.
“E tu?”
“Ventisei.”
“Te ne avrei dati di più.”
Veckert sorride, sotto l'acciaio, le labbra informi celate alla vista. Le sue dita scorrono tra i capelli rosa.
“Sono tinti?”
“Purtroppo sì. Mi piacerebbe se fosse il mio colore naturale. È particolare, come il tuo. Azzurro...”
Nessuna risposta, solo uno sguardo, in avanti.
Una figura, ferma, immobile. Le lampade si spengono all'improvviso, all'unisono. Due braci nelle tenebre.
“E quello chi diavolo è?!”
**
Bello l'ingresso. Ben affrescato, intarsi degni di un maestro. Un arco formato da due strutture intrecciate a spirale, una gialla, l'altra rossa. Due statue di draghi ai lati opposti. Due giovani geishe vestite di un elegante kimono scarlatto, i capelli raccolti in una crocchia, la pelle bianca. Sembra un tempio orientale e invece... beh è l'entrata dell'inferno.
Il Casinò, il luogo dove puoi rovinarti e perdere tutto, nel giro di appena un paio d'ore.
Se sei fortunato.
Perdi i soldi, la casa, la moglie, le mutande e poi ti dai fuoco. Più o meno succede sempre così, no?
Se vinci invece...
No, non cambia molto, ti rovini lo stesso. Perché al secondo piano c'è il Casino.
Quello che non perdi alle macchinette, te lo portano via le ragazze.
E il bello è che comunque è colpa tua.
No, non è il momento di fare il moralista, ho un colpevole da trovare prima che il proprietario mi cacci in malo modo.
Data la natura delle vittime, non posso trascurare nessuna pista, nemmeno quella del frequentatore abituale. Ora busserò ad un paio di porte e farò anch'io un po' di casino.
Quello vero.
**
Lo sconosciuto alza il capo, scintille di vita nelle tenebre. Ticchetta come un orologio, mormora, mugugna.
Le braccia ondeggiano ritmicamente, come in una danza.
Un passo indietro.
“Forse è meglio se passiamo da un'altra parte.”
Kari annuisce, poco convinta.
Si stringe nella giacca, trema come una foglia.
Una nenia, una cantilena ripetuta, nell'aria. Monotona, irata.
Le braci eruttano, sfavillano.
E Lei inizia a muoversi.
**
La porta sfondata, le mani al collo, ma non le sue. Uno schianto contro la parete, il legno si lamenta. Parole confuse, grida di rabbia, di stupore. Lenzuola all'aria, una ragazza che si nasconde sotto il letto.
EiN abbozza un sorriso.
E l'intonaco si lacera, come strappato da artigli.
**
Succede tutto in fretta, troppo in fretta.
Il lampione si contorce, sfrigola, un cigolio straziante, improvviso. La luna sparisce, inghiottita dalle tenebre, le stelle ricompaiono e si muovono all'unisono. La polvere si alza dalle strade, le foglie che danzano, i neon che si spengono.
Poi l'urlo.
Un grido di dolore, silenzioso, trasportato dal vento.
Un lamento inudibile, diretto al cuore.
Kari che mi abbraccia terrorizzata, mi si stringe al petto.
Penso Ti prego, no! Potrebbe scoprire che... ma non riesco a terminare, non riesco nemmeno a completare il ragionamento.
Ho solo il tempo di sgranare gli occhi. I lampioni sradicati dal terreno, sollevati a mezz'aria, lanciati come enormi giavellotti.
Schegge di vetro, aculei scintillanti, tubi di metallo annodato. Vola, vola tutto. Ed il mondo inizia a ruotare. Nessuna luce, solo buio.
Solo.
Buio.
E un grido.
Vero, questa volta.
Kari a terra, supina, con gli occhi chiusi. Frammenti di tessuto attorno a lei, invischiati in un liquido rossastro.
Oh, mio Dio!
Oh, mio Dio!
Quel sangue non... non è solo suo.
L'ultimo pensiero che attraversa la mia mente, prima di perdere il contatto con la realtà.
5. Punti di Vista
“E quale sarebbe il problema?”
“Procedura poco ortodossa. In due giorni abbiamo dovuto pagare più di seimila sterline di danni a persone o cose.”
“Okay, ma almeno abbiamo un colpevole.”
“Non quello giusto.”
“Ho messo le mani su un trafficante di droga.”
“Le mani? A quel poveraccio hai fatto vedere i sorci verdi! Farnetica di un leone!”
“Ehi! Lo sai come lavoro, no? Quello è l'effetto speciale numero 1.”
“Quello che vuoi, EiN... ma lascia che ti riassuma la situazione: ti abbiamo trovato seduto su un uomo in bermuda con la pancia a terra, una chiave articolare a bloccargli il braccio, una giovane nascosta sotto il letto, coperta solo dal lenzuolo, le pareti devastate da tagli profondi qualche centimetro... e un sorriso da idiota sul tuo volto.”
“Beh, avrei voluto vedere voi, se aveste trovato per caso un tizio a cui avete dato la caccia per anni.”
“Non ti leggerò la lettera di protesta formale del signor Daevka.”
“Saggia decisione. Se non hai più bisogno di me...”
La sedia si sposta, EiN si alza, cammina verso la porta dell'ufficio.
“A proposito, ci sono novità su Veckert?”
**
Lo Squartatore non ha ucciso, questa notte.
Solamente un colpo di fortuna. Io ero davanti a Kari, il colpo che avrebbe dovuto ucciderla ha ferito anche me. Per un gioco del destino, le schegge di acciaio non hanno danneggiato né la mia maschera né il sistema di alimentazione.
In pratica, il mio apparato vitale è illeso.
I medici sono ottimisti, dicono che ce la siamo cavata con poco. E ho scoperto anche il suo vero nome, e dove abita.
Non è male, anche se forse il prezzo pagato per conoscere questi dettagli è stato leggermente eccessivo. Comunque, sfrutterò queste informazioni al più presto.
Ora voglio vederci chiaro, però. Domani mattina mi dimetteranno dall'ospedale... e solo allora la partita avrà veramente inizio.
Temo che dovrò appoggiarmi ad EiN, purtroppo. Nella caccia all'uomo è praticamente infallibile, anche se è una tremenda testa di cazzo, egoista, razzista spregiudicato.
Poi, c'è un'altra cosa che non mi piace di lui.
Dicono che sia in grado di oscillare su diverse frequenze.
E questo è tutt'altro che tranquillizzante.
**
New Langdon di giorno. Strade illuminate dal Sole, nuvole rade, cielo moderatamente terso. Donne e bambini a zonzo per la città, madri a far la spesa, operai al lavoro. Qualche chiazza ematica scura insudicia ancora il manto stradale. Due inviati del comune che raddrizzano i lampioni.
Periodo di straordinari, questo...
L'ospedale non è lontano dal centro. Due fermate di metro, sei di autobus.
A piedi ci si mette un po'.
Già, ma tanto non c'è fretta.
Passo svelto ma non troppo, sono solo le nove. E alle nove apre la Maison du Vin. Proprio sulla strada per il San Michele.
Un insegna variopinta, il nome del bar-bottiglieria abbracciato da una specie di serpente antropomorfo.
Ingresso autocelebrativo, la modestia del proprietario in primo piano.
La porta si apre.
**
“Signorina Hyuhi, le sue condizioni sono piuttosto buone. Probabilmente la dimetteranno entro stasera.”
La ragazza annuisce, senza dire una parola.
Capelli castano-rossicci, lunghi. Erano rosa, prima che li lavassero.
Occhi scuri, inquieti. Una garza sulla gola, un cerotto al centro – bello largo. Un miracolo.
“Ha rischiato di perdere le corde vocali. Due centimetri più in profondità e... no, non ha senso parlarne, ha riportato solamente ferite superficiali. Deve ringraziare Dio.”
Si volta verso la finestra.
“No...”
Il giardino verde, soleggiato, il cielo azzurro, solcato da nuvole lattiginose, i castagni carichi di foglie arancioni, la facciata beige dell'ospedale.
“...devo ringraziare Veckert.”
**
Odore penetrante di vino, di aceto, mescolati assieme, senza distinzioni. Una zaffata di distillati, grappe, liquori, spumanti. Il tutto accompagnato da un trillo allegro ma stonato.
Scaffali ricolmi di oggettini e souvenir, di indubbio cattivo gusto. Una serie di soprammobili canterini, orribili: una botte di legno, un esserino orrendo, serpentiforme, con gambe cortissime e braccia sproporzionate, vestito di un completo elegante – ma senza scarpe – abbarbicato al cerchio, sempre in movimento, occhi circolari, spiritati. Il serpentello canta, immerge la testa nella botte, beve il vino, si rialza, il vino ritorna nella botte dall'ugello nascosto in basso.
Già, il serpentello canta. Ma cosa?
Un odioso motivetto, ripetuto fino allo spasimo.
Vino, vino a volontà
Vieni a bere con noi qua,
Che di botti ce ne son
Tante quante vuoi... tuuuu!
EiN si tappa le orecchie con i palmi delle mani, chiude gli occhi.
“Maledizione! È insopportabile!”
“Cosa ssssarebbe inssssopportabile?”
**
Una mia dote personale è l'umanità. Tengo parecchio ai miei dipendenti.
Non sono solo nomi su un libro paga.
Sarà per questo che ho deciso di andare a vedere come sta Kari, in ospedale?
O, forse, è solo il mio alibi?
No, dai, basta con queste fesserie!
Io mi sto dirigendo verso il San Michele per Kari, solo per lei – non per curare i miei affari!
Beh, certo...
Anche per sapere quando potrà tornare al lavoro.
Senza di lei, perdo duemila sterline a sera.
Duemila.
Sterline.
Per una ragazza.
Speriamo che si rimetta presto!
**
Disgustoso. Ripugnante. Uno scherzo della natura. Identico al pupazzo, solo un po' più grande. Un metro e mezzo – forse meno – di altezza. Braccia troppo lunghe, quasi fino al pavimento, mani e piedi tridattili. Lingua sibilante, tra denti cortissimi.
“Andiamo! Cossssa c'è di inssssopportabile?”
“Questa cantilena del cazzo!”
Il serpente rotea gli occhi.
“Io la trovo adorabile”
“Puoi farla smettere? Altrimenti finisce che spacco tutto!”
Una goccia di sudore, un pulsante su un telecomando.
E, finalmente, il silenzio.
Sollievo.
“Ciao J.J.. Avevo dimenticato quanto tu fossi orribilmente basso.”
J.J. alza lo sguardo, inquadra il nuovo arrivato.
“Un cagnaccio di Yard. Perché qui? Perché?”
“Volevo farmi un cicchettino prima di entrare in servizio. Ce l'hai un amaro?”
Pupille nere filiformi perse in orbite gigantesche, ai lati del capo.
“Tu non ssssei qui per bere, EiN. Tu vuoi informazioni.”
“E un amaro.”
**
Mi hanno dimesso in anticipo, posso fare un salto da Kari prima di tornare al lavoro. Dovrebbe essere al secondo piano. È seccante dover mostrare il tesserino a chiunque. Ancora più seccante è cercare di far capire loro che la fototessera ritrae me – prima dell'incidente, ma questo è ovvio.
Kari...
Dicono che se la sia cavata con poco, ma desidero comunque parlarle. Non ricordo molto di quanto è accaduto, magari lei sarà in grado di fornirmi qualche dettaglio in più.
No, a pensarci bene non è questo il motivo principale.
Devo sapere se ha capito.
Un segno sul muro, un infermiere scortese, poche indicazioni confuse.
Ed ecco, finalmente, la sua stanza.
Pareti bianche, soffitto bianco, pavimento bianco, camici bianchi, i capelli bianchi del medico, camicia da notte bianca, lenzuola bianche.
Un mondo asettico, impersonale, vivacizzato dal rosso dei suoi capelli.
L'unico elemento di rottura.
**
“Lo chiamano Jack lo squartatore. Ha massacrato diverse prostitute nei quartieri male di New Langdon. Tutte di notte. Sempre la stessa modalità. Ragazze maciullate, irriconoscibili. Ieri non ha ucciso – presumo per miracolo.”
“Tutto qui?”
“No, c'è dell'altro. La stampa si è divertita a ritrarlo in questo modo – per creare lo scandalo, sai come funziona, no? In realtà, Jack non è così settoriale. Sembra che non faccia distinzione tra uomini e donne. Basta che si trovino sulla sua strada. Nel posto sbagliato, al momento sbagliato.”
EiN seduto sul bancone, le gambe incrociate.
“Ora, la domanda. Tu ne sai qualcosa?”
“Perché proprio io?”
L'amaro bevuto alla goccia.
“Penso sia un frequentatore di locali da beoni.
E il tuo lo è.”
**
La buona notizia è che la mia mente non si è inventata nulla. L'incappucciato con gli occhi scintillanti c'era davvero. E la Luna è scomparsa per un attimo. I lampioni si sono spenti, piegati da qualche forza invisibile.
Beh, ho una pista.
Niente male per qualcuno che fino a ventiquattr'ore fa la città l'aveva vista solo in cartolina.
La cattiva notizia è che Dkrav'lest è entrato subito dopo di me e Kari si è ammutolita di colpo, quando lo ha visto. C'è qualcosa di poco chiaro su cui forse sarebbe il caso di indagare.
Ma, forse, la notizia peggiore è che non ho la minima idea su come ci si muova a New Langdon.
E quell'idiota di EiN non è ancora passato a prendermi.
**
“Perché proprio un ubriaco?”
“Non ho detto che dev'essere per forza sbronzo. Basta che frequenti quei locali. E che ci sia gente almeno un po' brilla, dentro.”
“Ssssei sssscemo?”
“Sono in possesso di informazioni che puntano in questa direzione. Ora, vedi di rispondermi, J.J.”
Scende dal bancone con un salto. Uno sguardo truce, determinato
“Ti è mai capitato di vedere – o anche solo sentire – un tizio delirante, uno che grida ai quattro venti che... la notte si muove – o qualcosa del genere?”
**
Quando luce più non vedi
puoi osservarla, si avvicina.
Puoi negarlo, se non credi,
ma è la Notte che Cammina!
Dopo i dodici rintocchi
escon dalle bare i morti
e si muovon – quant'è vero
con la Luna alta nel cielo!
Vento, foglie e mulinelli
la sua voce roboante
del Giudizio ottoni belli
torna a casa, su, all'istante!
**
“Un paio di versi in rima? Tutto qui, il tuo apporto alle indagini, Veckert? Dal segugio di St. Patrick mi aspettavo di meglio.”
Discussioni, grida, altoparlanti, voci sintetiche, gracchianti.
Odore di chiuso, luci bianche, al neon. Uno schermo con le fermate.
“Me l'ha recitata Kari. È una filastrocca per far addormentare i bambini e convincerli a non uscire dopo una certa ora. Uno spauracchio. Un po' come l'uomo nero, hai presente?”
Vagoni in moto, sferraglianti. Uno scossone ad ogni connessione tra i binari.
“Certo, e allora?”
“Corrisponde a quanto ho visto l'altra sera.”
“Capisco.”
Porte che si aprono e si chiudono. Fiumare di pendolari indisposti, indisponenti. Entrano, escono, si trascinano all'interno del convoglio.
Un sorriso sul volto di EiN.
“Anch'io ho vissuto un'esperienza simile.”
6. Interferenza
Un appunto sul frigorifero.
“Torno presto, sono fuori per lavoro. Un bacio.”
Uno sbuffo poco convinto. Scrolla le spalle, raggiunge l'armadio.
Apre.
Un completo azzurro mare, bottoni luccicanti, pantaloni dello stesso tessuto, scarpe lucide.
Lo ripone delicatamente sul divano, fa colazione.
EiN è sempre più elusivo.
Compare sempre meno di frequente, sempre per meno tempo.
Un bottone dopo l'altro, la fibbia della cintura, i lacci delle scarpe; un ritocco al trucco, una spazzolata ai capelli biondi, mossi.
Poi via, fuori di casa.
**
“Anch'io ho incontrato la notte che cammina.”
Fermata di fronte al marciapiede numero tre.
Pendolari in assetto da guerra.
Le porte si schiudono, i passeggeri defluiscono, ne salgono altri.
“Com'è successo?”
“Credimi, non è stato un bello spettacolo.”
“Posso immaginare.”
Vociare confuso, sul più e sul meno. Gente ferma ad aspettare un altro treno.
EiN prende fiato, chiude gli occhi.
“Odio la folla. Possiamo discuterne una volta arrivati a destinazione?”
“Dove mi stai portando?”
Sorrisetto malizioso.
“Sorpresa!”
**
Seguire le tracce di EiN è piuttosto semplice. Il difficile è interpretarle.
Sembra che abbia girato l'intera New Langdon in nemmeno tre ore.
Lo hanno visto in sei bar, due bottiglierie e davanti all'ospedale.
Giuro che lo troverò: non avrà vita facile.
Solo una cosa non riesco a capire...
EiN mi ha salvato la vita appena due mesi fa, stiamo assieme da poco meno.
Possibile che si sia già stancato di me?
**
“Forse so come scoprire a quale casa di appuntamenti apparterrà la prossima vittima.”
“Jack uccide solo prostitute?”
“Sì, più o meno.”
“Kari non è esattamente una puttana.”
“No, ma aveva i capelli rosa, quella notte. E il rosa è appariscente, tipico di chi vuole mettersi in mostra. Jack avrà pensato questo, vedendola.”
“Allora se una ragazza nasce con i capelli rosa deve per forza tingerseli?”
“Diciamo che aiuterebbe.”
Un campanello, una voce metallica, monotona.
“Oak Park. Prossima fermata Oak Park.”
EiN si avvicina alla porta.
“Siamo arrivati.”
**
“Quindi è tutto a posto? Da domani puoi già tornare al lavoro?”
Occhi spenti, sguardo nel vuoto.
“Sei venuto solo per questo?”
Coda in movimento, attenta ad evitare gli strumenti di analisi. Occhiali da Sole calati sul muso.
“No, ovviamente, ma sai com'è... la maggior parte dei miei incassi deriva dal tuo spettacolino. È logico che io sia preoccupato anche per il bene del locale, no?”
Un rettile imponente in una stanza minuscola.
Kari trattiene il lenzuolo incolore, un filo di voce minato dall'incertezza.
“Cosa... cosa ne pensi di Veckert?”
Il bestione attende un secondo, un attimo interminabile, prima di rispondere.
“Meglio che non te lo dica. Yard ha scavato il fondo del barile.”
Kari raggomitolata su se stessa, nel letto d'ospedale.
“Mi ha fatto una domanda... particolare.”
“Cioè?”
“Mi ha chiesto... se ho sentito qualcosa di strano quando mi sono aggrappata al suo petto. Di cosa diavolo mi sarei dovuta accorgere?”
Dkrav'lest in silenzio.
“Nulla. Ma non farti strane idee su Rainer, okay? Ora devo andare, ci vediamo domani sera al locale.”
**
Oak Park. Un giardino pubblico aperto a tutti. Folle festanti sui marciapiedi, nei vialetti. Uomini, donne, bambini, anziani con cani a seguito. Il parco della gioia.
Questo, di giorno.
Di notte, il ricettacolo dell'effimero, una malabolgia.
Edifici in foggia vittoriana, puliti, in perfette condizioni. Un fabbricato di cemento, coperto da graffiti. Stona con il resto, piuttosto isolato. Finestre chiuse, serrate. Nastro bicolore, Police Line – Don't Cross.
Una ragazza bionda, in piedi davanti al fabbricato.
Occhi azzurri, esile, piuttosto bassa. Una ciocca ribelle di capelli dorati a coprire l'occhio destro, quasi completamente.
Divisa acquamarina, bottoni lucenti.
Sguardo fisso verso le scale della metro.
Due persone nel suo campo visivo.
La prima è più minuta.
Una zazzera di capelli cerulei, una maschera di metallo, iridi smeraldine.
La seconda, più imponente.
Capelli castani, un cappotto di pelle, jeans strappati.
Un sorriso.
“Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!”
**
Farsi gli affari propri è necessario, certe volte.
Ma non in questo caso.
Se degli sconosciuti iniziano a battibeccarsi davanti alla mia attività commerciale, magari può essere lecito origliare, no?
Cosa ne so, magari è il mio localino l'oggetto del contendere. E, se se ne accorgono, pazienza.
Per una buona volta, potrei fare orecchie da mercante.
**
EiN sembra in difficoltà, ma non mi sento di biasimarlo.
Un fiume di parole di questa portata stenderebbe chiunque. E dire che dall'aspetto...
Accento francese, molto marcato. Erre moscia, quasi elegante. Metà viso nascosto dai capelli. Asciutta, non molto formosa. Sprizza energia da tutti i pori. Questa ragazza sembra dinamite concentrata, sul punto di esplodere.
Come ha detto di chiamarsi?
**
“Michelle! Ti assicuro che...”
“Ultimamente, sei sempre via! Travaille di qui, travaille di là! Cosa cavolo sta succedendo? Ceci n'est pas possible!”
“Lo stesso caso a cui lavoro da due mesi a questa parte! Non lo abbiamo ancora preso. Non. Ancora.”
“Ah.”
“Ora, torna a casa, per favore. Ho già abbastanza problemi.”
Michelle annuisce, volge lo sguardo altrove.
“Chi è il garçon loquace con cui sei arrivato?”
Allunga la mano. Una voce metallica, monotona.
Finta.
“Veckert Rainer.”
“Enchantée. Je m'appelle Michelle Dumas. C'est vraiment un plaisir de faire votre connaissance!”
“Evita di chiamarmi garçon, monsieur, o signore e vedrai che andremo d'accordo.”
“Sei un flic come EiN?”
“Intendi dire uno sbirro? Diciamo di sì.”
Accenna un inchino, si dirige verso il parco.
“Allora vi lascio lavorare, vado a fare due passi. Au revoir!”
Il vento soffia per un istante, scostandole i capelli dal viso.
Rivelando tre profonde cicatrici, a livello dell'occhio destro.
**
“Veckert Rainer? Sì, ha preso un appartamento in affitto qui, ma ora non c'è. Devo lasciare un messaggio?”
Delusione negli occhi. Si guarda attorno. Uno squallido monolocale in periferia, al sesto piano di una palazzina. Cemento crepato, murales su ogni parete, tubi del riscaldamento a vista, acqua corrente a sprazzi. Umidità a mille.
Un portinaio per questa topaia? D'altronde, New Langdon è la città dei contrasti.
“No, grazie. Tornerò un'altra volta.”
L'uomo corruga la fronte.
Una giovane snella, vestita in modo sobrio. Maglione chiaro, jeans anonimi, scarpe da ginnastica. Lunghi capelli castani, rossicci, occhi marroni. Una benda di garza attorno alla gola.
Cosa può volere da Veckert?
“Ragazza mia, in tutta confidenza... non è una bella storia. Rainer è inquietante. Magari è una bravissima persona, però fa paura.”
“La maschera non aiuta...”
“Non è solo la maschera.”
Scuote la testa, contrariato.
“Cosa può dare un mostro simile ad una giovane bella e solare come te?”
Già, cosa? Domanda nel vuoto, senza risposta.
Ma, a pensarci bene, la risposta è ovvia.
“Forse, un po' di comprensione.”
**
“Michelle è la tua ragazza? Sembra piuttosto difficile da gestire.”
“Togli pure il sembra.”
“Cosa le è successo al volto? Chi gliel'ha ridotto in quello stato?”
Un sorriso amaro.
“Jack lo squartatore.”
7. Senza Fini di Lucro
Non è semplice gestire un locale! Clienti da accontentare, birre da stappare, caffè non troppo dolce, non troppo zuccherato, tasse, tasse e ancora tasse!
Che rogna! Se poi ci si mette quel cliente dell'altra sera...
Sparava le peggio minchiate, doveva essere bello brillo. L'ho dovuto prendere a calci, non aveva nemmeno i soldi per pagare!
Che straccione! Ho passato una notte insonne per i suoi deliri!
Ora ci sono pure due sbirri davanti all'ingresso.
Veckert e un altro.
Io il secondo lo conosco solo di fama, l'ho visto raramente da queste parti. Sembra schizzato con quei capelli laccati! Veckert mi deve un favore – anzi, lo deve a mia sorella – quindi non penso che sia qui per cercare grane, tanto più che io ho dichiarato tutto!
Se continua così, me ne torno a Firenze ed apro un ferramenta.
Lo giuro!
**
“Un serpentello mi ha spifferato che qui da qualche parte c'è una localino interessante, ma non so né dove sia, né come riconoscerlo.”
“Lo so io. Seguimi.”
Passo deciso, svelto, verso il marciapiede.
Sulla sinistra, un cubo di cemento ricoperto da disegni orribili; sulla destra, un palazzo elegante, appena ristrutturato.
Veckert apre la porta.
Del palazzo elegante.
Un bancone scintillante, un pavimento scintillante, una nuca scintillante. Lucida come una palla da bowling.
Un uomo alto, ben piazzato, muscoli da culturista. Occhialini da vista in stile sub. Baffi corti, ben delineati. Maglione nero aderente, un panno umido per pulire i boccali di birra.
Agita la mano in segno di saluto.
“Veckert! Vecchia cagna isterica! Cosa ci fai qui a New Langdon?”
“Lavoro. Sembra che i segugi locali siano tutti in calore e non siano più in grado di fiutare una pista come si deve. E, comunque... ciao, Moe. Ti trovo in forma.”
Frecciata dolorosa, puntura di scorpione.
EiN si siede al bancone, un ringhio sommesso, trattenuto. Sistema i capelli con un gesto nervoso, i gomiti posati sul legno.
“Sarò breve. Un uccellino mi ha raccontato di un idiota che vaga per locali a diffondere la sua follia. Parlo di un tizio strano con una maschera di porcellana, priva di lineamenti. Sembra che parli per enigmi e non saldi mai i conti. E so che ieri sera era qui.”
**
Mi nascondo, mi nascondo ai suoi occhi! Sole rosso, Sole nero, violento a dismisura! La sua luce ci distrugge, ci controlla e carbonizza! Senza buio, senza vita cosa posso fare?
Quando il Sole sorge, Lei mi lascia! Deve nascondersi, nascondersi! E devo farlo anch'io!
Altrimenti muoio! Muoio! Muoioooo!
E non posso morire, no! Devo fare in modo che lei sia perfetta! Che sia pura, purissima!
Senza la spazzatura, senza macchia!
Ma muoio veramente? No, no! Il Sole non mi uccide, non mi fortifica. Ma Le reca dolore, molto dolore, troppo, troppo!
Ora calmo, calmo! Sono sotto un ponte, prendo fiato. Stanotte... sì! Stanotte... Lei sarà quasi completa!
Devo solo aspettare... aspettare e proteggerla...
Proteggerla... da Lui.
**
Le undici e cinquantasei. Quattro minuti a mezzanotte.
E la certezza di avere una possibilità.
La possibilità di incastrarlo, di fargliela pagare.
Armi cariche, in agguato, nel buio.
Sfere di vetro, sui muri. Una fioca luce, debole, timorosa.
Nelle tenebre.
Respiri brevi, mozzati dalla tensione. Un passo falso, un solo passo falso e salta tutto.
Lui non arriva, se si rende conto di essere braccato.
Un ronzio di sottofondo, impossibile da eliminare. Il motore della maschera.
EiN è disarmato, dice di non aver bisogno di pistole.
Fermo, le mani in tasca, la schiena al muro.
Mastica una gomma. Tranquillo.
Mio Dio, come fa ad essere così calmo?
L'effluvio dolciastro dello zucchero filato, nubi di vapore dalle grate del ristorante. Nebbiolina saccarosica, irritante.
I neon di un'insegna, lampeggiano imperterriti.
Lost Heaven.
Bel nome per un locale. Il paradiso perduto.
O mai avuto.
Questione di punti di vista, dopotutto.
**
“Quel babbeo, dici? Sì, gli ho anche accarezzato le chiappe con uno scarpone. Farneticava della notte che corre, della purezza della notte, cosacce di 'sto tipo. Secondo me era ubriaco fradicio...”
“No, non lo era affatto.”
Smile!
“Cercava solo un posto in cui trovare degli ubriachi. Quando Apollo va a dormire ed emerge Dioniso, beh è proprio il momento migliore per fare proseliti. Dimmi la verità, se – da sobrio – qualcuno ti dicesse seguimi perché la notte è viva e io le parlo... ci crederesti?”
**
Ventole roteanti, muggito lento e continuo. Caldaie in funzione, ventotto gradi centigradi.
Gocce di sudore sotto il metallo, sulla pelle, sugli occhi verdi.
L'unico luogo adatto all'appostamento, il retro di un locale, accanto alle cucine.
Mezzanotte meno un minuto.
Sessanta secondi e inizia lo show.
Perché inizierà da qui, oggi.
Un click.
Una goccia d'acqua in una pozza di condensa?
No, no. Qualcos'altro.
Il segugio si abbassa, in ginocchio, il guanto immerso nel liquido oleoso.
Una minuscola macchina, una placchetta dotata di zampe e microstrumenti.
Si dimena come un ossessa, come se fosse viva.
Luce rossa lampeggiante, per dieci, interminabili secondi.
Lampo verde – un attimo.
Poi il nulla.
Spenta.
Per sempre.
Sollievo.
“Ne mancano solo sette.”
**
“Poi ha continuato, sai? Ha detto una cosa del genere... stasera coglierò la Mela e purificherò la terra! Aiutatemi! Fate che la notte sia la vostra via! Non posso lottare da solo! Non se Lui è in giro! Stasera coglierò la Mela... e così via, ripetuto sei, sette volte. Cosa significa, secondo voi?”
Veckert in silenzio.
EiN piegato in due dalle risate, batte le mani sul tavolo, con forza.
“Non è ovvio?”
**
Ripensa ancora un attimo al pomeriggio, alla visita di Kari.
Rimasta ad aspettare davanti alla porta, per ore.
Per parlare, per sfogarsi, piangere, senza che nessuno la giudicasse.
Sola, sola come...
Un cenno dall'altro lato della strada.
EiN mostra un orologio.
Tutto inutile.
Old Ben lo anticipa. E la campana rintocca a morto.
Dodici volte.
**
“La Mela! Il Paradiso Perduto! Non vi dice veramente nulla questo nome?”
Sguardi stupiti, Moe smette di pulire il boccale, il panno umido stretto nella mano destra.
“Ma dove vivete? Lost Heaven! Il locale più malfamato di New Langdon! L'ultima spiaggia per un predicatore!”
Un tintinnio, una moneta in aria.
La afferra al volo.
“Scommetto quello che volete che lo troveremo lì, stanotte.”
**
Braci scintillanti, in fondo alla via. Lampi di vita nel buio.
L'insegna si spegne, le sfere di vetro scoppiano.
Il rumore delle ventole oscurato dall'urlo nero, inudibile, impossibile da non percepire.
Un passo, un altro passo. La veste strascica, si trascina per terra, raccogliendo cenere, mozziconi, polvere.
Ma non è importante.
No, proprio no.
**
Pistola in mano, puntata al volto.
Alla porcellana, insomma.
Via la sicura, ora si spara, ora si spara!
“Fermati, Jack! Non muoverti o premo il grilletto.”
“Non sarò io a muovermi.”
Un secondo dopo, Veckert è in aria.
**
“Non so perché sono venuta qui, oggi. Proprio... proprio non lo so. È che... non ho nessuno con cui confidarmi, forse. Mia madre non la vedo da anni, da quando ho iniziato questa vita. E mio padre... beh, meglio non saperlo. Io non l'ho mai avuto un padre.”
“Posso capirti.”
“No... no che non puoi! Tu hai sicuramente avuto una famiglia a sostenerti nei momenti difficili!”
“Kari...”
Gli occhi smeraldini si spengono.
“Mio padre si è suicidato. Per colpa mia.”
**
Un tonfo sordo, rumoroso.
Si rialza a fatica, senza capire, senza riuscire a vedere.
Sgrana gli occhi.
EiN.
In piedi.
Fermo.
Davanti a Jack.
Ride.
“Okay, visto che i tuoi metodi non hanno funzionato, permettimi di usare i miei.”
Sputa la cicca, alza il braccio, l'indice destro puntato verso il cielo.
“È il momento degli effetti speciali!”
**
Non è difficile oscillare tra le dimensioni. Basta prendere il tempo giusto, tutto qui. Un bravo pianista segue senza problemi il metronomo. Io lo devo dominare, devo accelerarlo a dismisura.
Ma non un metronomo qualsiasi, no!
Io sto parlando della realtà!
8. Confronto
Una vibrazione nell'aria, aura luminosa, fiamme cerulee. Una sorta di fosforescenza attorno al corpo, bagliore tremolante, atmosfera perturbata, onde di pressione. Immagini in negativo – solo per un attimo. Figure che si contorcono, si allungano, si avvitano, si frammentano per poi ricomporsi. Un leone antropomorfo, sovrapposto alla sua silhouette. Blu elettrico, alto due metri, scariche di tensione statica tutto attorno.
EiN batte il piede per terra, tiene il ritmo. Un ritmo indiavolato, forsennato. Shock azzurroviolacei, due proiezioni che danzano all'unisono.
Scosse sull'insegna del Lost Heaven, risalgono i muri, mandano in tilt l'impianto elettrico.
Gli avventori fuggono, scappano terrorizzati in strada.
Urla, terrore, follia.
Elettricità pura, il jukebox si anima, parte l'heavy metal.
Voce sdoppiata, sincrona.
Un sorriso tra le zanne, tra i denti digrignati.
**
Una danza macabra al ritmo di una batteria demoniaca, inumana. L'incappucciato fermo, è la notte che si muove. Mulinelli d'aria, foglie, polvere. Minuscoli tornado, istantanei, meno di un battito di ciglia.
Il leone li evita, salta da una piastrella all'altra, a velocità inumana. EiN sogghigna, eccitato dalla caccia.
Un muro a pezzi, calcinacci, mattoni in volo, crepe, spaccature.
La preda si scansa, non si ferma un istante.
Sfere di vetro – quelle ancora indenni – sradicate dalle pareti, lanciate da braccia invisibili. Schegge trasparenti, rumore di bottiglie rotte. E la chitarra di Jesper Strömblad.
EiN salta, schiva, ringhia, gli è sempre più vicino, snuda gli artigli, pronto a squarciare la maschera di porcellana.
Alza il braccio, coltelli scintillanti nelle tenebre.
Veckert con la schiena appiccicata al muro, respiro affannoso, battito accelerato.
Terrore negli occhi di Jack, nelle scintille.
Paura di morire.
Le lame di avorio si fanno strada attraverso il tessuto nero, non incontrano ostacoli. Il mantello squarciato, tracce di nulla, le braccia si allontanano dal tronco, la testa si divide a metà. Lapilli di fuoco, sprazzi di energia rossa, ululante.
Il leone azzanna i resti, li sradica, li scuote con ferocia. Pezzi di saio nero ovunque, sparpagliati, sospesi in aria.
Nessuna traccia di porcellana.
La vittoria negli occhi di EiN.
Solo per poco.
**
Un colpo secco, il leone piega un segnale stradale. Con la testa.
Dolore in ogni arto, in ogni parte del corpo.
Ed ecco che ricompare.
Intatto.
La maschera sul volto, le braccia al cielo.
EiN si rialza, frastornato. Il leone oscilla, vibra, perde consistenza. Stringe i pugni.
Assolo di batteria, Anders Friden in growling.
Flash abbacinante, scariche bluastre.
Il leone più nitido che mai.
Bagliori bizzosi negli occhi del folle. Movimenti da direttore d'orchestra. La terra trema, una quercia secolare, dal parco, inizia a sollevarsi, sradicata.
Veckert urla, non riesce a credere ai suoi occhi, ai segnali nervosi.
L'albero, enorme, lanciato come un giavellotto.
EiN scatta.
Un turbine di lame nel cielo, rami divelti, spezzati. Ma è troppo anche per lui.
La musica ferma.
Il peso della quercia lo schianta al suolo.
Veckert prende coraggio, corre fuori dal nascondiglio, la pistola in mano.
Di fronte, nessun bersaglio.
Solo il rumore delle ventole di areazione.
**
Fuggire! Fuggire! Maledetti!
Mi stanno braccando!
Loro non capiscono!
Non comprendono la mia missione!
Non devono trovarmi, non possono trovarmi!
Fuggire, fuggire!
Correre, correre senza respirare!
Aiuto! Aiuto!
Aiuutoo!
9. Ripresa
Un ticchettio insistente, pulsanti premuti in rapida successione. Testo a schermo, cursore lampeggiante. Un gemito di dolore. Silenzio, all'improvviso.
“Ben svegliato EiN.”
Scena confusa.
Veckert al computer, una radio in sottofondo, pezzi di musica jazz, finestre chiuse, tende tirate. Si mette a sedere sul letto.
“Che cavolo...”
“Ti sei preso una bella ripassata di sberle. Quell'albero era tosto anche per te. Comunque, complimenti per gli effetti speciali. Sei riuscito ad impressionarmi.”
Continua a lavorare, senza voltarsi.
“Sei rimasto svenuto per una decina di ore, poi ti hanno dimesso. Hai rimediato un po' di lividi, sbucciature ed ecchimosi, ma nulla di più.”
“...ugh... mi gira la testa...”
“L'ospedale te lo ricordi? Michelle era in ansia per te, mi ha fatto una testa tanta col suo diavolo di francese. È irritante, dopo un paio d'ore.”
“...irritante?”
“Il suo modo di parlare. È frustrante capire una parola ogni tre. Quella ragazza non riesce ad usare nemmeno un po' di inglese, quando è agitata.”
“...dov'è ora?”
Veckert si alza.
“Sta dormendo nell'altra stanza. Ah, scusa se ho usato il tuo computer. Dovevo organizzarmi, in qualche modo.”
EiN scuote la testa, senza capire.
“Ehi, ehi! Un attimo... organizzarti? In che... senso?”
“Jack non è un delinquente comune, non possiamo usare la forza bruta. Dovremo seguire una tattica alternativa.”
Afferra il suo braccio.
“Cosa vuoi dire?!”
“Se gli effetti speciali non bastano...”
**
Era da un po' che non vedevo Veck – tipo un anno... ed ora, ecco che in due giorni compare due volte! Certo che è vero, quando meno te l'aspetti...
Le sorprese non arrivano mai da sole, dicono. E dicono bene! Qual era la probabilità di assumere una mia concittadina come cameriera, qui, a New Langdon?
Si chiama Cybil, avrà circa vent'anni, è emigrata da poco.
È graziosa, si dà da fare. Certo, deve sgobbare se vuole che le assegnino un permesso permanente. Se entro un anno non trova un lavoro fisso, la ricacciano sotto la cupola.
Una prospettiva orribile, credetemi! So di cosa parlo!
Ma Cybil sorride sempre, non si lascia mai scoraggiare dagli eventi, è sempre bella vispa e attiva. Mi piacciono le persone così.
Devo dirlo, sono piuttosto soddisfatto. Gli affari vanno bene, la zona è tranquilla, tra tre giorni arriva mia sorella Laese da St. Patrick...
Cosa posso volere di più?
**
“È stato gentile da parte tua.”
“Parlare con te mi ha aiutato parecchio. Un minimo te lo dovevo.”
Tavolino al bar di Moe, nel brusio generale. Chiacchiere, parole, frammenti di discorsi.
Un cucchiaino mescola lentamente lo zucchero nel caffè.
“Ha un buon aroma.”
“Non posso berlo. Faccio finta di non accorgermene.”
“Scusa. Cos'è quella roba lì?”
“Un preparato proteico altamente assimilabile. Fa schifo.”
Il cucchiaino ruota nell'altro verso.
“È dura la vita con quella maschera sul volto?”
Una risata meccanica.
“Solo all'inizio, poi ti ci abitui.”
Un'altra risata, fresca, genuina.
“Hai una bella luce negli occhi, oggi. Cosa c'è, hai fiutato una pista?”
“No...”
La sua mano sul polso di Kari.
“...ho finalmente trovato un contatto con questa città.”
**
Aspettare...
Non può avermi chiesto di aspettare! Ma che cavolo...
Insomma, capisco che i metodi di Veckert siano diversi dai miei, ma non pensavo fino a questo punto! Attendere che arrivino delle informazioni?
No, no questa è follia, follia pura!
Dobbiamo arrestare Jack, non perdere tempo, non in questo modo!
Vai a farti un giro, così ti rilassi un po'. Ne hai bisogno.
Sì, come no?
“EiN... mi sembri un po' perso. Tutto a posto?”
In giro per negozi. Con Michelle.
Come potrebbe essere tutto a posto? È un supplizio! Ogni dieci minuti fermi di fronte ad una vetrina!
“Lascia stare. La tua faccia parla per te.”
Una vetrata a specchio, di quelle fatte apposta per evitare che qualcuno veda cosa c'è all'interno.
“Su, non devi continuare a pensare a quello che è successo ieri sera. La vie est belle, mon amour!”
Vedo il mio riflesso, il riflesso di uno sconfitto.
Ed è un'immagine che mi fa paura.
**
“I vostri cornetti.”
“Grazie mille Cybil. Lascerò una mancia per te al buon vecchio Moe.”
Un inchino, poi via, verso il bancone.
Kari la segue per un attimo con lo sguardo, un attimo solo.
“Quindi, pensi che stasera Jack colpirà di nuovo?”
Sorride. Una bella camicetta corta a motivo floreale, gonna lunga fino al ginocchio, scarpe da ginnastica azzurre e bianche. Il solito cerotto quadrato sul collo.
Gioca con il cucchiaino.
Anche Veckert sorride, sotto la maschera. Indumenti pesanti, giaccone nero, lungo.
“Ho una teoria, ma ho bisogno di alcuni elementi per confutarla o confermarla. Temo che dovrò permettergli di colpire ancora una volta.”
Sgomento nei suoi occhi.
“Ma allora...”
“Non c'è da preoccuparsi, fidati. È solo che... no, lascia perdere, non so come dirlo.”
Gli occhi tremano, per un attimo, un impercettibile istante. Ma è abbastanza.
Una carezza sul metallo freddo.
“Spesso le parole non servono...”
10. Segugio
Grugnito gutturale, scocciato.
Passi lenti, lunghi, il chiarore dei neon nel buio. Notte senza stelle. Rallenta.
Sono rimasti indietro.
Ancora.
Stringe il pugno, con tutta la sua forza.
Una perdita di tempo. Un'orribile perdita di tempo.
È questo il metodo Veckert?
Un'uscita a quattro, con Jack a piede libero?
No, io certe cose non posso sopportarle.
Poi ci si mette anche Michelle.
E capisco che la serata in compagnia è il male minore.
Ve le immaginate le sue sfuriate?
No?
Meglio così.
**
“Da domani sera torni al lavoro, giusto?”
Annuisce.
“Dkrav'lest ha avuto un travaso di bile quando i medici gli hanno detto che mi trattenevano per accertamenti. Avresti dovuto vederlo.”
“Allora stasera sei libera.”
“Dipende. Per cosa?”
“EiN deve ancora leccarsi le ferite. In questo stato mentale, non può dare la caccia al nostro uomo. Ho proposto a Michelle di portarselo fuori, stasera. L'invito è esteso anche a me... ed – eventualmente – anche a te. Il rischio è dover reggere la candela.”
Sorride dolcemente.
“Vorrà dire che la reggeremo in due.”
**
Odio Veckert.
Odio le sue idee.
È inutile. Tutto inutile.
Che beneficio ha portato alle indagini la sua presenza? Ho fatto tutto io! Io ho trovato Jack, io ho cercato di fermarlo!
Cosa ha fatto Veckert? Ha perso la testa per una puttana.
E poi?
Nient'altro!
Allora, perché devo eseguire a bacchetta?
Perché devo prendermi una sera di riposo forzato?
Perché?
**
“Stasera EiN sarà in giro nel quartiere Conley. Disarmato. È l'occasione giusta.”
“Capito. Solita tariffa?”
“Qualcosa di più. Probabilmente correrai un grosso rischio.”
“Nessun problema. Qualche raccomandazione?”
“Agisci come da programma. Tutto qui.”
**
Vicoli stretti, piastrellati con perizia maniacale. Qualche tombino. Neon biancastri ad entrambi i lati della strada. Manifesti pubblicitari, elettorali, necrologi a destra. A sinistra, un'imponente cancellata arrugginita, corrosa dal tempo, vernice scrostata.
Rumore di passi. Quattro persone.
Una serata di svago.
“Vraiment? Tu sei... quella Kari? La huitième merveille du monde, selon tous les garçons!”
“Non penso di meritare questo appellativo! È Dkrav'lest che mi pubblicizza così!”
“Questioni di soldi, immagino.”
“Solo di quello. Dkrav'lest è molto attaccato alle sterline.”
Svago, certo.
Ma non per tutti.
“EiN! Non fare l'asociale! Dai, su!”
Scuote la testa.
“Non mi va.”
Occhi verdi in movimento, rapidi. Si perdono negli iridi scure di Kari, si spostano su Michelle, analizzano le ferite sul suo volto, squadrano EiN, dalla testa ai piedi, il tutto in un paio di secondi.
“Michelle... quei tagli sul volto...”
“Preferirei evitare l'argomento.”
“Non te ne ho già parlato io, mascherina?”
“Mi hai solo detto un nome. E un nome non significa niente. Prendi Veckert, per esempio. A prima vista, sembra un nome come un altro. Se uno te lo pronunciasse, non lo assoceresti subito all'agente di polizia col volto sfregiato e la voce metallica.”
“Cosa vuoi dire?”
“Niente, lascia perdere. Siamo usciti per distrarci, no?”
**
Una figura scura, all'angolo della strada. Volto coperto, passamontagna nero. Visore a nascondere gli occhi. Una pistola in mano.
Una strana pistola.
Puntata su Veckert.
Un coltello a mo' di baionetta, il mirino sulla montatura.
Figura snella, piuttosto sottile.
Voce artificiale, camuffata.
“Datemi i vostri soldi e nessuno si farà del male.”
EiN scatta in avanti.
Il proiettile in canna, il mirino si sposta.
Su Michelle.
**
“Ancora un passo ed è morta. Ti conviene sganciare la grana.”
Kari nascosta dietro a Veckert.
Determinazione negli occhi, sotto la maschera. Tachicardia.
“Chi mi garantisce che non ci sparerai lo stesso?”
“Per ricevere una condanna a trent'anni? Il gioco non vale la candela, signore.”
Pugno serrato.
Scintille blu, lampi violacei.
Solo il tempo di voltarsi, di rendersene conto.
Ed EiN è già in volo.
**
Come mi sembra di aver già detto, ci sono poche cose che non riesco a sopportare.
La mancanza di educazione, per esempio.
Se un perfetto sconosciuto punta la pistola contro la mia ragazza senza neanche presentarsi... beh come volete che reagisca?
**
Clangore di rottami metallici, il braccio destro a pezzi, straziato dagli artigli, la pistola a terra.
Rondelle, bulloni, cavi strappati. Rivestimento plastico scannato, parti meccaniche a vista, il visore a pezzi.
Olio lubrificante sparso per la strada.
Nessun grido, nessun urlo. Solo sorpresa.
Raccoglie la pistola con la mano sinistra, zoppica, fugge via.
Il leone in agguato, si prepara ad assalire la preda.
Carica le gambe, come una molla.
Il balzo è questione di decimi di secondo.
È sufficiente prendere la mira e saltare.
Sempre che nessuno ti fermi.
Sempre che Veckert non si metta in mezzo.
“Basta così, EiN. L'hai messo in fuga. Non è il caso di inseguirlo per tutta New Langdon.”
**
Il leone scompare, EiN torna in se stesso.
Veckert si inginocchia, raccoglie il braccio artificiale.
“Un biorobot. Non pensavo che esistessero anche qui.”
“Li usiamo nelle fabbriche, ma questo aveva qualcosa di strano.”
Spoglia l'arto menomato della manica, lo esamina.
“Nessun numero di matricola. Sarà un cane sciolto...”
“Un ribelle? Ici?”
Kari in silenzio, osserva Veckert, i suoi movimenti, la sua decisione.
“A quanto ne so, i cartelli criminali ne fanno uso, ultimamente. Al massimo, se si danneggiano li ripari. Costa meno che sostituire un uomo.”
“Generalmente, ci vuole anche di più ad ucciderli.”
Michelle abbracciata ad EiN.
“Dici che qualcuno vuole fartela pagare? Magari... proprio Jack?”
Sorriso sprezzante, sotto la maschera.
“Pensi veramente che un tizio in grado di farsi scudo della Notte in persona – se così possiamo dire – abbia bisogno di assumere un sicario prezzolato per far fuori chi indaga su di lui? No, non ha senso.”
**
Nessuno mi aspetta, stavolta. Sono solo, solo con Lei!
Il leone, la maschera! Puff! Volatilizzati! E la strada è nostra, nostra, nostra!
Non c'è nessuno, proprio nessuno! Proprio, proprio nessuno!
E Lost Heaven è chiuso! Bello, bello!
Nessuno, nessuno in giro!
La Perfezione della Notte! Lei sola, solo lei! Ma non è ancora perfetta, no!
Quando la Notte sarà Pura, solo allora eliminerò l'unica Impurezza rimasta!
Date alla Notte ciò che è della Notte!
**
Luce tremolante, un lampadario sospeso. Una cantina buia, un'unica finestrella inferriata, a livello del marciapiede. Si vedono solo le scarpe di chi cammina.
Un cacciavite, un panno pulito, un saldatore.
Una latta d'olio aperta.
Capelli neri, lisci. Pelle chiara, minata da minuscole crepe, meccanismi visibili.
Accidenti in diverse lingue, tutte memorizzate nel disco rigido interno.
Dopotutto, non è semplice riagganciarsi un braccio di riserva.
La porta si spalanca.
“Ciao, Cybil.”
Nessuna sorpresa.
“Ah, sei tu. Mi hai giocato un brutto tiro, lo sai?”
“Non dirmi che non ti avevo avvertito.”
Si volta di scatto, il viso graffiato, gli occhi scuri fissi.
“Ho rischiato di essere completamente demolita!”
“Sei stata tu a dirmi nessun problema.”
Si siede di nuovo, ripensa alla sua risposta. Torna a lavorare sul braccio.
“Comunque non è andata bene. L'unica cosa che ho rimediato è una gita dal meccanico... che poi sarei io. Cosa direbbe la gente se sapesse che Cybil Vane, quella ragazza tanto cara e minuta che lavora al bar di Moe, è in realtà un biorobot che accetta incarichi a pagamento e maneggia armi da mattina a sera? Giuro, questa è l'ultima volta che ti dico di sì!”
**
“Forse faremmo meglio a tornare a casa. Troppe emozioni per una serata sola.”
Michelle annuisce in silenzio, si stringe attorno ad EiN, con tutte le sue forze.
“Per un attimo... ho temuto che...”
“Ehi! Stai tranquilla Volpe dagli Occhi Azzurri! C'è il tuo leone qui con te!”
“Un soprannome carino.”
“Tu e la tua ironia, Veckert!”
Scrolla il capo.
“Non ho un tono di voce. Come fai ad essere sicuro che stessi ironizzando?”
“Un'impressione. Solo un'impressione.”
**
Il modo migliore per indagare è agire dietro le quinte, in modo che nessuno si accorga di quello che stai facendo. Spesso, questo approccio causa incomprensioni, dà l'idea che io non sia in grado di seguire la pista.
Ma in fondo, cos'è meglio?
Tanto rumore per nulla o un silenzioso risultato esatto?
Penso che il verdetto sia unanime.
11. Prove
“Lo sapevo! Mentre noi ce la spassavamo, Jack ha colpito di nuovo! Nello stesso posto dove lo abbiamo beccato l'altra sera!”
“Sul journal hanno scritto che non ha ucciso nessuno.”
“Quello che vuoi. Sta di fatto che qualcun altro ha visto la Notte che Cammina. E questa è una prova più che sufficiente.”
Un pugno sul tavolo, secco. Schizzi di latte sulla giacca di pelle.
Bestemmie.
Michelle pulisce subito, con un panno.
“EiN... non fare così, ti prego! Non è successo niente, in fondo! E poi... non eri in condizioni di...”
“Ma petite renarde...”
Le accarezza i capelli, delicatamente.
“Siamo sulla stessa lunghezza d'onda, noi due. Se cerco Jack, è solo per proteggerti.”
**
“Mi dispiace che sia finita così, ieri sera.”
“Ognuno a casa sua, intendi?”
Un cenno di silenzioso assenso.
“Da stanotte in poi mi tocca esibirmi all'Happy Cock. Per un po', non potremo vederci. Non dopo le nove, almeno.”
“Pazienza. Verrò a trovarti dopo l'orario di chiusura.”
“Ti rendi conto che finisco alle quattro di notte?”
“E quale sarebbe il problema? È l'ora migliore per un segugio.”
Sorride.
“Stranezza, il tuo nome è Veckert.”
**
Yard. Una scrivania, un uomo seduto ad aspettare. Gioca con le penne, evoluzioni in stile majorette. Un ringhio in sottofondo, celato dal brusio.
“Sei in ritardo.”
“Lo so. Ho avuto da fare.”
“Hai letto? Jacky non è stato con le mani in mano.”
“Anch'io, non preoccuparti.”
Srotola una cartina. Vie segnate a pennarello, evidenziatore, puntine da disegno qua e là sulla mappa della città.
“In verde il suo percorso. Un esagono quasi perfetto attorno al centro di New Langdon. Ho setacciato l'archivio e incrociato i dati con tutte le segnalazioni di blackout improvvisi, anche momentanei. Certo, ho dovuto scremare parecchio, ma il risultato è valso la fatica. Le puntine rosse indicano i luoghi dei ritrovamenti dei cadaveri delle prostitute, le puntine gialle i delitti non associati a Jack ma ascrivibili al suo modus operandi. A penna, la data. Dimmi, cosa ne deduci?”
Sorpresa negli occhi di EiN.
“Che forse ti ho un filino sottovalutato, Veckert.”
“Questo è il primo passo, ma non quello più importante. Dai un'occhiata alla mappa e rispondimi seriamente.”
L'indice si muove lungo lo stradario, indugiando per meno di un secondo su ogni data, su ogni appunto.
“Quello in verde è il percorso seguito da Jack nell'ultimo mese?”
“Non da Jack. Dalla Notte che Cammina.”
“E cosa cambia, scusa?”
“Nulla, era così per dire. Però, se ci fai caso, è strano: alcune puntine non seguono l'esagono. Curioso, non trovi?”
**
Spesso, la verità si nasconde, fa di tutto per non essere trovata, ti fornisce falsi indizi, false piste che ad un'analisi superficiale possono sembrare più che fondate.
Ho l'intima convinzione di averne scovata una. Un vicolo cieco, per capirci.
Ma non posso fermarmi per questo.
Prima o poi, spoglierò la verità della sua veste di menzogne.
**
“Tu mi stai dicendo che Jack e il tizio che abbiamo affrontato... non sono la stessa persona?”
“No. Sto solamente ipotizzando che Jack non sia da solo. Che ci sia una connessione, è innegabile. Ogni volta che la Notte si è manifestata, Jack ha ucciso. L'ora del decesso è compatibile con il momento del blackout. Questo, sempre. In ogni omicidio.”
“Non è una contraddizione? Prima hai affermato che...”
“So cosa ho detto. Per favore, lasciami finire di parlare. Ci sono ancora tre elementi curiosi, in questa vicenda. Primo: Jack ha ucciso in sincronia con la comparsa dell'incappucciato, ma non sempre nello stesso luogo in cui sono stati registrati i blackout. Secondo: tutti i delitti ascrivibili a Jack sono avvenuti poco dopo mezzanotte. Ogni volta che la Notte ha iniziato a camminare dopo l'una, non è avvenuto nulla.”
“Ha aggredito te e Kari, se non ricordo male. Ed erano le quattro.”
“Già. E questo è il terzo elemento discordante. Jack ha infierito sulle vittime con ferocia brutale, animalesca. Noi due non eravamo in condizione né di nasconderci, né di reagire. Possibile che si sia lasciato sfuggire l'occasione?”
“Suona un tantinello improbabile.”
“È stato questo a convincermi ad indagare più a fondo.”
Una mano sulla spalla del collega, lo scintillio della luce sulla maschera.
“Io la mia parte l'ho fatta, EiN. Ora ho bisogno della tua collaborazione.”
“Cosa dovrei fare?”
“Costituirti.”
**
“Questo bar è davvero carino, Kari. Come l'hai trovato?”
“Mi ci ha portato Veckert l'altro giorno.”
Michelle scorre il menù, senza fretta.
“C'è del tenero tra voi? Dai, tra ragazze ci si intende! Ti piace?”
Un silenzio imbarazzato.
“Ah! L'amour!”
“Mi piace parlarci, mi piacciono i suoi occhi. Ma so già che non potremmo stare insieme. Me l'ha detto chiaro e tondo, me ne ha spiegato il motivo. Devo dire che sono rimasta parecchio scioccata.”
“Cos'è? Ha già la fiancée?”
“No, no. È qualcosa di più... profondo. Non posso spiegartelo ora.”
Un sorrisetto ironico.
“Capito. Tieniti i tuoi segretucci per te. In fondo... anch'io ho i miei.”
**
“Come scusa? Cosa diavolo significa? Mi stai prendendo in giro?”
“Bluffare non ha più senso, EiN.”
Occhi di ghiaccio, verdi, immobili.
“Lo squartatore sei tu.”
**
“Spero che i cornetti fossero di vostro gradimento.”
“Erano perfetti Cybil!”
Cerotti ovunque, un braccio ingessato, graffi sul volto.
“Cosa ti è successo?”
“Nulla di particolare. Un piccolo incidente stradale. Ne avrò per un paio di mesi.”
Lascia due piatti sul tavolo, con le tazze di tè ancora fumanti.
“Ah, data un'occhiata ai tovagliolini. Se trovate la scritta hai vinto, il tè è offerto dalla casa.”
**
EiN affossa sulla sedia, incapace di credere alle parole di Veckert.
Il segugio continua il discorso, gli occhi fissi sul collega.
“Permettimi di riassumerti sinteticamente le mie conclusioni. In questa stramaledetta città, esistono due fenomeni sovrannaturali concatenati. Uno è la Notte che Cammina – ma di questo parlerò dopo, l'altro è Jack lo squartatore. La prima ipotesi, la più semplice, è identificare i due soggetti. In fondo, il tizio incappucciato attacca chiunque incontri, lanciandogli contro lampioni, alberi e quant'altro. Inizialmente ho pensato ad un trucco – uno stupido trucco da baraccone – ma quando vi ho visto lottare non ho più avuto dubbi. Se quella... cosa non è la Notte, poco ci manca.”
Una pausa per riprendere fiato.
“In pratica, la Notte si muove a comando – per motivi che ancora non mi sono chiari, segue un percorso maniacalmente regolare. Ogni sera, una via diversa. Un blackout, una forte interferenza ogni volta che si manifesta. Contemporaneamente, i primi omicidi. Stesso istante, luoghi diversi. Una coincidenza? No, credo di no. La prima vittima nella stessa via dove è comparso il nostro mister X incappucciato. Ed ecco il punto: tu dov'eri, quella notte? Non conoscevi ancora Michelle, non vivevate assieme. Nessun alibi. Ma X ti ha visto. Ed ecco spiegata la tua insana voglia di afferrarlo, di sbatterlo in galera... o peggio, di ucciderlo. Così non può parlare.”
“Sai quanta gente a New Langdon non ha un alibi per quella sera?”
“Questo ha complicato leggermente la questione. Non troppo, comunque. Mi hai fornito prove sufficienti a corroborare la mia ipotesi.”
**
“Nel mio c'è scritto non hai vinto. Il tuo cosa dice, Kari?”
Pallore sul suo volto, voce tremante.
“Recati al più presto ad Oak Park. Lì ti contatterà il mio informatore. Sei libera di non farlo, ma mi aiuteresti molto se potessi parlare con lui. Grazie mille di tutto e scusa per il coinvolgimento. Veckert.”
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“Quali prove?”
“Sulla metro mi hai detto chiaramente di aver visto la Notte che Cammina. Questo implica che almeno una volta tu ti sia trovato di fronte a mister X e alla sua entità da guardia. È un dettaglio trascurabile, a prima vista... ma non così tanto da risultare inutile. Specie, considerato ciò a cui ho assistito in seguito.”
“Ovvero?”
“La notte dell'agguato, tu sei saltato addosso ad X senza pensarci due volte, lo hai letteralmente fatto a pezzi. Se quello non fosse stato un pupazzo, avrei portato in centrale i resti scomposti di un cadavere.”
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“Come riconoscerai l'informatore?”
“Non ne ho idea. D'altronde, non avevo neanche capito che Cybil e Veckert si conoscevano già.”
“Vraiment? Non sarai gelosa?”
“Non posso essere gelosa, te l'ho già spiegato. Io e Veckert non possiamo stare insieme.”
“Perché no? Perché no? Cuori in risonanza, anime in pena! La maschera cela ciò che la mente vela.”
Un incappucciato, all'ombra di una quercia. Volto di porcellana, occhi luminosi.
“Ti ha inviato a me per parlare, sì? Sapevo di potermi fidare!”
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“Come ben sai, un indizio non è una prova. Potevi benissimo aver assalito X perché sapevi che era una creatura dotata di facoltà sovrannaturali... ma avresti fatto la stessa cosa con un comune essere umano? Ovviamente, non potevo mettere a repentaglio la vita di qualcuno, per confermare la mia ipotesi. Ho dovuto ricorrere ad alcune conoscenze esterne.”
“Il robot?”
“Precisamente. Conosco Cybil da anni, spesso mi aiuta nelle mie indagini. Le ho chiesto di simulare una rapina, per sondare le tue reazioni. Ovviamente, dovevi essere disarmato. E Michelle doveva essere messa in pericolo. Due fattori che combinati assieme avrebbero garantito una tua vibrazione. O, almeno, così speravo. Quando ti ho visto in azione... beh, allora non ho avuto più dubbi. Le hai strappato il braccio con violenza. Se fosse stata una ragazza normale, sarebbe morta dissanguata. Se non ti avessi fermato, avresti terminato l'opera. Ho tirato le somme... ed ecco la mia tesi.”
“Interessante, ma un po' debole. Hai delle prove?”
“La ferita sul volto di Michelle. Se analizzassimo le cicatrici e le confrontassimo con i tuoi artigli...”
Chiude gli occhi. Risata sguaiata, insensata, folle. Non accenna a smettere.
“Lo so. Sarebbero perfettamente compatibili.”
Disperazione sul suo volto.
“Hai vinto, lo ammetto. Quando sono in uptuning non capisco più niente, la bestia si impossessa di me, mi domina. Devo lasciarla correre ogni tanto, altrimenti mi uccide da dentro. Ho cercato di deviare i sospetti su quel folle di un incappucciato, fin dall'inizio. Quale miglior colpevole di un pazzo scatenato occultista? Ti ho sottovalutato, Veck.”
La testa stretta tra le mani.
“Dai, su, arrestami! Vuoi una confessione scritta? O ti basta la mia parola?”
“Basta che mi scorti fino ad Oak Park. E in fretta.”
12. Risonanza
“Mi scuso, signorina, mi scuso per il suo collo. Quel cerotto non le dona, no. Ma mi avete spaventato, signorina, tu e la maschera! Vi ho scambiato per Lui!”
“Lui?”
“La bestia, signorina! Il mostro che uccide di notte, che macella le persone, sotto i miei occhi! Ah, che orrore, che orrore! Non immagina! Membra, sangue, corpi straziati! Che orrore, che orrore! Povera la mia Notte! Anche lei, assistere a tutto questo scempio! Mi scuso, mi scuso dal profondo!”
“Tu sei quello... che ci ha aggrediti?”
“Ho un nome, ho un nome! Sono Baal, Ba-al! O forse no? Non importa, non importa! Veckert mi ha contattato, mi ha convinto. Ha mandato da me la signorina-macchina. Di lei mi sono fidato. Ora sono qui, per dirvi tutto! Perché io ho visto lo squartatore! L'ho visto in volto! Una bestia, una bestia orribile! Scariche azzurre, violacee attorno alla sua figura! Artigli tremendi, zanne assassine... ma anche gli occhi più azzurri ed espressivi che abbia mai incontrato!”
**
“Comunque non è andata bene. L'unica cosa che ho rimediato è una gita dal meccanico... che poi sarei io. Cosa direbbe la gente se sapesse che Cybil Vane, quella ragazza tanto cara e minuta che lavora al bar di Moe , è in realtà un biorobot che accetta incarichi a pagamento e maneggia armi da mattina a sera? Giuro, questa è l'ultima volta che ti dico di sì!”
“Non l'ultima. Ho ancora bisogno di un favore. Devi trovare una persona.”
Si alza a fatica dalla sedia, si dirige verso Veckert.
“Perché proprio io?”
“Non si fida degli uomini... ma magari di una macchina sì. Se mi avvicinassi io, svanirebbe sotto i miei occhi o si darebbe alla fuga in modo meno plateale. Invece, tu...”
“Taglia corto. Dove vuoi arrivare?”
“Devi contattare il Folle, quello che Moe ha preso a calci l'altra sera.”
Sorpresa negli occhi di Cybil.
“L'incappucciato?! E dove diavolo lo trovo?”
“Domani mattina, al bar di J.J.. L'unico che gli fa ancora credito.”
**
Michelle si stringe tra la braccia. Lacrime agli occhi, incapace di reagire, scioccata.
“EiN? È lui... Jack lo squartatore? Il mio ragazzo, la persona che mi ha protetto... è lui che mi ha sfigurato?”
Kari arretra, un rapido passo all'indietro. Baal abbassa le spalle, rotea la testa.
“Dispiace far male con le parole, ma se l'aveste incontrato...! Ah! Orribile a vedersi! Questione di un attimo! Prima in figura umana, poi oscilla... e puff! Diventa animale!”
“Ci stai prendendo in giro? Come possiamo crederti?”
“Non vi dico di credermi, ma di riferire a Veckert! Sa cosa fare con queste parole!”
“No, no...”
Scintille bizzose, cangianti all'ombra del fogliame.
“Che paura, che paura! Non immaginate, non potete immaginare! Quasi peggio di quando sono stato assalito dal leone! Feroce anche quello, ma meno!”
**
“Vuoi spiegarmi cosa significa? Ho appena confessato tutto!”
“Esatto. È questo che mi ha convinto della tua innocenza.”
“Cosa?”
“Hai recitato la tua parte in modo convincente, ma non troppo. Un EiN così remissivo? No, non è credibile. Mi dispiace, la verità è un'altra... anche se tu hai fatto di tutto per tenermela nascosta.”
“Perché non posso essere io?”
“Nella tua forma leonina hai devastato parecchi locali, senza mai uccidere nessuno. Un po' difficile, per uno che non è in grado di controllarsi, non ti pare?”
“E la rapina?”
“Quello è stato il tuo capolavoro. Lì eri conscio delle tue azioni, volevi uccidere per fornirmi un colpevole – te la saresti cavata con un eccesso di legittima difesa. Hai capito che avevo già accantonato l'ipotesi della Notte che Cammina.”
Un sorriso tirato, il viso contratto in una smorfia.
“Qui ti sbagli. È vero, volevo uccidere... ma non per fornirti un colpevole.”
Veckert si volta, gli occhi sgranati.
“Per evitare che lo facesse lei.”
**
“Come sarebbe a dire? EiN è il leone! EiN è lo squartatore!”
“Giusto. EiN è il leone, EiN è lo squartatore. Ma il leone non è lo squartatore. Se l'ultima è corretta, qual è quella sbagliata? Solo la seconda può esserlo!”
“Mon Dieu...”
“Che... che animale hai visto, allora?”
Si batte la mano sul volto, come un ossesso.
“Non l'ho detto? Non l'ho detto? Ah! Che sbadato! Che sbadato!”
Oscilla come un pendolo, senza scomporsi.
“Una volpe! Una volpe con tre code e gli occhi azzurri!”
**
“Lei?”
“Non farla tanto lunga. Se hai capito tutto fin qui, di sicuro sai a cosa mi riferisco.”
“Lo sospettavo, ma non ne avevo la prova.”
Ancora tre fermate. La metro più lenta che mai.
“Cosa ti ha portato a questa conclusione?”
“Semplice. Tu ti metteresti assieme al tuo aguzzino? Uno che ti ha sfigurato in volto? No. E non credo neanche alle perdite di memoria, troppo comoda come giustificazione. Se ti ritrovi la mattina con tre tagli di quella profondità appena sotto l'occhio, dopo una notte in pronto soccorso, qualcosa devi pur ricordarti, no? A questo punto, coesistono due possibilità – nota che una non esclude l'altra. Uno: lei era incapace di intendere e volere, al momento dell'aggressione; due: lei è Jack lo squartatore. E tu l'hai aggredita per fermarla.”
**
“Una volpe? Non... non un leone?!”
“No! No! Come faccio a sbagliarmi? No, no! Però il leone è comparso, una volta – prima di attaccarmi! È saltato addosso alla volpe, l'ha ferita sul muso, con la zampa! Che artigli, che violenza! Ho visto tanto, tanto sangue, ma poi è scomparsa, è caduta a terra! Il leone l'ha presa, mi ha visto, è fuggito – non necessariamente in quest'ordine! Al volto, l'ha colpita! Sotto l'occhio destro!”
Un battito di ciglia.
Michelle si massaggia la guancia, bianca come la neve, priva di colore, accarezza le cicatrici.
“Sì, sì! Proprio lì! La stessa, identica ferita!”
**
“Se le cose stanno così... lo sai che potrei ucciderti, per evitare che la notizia diventi di dominio pubblico?”
“Fallo, se lo desideri. Non cambierà niente.”
Un rumore metallico, acuto. Veckert si inginocchia, raccoglie il ragnetto scintillante. Si dimena per un po', luce rossa pulsante, luce verde. Spento. Solito copione.
“Ancora due.”
“Cos'era?”
“Non ha nulla a che fare con la nostra situazione. E non è la risposta alla tua domanda.”
Si rialza.
“Se io non do notizie per più di ventiquattr'ore a sei-otto persone fidate, tutto il dossier che ho preparato su voi due sarà inviato agli uffici competenti. In pratica, è meglio se mi lasci fare e ti fidi di me. Ancora per un po', almeno.”
13. Chiusura
“Quindi eri tu, signorina?! Che strano, che strano! Ma il bello è che era istantaneo, signorina! È per questo che non ti vedevo! Arriva la Notte e BLAM! Compare la volpe! Che ferocia! Che ferocia! Quante morti! Quanti cadaveri, signorina!”
“Io... io non posso... non credo...”
Urla con tutta la sua voce.
“Io non sono lo squartatore! Come potrei non essermene accorta?”
“Non lo so, non lo so! Ahimè, ahimò!”
“Io non... je ne suis pas ... je ne peux pas être l'éventreur!”
Scintille azzurre, violacee, elettricità statica, attorno al suo corpo.
“Non capisco il francese, signorina mia bella... ma non arrabbiarti, ti prego!”
**
“Cosa ne dici di raccontarmi tutto dall'inizio? Mancano ancora due fermate.”
“Troppo poco.”
“Tu non sei l'unico che può può modulare la propria esistenza, vero?”
“No. Ce ne sono parecchi, soprattutto in Benelance. È un sottoprodotto collaterale delle centrali a distorsione, sai quelle che producono energia contraendo e dilatando lo spazio...”
“Ne ho sentito parlare. In Irlanda non ne abbiamo.”
“Già, voi avete gli emofagi. Bello schifo.”
“Non è il momento di parlarne. Perché tu sei in grado di controllarti e lei no?”
“Non ha mai fatto pratica.”
“Perché non l'hai aiutata dall'inizio?”
“Perché fino a due mesi fa, nemmeno io sapevo che era in grado di trasformarsi! Qualcosa deve averla mandata in risonanza, senza preavviso!”
“Continua.”
“Quando ho raccolto le prime testimonianze, ho capito subito con cosa avevo a che fare. Prima, però, volevo vederci chiaro. Per questo l'ho affrontata a viso aperto.”
“Quindi, vivi con lei per pietà, perché non vuoi che le accada qualcosa, per controllarla, insomma! Non perché l'ami veramente! Vuoi solo proteggerla da se stessa, evitare che finisca in galera! La stai prendendo in giro!”
“Perché, detective da strapazzo? Non è forse amore anche questo?”
**
“Michelle! Cosa diavolo...”
“Si allontani, signorina! Si allontani, che la Notte non può proteggerci di giorno! E la sua amica è infuriata, è infuriata, anche se non lo sa! E sta per uscire di testa!”
L'immagine si sdoppia, si sovrappone, si allunga. Ma solo un attimo.
Una tempesta di lampi, cessa all'improvviso.
Michelle sparita.
È comparsa la volpe.
“Benvenuto, Jack lo squartatore! Finalmente alla luce del Sole!”
**
“Qual è il ruolo di mister X?”
“Vorrei saperlo anch'io. È innocente, per quanto riguarda i delitti di Jack... ma resta il fatto che la Notte sembra seguirlo come un cagnolino. È chiaro perché tu abbia cercato di deviare i sospetti su di lui.”
“Sai, la tua analisi non è del tutto completa. Io non ho cercato di accollargli la colpa solo perché è strano. Temevo che la filastrocca fosse vera.”
“Quella sulla Notte che Cammina?”
Dopo i dodici rintocchi
escon dalle bare i morti
e si muovon – quant'è vero
con la Luna alta nel cielo!
“Ah, ora capisco. Temevi che la Notte riportasse in vita i morti... e che questi potessero testimoniare contro Michelle?”
“Precisamente. Eliminato mister X, eliminato il problema. Tutto qui.”
**
“Ma non è corretto dire che tu sei Jack, tu da sola, signorina volpe!”
Un ringhio inumano, artigli snudati, zanne pronte a divorare.
Le code in oscillazione, in movimento, mai ferme.
Kari urla, la schiena appiccicata all'albero secolare.
“Ora vuoi uccidermi? Fallo! Magari ti fa sentire meglio! Perché io ho capito, io ho compreso il motivo!”
Un balzo, il tronco della quercia in mille pezzi, schegge di legno, rami, fronde.
E Baal dal lato opposto.
“Sì, sì, ho capito! Ho capito perché, ora! Ti ho analizzata senza la Notte, sai?”
Zampata aperta, foglie in volo, un altro fusto sventrato.
Baal seduto in cima alla chioma.
“Sai? Potremmo dire che tu non sei Jack, forse! Non è tutta colpa tua.”
Un salto inumano, la coda in fiamme, raggiunge la cima.
Le foglie rinsecchite ululano, prendono fuoco, bruciano dal dolore.
Baal a terra.
“Chi poteva immaginarlo? Chi mai poteva saperlo? Tu e la mia amata...”
Un ululato rabbioso, si lancia dall'alto.
“...avete la stessa frequenza! Chiamando lei...”
Non lo vede, sensi all'erta, istinto di cacciatore. Un peso sulla schiena.
Ruota su se stessa.
Baal in piedi, sul suo dorso.
“...ho fatto risuonare anche te, ogni volta. Bizzarro, non trovi?”
**
“L'hai sentito anche tu, vero?”
“Sì.”
Corsa trafelata, sul per le scale della stazione.
Risate e grida, ringhi e rumori, piante divelte.
“Spero che non sia quello che penso...”
“Lo spero anch'io... ma non credo che possa essere qualcosa di diverso!”
**
“Ognuno ha la sua frequenza madre. Tutti diversa, tutti! E tu hai la stessa della Notte! Quindi, se sei sveglia e la chiamo, il tuo cervello reagisce, ti trasforma, signorina! Se dormi no, ed è per questo che quando la chiamo tardi tu non compari!”
Si scrolla la schiena, Baal incespica, cade.
“E oggi, per la prima volta, ho chiamato la Notte di giorno! E tu sei risuonata! Bello, bello!”
Spalanca la bocca, pronta a divorarlo.
Baal immobile.
“Quanti denti, signorina! Quanti bei denti! Tanti! Tanti!”
“Fermati, Michelle! Non farlo!”
“Non la ascolta, signorina! Compartimenti stagni! La volpe non la conosce, Michelle sì! Ma ora è la volpe. Eh, eh!”
Un ruggito bestiale.
La volpe scagliata contro una quercia, impatto brutale, contro la corteccia.
Un leone blu elettrico, in piedi, di fronte a Baal.
Veckert a poca distanza.
“Uh! Oh! È arrivata la cavalleria! Che bello, che bello! Voglio i pop corn!”
**
Lotta tra titani, artiglio contro artiglio, lame feroci, bramose di carne. Denti intrecciati, pronti a sbranare.
Un incappucciato che applaude, spensierato, divertito.
“Bravi! Bravi! Ancora! Ancora!”
“Veckert!”
“Kari! Tutto a posto?”
“Tu... sapevi che...”
“Solo ipotesi.”
“Bravi! Bravi! Finché il richiamo oscilla! Così!”
EiN sbalzato a terra, si guarda attorno. Non c'è nessuno, sono tutti scappati prima?
La volpe gli salta alla gola.
Rotazione rapida sulla schiena, colpo con le zampe posteriori.
Le unghie lo mancano.
Si dà la spinta con le braccia, supera in volo la volpe, ne sfiora le code con le gambe.
“Dobbiamo fare qualcosa!”
“Bravi! Bravi!”
“Baal? Non puoi fermarla?”
“Io? No, proprio no! E perché, poi? È così bello!”
**
Quando la persona che ami cerca di ucciderti perché è diventata una bestia assetata di sangue... cos'altro puoi fare se non tentare il tutto per tutto?
I muscoli si flettono, le zampe pronte a colpire.
Un ruggito di sfida.
Un ringhio di risposta. La volpe salta, salta in alto, contro Sole, pronta all'assalto finale.
Ora o mai più.
**
Afferra la coda, si brucia la mano. Uno strattone fortissimo. La volpe si contorce in aria, frenata.
Uno sforzo tremendo, inverte la spinta, la lancia a terra.
L'animale sfonda due querce centenarie, si ferma sul terzo, esanime.
Ma non è più una bestia.
**
“Già finito? Peccato! Era così divertente!!!”
Un pugno in pieno volto, frammenti di porcellana in volo, crepe sulla maschera, Baal carponi sul terriccio.
Cerca di rialzarsi, un piede sulla sua schiena, un pesante scarpone da lavoro.
Veckert Rainer.
“Gyaaah! Perché? Perché? Io mi fidavo!”
“Dovrei ringraziarti, Baal-o-come-ti-chiami... solo che mi riesce difficile.”
“Ma tutto si è risolto, no? La volpe è sconfitta! Jack è finito, no?”
“Non ancora. Grazie a questo incontro, ho chiarito l'ultimo punto. Michelle è diventata Jack involontariamente, a causa delle tue... chiamate. Corretto?”
“Sì, sì! Esatto!”
Lo afferra al colletto.
“Da quanto lo sapevi?”
“Dall'inizio! Ma non potevo fermarmi! La Notte... dovevo purificare la Notte! Il percorso... era per farla tornare se stessa! Si era persa, capisci? Lei è persa in ogni città. Vago di meta in meta per aiutarla a ricomporsi, a riprendere il controllo dei suoi spazi! Non potevo lasciare l'opera incompiuta!”
Veckert abbassa lo sguardo.
“Mio malgrado, devo ammettere che EiN aveva ragione, in fondo. Il vero artefice di tutto questo... sei tu.”
“No! No! L'artefice è lei! Io sono solo il regista inconscio! Non è colpa di nessuno, di nessuno, capito?! Ma ora il mio compito è finito, la Notte è consapevole, ora devo andare, in un altro posto, un altro luogo mi chiama, un'altra frequenza! La Notte cambia da città a città! Non la chiamerò più sulla risonanza della signorina-volpe, mai più! Lo giuro!”
“Non posso lasciarti andare. Un colpevole devo pur sbatterlo in galera.”
“Non credo, Veckert, non credo! No, proprio no! Perché non c'è un colpevole! Una macchia sul tuo curriculum? Sì e no! Sta di fatto che io me ne andrò!”
Un'esplosione di fumo nero, odore acre di zolfo.
E Veckert afferra solo aria impalpabile.
14. Nodi
New Langdon, stazione centrale.
Vuoto, silenzio assoluto, ronzio di sottofondo, voci artificiali, sintetiche. Due figure in piedi, accanto alla riga gialla. Capelli azzurri, lunghi, su un giaccone bianco. Bianchi anche i pantaloni. Un bel regalo. Occhi verdi in movimento, sotto il metallo. Tiene per mano una ragazza, capelli rosa, maglietta arancione, gonna corta nera, stivaletti dello stesso colore, guanti di pelle.
Un occhio all'orologio, sono le quattro di notte.
Ultimo treno utile per l'aeroporto.
“E così, te ne vai. Un po' mi dispiace.”
“Dispiace più a me, credimi.”
“Com'è St. Patrick? È bella?”
“Fa schifo. È sempre buia.”
“Ah.”
“Devo ringraziarti, sai? Non pensavo che mi avresti accompagnato con così poco preavviso, lasciando il tuo stacchetto a metà. Dkrav'lest se la sarà presa, immagino.”
“Non più di tanto.”
La campanella rintocca, squilla ripetutamente. Convoglio in arrivo.
“Voglio ringraziarti, Veckert... per avermi detto subito la verità. Mi stavo seriamente prendendo una cotta per te!”
Un sorriso.
“Te lo immagini lo shock?”
Una risata cristallina, non più sintetica.
“Ora che sono di nuovo in possesso della mia vera voce, non corriamo più questo rischio. Se avessi potuto sentirla prima...”
“...non sarei caduta in errore? Può darsi.”
Due fari in fondo alla galleria.
“Cosa succederà a Michelle? E ad EiN?”
“Perché questa domanda? Loro sono innocenti. Se la sono cavata con un paio di ossa rotte e qualche escoriazione, ma per il resto, tutto a posto.”
“Ma Michelle...”
“Chi è il colpevole, la pistola o chi ha premuto il grilletto? No, mi dispiace. L'unico, vero regista è fuggito. Chissà se lo ritroverò, prima o poi.”
Kari l'abbraccia forte, fortissimo.
“Mi mancherai. Posso chiamarti, ogni tanto?”
“Quando vuoi.”
Un bacio sulla maschera, ad occhi chiusi.
Momenti che non dovrebbero mai terminare.
Il treno si ferma, le porte si aprono.
Veckert si allontana, controvoglia. Saluta, un cenno con la mano. Le porte si richiudono.
“Ciao, Rika! A presto!”
“A presto, Vicky!”
Rika saluta, le lacrime agli occhi.
Una persona speciale parte, lasciando dietro di sé un vuoto incolmabile.
**
Il telefono squilla, il treno sferragliante in sottofondo.
“Ciao, Werner. È successo qualcosa durante la mia assenza?”
“Fino a ieri no, Veck.”
“Cosa significa fino a ieri?”
“Vedi, l'altra sera...”
Un rumore. Un ragnetto caduto.
“Aspetta un attimo.”
L'ultimo.
L'ultimo microdispositivo, l'ultima macchina tra quelle che dovevano riparare il viso. Piange, piange dalla gioia Veckert.
“Solo... solo un secondo.”
Slaccia la maschera, si libera, estrae lo specchio dal borsone. Si ammira, rivede quel volto scomparso dal mondo per due anni. Un volto sorridente, vivo, la pelle perfettamente integra, gli occhi verdi più intensi che mai, una bocca sinuosa, labbra sottili, naso delicato, sopracciglia azzurre.
“Tutto a posto, Veck? Tutto bene?”
“S...sì. Tutto... meravigliosamente... a posto. Cosa dicevi?”
“Ieri notte c'è stato un blackout improvviso. Qualcuno dice di aver visto... la notte camminare. Inquietante, non trovi?”
“No, non più di tanto. Nient'altro?”
“Nient'altro.”
“Okay, Werner. Ci vediamo.”
“Ciao, Veck.”
Veckert apre il finestrino, il vento sulla pelle, su quella pelle che aveva cessato di esistere. Chiude gli occhi, assapora il freddo, le sferzate.
Afferra la maschera, la osserva, accarezza il suo volto, il suo volto surrogato. La mano fuori dal finestrino, pronta a lasciarla cadere, come un relitto.
Un lampo nella mente.
La riprende, la sfiora con delicatezza, una lacrima sul freddo metallo lucente, tracce di rossetto di Rika.
Sorride, la ripone nella borsa.
Non è necessario rinunciare ai ricordi per iniziare una nuova vita.
**
Un ultimo pensiero a tre giorni prima, al dialogo con Michelle al bar.
“C'è del tenero tra voi? Dai, tra ragazze ci si intende! Ti piace?”
“Mi piace parlarci, mi piacciono i suoi occhi. Ma so già che non potremmo stare insieme. Me l'ha detto chiaro e tondo, me ne ha spiegato il motivo. Devo dire che sono rimasta parecchio scioccata.”
“Cos'è? Ha già la fiancée?”
“No, no. È qualcosa di più... profondo. Non posso spiegartelo ora.”
“Capito. Tieniti i tuoi segretucci per te. In fondo... anch'io ho i miei.”
“No, nessun segreto. È solo che... insomma...”
Un respiro profondo.
“... anche Veckert è una ragazza.”